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Partono le classi action

JonnyV

Active member
Passeggeri brutti, sporchi, cattivi e ..."infettati" che si lamentano sempre contro le Compagnie che, a proposito della pandemia mondiale e della sicurezza a bordo, prima e durante la crociera hanno mentito...sapendo di farlo.
 

margiatec

New member
Già.. chi prima di andare in crociera non faceva un tampone per il covid che manco esisteva. Gli equipaggi d'altra parte ne erano immuni e non potevano di certo infettare i passeggeri sporchi, brutti e cattivi che li mantengono.
 
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capricorno

Super Moderatore
Questo argomento si chiude, visto che non si riesce a portare avanti un discorso civile ed educato!
 
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essepi2

Co-Fondatore
Staff Forum
Provo a riaprire la discussione: al primo accenno di polemica o rissa si chiude e si eliminano gli utenti.
 

essepi2

Co-Fondatore
Staff Forum
Ho letto gli articoli pubblicati.
Mi sembra che coloro che si sono impegnati in azioni legali sono qualche decina su molte migliaia: credo vorra’ dire qualcosa.
Io in tutta onesta’ non mi fiderei di azioni di massa o pseudo avvocati a bordo: una volta tornato a casa se voglio mi confronto direttamente con la compagnia tramite un mio legale.
 

BUD

Member
Certamente Essepi2 , è un diritto di tutti , ove si ritiene che si sia stati danneggiati e/o leso un diritto etc. Quello che non posso capire ne comprendere , vedesi il mio post precedente, è la strumentazione puramente speculativa, non attinente a niente di cui sopra. Questo il mio modesto pensiero, condivisibile o meno.

Inviato dal mio SM-N950F utilizzando Tapatalk
 

Luca*

Well-known member
In questi casi spesso gioca un ruolo il c.d. patto di quota lite, tradizionalmente vietato in Italia (con una piccola parentesi) ma ammesso in molti stati, tra tutti gli Stati Uniti. In estrema sintesi e per chi non lo conoscesse il meccanismo è questo: l’avvocato (il proprio) si paga con una percentuale (spesso anche alta) di quanto si ottiene dalla causa. Se non si ottiene nulla non si hanno spese per il proprio avvocato, che però se la causa va bene guadagna anche molto (quindi sarà molto agguerrito, avendo un interesse diretto). È chiaro che questo induce il presunto danneggiato a osare molto di più, e l’avvocato a spingere per fare la causa, che comunque non sarà molto onerosa per lui. Onestamente (appunto non essendo previsto in Italia) ignoro la disciplina sulle spese di controparte se la causa dovesse andare male, ma immagino valga anche in quei sistemi il principio della soccombenza, quindi resterebbe (ipotizzo, ripeto) quel freno.
 

essepi2

Co-Fondatore
Staff Forum
La solita malcelata difesa d'ufficio verso le compagnie, niente di nuovo su questi schermi. Passeggeri brutti sporchi e cattivi che si lamentano sempre per spillare soldi alle compagnie. Non si aspettano nemmenoi risultati delle azioni legali che subito partono le odiose allusioni sui passeggeri. Linea esecrabile.

Eccola la', sfera di cristallo in mano abbiamo la verità, navi piene di speculatori sporchi brutti e cattivi senza moralità . Equilibrio, questa cosa sconosciuta..

Già.. chi prima di andare in crociera non faceva un tampone per il covid che manco esisteva. Gli equipaggi d'altra parte ne erano immuni e non potevano di certo infettare i passeggeri sporchi, brutti e cattivi che li mantengono.

Purtroppo molte volte si’, ne sono testimone diretto di richieste verbali e scritte che non stavano ne’ in cielo ne’ in terra. Le compagnie hanno bisogno dei passeggeri e mai come in questo momento se ne rendono conto, ma di molti possono tranquillamente farne a meno.
Per quel che riguarda le class action descritte all’inizio dovranno essere valutate attentamente quali sono state le reali comunicazioni delle compagnie, delle autorita’ sanitarie e portuali dei vari scali. Io so per certo che alcuni scali hanno rifiutato gli ingressi alle navi nel momento stesso nel quale erano davanti allo scalo, dopo aver confermato solo la sera precedente che era tutto regolare per la sosta nave: a questo punto non penso che Com.te o compagnia potessero fare molto e se foste a conoscenza di tutto quel che comporta lo scalo di una nave in un porto ( intendo quello che non si vede e si sa ) concorderesti con me.
 

essepi2

Co-Fondatore
Staff Forum
In questi casi spesso gioca un ruolo il c.d. patto di quota lite, tradizionalmente vietato in Italia (con una piccola parentesi) ma ammesso in molti stati, tra tutti gli Stati Uniti. In estrema sintesi e per chi non lo conoscesse il meccanismo è questo: l’avvocato (il proprio) si paga con una percentuale (spesso anche alta) di quanto si ottiene dalla causa. Se non si ottiene nulla non si hanno spese per il proprio avvocato, che però se la causa va bene guadagna anche molto (quindi sarà molto agguerrito, avendo un interesse diretto). È chiaro che questo induce il presunto danneggiato a osare molto di più, e l’avvocato a spingere per fare la causa, che comunque non sarà molto onerosa per lui. Onestamente (appunto non essendo previsto in Italia) ignoro la disciplina sulle spese di controparte se la causa dovesse andare male, ma immagino valga anche in quei sistemi il principio della soccombenza, quindi resterebbe (ipotizzo, ripeto) quel freno.

Se dovessero perdere, la controparte puo’ chiedere, e chiedera’ senz’altro, tutte le spese sostenute, che potrebbero essere molto elevate: non si perde a costo zero! Quindi potrebbero esserci onori, ma anche molti oneri.
Il fatto e’ che su molte navi nei giorni di contestazioni si sono fatti avanti presunti avvocati per fare poi causa alla compagnia, avvocati che hanno comunque chiesto anticipi ad ogni ospite che ha aderito.
 
Ultima modifica:

Rodolfo

Super Moderatore
E da qui nascono probabilmente certe azioni legali che possono sembrare assurde ed inconcludenti.
Luca posso chiederti perché questo tipo di "patto quota lite", non ne conoscevo il termine ma l'iter al contrario sì, non è ammesso in Italia se non con una piccola parentesi, perché, forse illegalmente, ne ho sentito parlare anche qui da noi.
 

Luca*

Well-known member
E da qui nascono probabilmente certe azioni legali che possono sembrare assurde ed inconcludenti.
Luca posso chiederti perché questo tipo di "patto quota lite", non ne conoscevo il termine ma l'iter al contrario sì, non è ammesso in Italia se non con una piccola parentesi, perché, forse illegalmente, ne ho sentito parlare anche qui da noi.

Il tema è complesso, provo a fare una sintesi (avviso già, non sarà breve, ma del resto solo così potrebbe essere chiaro e utile il discorso) copiando da un mio precedente scritto sul tema. Ho tolto alcuni passaggi e ne ho semplificati altri. Se qualcosa non fosse chiaro resto ben volentieri a disposizione.

Il patto di quota lite può essere definito come la convenzione con la quale cliente e avvocato stabiliscono come compenso del professionista, in caso di successo della causa, una parte del bene o del credito litigioso, o una percentuale del suo valore; è stato tradizionalmente vietato nell’ordinamento italiano in quanto ritenuto in contrasto con il dovere di correttezza e probità dell'avvocato, e con il principio di proporzionalità tra compenso e lavoro svolto (perchè, per fare un esempio, il lavoro per gestire una causa di 1 milione di € o da 100 milioni di € certamente cambierà, ma probabilmente non sarà 100 volte tanto).
In particolare, l’art. 2233 del codice civile, al comma 3, stabiliva che “gli avvocati, i procuratori e i patrocinatori, non possono, neppure per interposta persona, stipulare con i loro clienti alcun patto relativo ai beni che formano oggetto delle controversie affidate al loro patrocinio, sotto pena di nullità e dei danni”.
L’art. 45 del codice deontologico forense, nel testo ante riforma del 2014, nel disciplinare gli accordi sulle definizione del compenso a sua volta richiamava il principio posto dal codice civile vietando il patto di quota lite.
Successivamente è intervenuto il D.L. 4.7.2006, convertito con modificazioni dalla legge 248/2006, che all’art. 2 stabiliva: “In conformità al principio comunitario di libera concorrenza ed a quello di libertà di circolazione delle persone e dei servizi, nonché al fine di assicurare agli utenti un'effettiva facoltà di scelta nell'esercizio dei propri diritti e di comparazione delle prestazioni offerte sul mercato, dalla data di entrata in vigore del presente decreto sono abrogate le disposizioni legislative e regolamentari che prevedono con riferimento alle attività libero professionali e intellettuali: a) l'obbligatorietà di tariffe fisse o minime ovvero il divieto di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti”.
Per tali patti si prevedeva la forma scritta a pena di nullità. Alla riforma legislativa si è adeguato il codice deontologico forense, modificato dal Consiglio Nazionale Forense nella seduta del 18.01.2007. Restava però fermo il divieto posto dall’art. 1261 c.c. In altre parole si distingueva, in quel periodo, tra due diverse pattuizioni: la prima, legittima, avente ad oggetto un compenso parametrato all’obiettivo raggiunto e calcolato in ragione di una percentuale dei beni o interessi litigiosi; la seconda, sanzionata con la nullità, avente ad oggetto la cessione dei diritti oggetto di lite.
Nel 2012 è intervenuto nuovamente il legislatore introducendo, all’art. 13 co. 4 della l. 31.12.2012 n. 247, ossia la nuova legge forense, la seguente norma: “sono vietati i patti con i quali l'avvocato percepisca come compenso in tutto o in parte una quota del bene oggetto della prestazione o della ragione litigiosa”, sicchè il patto di quota lite è tornato ad essere proibito (ecco perchè ho parlato di una breve parentesi). Infine il nuovo codice deontologico forense riprende tale divieto sanzionandolo con la sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da due a sei mesi.
Tali previsioni vanno coordinate rispettivamente con il comma 3 del medesimo art. 13 della l. 247/2012 (che stabilisce che: “la pattuizione dei compensi è libera: è ammessa la pattuizione a tempo, in misura forfetaria, per convenzione avente ad oggetto uno o più affari, in base all'assolvimento e ai tempi di erogazione della prestazione, per singole fasi o prestazioni o per l'intera attività, a percentuale sul valore dell'affare o su quanto si prevede possa giovarsene, non soltanto a livello strettamente patrimoniale, il destinatario della prestazione”) e con lo speculare comma 1 dell’art. 25 Codice Deontologico Forense. Il coordinamento va effettuato valorizzando le differenze anche lessicali tra le due disposizioni, oltre che la ratio che sta alla base del patto di quota lite. Ed infatti il comma 1 dell’art. 25 C.D.F.(così come il comma 3 dell’art. 13 l. 247/2012) si riferisce al valore dell’affare o a quanto si prevede possa giovarsene. È evidente che il riferimento ad un previsione necessariamente si colloca in un momento di incertezza, in un momento cioè in cui la causa non è ancora definita. Viceversa il comma 2 dell’art. 25 C.D.F. si riferisce all’esito di una determinata vertenza, cioè al risultato conseguito.
Una tale interpretazione è conforme con la ratio del divieto, ossia far sì che l’avvocato non sia coinvolto nella gestione della vicenda da un personale tornaconto economico, che potrebbe far venire meno la sua capacità di giudizio.
 
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pitt76

Active member
Sebbene venga in qualche modo utilizzata da un avvocato in alcune circostanze una forma (più o meno lecita) di patto di quota lite, non ci scordiamo che, proprio perchè l'interesse è vicendevole (del cliente e dell'avvocato) lo studio preliminare delle probabilità "di vincita", quindi della effettiva fondatezza e non pretestuosità della vertenza è più accurata (di solito) rispetto ad altre circostanze.
Quindi, non sempre questa formula di ingaggio è da sottovalutare.

Per il merito, credo che qualsiasi pretesa chiamiamola "risarcitoria" alla fine di un viaggio debba essere fatta stragiudizialmente e (se possibile) in maniera diretta e non assistita.
Le rare volte che l'ho fatto, senza l'aiuto di nessuno, ho ottenuto buoni risultati senza arrivare alle carte bollate.
 

Rodolfo

Super Moderatore
Il discorso ritorna sempre allo stesso punto. A meno di gravi colpe di una Compagnia, non vedo perché uno che accetta di salire su di una nave, sapendo di una probabilità più o meno remota di contrarre un contagio, dovrebbe promuovere una azione contro la compagnia. Per tutti gli altri mezzi di trasporto non è possibile.
Per i voli aerei devi rispettare tutti i protocolli in aerostazione comprese le distanze sociali di almeno un metro un metro e mezzo, poi sali in aereo e sei gomito a gomito con il passeggero accanto; boh!!!! Al Covid è severamente vietato salire a bordo. ;);)
Cosa fanno gli interessi!!!!
 
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