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Un altro pezzo d'italia che scompare

Rodolfo

Super Moderatore
Da domani sparirà il Marchio Fiat. La nuova produzione porterà il nuovo logo FCA. 115 anni di storia "cancellati".
 

mariaefiglio

Active member
attenzione che dall'aldilà rischiano di vedersi Gianni Agnelli in ufficio
neanche la morte lo tratterà
bando agli scherzi, anche se tanto scherzo.........., ormai è tutto nelle mani di Marchionne e degli Agnelli in sostanza non c'è più nessuno e dell'Italia senza portafoglio a loro non interessa di sicuro quindi, nessuna meraviglia
 

giusri

Active member
....business is business..... dicono gli americani .......... una mossa per pagare anche meno tasse ........

....una nota positiva rimane....... l'acronimo sarà per sempre letto ed immaginato in italiano .......


ciao
Giuseppe
 
F

Felix73

Guest
Per una delle poche aziende italiane che è riuscita ad espandersi all'estero (salvando Detroit e salvando se stessa) ... non parlerei di 115 anni cancellati. .. ma piuttosto di un'evoluzione "obbligatoria" rispetto a quei 115 anni.....
Meglio. .. tanto meglio di tanti altri marchi storici italiani... che d'italiano hanno tenuto solo il marchio. ..essendo passate in mano estera. ..anche come siti produttivi...
 
Ultima modifica:

devil1969

New member
io la vedo diversamente finiti gli incentivi dello stato finito amore.....

riporto un articolo del 2012.....

"
Il “saldo” Fiat: 7,6 miliardi di euro ricevuti dallo Stato, investiti 6,2 miliardi
Uno studio della Cgia di Mestre fornisce le cifre su un tema di cui si torna a discutere spesso: gli aiuti pubblici ricevuti dalla casa di Torino, dal 1977 a oggi, a fronte dei benefici restituiti all'economia. Esclusi dal conto gli ammortizzatori sociali
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 19 settembre 2012
Commenti (101)
disoccupazione dati usa romney

Più informazioni su: Aiuti di Stato, Cgia Mestre, Fiat.
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Dal 1977 a oggi, la Fiat ha ricevuto l’equivalente di 7,6 miliardi di euro dallo Stato, e ne ha investiti 6,2 miliardi: è la Cgia di Mestre a fornire le cifre su tema spesso dibattuto a proposito della casa torinese, cioè il “saldo” tra aiuti pubblici ricevuti e capitali impiegati nell’economia nazionale. “Una somma importante – segnala il segretario di Cgia Giuseppe Bortolussi – che comunque è stata integrata, tra il 1990 e i giorni nostri, da oltre 6,2 miliardi di investimenti realizzati dalla Fiat sui progetti per i quali ha ottenuto i 7,6 miliardi presi in considerazione. Va anche detto che gli aiuti più significativi – continua – sono avvenuti negli anni ’80, quando tutti i Governi dei Paesi occidentali sono intervenuti massicciamente per sostenere le proprie case automobilistiche”.

Tra gli aiuti elargiti alla Fiat, l’analisi della Cgia non ha tenuto conto degli ammortizzatori sociali impiegati in questo periodo né gli ultimi contratti approvati dal Cipe nel biennio 2010-2011. In assoluto, l’investimento più importante è stato quello che si è reso necessario per la costruzione degli impianti produttivi di Melfi e Pratola Serra (1990-1995) che sono costati alle casse dello Stato quasi 1,28 miliardi di euro. Per contro, la Fiat ha investito in questo nuovo sito 2 miliardi di euro. Di un certo rilievo anche le ristrutturazioni che hanno interessato la Sata di Melfi (1997-2000) e l’Iveco di Foggia (2000-2003). Se nel primo intervento lo Stato ha investito 151 milioni di euro, nel secondo sono stati spesi 121,7 milioni di euro pubblici. La Fiat, comunque, per entrambi i siti ha messo sul tavolo una cifra complessiva di poco inferiore agli 895 milioni di euro.

“Da sempre – conclude Bortolussi – la politica italiana ha guardato con grande attenzione e una certa indulgenza alla più grande industria privata italiana. Ora che soldi pubblici non ce ne sono più, ognuno deve correre con le proprie gambe e affrontare la concorrenza internazionale con i propri mezzi. Se, in una fase estremamente delicata come quella che stiamo vivendo, dovessimo perdere un marchio che ha fatto, nel bene e nel male, la storia industriale del Paese sarebbe un grave danno per tutta l’economia italiana”.

il fatto quotidiano.
 
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