Cap. 2 – Esodo
Torino, 27 Giugno 2014, ore 6.15
La sveglia predica nel deserto. Suona e risuona senza trovare nessuno che ponga fine al suo sforzo, unico suono percepibile in tutto l’albergo per diversi altri minuti. Poi, dalla finestra, il rumore di un tram e le prime connessioni neurali che ti restituiscono tempi, luoghi e aspettative della giornata. Il programma è chiaro: treno alle 10.30 per Savona, arrivo in stazione alle 12.45, taxi per il palacrociere, imbarco verso le 13.30, Incanto sul Bosforo a seguire nei dieci giorni successivi.
La desuetudine (parola del giorno) a prendere il treno, unita ad un bel po’ di paranoia personale, mi porta ad andare alla stazione da solo, mentre tutti dormono, per verificare l’esistenza effettiva del treno e l’orario esatto di partenza. Sono le 6.35 e buona parte di Torino ancora dorme, come la mia famiglia in albergo.
La mia ultima visita di Torino risale a 20 anni prima, ma la ricordo bene. Sarà un luogo comune, ma si respira ad ogni angolo del centro la regalità della città, per cui, dopo aver preso i biglietti alla stazione – tutto confermato quanto previsto da casa – si vola per un giro a piedi del centro città, del quale lascio qualche ricordo fotografico veloce.
Piazza San Carlo
Palazzo Reale
La Mole Antonelliana
Alle 8.20 sono di nuovo in albergo, intento a svegliare la famiglia che fa inspiegabilmente – magari sarò solamente io ad avere la sindrome di Peter Pan - le stesse resistenze di un giorno di scuola e lavoro.
Via dall’hotel alle 10.00, la formazione è casuale ma persisterà per tutta la durata del viaggio: Io con i due trolley grandi da imbarco, i bambini con un bagaglio a mano a testa da trascinare (si sentivano grandi viaggiatori, compreso il piccolo), mia moglie con zainetto in spalla e soprattutto occhio vigile sui “grandi viaggiatori” di cui sopra.
Si parte puntuali alle 10.30. Primo treno della loro vita per i bambini: l’entusiasmo dura, si e no, 3 minuti. Al quarto in sequenza veloce: “Papà… quando arriviamo?”, “Mi sto annoiando”, “Mi prendi il computer?”, “Mi manca la zia”, “Mi manca la mia stanzetta” e così via, finché, dopo aver provato a giocare con tutto ciò che ci siamo portati per intrattenerli – e naturalmente aver litigato continuamente perché volevano entrambi simultaneamente la stessa cosa,- non si sono addormentati per sfinimento.
Il viaggio verso il tanto agognato porto di partenza dura le due ore previste: Savona e il Mar Ligure appaiono luminosi dietro le ultime basse Alpi. La stazione dei taxi è sulla sinistra poco prima delle vetrate che indicano l’uscita della stazione. Il tassista – metallaro – vede le valigie e inizia a metterle nel cofano prima ancora che potessi dirgli qualcosa: le etichette costa parlano chiaro.
La tariffa Stazione – Palacrociere è fissa, 15 Euro, è ben indicata sul cruscotto del taxi. Un po’ di traffico, sguardi attenti dal finestrino per farsi una prima impressione di una città mai visitata (con i bimbi che, di fronte alla fortezza del Priamar, rimangono sorpresi di vedere un gorilla in mezzo al prato)
Il gorilla davanti al Priamar (foto presa da internet; soprassediamo sulla la mia, dal taxi in movimento)
All’arrivo al palacrociere, tutti efficientissimi. Scendiamo dal taxi e arrivano 2 signorine Costa in tailleur giallo, incalzanti: “dove andate, chi siete, cosa volete… un fiorino!” Scherzi a parte, Vi diranno esattamente dove andare, cosa fare, come saranno le procedure di imbarco, vorranno vedere i documenti e vi faranno subito consegnare i bagagli da imbarcare, che rivedrete in cabina nel pomeriggio. In fine vi daranno un numero per le procedure di imbarco, per noi il 10.
Occhio a non dimenticare nulla nelle valigie: servono le carte di imbarco – essenziali – il biglietto di crociera (che ovviamente noi abbiamo lasciato nella valigia consegnata all’ingresso del palacrociere) e i documenti personali.
Interno del Palacrociere di Savona
Il primo contatto lo abbiamo con una signorina in bianco, che consegna ai bambini il programma settimanale dello Squok Club. Mia figlia sentenzia, con gli occhi grandi dell'amore: “tanto non mi interessa, io voglio stare tutto il tempo con voi!”. La guardo con bonaria aria di sfida: ne riparleremo.
Alle 13.30, esattamente come previsto, chiamano il nostro numero: ci affacciamo per la prima volta a vedere le possenti mura della città galleggiante che ci ospiterà
Superiamo 3 diversi controlli di sicurezza, in cui si dimostrano sempre gentili e sorridenti soprattutto nei confronti dei bambini, per poi essere bloccati per la rituale foto di salita a bordo, dietro ad un timone, con un membro dell’equipaggio. E poi, altro controllo in cui ti scattano una foto con cui controlleranno, ad ogni salita e discesa della nave, che tu sei effettivamente tu, dirimendo a priori eventuali futuri disturbi della personalità; dopo quest'ultimo momento di identificazione, ti assegnano la tua fedele Carta Costa e ti si spalancano - finalmente - le porte della nave.
La hall centrale
Sorrisi e stupore. Siamo di nuovo a bordo dopo 10 anni. Evviva evviva… subito al buffet!
E mentre dedichiamo le nostre attenzioni al buffet, lanciamo uno sguardo a salutare la terraferma...
da lì a poco... si parte!
<continua domani con il Capitolo 3: La nave>