Alcuni amici mi hanno chiesto, dopo aver visto le immagini di repertorio trasmesse in televisione,
come mai sulla prua della Allegra, sotto il nome in italiano, ci sia anche la scritta in cinese.
La nave - purtroppo ora incappata nell’incendio alle Seychelles - è stata la prima inviata da Costa in Estremo Oriente per “aprire” il mercato cinese ed è stata sostituita poi da Classica e Victoria.
Sull’onda di queste curiosità ho pensato quindi di recuperare e inserire qui un mio diario di viaggio del 2008: quando la Allegra navigava tra Cina e Giappone, con tante curiosità su questi
due imperi lontani e affascinanti eppure così diversi tra loro. Il testo, a suo tempo inserito sul forum,
era stato poi cancellato durante uno dei cambi da una piattaforma informatica all’altra e il
reinserimento è quindi anche un modo per renderlo di nuovo disponibile e riproporlo alla lettura (i riferimenti a eventi all'interno del racconto risalgono a quell'anno).
Un caro saluto a tutti.
Compagnia: Costa Crociere
Nave: Costa Allegra
Nome crociera: Gioielli d’Oriente
Partenza 22/06/08
Giorni crociera: 14
Porto di imbarco Hong Kong
Porto di sbarco: Tjanjin
Occupazione nave: al completo
Itinerario: Hong Kong, Keelung, Naha-Okinawa,-Kobe-Tokyo-Nakasaki,Cheju-Tjanjin
Voti
Servizi a terra: 8
Ristorante: 9
Bar: 8
Gastronomia: 9
Servizi Alberghieri: 9
Itinerario: 9
Escursioni: 8
Animazione: 7
Organizzazione Nave:8
CINA E GIAPPONE IL FASCINO DI DUE IMPERI
PREMESSA
«Signori imperadori, re e duci e tutte altre genti che volete sapere le diverse generazioni delle genti e le diversità delle regioni del mondo, leggete questo libro dove le troverrete tutte le grandissime maraviglie e gran diversitadi delle genti d'Erminia, di Persia e di Tarteria, d'India e di molte altre province».
Così Marco Polo iniziava il suo «Milione». Noi, molto più modestamente, da anni fantasticavamo di un viaggio in Cina e Giappone. E tutti i sogni si infrangevano sul famoso detto: «I cinesi mangiano ogni cosa che abbia quattro gambe tranne i tavoli». Con due ragazzi al seguito, Manu e Simone (14 e 12 anni), il temuto impatto con la gastronomia orientale ci aveva a lungo trattenuto. Poi a ottobre 2007, la notizia bomba arrivò via e-mail. Costa Crociere, dopo aver inviato la «Allegra» in quei mari esclusivamente per il pubblico cinese, aveva deciso di organizzare anche crociere per gli occidentali. E, tra le altre proposte, spiccava l’itinerario poi scelto, con partenza il 22 giugno: 14 giorni con tappe a Keelung, Naha-Okinawa, Kobe-Tokyo-Nakasaki,Cheju-Tjanjin.
L’occasione ghiotta (la cucina a bordo è italiana) veniva subito concretizzata con la prenotazione di una mini-suite. A quel punto non si poteva resistere alla tentazione di far precedere la crociera da un tour a terra (tappe Pechino, Xi’An, Shanghai e arrivo a Hong Kong) di una settimana. Quel che segue è il racconto del viaggio e delle «grandissime maraviglie e diversitadi» che abbiamo visto.
VERSO LA CINA
Dopo varie consultazioni di cataloghi e siti, la scelta è caduta su Chinasia per un tour personalizzato: avremo in Cina un pulmino privato con autista e guida parlante italiano in ogni tappa, con transfer, visite e hotel 5 stelle. D’altronde, per il mese di giugno non c’erano tour di gruppo in data utile, e (con una scelta che si è rivelata decisiva), abbiamo voluto evitare il prolungamento a luglio: in quella zona, e in Giappone, c’è infatti il mese delle piogge.
La partenza è da Fiumicino alle 20,10. Arriviamo con una coincidenza pomeridiana da Palermo (finalmente niente viaggi che cominciano all’alba...) e al check-in un’impiegata italiana ci sistema tutti insieme in una fila da quattro. Dopo due ore di attesa supplementare per un ritardo, finalmente a bordo per affrontare le 11 ore di volo (all’arrivo 6 ore di fuso orario).
L’aereo Air China è un Airbus nuovo di zecca, ognuno di noi ha un televisorino con telecomando, i sedili - per essere in economy - sono abbastanza larghi e comodi. Le hostess parlano cinese e inglese, sono gentili e subito presenti appena si suona il campanello. Periodicamente, puliscono persino i bagni.
Come cena, ci servono una sorta di «spezzatino» che divide la famiglia, come accadrà spesso durante il viaggio: Manu ne fa a meno; io, Maria e Simone lo troviamo tutto sommato decente. Film e programmi sul televisorino sono tutti in cinese e inglese. La notte passa rapida con la parte finale del «Signore degli anelli» e Gollum che sibila nel buio «Treassure, my treassure»...
LA MAESTOSA PECHINO
Arriviamo intorno alle 14, ora di Pechino, nel terminal C dell’aeroporto: è nuovo di zecca, appena finito per le Olimpiadi, su progetto di Sir Norman Foster (quello del palazzo-proiettile di Londra). L’impatto è davvero eccezionale: visto dall’alto ricorda un drago e il parcheggio coperto lì davanti sembra il guscio di una tartaruga. Osservato dall’interno, il soffitto spiovente dà una visione avvolgente dell’enorme area (1,3 milioni di mq) e tanti archi metallici luccicano su un fondo rosso-arancione (le squame del drago?).
Riprendiamo le valigie, controlli veloci e all’uscita incontriamo la nostra guida, Chang Ching (o qualcosa del genere). È una giovane magrolina e occhialuta di 25 anni che ha studiato 10 mesi a Perugia e parla un buon italiano. I genitori le cambiarono il nome da piccolina perché piangeva sempre: quello attuale significa infatti Serena. Come fanno le guide cinesi, ci invita quindi a chiamarla con il nome italiano.
Il nostro albergo, il Crowne Plaza, è in centro, sulla via Wangfujing, isola pedonale e piena di negozi, a poca distanza dalla piazza Tienanmen. Dopo tante paure e incertezze, è valsa la pena puntare sul circuito 5 stelle, visto anche che c’era soltanto una leggera differenza di prezzo rispetto al 4. L’hotel è infatti elegantissimo, nella grande hall ci sono persino due ascensori panoramici e sembra ...una nave da crociera. Abbiamo due camere vicine, sullo stesso piano, pulizia e servizio sono impeccabili. All’ultimo piano c’è il centro benessere e la piscina coperta. Unico neo: l’acqua dai rubinetti non è potabile e non lo sarà in nessun altro hotel cinese. Accanto al lavandino si trovano due bottigliette di minerale, evidentemente per almeno lavarsi i denti senza troppi rischi.
Chiediamo alla guida e ci spiega che è questa la normalità: anche a casa sua devono bollire l’acqua dei rubinetti prima di poterla usare per scopi alimentari ed è così un po’ dovunque a Pechino.
Ci informano anche degli orari anticipati dei pasti in Cina: il pranzo (cinese, in corso di escursioni) sarà sempre intorno a mezzogiorno, la cena (col tour operator si è concordato che si tratti di buffet internazionali) dalle 18 in poi. Siamo ormai a ridosso dell’orario e, stravolti dal fuso orario e dalla fame (per il nostro stomaco è mezzanotte), ci presentiamo al ristorante dell’albergo. Il buffet è davvero all’altezza: c’è il sushi ma anche salmone, gamberoni e cozze. Ci sono i piatti cinesi ma si possono chiedere bistecche o pesce alla griglia e il cuoco le prepara all’istante. Gran tavolo di dolci e persino la fontana di cioccolato dove intingere pezzetti di frutta. Guardo i miei due figli con gli occhi che brillano e finalmente penso che possiamo rilassarci...
Dopo cena facciamo prenotare alla guida i biglietti per uno spettacolo di kung-fu in un teatro. La sorpresa positiva è il costo del taxi: tragitti di andata e ritorno di circa 20 minuti, spesa in totale 32 yuan (l’equivalente di 3 euro e venti centesimi). Abbiamo posti in terza fila e lo spettacolo è molto simpatico: in scena più di 30 ballerini acrobati. Il più bravo è anche capace di stare in equilibrio su una spada o di infrangere, con una testata, tre lastre di marmo. Da questa mossa nasce l’urlo che sarà il tormentone del nostro viaggio: UATTOO’...
Da pronunciare, facendo il gesto di infilare due dita negli occhi dell’avversario, quando si fa un buon affare ai danni dei cinesi. O subire dagli altri quando prenderemo i bidoni dai cinesi. Per il taxi risparmioso intanto primo UATTOO’...
come mai sulla prua della Allegra, sotto il nome in italiano, ci sia anche la scritta in cinese.
La nave - purtroppo ora incappata nell’incendio alle Seychelles - è stata la prima inviata da Costa in Estremo Oriente per “aprire” il mercato cinese ed è stata sostituita poi da Classica e Victoria.
Sull’onda di queste curiosità ho pensato quindi di recuperare e inserire qui un mio diario di viaggio del 2008: quando la Allegra navigava tra Cina e Giappone, con tante curiosità su questi
due imperi lontani e affascinanti eppure così diversi tra loro. Il testo, a suo tempo inserito sul forum,
era stato poi cancellato durante uno dei cambi da una piattaforma informatica all’altra e il
reinserimento è quindi anche un modo per renderlo di nuovo disponibile e riproporlo alla lettura (i riferimenti a eventi all'interno del racconto risalgono a quell'anno).
Un caro saluto a tutti.
Compagnia: Costa Crociere
Nave: Costa Allegra
Nome crociera: Gioielli d’Oriente
Partenza 22/06/08
Giorni crociera: 14
Porto di imbarco Hong Kong
Porto di sbarco: Tjanjin
Occupazione nave: al completo
Itinerario: Hong Kong, Keelung, Naha-Okinawa,-Kobe-Tokyo-Nakasaki,Cheju-Tjanjin
Voti
Servizi a terra: 8
Ristorante: 9
Bar: 8
Gastronomia: 9
Servizi Alberghieri: 9
Itinerario: 9
Escursioni: 8
Animazione: 7
Organizzazione Nave:8
CINA E GIAPPONE IL FASCINO DI DUE IMPERI
PREMESSA
«Signori imperadori, re e duci e tutte altre genti che volete sapere le diverse generazioni delle genti e le diversità delle regioni del mondo, leggete questo libro dove le troverrete tutte le grandissime maraviglie e gran diversitadi delle genti d'Erminia, di Persia e di Tarteria, d'India e di molte altre province».
Così Marco Polo iniziava il suo «Milione». Noi, molto più modestamente, da anni fantasticavamo di un viaggio in Cina e Giappone. E tutti i sogni si infrangevano sul famoso detto: «I cinesi mangiano ogni cosa che abbia quattro gambe tranne i tavoli». Con due ragazzi al seguito, Manu e Simone (14 e 12 anni), il temuto impatto con la gastronomia orientale ci aveva a lungo trattenuto. Poi a ottobre 2007, la notizia bomba arrivò via e-mail. Costa Crociere, dopo aver inviato la «Allegra» in quei mari esclusivamente per il pubblico cinese, aveva deciso di organizzare anche crociere per gli occidentali. E, tra le altre proposte, spiccava l’itinerario poi scelto, con partenza il 22 giugno: 14 giorni con tappe a Keelung, Naha-Okinawa, Kobe-Tokyo-Nakasaki,Cheju-Tjanjin.
L’occasione ghiotta (la cucina a bordo è italiana) veniva subito concretizzata con la prenotazione di una mini-suite. A quel punto non si poteva resistere alla tentazione di far precedere la crociera da un tour a terra (tappe Pechino, Xi’An, Shanghai e arrivo a Hong Kong) di una settimana. Quel che segue è il racconto del viaggio e delle «grandissime maraviglie e diversitadi» che abbiamo visto.
VERSO LA CINA
Dopo varie consultazioni di cataloghi e siti, la scelta è caduta su Chinasia per un tour personalizzato: avremo in Cina un pulmino privato con autista e guida parlante italiano in ogni tappa, con transfer, visite e hotel 5 stelle. D’altronde, per il mese di giugno non c’erano tour di gruppo in data utile, e (con una scelta che si è rivelata decisiva), abbiamo voluto evitare il prolungamento a luglio: in quella zona, e in Giappone, c’è infatti il mese delle piogge.
La partenza è da Fiumicino alle 20,10. Arriviamo con una coincidenza pomeridiana da Palermo (finalmente niente viaggi che cominciano all’alba...) e al check-in un’impiegata italiana ci sistema tutti insieme in una fila da quattro. Dopo due ore di attesa supplementare per un ritardo, finalmente a bordo per affrontare le 11 ore di volo (all’arrivo 6 ore di fuso orario).
L’aereo Air China è un Airbus nuovo di zecca, ognuno di noi ha un televisorino con telecomando, i sedili - per essere in economy - sono abbastanza larghi e comodi. Le hostess parlano cinese e inglese, sono gentili e subito presenti appena si suona il campanello. Periodicamente, puliscono persino i bagni.
Come cena, ci servono una sorta di «spezzatino» che divide la famiglia, come accadrà spesso durante il viaggio: Manu ne fa a meno; io, Maria e Simone lo troviamo tutto sommato decente. Film e programmi sul televisorino sono tutti in cinese e inglese. La notte passa rapida con la parte finale del «Signore degli anelli» e Gollum che sibila nel buio «Treassure, my treassure»...
LA MAESTOSA PECHINO
Arriviamo intorno alle 14, ora di Pechino, nel terminal C dell’aeroporto: è nuovo di zecca, appena finito per le Olimpiadi, su progetto di Sir Norman Foster (quello del palazzo-proiettile di Londra). L’impatto è davvero eccezionale: visto dall’alto ricorda un drago e il parcheggio coperto lì davanti sembra il guscio di una tartaruga. Osservato dall’interno, il soffitto spiovente dà una visione avvolgente dell’enorme area (1,3 milioni di mq) e tanti archi metallici luccicano su un fondo rosso-arancione (le squame del drago?).
Riprendiamo le valigie, controlli veloci e all’uscita incontriamo la nostra guida, Chang Ching (o qualcosa del genere). È una giovane magrolina e occhialuta di 25 anni che ha studiato 10 mesi a Perugia e parla un buon italiano. I genitori le cambiarono il nome da piccolina perché piangeva sempre: quello attuale significa infatti Serena. Come fanno le guide cinesi, ci invita quindi a chiamarla con il nome italiano.
Il nostro albergo, il Crowne Plaza, è in centro, sulla via Wangfujing, isola pedonale e piena di negozi, a poca distanza dalla piazza Tienanmen. Dopo tante paure e incertezze, è valsa la pena puntare sul circuito 5 stelle, visto anche che c’era soltanto una leggera differenza di prezzo rispetto al 4. L’hotel è infatti elegantissimo, nella grande hall ci sono persino due ascensori panoramici e sembra ...una nave da crociera. Abbiamo due camere vicine, sullo stesso piano, pulizia e servizio sono impeccabili. All’ultimo piano c’è il centro benessere e la piscina coperta. Unico neo: l’acqua dai rubinetti non è potabile e non lo sarà in nessun altro hotel cinese. Accanto al lavandino si trovano due bottigliette di minerale, evidentemente per almeno lavarsi i denti senza troppi rischi.
Chiediamo alla guida e ci spiega che è questa la normalità: anche a casa sua devono bollire l’acqua dei rubinetti prima di poterla usare per scopi alimentari ed è così un po’ dovunque a Pechino.
Ci informano anche degli orari anticipati dei pasti in Cina: il pranzo (cinese, in corso di escursioni) sarà sempre intorno a mezzogiorno, la cena (col tour operator si è concordato che si tratti di buffet internazionali) dalle 18 in poi. Siamo ormai a ridosso dell’orario e, stravolti dal fuso orario e dalla fame (per il nostro stomaco è mezzanotte), ci presentiamo al ristorante dell’albergo. Il buffet è davvero all’altezza: c’è il sushi ma anche salmone, gamberoni e cozze. Ci sono i piatti cinesi ma si possono chiedere bistecche o pesce alla griglia e il cuoco le prepara all’istante. Gran tavolo di dolci e persino la fontana di cioccolato dove intingere pezzetti di frutta. Guardo i miei due figli con gli occhi che brillano e finalmente penso che possiamo rilassarci...
Dopo cena facciamo prenotare alla guida i biglietti per uno spettacolo di kung-fu in un teatro. La sorpresa positiva è il costo del taxi: tragitti di andata e ritorno di circa 20 minuti, spesa in totale 32 yuan (l’equivalente di 3 euro e venti centesimi). Abbiamo posti in terza fila e lo spettacolo è molto simpatico: in scena più di 30 ballerini acrobati. Il più bravo è anche capace di stare in equilibrio su una spada o di infrangere, con una testata, tre lastre di marmo. Da questa mossa nasce l’urlo che sarà il tormentone del nostro viaggio: UATTOO’...
Da pronunciare, facendo il gesto di infilare due dita negli occhi dell’avversario, quando si fa un buon affare ai danni dei cinesi. O subire dagli altri quando prenderemo i bidoni dai cinesi. Per il taxi risparmioso intanto primo UATTOO’...