Re: ieri anniversario dell'incidente del Moby Prince
Da Shippingonline, alcuni aggiornamenti sul processo di Moby Prince
L’inchiesta bis. moby prince, decisivo l’errore umano
«Abbiamo lavorato con grande impegno per accertare la fondatezza degli scenari ipotizzati. E la conclusione, basandosi su fatti oggettivi, è che l’incidente sia stato causato da un errore umano dovuto a una situazione ambientale imprevedibile come il banco di nebbia che ha improvvisamente avvolto il traghetto poco prima di sbattere sulla petroliera». Lo ha detto il procuratore di Livorno, Francesco De Leo, illustrando la richiesta di archiviazione dell’inchiesta-bis sul disastro del Moby Prince, nel quale morirono 140 persone la sera del 10 aprile 1991. I magistrati hanno anche confermato che il traghetto della Navarma era malmesso e «navigava senza le necessarie misure di sicurezza», fatti per i quali «è responsabile la società armatrice ma ormai non più punibile perché il reato è prescritto». De Leo, che ha coordinato il lavoro dei pm Antonio Giaconi, Carla Bianco e Massimo Mannucci, ha poi spiegato che «la procura ha approfondito ogni singolo aspetto disponendo nuove consulenze tecniche e sfruttando le tecnologie più avanzate. Ciò - ha detto - ci ha permesso di escludere che sia avvenuta a bordo un’esplosione prima della collisione tra le due navi. La deflagrazione che c’è stata nel locale delle eliche di prua è stata determinata dalla presenza dei gas sprigionati dall’incendio». Questo dato, ha sottolineato il procuratore, è confermato anche dalla consulenza effettuata da Ian Cullis, il chimico esplosivistico che ha lavorato anche sulla strage di Lockerbie. Infine, secondo la procura livornese non hanno trovato riscontro le ricostruzioni dell’avvocato Carlo Palermo, che aveva presentato nell’ottobre 2006 istanza di riapertura delle indagini per conto dei figli del comandante del Moby Prince, Angelo e Luchino Chessa, e altri parenti delle vittime, secondo il quale l’incidente sarebbe avvenuto in un contesto «di guerra» per una «movimentazione illegale di armamenti Usa» per la quale ci furono anche «soppressioni di atti e una sostanziale abdicazione della sovranità territoriale sul porto e in rada».
«A queste congetture - ha spiegato De Leo - non abbiamo trovato risposta nei fatti». Semmai i dubbi restano sulla presenza in rada, quella notte, di almeno due navi, la “Theresa” e la “Ship one”, che la procura «non ha identificato e sul fatto che un tracciato radar mostra, nell’imminenza della collisione, un natante non identificato allontanarsi dalla rada verso il largo a fortissima velocità». Infine, ha concluso De Leo, «non esistono immagini satellitari della rada livornese al momento dell’incidente».