amolaustralia
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Questa breve crociera (5gg.) con porti di modesto interesse è stata scelta come parte del nostro viaggio di nozze su esplicito invito della mogliettina che, affascinata dalle “meganavi” (io la vedo un po’ diversamente) desiderava salire sul megamostro, pardon, sul maggior gigante del mondo crociestico, una nave di classe Oasis.Accontentata.
1° giorno – Arrivo a Fort Lauderdale da Orlando non tranquillissimo (il forte vento laterale ha messo a dura prova il pilota nel tener l’aereo) in una giornata luminosa dal clima fresco. Non so se ci sono comodi mezzi pubblici, ma il taxi è una buona soluzione perché il porto è vicino (spesa modica).
Il porto si presenta (prevalentemente industriale con depositi petroliferi e centrale elettrica, brutto quasi come Civitavecchia per intenderci), ma la stazione marittima della Royal Caribbean è ottima: si capisce subito che per loro fosse home port e che pertanto hanno realizzato grosse strutture di accoglienza a terra. Maggiori i controlli rispetto agli imbarchi già fatti con loro in Europa; procedura comunque celere (15-20min circa per star a bordo).
Mi colpisce il fatto che nell’Allure si entra come sulle vecchie navi (cioè su ponti intermedi); capirò poi che c’è anche accesso da livello banchina e l’ingresso direttamente al ponte 5 nella Promenade serve solo a velocizzare i flussi. L’impressione è che siamo quasi a piena occupazione. I circa 5.000 passeggeri causeranno coda solo il primo giorno all’ingresso al buffet a pranzo (sembrava che gli americani non vedessero l’ora di iniziare ad abbuffarsi) e difficoltà a volte nel trovar tavolino libero negli snack bars senza supplemento. A bordo accanto alla maggioranza di americani e messicani, molti brasiliani. Gli italiani erano 42. Conosceremo solo una coppia di novelli sposi come noi all’incontro per gli “honeymooners”, perché sinceramente volevamo starcene tranquilli. Ci rechiamo subito alla prenotazione degli spettacoli a bordo (con un paio di esperienze Royal alle spalle , arriviamo preparati). Per la prima sera avevamo lo show “acquatico”, ma il freddo che aveva colpito la Florida, ne ha comportato l’annullamento. Abbiamo avuto perciò tutto il tempo di “esplorare” la nave. Mogliettina entusiasta. Io ho qualche dubbio. Scrivo qui subito le impressioni.Il progetto riserva i suoi massimi sforzi alle innovazioni: notevole è l’anfiteatro di poppa con piscina profonda con pavimento semovente e notevole profondità (oltre 5metri !! ) destinato agli spettacoli acquatici dei tuffatori.
Ma impressionante è soprattutto il “Central Park”: il senso di estraniamento dal mare circostante che si prova nella Royal Pronenade è nulla rispetto alla sensazione che si ha seduti i questo grande cortile alberato al centro della parte superiore della nave. Al di là dei cinguettii degli uccelli (registrati),è il verde che ti circonda a farti sentire in un tranquillo parco cittadino: per chi soffre il mare non vi può esser luogo migliore per una traversata. E ci si sente rassicurati dalla grande sapienza tecnica (europea) e dall’eccellente organizzazione a bordo (americana) che, sole, consentono l’esistenza e la manutenzione di un tale giardino pensile.
Di contro quasi tutti gli altri spazi comuni vengono sacrificati rispetto alle navi Royal delle classi inferiori: il teatro perde profondità e non c’è il palco mobile per l’orchestra, il Viking Crown (salone in sommità) non consente praticamente più la vista diretta verso il mare), lo studio B a me è sembrato aver pista ghiacciata più piccola, la discoteca non è su due piani, non c’è un unico salone delle feste sostituito da più lounges (molto bello il “dazzles” ed eccellente il pinnacle nel quale ci siam goduti un paio di cocktail, con il piano a disposizione e da soli in una nave con 5.000 passeggeri, vista mare al 17° ponte: wow ). La libreria e la sala carte sono totalmente senza finestre, lo schooner bar si affaccia solo verso l’interno (promenade), la zona palestra si affaccia si mare solo con pochi oblò. Gli spazi in assoluto più sacrificati sono la passeggiata esterna, occupata per la sua gran parte da un (invero simpatico) circuito per il footing e chiusa verso mare per lunghi tratti dalle barche di salvataggio, e soprattutto il ristorante principale, l’ambiente più deludente. Verso mare ha solo oblò, ad un ponte peraltro sulla passeggiata, e, per la notevole larghezza, non ha più un unico grande vano centrale su tre piani, come nelle classi Voyager o Freedom, ma un vano più piccolo e dei “tagli” nei piani superiori che consentono di guardare un po’ verso il basso: per me è mal riuscito.
Di contro sono migliorati molto il solarium, qui più protetto pur essendo una nave per climi caldi, e totalmente aperto verso il mare a prua sopra il ponte di comando, la zona piscine (ve ne sono molte e diversi idromassaggi) e la promenade che, più bassa, ha però spazi comuni su due ponti, è in parte illuminata naturalmente dall’alto con due lucernai che la separano dal sovrastante Central Park e ha lo spettacolare “rising tide bar” che sale e scende fra questa e il central park e che, quand’è su, lascia spazio ad un bellissimo gioco di fontane.
1° giorno – Arrivo a Fort Lauderdale da Orlando non tranquillissimo (il forte vento laterale ha messo a dura prova il pilota nel tener l’aereo) in una giornata luminosa dal clima fresco. Non so se ci sono comodi mezzi pubblici, ma il taxi è una buona soluzione perché il porto è vicino (spesa modica).

Il porto si presenta (prevalentemente industriale con depositi petroliferi e centrale elettrica, brutto quasi come Civitavecchia per intenderci), ma la stazione marittima della Royal Caribbean è ottima: si capisce subito che per loro fosse home port e che pertanto hanno realizzato grosse strutture di accoglienza a terra. Maggiori i controlli rispetto agli imbarchi già fatti con loro in Europa; procedura comunque celere (15-20min circa per star a bordo).


Mi colpisce il fatto che nell’Allure si entra come sulle vecchie navi (cioè su ponti intermedi); capirò poi che c’è anche accesso da livello banchina e l’ingresso direttamente al ponte 5 nella Promenade serve solo a velocizzare i flussi. L’impressione è che siamo quasi a piena occupazione. I circa 5.000 passeggeri causeranno coda solo il primo giorno all’ingresso al buffet a pranzo (sembrava che gli americani non vedessero l’ora di iniziare ad abbuffarsi) e difficoltà a volte nel trovar tavolino libero negli snack bars senza supplemento. A bordo accanto alla maggioranza di americani e messicani, molti brasiliani. Gli italiani erano 42. Conosceremo solo una coppia di novelli sposi come noi all’incontro per gli “honeymooners”, perché sinceramente volevamo starcene tranquilli. Ci rechiamo subito alla prenotazione degli spettacoli a bordo (con un paio di esperienze Royal alle spalle , arriviamo preparati). Per la prima sera avevamo lo show “acquatico”, ma il freddo che aveva colpito la Florida, ne ha comportato l’annullamento. Abbiamo avuto perciò tutto il tempo di “esplorare” la nave. Mogliettina entusiasta. Io ho qualche dubbio. Scrivo qui subito le impressioni.Il progetto riserva i suoi massimi sforzi alle innovazioni: notevole è l’anfiteatro di poppa con piscina profonda con pavimento semovente e notevole profondità (oltre 5metri !! ) destinato agli spettacoli acquatici dei tuffatori.


Ma impressionante è soprattutto il “Central Park”: il senso di estraniamento dal mare circostante che si prova nella Royal Pronenade è nulla rispetto alla sensazione che si ha seduti i questo grande cortile alberato al centro della parte superiore della nave. Al di là dei cinguettii degli uccelli (registrati),è il verde che ti circonda a farti sentire in un tranquillo parco cittadino: per chi soffre il mare non vi può esser luogo migliore per una traversata. E ci si sente rassicurati dalla grande sapienza tecnica (europea) e dall’eccellente organizzazione a bordo (americana) che, sole, consentono l’esistenza e la manutenzione di un tale giardino pensile.


Di contro quasi tutti gli altri spazi comuni vengono sacrificati rispetto alle navi Royal delle classi inferiori: il teatro perde profondità e non c’è il palco mobile per l’orchestra, il Viking Crown (salone in sommità) non consente praticamente più la vista diretta verso il mare), lo studio B a me è sembrato aver pista ghiacciata più piccola, la discoteca non è su due piani, non c’è un unico salone delle feste sostituito da più lounges (molto bello il “dazzles” ed eccellente il pinnacle nel quale ci siam goduti un paio di cocktail, con il piano a disposizione e da soli in una nave con 5.000 passeggeri, vista mare al 17° ponte: wow ). La libreria e la sala carte sono totalmente senza finestre, lo schooner bar si affaccia solo verso l’interno (promenade), la zona palestra si affaccia si mare solo con pochi oblò. Gli spazi in assoluto più sacrificati sono la passeggiata esterna, occupata per la sua gran parte da un (invero simpatico) circuito per il footing e chiusa verso mare per lunghi tratti dalle barche di salvataggio, e soprattutto il ristorante principale, l’ambiente più deludente. Verso mare ha solo oblò, ad un ponte peraltro sulla passeggiata, e, per la notevole larghezza, non ha più un unico grande vano centrale su tre piani, come nelle classi Voyager o Freedom, ma un vano più piccolo e dei “tagli” nei piani superiori che consentono di guardare un po’ verso il basso: per me è mal riuscito.

Di contro sono migliorati molto il solarium, qui più protetto pur essendo una nave per climi caldi, e totalmente aperto verso il mare a prua sopra il ponte di comando, la zona piscine (ve ne sono molte e diversi idromassaggi) e la promenade che, più bassa, ha però spazi comuni su due ponti, è in parte illuminata naturalmente dall’alto con due lucernai che la separano dal sovrastante Central Park e ha lo spettacolare “rising tide bar” che sale e scende fra questa e il central park e che, quand’è su, lascia spazio ad un bellissimo gioco di fontane.

