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Emozioni Sudafricane e relax a Mauritius

Questa invece è la tartaruga stellata, più piccola ma con una livrea bellissima; è originaria del Madagascar.

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Nel parco si trova anche un recinto con alcuni cervi provenienti dallo Sri Lanka

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Ancora qualche fotografia prima di lasciare il giardino

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E’ ora di pranzo e chiediamo al taxista dove possiamo mangiare. Ci accompagna in un piccolo ristorante dove mangiamo un’ottima aragosta.

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Ritornando verso Flic en Flac passiamo accanto a questa montagna che sulla sommità ha un grosso masso che ci chiediamo come faccia a stare lassù in bilico senza cadere a valle. Si tratta della Pieter Both (mountain) che con i suoi 820 metri, è la seconda montagna più alta di Mauritius. La caratteristica di questa montagna è proprio la gigantesca formazione rocciosa sulla sua cima.

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Alla prossima puntata.....
 
Tornati al resort il tempo continua ad essere brutto così facciamo un giro nel giardino e sulla spiaggia in attesa dell’ora di cena.

Il resort è costituito da numerosi bungalows sparsi in un enorme giardino di prati all’inglese e di palmeti che arrivano fino alla lunga spiaggia di sabbia bianca.

Ci sono diversi bar, una grande piscina e, per la cena e la colazione, un ristorante a buffet dove abbiamo mangiato veramente molto bene. Per il pranzo c’è un atro ristorante con tavoli a bordo piscina.

In condivisione con un altro resort confinante ci sono la palestra e la SPA.

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In un angolo del giardino si trova questa scultura in legno dedicata al Dodo, l'uccello simbolo di Mauritius ormai estinto.
Il primo riferimento al dodo noto risale al 1598 ed è opera di alcuni marinai olandesi. Negli anni successivi, l'uccello venne cacciato dai marinai mentre il suo habitat fu progressivamente distrutto. L'ultimo avvistamento accertato risale al 1662.

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Al suo becco sono appesi diversi biglietti lasciati dagli ospiti del resort su cui sono appuntati i propri desideri nella speranza che il dodo aiuti ad esaudirli
 
Dopo cena facciamo un'altra lunga passeggiata per il giardino esplorando nuovi angoli e poi ci ritiriamo sperando in un miglioramento del tempo....

27 giugno

Ci svegliamo presto perché alle 7.00 vengono a prenderci per l’escursione all’Isola dei Cervi. Il molo da cui partiremo si trova praticamente dall’altra parte dell’isola.

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Partiamo con il cielo grigio plumbeo e man mano che ci addentriamo nel centro dell’isola una leggera pioggerella si trasforma in un vero e proprio diluvio che ci preoccupa e demoralizza. L’escursione sarà in barca e con un tempo così non sarà piacevole.

Il tassista mussulmano alla radio sente la preghiera del venerdì e dice che pregherà anche per noi, perché il tempo migliori.

Non so se sono state le sue preghiere, sta di fatto che quando arriviamo a Trou d’Eau Douce, il paese da dove partiremo per l’escursione in barca, non piove più anche se nuvoloni neri ancora incombono alle spalle del mare.

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Ci mettiamo in attesa che si formi il nostro gruppo, 12 persone in tutto, e poi saliamo su una piccola imbarcazione a motore che ci porterà a qualche decina di metri da molo dove ci attende il catamarano che ci porterà sulla barriera corallina e all’Isola dei Cervi. Questa imbarcazione ci seguirà praticamente per tutto il giorno per permetterci di sbarcare a terra quando il catamarano non riesce ad avvicinarsi ai moli.

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Il catamarano è bellissimo e a bordo ci sono 4 ragazzi giovani che lavorano ma si divertono anche molto. Ci allontaniamo dalla terra puntando verso la barriera corallina e lasciandoci alle spalle i nuvoloni neri.

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Intanto a bordo si accende la musica, si preparano le birre e i cuba libre e si inizia a ballare.

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Arrivati sulla barriera i motori vengono fermati e l’ancora viene gettata. I primi a scendere in acqua saranno i più giovani della compagnia ma poi nessun altro li seguirà: ci dicono che praticamente non ci sono più i coralli e che hanno visto solo una specie di pesciolini grigi. Avevo letto che una petroliera giapponese nel 2020 si era prima incagliata e poi spezzata sulla barriera corallina pochi km a sud di Trou d’Eau Douce riversando tonnellate di greggio in mare. In più il ritardo degli interventi e la richiesta di aiuto ad altre Nazioni fatta giorni dopo il disastro dal governo mauriziano hanno causato la morte di gran parte della barriera e dei suoi abitanti.

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