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Costa Deliziosa 21/11/2025-11/04/2026 Giro del Mondo.

Ma è ora di prenderci una pausa: una tavola elegantemente imbandita ci attende in una sala riccamente arredata e sovrastata da un antico soffitto a cassettoni.

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Dopo la cena abbiamo ancora qualche minuto per esplorare angoli e dettagli che forse ci sono sfuggiti.

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Poi non ci resta che tuffarci di nuovo nelle strade di una Lima che è ancora ben lontana dall'addormentarsi.
 
Ritorniamo verso Plaza de Armas, ancora abbastanza affollata di gente. E ci soffermiamo per scattare qualche foto con una inquadratura particolare e colorata in Plazuela Perù.

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Quindi ci avviamo verso il mezzo che ci condurrà alla nave, percorrendo a ritroso il cammino patto in precedenza.

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Andiamo a dormire con tanta bellezza ancora negli occhi. Domani però saremo ancora qui a Lima...
 
L'indomani mattina eccoci di nuovo sulle strade trafficate di Lima.
Certo l'atmosfera della città di notte è suggestiva e accattivante, ma anche con la luce del giorno la città ha molto da offrire.
La nostra prima meta è il Museo Larco Herrera, un museo privato ospitato in un’elegante hacienda coloniale del XVIII secolo, immersa in giardini fioriti nel quartiere di Pueblo Libre a Lima. Arriviamo al museo tanto presto che dobbiamo attendere per qualche minuto l'apertura. Appena entrati il museo è tutto per noi, siamo gli unici visitatori e possiamo dunque goderci le collezioni in perfetta pace e solitudine.

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Sorge su una piccola piramide precolombiana del VII secolo, cosicché l’edificio stesso diventa un ponte fisico e simbolico tra il Perù antico e quello coloniale.

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Fondato nel 1926 dall’archeologo Rafael Larco Hoyle, il museo nasce a partire da una collezione familiare di manufatti raccolti dal padre, Rafael Larco Herrera, e si sviluppa rapidamente fino a riunire decine di migliaia di reperti. L’intento del fondatore è duplice: preservare il patrimonio delle culture precolombiane della costa peruviana e, al tempo stesso, proporre una lettura cronologica e accessibile della storia antica del paese, in un’epoca in cui l’archeologia scientifica muoveva in Perù i primi passi sistematici.

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La struttura del museo accompagna il visitatore in un percorso narrativo: si entra attraverso cortili bianchi ricoperti di bougainvillea e, superata la reception, ci si inoltra in sale che seguono un criterio cronologico, dalle culture più antiche alle più tarde. Gli ambienti, pur modernamente musealizzati, conservano il sapore domestico della casa coloniale, con sale relativamente intime, soffitti in legno e scorci sui giardini, così che l’esperienza di visita alterna spazi espositivi e momenti di respiro all’aperto.

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Il cuore del Larco è la vasta collezione di ceramiche precolombiane, organizzata per culture e per temi, che permette di seguire l’evoluzione delle forme, degli stili e delle iconografie lungo oltre 5000 anni. Accanto alle esposizioni principali, il museo apre al pubblico anche il proprio deposito di ceramiche: una lunga sequenza di scaffali colmi di vasi, recipienti e figure zoomorfe e antropomorfe, che dà la misura concreta della ricchezza e della varietà del materiale conservato.

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Nel percorso museale le civiltà precolombiane sono presentate in una sequenza approssimativamente cronologica che permette di seguire lo sviluppo delle culture della costa, delle Ande centrali e del sud del Perù fino agli Inca. Le sale non sono strutturate in una “linea del tempo” rigida, ma l’ordine delle collezioni guida il visitatore dalle culture più antiche a quelle più recenti, mettendo in evidenza continuità e rotture. Il tutto ovviamente in ottica collezionistica, riflettendo inesorabilmente i limiti e le carenze di una visione un poco datata, ben lontana dai moderni criteri dell'archeologia contemporanea.

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In termini di grandi fasi, il racconto parte dalle culture formative e proto-urbane, come Cupisnique e Chavín, che segnano l’emergere di una complessa iconografia religiosa e di centri cerimoniali strutturati. Prosegue con le culture intermedie come Salinar e Virú, che preparano il terreno alla grande fioritura della civiltà Moche sulla costa nord, documentata in modo particolarmente ricco dalle ceramiche narrative e dai vasi-ritratto.

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Dopo i Moche, il percorso si allarga ad altre culture regionali quali Recuay e la cultura Lima nell’area centrale, e poi alle tradizioni del sud costiero, in particolare Paracas e Nasca, note per i tessuti finissimi e le ceramiche dalle linee e dai motivi geometrici complessi. Nelle epoche successive compaiono Wari e Tiwanaku come grandi stati andini, seguiti da Lambayeque (Sicán), Chimú e Chancay, che rappresentano l’apogeo delle società costiere tardive, soprattutto per raffinatezza orafa e ceramica.

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La sequenza si conclude con l’Inca, presentato nel museo come l’ultimo grande impero preispanico che eredita e rielabora tradizioni artistiche e simboliche di molte delle culture precedenti. Insieme, queste tappe formano una narrazione continua di circa tremila–cinquemila anni, che fa emergere la varietà regionale del Perù antico più che un’unica linea evolutiva uniforme.

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Lasciamo le tranquille e solitarie sale del museo e usciamo sulla piccola piazza antistante, dove una statua del fondatore del museo veglia sulla sua creatura.

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Ora ci dirigiamo verso il centro, dove siamo già stati ieri sera: ma di giorno è tutta un'altra storia...

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La nostra prima visita in centro è un luogo nuovo per noi: il convento di San Francisco.

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I frati francescani arrivarono a Lima nel 1534 con i conquistatori spagnoli, e nel 1546 Francisco de Santa Ana edificò una prima modesta chiesa e convento su terreni recuperati vicino al fiume Rímac. Espanso dal viceré Andrés Hurtado de Mendoza, l'insieme subì gravi danni dal terremoto del 1655, che distrusse gran parte della struttura originale in adobe; la ricostruzione, guidata da architetti come Constantino de Vasconcellos e frate Miguel de Huerta, culminò con l'inaugurazione della basilica nel 1672. Ulteriori restauri seguirono i sismi del 1687 e del 1746, arricchendo gli interni fino al XVIII secolo.

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La facciata della basilica è un capolavoro barocco con elementi rinascimentali: due torri gemelle slanciate, nicchie con statue di san Francesco e san Diego d'Alcalá, e un frontone ondulato decorato da volute e stemmi francescani scolpiti in pietra. Accanto si ergono la chiesa della Soledad in stile neoclassico e la Cappella del Milagro, formando un complesso monumentale armonioso che domina la via Lampa.

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Il convento si articola intorno a due chiostri principali – il Chiostro Maggiore e il Chiostro Piccolo – con arcate su due ordini, zoccoli rivestiti di azulejos sevillani del XVII secolo raffiguranti scene bibliche, e giardini con fontane e statue. La biblioteca conventuale custodisce oltre 25.000 volumi antichi, inclusi incunaboli e corali miniati.

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Sotto il convento si estendono le famose catacombe, usate come cimitero dal XVII al 1808, con ossari disposti in cerchi concentrici e pozzi funerari che accolgono i resti di circa 25000 persone, tra cui élite coloniali e vittime di epidemie. Le cripte, illuminate da luci soffuse, evocano un'atmosfera misteriosa, con mura decorate da croci incise e mattonelle ornate.
 
E’ doveroso aggiungere che la cronologia dei reperti esposti al Museo Larco e’ valida solo per questo museo, in quanto Larco non era un archeologo ma un ingegnere agronomo, quindi stabili’ una linea temporale per i reperti solo in base alla stratificazione del terreno e quindi parte della comunita’ scientifica archeologica mette in dubbio alcune datazioni.
Ripropongo una foto della mummia ancora intatta, appartenente ad un bambino/a, mai aperta ed esaminata solo con radiografie. La testa e’ solo ornamentale, mente i capelli intrecciati sono capelli veri, verosimilmente presi da altre persone; tutto il corpo, in posizione accovacciata, sta al di sotto della testa ornamentale.

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Dal convento di San Francisco percorriamo a piedi il breve tratto che ci separa dalla cattedrale.

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La Cattedrale Metropolitana di Lima, dedicata a San Giovanni apostolo ed evangelista, domina il lato orientale della Plaza Mayor con la sua maestosa facciata che fonde elementi barocchi e neoclassici, simbolo della fondazione spagnola della città. Fu costruita sul sito di un antico santuario inca dedicato al Puma Inti e sul palazzo del principe cusqueño Sinchi Puma, come simbolo della vittoria del cristianesimo sugli antichi culti.

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Francisco Pizarro posò la prima pietra nel 1535, inaugurando una prima chiesa modesta sotto il patronato della Vergine dell’Assunzione, completata nel 1540 e elevata a cattedrale da Papa Paolo III nel 1541. Distrutta e ricostruita dopo i sismi del 1609, 1687 e soprattutto del 1746 – che la ridusse in macerie – l’edificio attuale fu progettato dal gesuita praghese Juan Jorge Rher tra il 1758 e il 1778, con torri completate nel 1797.

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L’interno, a pianta basilicale con tre navate e transetto, è coperto con volte a crociera in legno con funzione antisismica, illuminate da grandi finestroni.
 
Gli altari laterali, churriguereschi e barocchi, custodiscono immagini sacre della scuola cusqueña, tra cui la Vergine della Candelaria e San Giovanni Evangelista, patrono della cattedrale. Il coro alto, con stalli lignei intagliati del XVII secolo, e il pulpito scolpito completano un ricco apparato decorativo.

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Ritornati all'esterno sulla grande piazza non ritroviamo l'atmosfera suggestiva e raccolta di ieri sera. La piazza ci appare vasta e soleggiata. Anche la facciata della cattedrale e i palazzi che si affacciano su di essa sembrano diversi: non meno belli o interessanti, ma diversi.

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Ripercorriamo strade dove abbiamo camminato ieri sera e anche queste ci appaio diverse nella luce piena del mezzogiorno.
Come se ci apparissero spogliati della loro aura di magia notturna, più nudi e concreti forse, mentre ieri sera mostravano il loro aspetto più immaginifico e irreale. Come se ieri sera vedessimo un sogno e ora la cruda realtà.
 
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Raggiungiamo ora il grande convento di Santo Domingo, dove ieri sera abbiamo sostato brevemente all'esterno.

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Il Convento di Santo Domingo si erge come uno dei complessi religiosi più antichi e prestigiosi del centro storico, testimone della presenza dominicana fin dalle origini della città e custode delle reliquie di santa Rosa de Lima e di san Martín de Porres.

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I frati domenicani arrivarono con Francisco Pizarro e iniziarono la costruzione nel 1535, inaugurando la prima chiesa nel 1540 sotto il patronato della Vergine del Rosario. Distrutto dal terremoto del 1678 e gravemente danneggiato da quelli del 1687 e del 1746, il convento fu ricostruito con maestri come Diego Maroto e Juan de la Torre, che ampliarono la chiesa a tre navate e aggiunsero chiostri monumentali.

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L’interno della chiesa, a tre navate con transetto e cupola, è coperto con volte in quincha decorate da affreschi e stucchi dorati, mentre il retablo maggiore churrigueresco domina l’altare con immagini della Vergine e di san Domenico.

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Il convento conta cinque chiostri – tra cui il Chiostro dei Novizi e quello del Rosario – con arcate a due ordini su colonne doriche e ioniche, pavimenti in piastrelle sevillane del XVII secolo raffiguranti scene bibliche, giardini con fontane e una sala capitolare con dipinti fiamminghi.

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La biblioteca annovera manoscritti antichi, cinquecentine, oltre a una ricca collezione di libri sacei e di corali miniati.

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Vista l'ora ci concediamo una pausa presso un buon ristorante per gustare alcune specialità di cucina peruviana. Dove non può mancare il famoso ceviche, il tamal di mais ripieno di pollo, la causa rellena, in un crescendo fino ad arrivare al lomo saltado.

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Sazi e soddisfatti riprendiamo la nostra visita di Lima.

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Lasciamo l'area del centro storico per dirigerci dapprima verso il distretto di Pueblo Libre.

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Qui osserviamo dall'esterno il museo archeologico nazionale, sicuramente interessante ma che non abbiamo il tempo di visitare.

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E nella pianura antistante il grande monumento a Simon Bolívar, carico di ricordi legati alla liberazione del Perù dalla Spagna e di retorica nazionalista.

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Ci resta ormai il tempo soltanto per un'ultima visita in questa nostra seconda e intensa giornata a Lima: il sito di Huaca Pucllana.

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Huaca Pucllana si erge come un'imponente piramide tronca di adobe nel cuore moderno di Miraflores, circondata da ristoranti e grattacieli che ne accentuano il contrasto con l'antico. Costruita dalla cultura Lima tra il 200 e il 700 d.C., fungeva da centro cerimoniale e amministrativo dedicato al mare, con rituali che onoravano divinità come squali e pesci, testimoniati da ceramiche e offerte rinvenute in buche situate sulla sommità.

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Il sito vide tre fasi principali: la costruzione originaria della cultura Lima, con una società teocratica che eresse piattaforme e piazze; un'occupazione Wari intorno al 500-1000 d.C., che ne adattò i riti; e infine quella Ichma (1000-1470 d.C.), che la utilizzò come cimitero e tempio.

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Abbandonato per secoli, il sito divenne discarica e addirittura pista da motocross, fino agli scavi del 1981 guidati da Isabel Flores Espinoza, che ne restaurarono il profilo originale di 22 metri di altezza, 500 metri di lunghezza e 100 di larghezza.

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La piramide si compone di sette piattaforme scalari in adobe a forma di parallelepipedo verticale, tipico della cultura Lima, con rampe di accesso, cortili e un settore amministrativo a est per assemblee pubbliche su agricoltura e gestione. Il settore cerimoniale a ovest ospitava rituali élitari, inclusi sacrifici di animali e forse umani, mentre recenti scavi hanno rivelato manufatti tessili, strumenti litici e resti di alpaca, pesci e frutti nativi come la chirimoya.

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La nostra visita a Lima è terminata. Rimane solo il tempo per una sosta al mercato degli indios per un po' di shopping e per ritornare alla nave percorrendo il bel quartiere di Miraflores.

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I nostri due giorni a Lima sono trascorsi velocemente. Lasciamo la banchina alle 20 e la nave esce lentamente dal porto di Callao.

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Costeggiamo la sagoma scura dell'isola di San Lorenzo e raggiungiamo il mare aperto.

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Lontane, sempre più lontane le luci di Lima si affievoliscono nella notte, fino a scomparire del tutto.
Un giorno di navigazione ci separa dal nostro prossimo scalo: il porto di Arica, nella regione del Norte Grande, l'area piu settentrionale e la più desertica del Cile.
 
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