ffcinzia
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Come già saprete, il nuovo itinerario di MSC Bellissima, in Arabia Saudita e Mar Rosso, avrà uno scalo a Yanbu.
Ho letto un articolo che che riporta che ad Aprile scorso, l'Arabia Saudita ha sventato un attacco al largo del porto di Yanbu e pare che non sia un caso isolato.
L'articolo parla anche di mine navali rinvenute e distrutte.
Di seguito l'articolo integrale.
Il Ministero della Difesa dell’Arabia Saudita ha riferito, martedì 27 aprile, di aver intercettato e distrutto un’imbarcazione carica di esplosivi al largo della città portuale di Yanbu, sul Mar Rosso.
Il portavoce del Ministero, il generale Turki al-Maliki, ha precisato che le unità della Marina hanno condotto l’operazione alle 06:40 del mattino e, dopo aver monitorato l’imbarcazione, controllata da remoto, l’hanno distrutta secondo le regole di ingaggio. Al momento, non sono state diffuse particolari informazioni sulla barca distrutta, né è chiaro se l’operazione abbia causato o meno danni. Ad ogni modo, sono state avviate indagini per scoprire gli eventuali responsabili di quanto accaduto, definito un “atto ostile”. Poco prima dell’annuncio del Ministero saudita, compagnie di sicurezza marittima, tra cui Dryad Global e la britannica Maritime Trade Operations, avevano riferito di aver ricevuto notizie “non confermate” su un attentato nei pressi di Yanbu, che avrebbe preso di mira una petroliera, la NCC Dammam, della compagnia di trasporti e logistica saudita Bahri. Quest’ultima, dal canto suo, ha successivamente negato la notizia, affermando che nessuna delle imbarcazioni appartenenti alla compagnia è stata oggetto di attacchi.
In tale quadro, l’Organizzazione della cooperazione islamica ha condannato il tentativo di attacco del 27 aprile, così come tutte quelle operazioni che minano il commercio marittimo internazionale, e ha espresso la propria solidarietà al Regno saudita, oltre al suo sostegno alle misure volte a preservare le strutture del Paese e la propria economia. Tuttavia, l’episodio del 27 aprile non è un caso isolato. In particolare, sono state 68 le imbarcazioni esplosive intercettate dal Ministero della Difesa saudita nel Mar Rosso, le quali rappresentano una minaccia per la sicurezza delle rotte marittime e del commercio globale. Il numero di mine navali rinvenute e distrutte, invece, ha raggiunto quota 204.
In passato, imbarcazioni e petroliere saudite sono state prese di mira da tentati attacchi da parte delle milizie di ribelli sciiti Houthi, contro cui Riad combatte a capo di una coalizione internazionale, intervenuta nel conflitto yemenita, il 26 marzo 2015, a sostegno dell’esercito legato al presidente legittimo, Rabbo Mansour Hadi. In tale quadro si inserisce l’esplosione del 14 dicembre 2020 di una petroliera battente bandiera di Singapore, ormeggiata al largo di Gedda. A causarla si presume fosse stata un’imbarcazione carica di esplosivi posta nelle vicinanze. Sebbene non fossero state riportate vittime, per Riad si era trattato di un ennesimo atto terroristico diretto contro strutture vitali. Tali azioni, era stato precisato, colpiscono non solo il Regno saudita, ma la sicurezza e la stabilità delle forniture energetiche e l’economia a livello internazionale. Questo perché ad essere prese di mira sono le rotte del commercio marittimo internazionale e le esportazioni di petrolio e, non da ultimo, attacchi simili potrebbero causare ingenti danni ambientali, derivanti dalla fuoriuscita dei prodotti petroliferi trasportati.
Yanbu è un porto situato nell’Ovest dell’Arabia Saudita, sulla costa del Mar Rosso, e rappresenta la seconda maggiore città portuale dopo Gedda, oltre ad essere il terminal di tre oleodotti costruiti negli anni ’80 per la consegna di petrolio e prodotti petroliferi a un importante complesso petrolchimico locale. Proprio tale località era stata precedentemente scelta dagli Stati Uniti come una possibile base dove trasferire le proprie truppe nel quadro di una “pianificazione di emergenza”, volta a contrastare eventuali minacce provenienti dall’Iran. Ad oggi, però, l’espansione delle postazioni USA nel Regno saudita è ancora in fase di analisi, mentre sono in corso negoziazioni con gli “ospiti sauditi” volte a progettare eventuali lavori alle infrastrutture di Yanbu.
Nel corso del 2020 sono state decine gli attacchi denunciati dall’Arabia Saudita che hanno interessato strutture vitali, di tipo sia economico sia militare, tra cui le infrastrutture petrolifere appartenenti alla Aramco Oil Company e l’aeroporto internazionale di Abha, considerato l’obiettivo più vicino al confine con lo Yemen. Attualmente tali operazioni continuano e gli Houthi si sono detti determinati a colpire il Regno fino a quando non si porrà fine al perdurante assedio in Yemen. In tale quadro, alcuni analisti hanno evidenziato che, diversamente dagli anni precedenti, quando gli Houthi facevano uso prevalentemente di missili balistici, nell’ultimo anno le milizie sciite sembrano aver impiegato maggiormente droni e imbarcazioni cariche di trappole esplosive. Si tratta di armi definite “qualitative”, che hanno consentito ai ribelli di effettuare operazioni a sorpresa nei porti sauditi, tra cui Jizan e Gedda.
Ho letto un articolo che che riporta che ad Aprile scorso, l'Arabia Saudita ha sventato un attacco al largo del porto di Yanbu e pare che non sia un caso isolato.
L'articolo parla anche di mine navali rinvenute e distrutte.
Di seguito l'articolo integrale.
Il Ministero della Difesa dell’Arabia Saudita ha riferito, martedì 27 aprile, di aver intercettato e distrutto un’imbarcazione carica di esplosivi al largo della città portuale di Yanbu, sul Mar Rosso.
Il portavoce del Ministero, il generale Turki al-Maliki, ha precisato che le unità della Marina hanno condotto l’operazione alle 06:40 del mattino e, dopo aver monitorato l’imbarcazione, controllata da remoto, l’hanno distrutta secondo le regole di ingaggio. Al momento, non sono state diffuse particolari informazioni sulla barca distrutta, né è chiaro se l’operazione abbia causato o meno danni. Ad ogni modo, sono state avviate indagini per scoprire gli eventuali responsabili di quanto accaduto, definito un “atto ostile”. Poco prima dell’annuncio del Ministero saudita, compagnie di sicurezza marittima, tra cui Dryad Global e la britannica Maritime Trade Operations, avevano riferito di aver ricevuto notizie “non confermate” su un attentato nei pressi di Yanbu, che avrebbe preso di mira una petroliera, la NCC Dammam, della compagnia di trasporti e logistica saudita Bahri. Quest’ultima, dal canto suo, ha successivamente negato la notizia, affermando che nessuna delle imbarcazioni appartenenti alla compagnia è stata oggetto di attacchi.
In tale quadro, l’Organizzazione della cooperazione islamica ha condannato il tentativo di attacco del 27 aprile, così come tutte quelle operazioni che minano il commercio marittimo internazionale, e ha espresso la propria solidarietà al Regno saudita, oltre al suo sostegno alle misure volte a preservare le strutture del Paese e la propria economia. Tuttavia, l’episodio del 27 aprile non è un caso isolato. In particolare, sono state 68 le imbarcazioni esplosive intercettate dal Ministero della Difesa saudita nel Mar Rosso, le quali rappresentano una minaccia per la sicurezza delle rotte marittime e del commercio globale. Il numero di mine navali rinvenute e distrutte, invece, ha raggiunto quota 204.
In passato, imbarcazioni e petroliere saudite sono state prese di mira da tentati attacchi da parte delle milizie di ribelli sciiti Houthi, contro cui Riad combatte a capo di una coalizione internazionale, intervenuta nel conflitto yemenita, il 26 marzo 2015, a sostegno dell’esercito legato al presidente legittimo, Rabbo Mansour Hadi. In tale quadro si inserisce l’esplosione del 14 dicembre 2020 di una petroliera battente bandiera di Singapore, ormeggiata al largo di Gedda. A causarla si presume fosse stata un’imbarcazione carica di esplosivi posta nelle vicinanze. Sebbene non fossero state riportate vittime, per Riad si era trattato di un ennesimo atto terroristico diretto contro strutture vitali. Tali azioni, era stato precisato, colpiscono non solo il Regno saudita, ma la sicurezza e la stabilità delle forniture energetiche e l’economia a livello internazionale. Questo perché ad essere prese di mira sono le rotte del commercio marittimo internazionale e le esportazioni di petrolio e, non da ultimo, attacchi simili potrebbero causare ingenti danni ambientali, derivanti dalla fuoriuscita dei prodotti petroliferi trasportati.
Yanbu è un porto situato nell’Ovest dell’Arabia Saudita, sulla costa del Mar Rosso, e rappresenta la seconda maggiore città portuale dopo Gedda, oltre ad essere il terminal di tre oleodotti costruiti negli anni ’80 per la consegna di petrolio e prodotti petroliferi a un importante complesso petrolchimico locale. Proprio tale località era stata precedentemente scelta dagli Stati Uniti come una possibile base dove trasferire le proprie truppe nel quadro di una “pianificazione di emergenza”, volta a contrastare eventuali minacce provenienti dall’Iran. Ad oggi, però, l’espansione delle postazioni USA nel Regno saudita è ancora in fase di analisi, mentre sono in corso negoziazioni con gli “ospiti sauditi” volte a progettare eventuali lavori alle infrastrutture di Yanbu.
Nel corso del 2020 sono state decine gli attacchi denunciati dall’Arabia Saudita che hanno interessato strutture vitali, di tipo sia economico sia militare, tra cui le infrastrutture petrolifere appartenenti alla Aramco Oil Company e l’aeroporto internazionale di Abha, considerato l’obiettivo più vicino al confine con lo Yemen. Attualmente tali operazioni continuano e gli Houthi si sono detti determinati a colpire il Regno fino a quando non si porrà fine al perdurante assedio in Yemen. In tale quadro, alcuni analisti hanno evidenziato che, diversamente dagli anni precedenti, quando gli Houthi facevano uso prevalentemente di missili balistici, nell’ultimo anno le milizie sciite sembrano aver impiegato maggiormente droni e imbarcazioni cariche di trappole esplosive. Si tratta di armi definite “qualitative”, che hanno consentito ai ribelli di effettuare operazioni a sorpresa nei porti sauditi, tra cui Jizan e Gedda.