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Imperia - Piccoli borghi

capricorno

Super Moderatore
Dolceacqua , il borgo amato da Monet.



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…il luogo è superbo, vi è un ponte che è un gioiello di leggerezza…”, così Monet descrisse Dolceacqua durante la sua permanenza nel 1884, dopo un primo viaggio in compagnia di Renoir. La sua opera “Le Château de Dolceacqua” nel 2019 è rimasta esposta per qualche mese nel Castello dei Doria.

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Le Château de Dolceacqua” (Claude Monet, 1884).

Dolceacqua è un tipico borgo medievale della val Nervia, lungo il torrente omonimo. La parte più antica del borgo, è dominata dal Castello dei Doria e viene chiamata dagli abitanti Terra. Quella più moderna, chiamata il Borgo, si allunga sulla riva opposta, ai lati della strada che sale la valle. E’ un piccolo paesino ove risiedono poco più di 2000 abitanti, ma ricco di storia, leggende, tradizioni, arte e cultura.

Le prime tracce del paese sono risalenti al quinto secolo avanti Cristo, mentre la prima citazione si trova su un documento del 1151. La storia nei secoli successivi si identifica con le vicende del castello e della signoria dei marchesi Doria.


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Ogni castello che si rispetti ha un fantasma...

La storia narra che nel 1300, il Paese era governato dal Marchese Imperiale Doria, crudele Marchese che reintrodusse l’uso dello “Jus Primae Noctis” secondo il quale la novella sposa doveva giacere, la sua prima notte di nozze, con il duca o il barone del paese
Lucrezia era una bellissima fanciulla di diciannove anni sulla quale il Marchese aveva posto molte delle sue attenzione. Fidanzata ad un ragazzo del Paese di nome Basso, decisero di sposarsi in segreto per sfuggire al barbaro editto, ma durante i festeggiamenti le Guardie del Marchese fecero irruzione nella casa degli sposi e rapirono Lucrezia per portarla nel Castello.
Trascinata contro il suo volere nell’alcova del Tiranno, la giovane si rifiutò con tutte le sue forze di pagare l’odioso tributo. Sfuggendogli tento di buttarsi dalla finestra dall’ultimo piano della torre rotonda.
Davanti a tale resistenza al suo volere, il Marchese, in preda alla rabbia, la fece rinchiudere nelle buie ed umide segrete del Castello, pensando di piegare nei giorni successivi la ragazza alla Sua volontà.
Lucrezia, malgrado il duro trattamento non cambio la sua decisione e si lasciò morire di fame e di sete.
Venuta a conoscenza della tragica notizia la gente del Paese, capeggiata da Basso, meditò vendetta.
Il giovane marito, pazzo di dolore, decise di compiere di entrare nel castello con uno stratagemma.
Nascostosi in un fascio di fieno, caricato sulla schiena di un mulo a notte fonda riuscì a raggiungere le scuderie del Marchese. Con la complicità di una guardia raggiunse la stanza del Marchese ed armato di solo un pugnale che gli puntò alla gola, gli ordinò di promulgare un editto per abolire l’editto dello “Jus Primae Noctis”.
Il documento fu scritto in latino e quindi venne portato dai canonici della collegiata di San Giorgio per farlo tradurre in dialetto e messo poi all’albo pretorio a fianco del testo originale.
Questo evento avvenne durante la notte e l’indomani era il 15 Agosto, giorno per il paese di sfrenata euforia unita alla tristezza per la morte della bella Lucrezia il cui fantasma si dice aleggi ancora tra i muri dell’antico Castello.
Le donne del Paese volendo ricordare una così grande vittoria ed il sacrifico di Lucrezia, decisero di creare un dolce a ricordo degli avvenimenti.
Impastando la farina con uova, zucchero ed olio crearono varie forme , sicchè una di loro, la più smaliziata individuò in una delle sagome di pasta un’evidente allusione al sesso femminile ed esclamò: << Sachì le che che ghe va (questa è quella che ci vuole), la chiameremo “michetta”>>
Preparato l’impasto e cotte si precipitarono in piazza gridando :<< Omi, au, a michetta a damu a chi vuremu nui (uomini, adesso la michetta la diamo a chi vogliamo noi)>>.
E così il 16 di agosto venne proclamato il giorno della Festa della Michetta e ancora oggi dopo 700 anni Lucrezia viene ricordata come un’eroina per il suo sacrificio liberando per sempre le donne del Paese dall’ignobile violenza, e ancora oggi i ragazzi del Paese accompagnati dalla banda musicale, dal vino Rossese di Dolceacqua e con una festa itinerante per i carugi del Paese mantengano in vita questa tradizione.

Leggende a parte se vi capita, visitatelo.

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