G
Guest
Guest
ho trovato una bellissima pagina vi incollo il contenuto:
"Il professionista celebra i cinquant'anni di attività con un primato assoluto a livello mondiale Nasce tutto dentro a questo ufficio, verso sera, con un po' di musica come sottofondo Lo dico sottovoce, ma dai miei disegni è nato il concetto di urbanistica sulla nave, con la prima piazza
Disegna navi da cinquant'anni e l'unica cosa che ha cambiato sono le matite, di legno, con la punta morbida, consumate a migliaia, così come i fogli bianchi su cui Giuseppe de Jorio continua a dar vita, quasi sempre al tramonto, ai suoi sogni sull'acqua. Nei giorni scorsi è arrivato a duecento, duecento navi disegnate e progettate per armatori e imprenditori che lo hanno scelto per il suo tratto inconfondibile, per quel suo gusto di disegnare linee che si allungano verso l'alto, per i suoi fumaioli importanti, per la cura dei dettagli all'interno di ponti che diventano piazze. Eppure, se gli si domanda che cosa ricordi di più di questi cinquant'anni di attività, lui parlerà degli uomini e delle donne che ha incontrato in questo lungo cammino, di personaggi «tanto potenti quanto soli», che lo hanno arricchito e che sono quasi sempre diventati amici, spingendolo ad andare avanti.
Questo è l'architetto Giuseppe de Jorio, conte palatino (titolo nobiliare concesso dal Papa Pio IX all'avo Filippo), napoletano di nascita, poi romano al seguito del padre Vittorio, uno dei fondatori dell'Iri e braccio destro del primo presidente Alberto Beneduce, infine genovese per lavoro, dentro e fuori dai cantieri a disegnare e progettare navi. Oggi de Jorio, settantaseienne, continua a disegnare navi nel suo studio genovese di piazza della Vittoria, affiancato dai due figli Vittorio e Marco, a capo di un gruppo di professionisti che segue la nascita della nave dal primo schizzo fino alla consegna, «dalla prima impostazione del progetto, con il profilo della nave fino agli interni» con l'utilizzo di tecnologie inimmaginabili alla metà degli anni Cinquanta, quando il giovane architetto, fresco di laurea a Napoli, iniziava ad abbozzare i primi traghetti. Eppure l'architettura navale non pareva proprio dover diventare il mestiere di de Jorio che, in gioventù, aveva coltivato addirittura il sogno di diventare un professionista dello sport. Prima il nuoto, poi il pugilato. «Avevo cinque anni, mio padre mi portò al largo e insieme a un mio coetaneo, Mario, mi buttò in mare obbligandomi a tornare sulla barca -racconta -Imparammo così e continuammo per un po', Mario Pedersoli divenne il primo italiano a scendere sotto il minuto nei cento metri stile libero, prima di intraprendere la strada del cinema e diventare Bud Spencer, io continuai ancora, ma finii per innamorarmi del pugilato».
Dieci incontri da welter, tutti vinti, senza mai lasciare gli studi e infine la decisione. «Fu sofferta, mi creda, ma alla fine scelsi di laurearmi e di fare l'architetto». All'inizio l'attività si indirizza sul residenziale e sul pubblico, ma presto arriva il mare. Inizia con le cabine di prima classe di due motonavi della Tirrenia a Castellammare di Stabia («il compenso in rate mensili da 60 mila lire»), poi nel '60 il primo incontro importante della sua vita con Achille Lauro, il comandante, che gli affida il disegno di tutta quanta la sua nuova flotta. La fama di de Jorio valica i confini italiani, lo cercano in Francia e in Inghilterra, lui va, disegna, progetta e ritorna. In Italia gli affidano la realizzazione dei 'canguri', traghetti innovativi per capacità di trasporto e di carico, ma anche yacht e barche da pesca. Nel '78 l'incontro con i Costa, con un matrimonio che durerà fino al '94 e terminerà solo quando la compagnia genovese verrà acquistata dagli americani della Carnival. E' proprio durante l'inaugurazione della Costa Riviera che Giuseppe de Jorio incontra Aldo Grimaldi, il decano degli armatori italiani, nipote di Achille Lauro. «Grimaldi stava pensando a qualcosa di nuovo -racconta de Jorio -lavorammo per la sua compagnia alla trasformazione della Ausonia in nave da crociera, poi passammo ai grandi traghetti delle Repubbliche Marinare e alla fine arrivammo al grande salto». Nessuno, fino ad allora, aveva pensato di realizzare in Italia traghetti con standard pari a quelli delle navi da crociera. Erano ibridi, molto costosi. Come avrebbe reagito la gente? «Nacque come una sfida, all'inizio degli anni Novanta il Majestic, primo cruise-ferry, traghetto da crociera, della compagnia di Grimaldi 'Grandi Navi Veloci'». Dopo quella nave ne seguono altre sette (e in futuro ne arriveranno quattro, già ordinate, più quattro in opzione, sempre per Grandi Navi Veloci).
Ma de Jorio non si ferma ai traghetti e alle navi da crociera. Già nel '75, primo e ancor oggi unico italiano, aveva conquistato il Lloyd's Trophy, una sorta di oscar dell'architettura, per la progettazione del 'Mohamedia', lo yacht del finanziare arabo Adnan Kashoggi, lo stesso che qualche anno più tardi gli affiderà l'incarico di realizzare i piani generali del mitico Nabila. E sempre in campo diportistico arriveranno più tardi lo schooner oceanico 'Stalca II' per il principe Ranieri di Monaco, il 64 metri 'Luisella', 'El Bravo' e il catamarano 'Sunrise', tre ponti, 38 metri di lunghezza.
L'ultimo incontro è con Gianluigi Aponte, proprietario della Mediterranean Shipping Company, colosso armatoriale sempre più attivo nel business delle crociere. Negli ultimi mesi sono arrivati altri nuovi contratti con Grandi Navi Veloci e con Grimaldi di Navigazione, compagnia napoletana guidata da Manuel Grimaldi, nipote di Aldo. Una generazione via l'altra, de Jorio ha visto cambiare il mondo dello shipping italiano, sempre meno famiglia, sempre più industria e finanza. «Ma non cambia il mio modo di lavorare -dice -Qui, in questo ufficio, sono nate alcune idee che, quasi mi vergogno a dirlo, hanno poi attecchito nel mondo dell'architettura navale. Penso al concetto di urbanistica, tradotto sulla nave con la realizzazione della piazza del paese con il suo monumento al centro. E al teatro, non più un semplice salone di intrattenimento, ma un vero e proprio teatro, come a terra, con palcoscenico, platea e galleria». E in futuro, che cosa disegnerà de Jorio? Quali navi, quali interni usciranno dalla sua matita? «Alla fine si tornerà indietro, si cercherà una linea stilistica che ricalchi un po' quella degli anni Trenta, magari puntando sulla differenziazione dei temi nei vari locali, con citazioni in grado di restituire quelle precise cifre stilistiche» "
Di Massimo Minella
"Il professionista celebra i cinquant'anni di attività con un primato assoluto a livello mondiale Nasce tutto dentro a questo ufficio, verso sera, con un po' di musica come sottofondo Lo dico sottovoce, ma dai miei disegni è nato il concetto di urbanistica sulla nave, con la prima piazza
Disegna navi da cinquant'anni e l'unica cosa che ha cambiato sono le matite, di legno, con la punta morbida, consumate a migliaia, così come i fogli bianchi su cui Giuseppe de Jorio continua a dar vita, quasi sempre al tramonto, ai suoi sogni sull'acqua. Nei giorni scorsi è arrivato a duecento, duecento navi disegnate e progettate per armatori e imprenditori che lo hanno scelto per il suo tratto inconfondibile, per quel suo gusto di disegnare linee che si allungano verso l'alto, per i suoi fumaioli importanti, per la cura dei dettagli all'interno di ponti che diventano piazze. Eppure, se gli si domanda che cosa ricordi di più di questi cinquant'anni di attività, lui parlerà degli uomini e delle donne che ha incontrato in questo lungo cammino, di personaggi «tanto potenti quanto soli», che lo hanno arricchito e che sono quasi sempre diventati amici, spingendolo ad andare avanti.
Questo è l'architetto Giuseppe de Jorio, conte palatino (titolo nobiliare concesso dal Papa Pio IX all'avo Filippo), napoletano di nascita, poi romano al seguito del padre Vittorio, uno dei fondatori dell'Iri e braccio destro del primo presidente Alberto Beneduce, infine genovese per lavoro, dentro e fuori dai cantieri a disegnare e progettare navi. Oggi de Jorio, settantaseienne, continua a disegnare navi nel suo studio genovese di piazza della Vittoria, affiancato dai due figli Vittorio e Marco, a capo di un gruppo di professionisti che segue la nascita della nave dal primo schizzo fino alla consegna, «dalla prima impostazione del progetto, con il profilo della nave fino agli interni» con l'utilizzo di tecnologie inimmaginabili alla metà degli anni Cinquanta, quando il giovane architetto, fresco di laurea a Napoli, iniziava ad abbozzare i primi traghetti. Eppure l'architettura navale non pareva proprio dover diventare il mestiere di de Jorio che, in gioventù, aveva coltivato addirittura il sogno di diventare un professionista dello sport. Prima il nuoto, poi il pugilato. «Avevo cinque anni, mio padre mi portò al largo e insieme a un mio coetaneo, Mario, mi buttò in mare obbligandomi a tornare sulla barca -racconta -Imparammo così e continuammo per un po', Mario Pedersoli divenne il primo italiano a scendere sotto il minuto nei cento metri stile libero, prima di intraprendere la strada del cinema e diventare Bud Spencer, io continuai ancora, ma finii per innamorarmi del pugilato».
Dieci incontri da welter, tutti vinti, senza mai lasciare gli studi e infine la decisione. «Fu sofferta, mi creda, ma alla fine scelsi di laurearmi e di fare l'architetto». All'inizio l'attività si indirizza sul residenziale e sul pubblico, ma presto arriva il mare. Inizia con le cabine di prima classe di due motonavi della Tirrenia a Castellammare di Stabia («il compenso in rate mensili da 60 mila lire»), poi nel '60 il primo incontro importante della sua vita con Achille Lauro, il comandante, che gli affida il disegno di tutta quanta la sua nuova flotta. La fama di de Jorio valica i confini italiani, lo cercano in Francia e in Inghilterra, lui va, disegna, progetta e ritorna. In Italia gli affidano la realizzazione dei 'canguri', traghetti innovativi per capacità di trasporto e di carico, ma anche yacht e barche da pesca. Nel '78 l'incontro con i Costa, con un matrimonio che durerà fino al '94 e terminerà solo quando la compagnia genovese verrà acquistata dagli americani della Carnival. E' proprio durante l'inaugurazione della Costa Riviera che Giuseppe de Jorio incontra Aldo Grimaldi, il decano degli armatori italiani, nipote di Achille Lauro. «Grimaldi stava pensando a qualcosa di nuovo -racconta de Jorio -lavorammo per la sua compagnia alla trasformazione della Ausonia in nave da crociera, poi passammo ai grandi traghetti delle Repubbliche Marinare e alla fine arrivammo al grande salto». Nessuno, fino ad allora, aveva pensato di realizzare in Italia traghetti con standard pari a quelli delle navi da crociera. Erano ibridi, molto costosi. Come avrebbe reagito la gente? «Nacque come una sfida, all'inizio degli anni Novanta il Majestic, primo cruise-ferry, traghetto da crociera, della compagnia di Grimaldi 'Grandi Navi Veloci'». Dopo quella nave ne seguono altre sette (e in futuro ne arriveranno quattro, già ordinate, più quattro in opzione, sempre per Grandi Navi Veloci).
Ma de Jorio non si ferma ai traghetti e alle navi da crociera. Già nel '75, primo e ancor oggi unico italiano, aveva conquistato il Lloyd's Trophy, una sorta di oscar dell'architettura, per la progettazione del 'Mohamedia', lo yacht del finanziare arabo Adnan Kashoggi, lo stesso che qualche anno più tardi gli affiderà l'incarico di realizzare i piani generali del mitico Nabila. E sempre in campo diportistico arriveranno più tardi lo schooner oceanico 'Stalca II' per il principe Ranieri di Monaco, il 64 metri 'Luisella', 'El Bravo' e il catamarano 'Sunrise', tre ponti, 38 metri di lunghezza.
L'ultimo incontro è con Gianluigi Aponte, proprietario della Mediterranean Shipping Company, colosso armatoriale sempre più attivo nel business delle crociere. Negli ultimi mesi sono arrivati altri nuovi contratti con Grandi Navi Veloci e con Grimaldi di Navigazione, compagnia napoletana guidata da Manuel Grimaldi, nipote di Aldo. Una generazione via l'altra, de Jorio ha visto cambiare il mondo dello shipping italiano, sempre meno famiglia, sempre più industria e finanza. «Ma non cambia il mio modo di lavorare -dice -Qui, in questo ufficio, sono nate alcune idee che, quasi mi vergogno a dirlo, hanno poi attecchito nel mondo dell'architettura navale. Penso al concetto di urbanistica, tradotto sulla nave con la realizzazione della piazza del paese con il suo monumento al centro. E al teatro, non più un semplice salone di intrattenimento, ma un vero e proprio teatro, come a terra, con palcoscenico, platea e galleria». E in futuro, che cosa disegnerà de Jorio? Quali navi, quali interni usciranno dalla sua matita? «Alla fine si tornerà indietro, si cercherà una linea stilistica che ricalchi un po' quella degli anni Trenta, magari puntando sulla differenziazione dei temi nei vari locali, con citazioni in grado di restituire quelle precise cifre stilistiche» "
Di Massimo Minella