• Benvenuto\a sul forum di Crocieristi.it, la più grande community italiana sulle crociere.

    Prendi confidenza con il forum leggendo le discussioni presenti, o ricerca l'argomento che più ti interessa attraverso l'apposito form. Per partecipare al forum è necessario registrarsi, ovviamente la registrazione è gratuita e non obbligatoria, non registrarti se per te non è davvero utile. Per eseguire eventuali cancellazioni il tempo previsto è di una settimana.

    Ricorda che il regolamento vieta l'uso di due o più nickname differenti relativi alla stessa persona. Se nel frattempo hai cambiato l'indirizzo e-mail di registrazione contattaci attraverso questo form e specifica il tuo problema assieme alla tua username, la tua vecchia e-mail ed il tuo nuovo indirizzo.

    Hai dimenticato la password? clicca qui

    Per qualsiasi problema TECNICO puoi contattare lo Staff attraverso questo form spiegando DETTAGLIATAMENTE il tuo problema
  • Questo sito raccoglie dati statistici anonimi sulla navigazione, mediante cookie installati da terze parti autorizzate, rispettando la privacy dei tuoi dati personali e secondo le norme previste dalla legge. Continuando a navigare su questo sito, cliccando sui link al suo interno o semplicemente scrollando la pagina verso il basso, accetti il servizio ed i cookie stessi.
  • Ospite, seguici anche sui social!
    Seguici su Facebook Seguici su Twitter Seguici su Instagram Seguici su YouTube

  • Ti andrebbe di condividere sui social, assieme a noi, le tue fotografie ed i tuoi video? Clicca qui!

  • ### Per una migliore fruizione del forum, delle discussioni e dei diari presenti, ogni diario verrà chiuso dopo un congruo numero di giorni dalla sua ultimazione oppure su esplicita richiesta dell’utente all’interno del thread (basterà inserire un messaggio con la dicitura FINE DIARIO).

    Eventuali ulteriori richieste saranno possibili nelle sezioni del forum già presenti (Scali, Compagnie di Navigazione, etc.) ###
  • Ciao Ospite e benvenuto su Crocieristi.it, siamo davvero felici di averti a bordo!

    ti invitiamo a leggere il regolamento per una migliore convivenza con gli altri utenti (clicca qui) mentre qui trovi qualche dritta sull'utilizzo del forum

    e poi... che ne dici di presentarti? Clicca qui per accedere alla sezione "Mi Presento" e presentati!

Chefchaouen, Marrakech & Cordoba... unforgettable places!

Stato
Discussione chiusa ad ulteriori risposte.

JonnyV

Active member
Giovedì 2 marzo – Navigazione

Buona serata a tutti i naviganti e non solo.

La notte ha ritemprato le forze e presto all’alba sono sul ponte 12 per guardare il sorgere del sole che illumina il nuovo giorno.
Come sbarcare il lunario di questa intera giornata di navuigazione non so, ma più tardi, uscendo dalla cabina, più in là nel corridoio, trovo Giovanna che sta parlando con due signore anziane. Mi avvicino e cerco di investigare: una delle due ha perso il suo telefono al quale teneva molto per le foto in esso contenute. Asserisce di averlo dimenticato, il giorno prima, su una poltrona del Cabaret di ponte 6 e pur essendo andata alla reception nessuno degli addetti è riuscito a darle risposte adeguate.
Direi che ho trovato il modo per movimentare il tempo di navigazione e quindi chiedo alle due signore di seguirmi alla reception per cercare di trovare il “deparecido”.
A dire il vero, mi sembra una mission impossible!
E’ un vero rompicapo perché nessun addetto parla italiano e incomincio a innervosirmi perché è inverosimile che con tutti i loro mezzi tecnologici a disposizione non possono localizzare sulla nave la presenza del cellulare. La signora insiste nell’averlo dimenticato sulla poltrona mentre il personale reclama quante più informazioni possibili per redigere una sorta di promemoria: ora esatta, luogo esatto, circostanze ed altro ancora. Poi l’addetto si infila nell’ufficio e salta fuori con una signorina che fortunatamente parla un po’ di italiano e ha per le mani due cellulari: nessuno dei due è della signora e la tiritera sul come, perché e dove è accaduto il misfatto continua per un bel pezzo. Quasi, quasi siamo dell’idea di rinunciare alla ricerca e di allontanarci, allorquando salta fuori una novità: quale? - la borsetta!
La signora, che a me pare molto smemorata, pur assistita dall’altra sua amica, compagna di stanza e molto più assennata, rappresenta al personale il colore nero e le forme della borsa da donna nella quale era contenuto il telefono. A questo punto la signorina si infila nel retrobottega e ritorna con una borsetta nera: “E’ questa?” – Sì, sì è proprio lei! – dice la nostra crocierista, mostrando un misto fra contentezza e commozione da lacrime.
La signorina della reception ci avverte che hanno dovuto aprirla per controllo e prega di verificare il contenuto. La borsetta è subito requisita dall’amica: il telefono c’è e ci sono ben mille euro di contanti, tutti!
Dove è stata recuperata la borsetta? Nel terminal, il giorno prima, da un addetto alla sicurezza.
Fino alla noia raccomando ad ambedue le crocieriste di lasciare tutto in cassaforte per evitare future complicazioni e contento di aver portato a termine la difficile missione, tento di recuperare Giovanna per trastullarci con l’offerta delle attività mattutine e pomeridiane che ci riserva MSC, devo dire, non particolarmente appetibili.
Abbigliamento elegante, stasera, e per essere in tema e con tutti i comodi mi preparo. Più di venti minuti, però, per sistemare il mio papillon che non ne vuol sapere di essere esibito: è una vera e propria sfida, ma alla fine è da me vinta, con fatica e sudore.
Lentamente, poi, mi reco alla Bussola passando da ponte 6 per vedere cosa succede alla pista da ballo del Cabaret. Le giapponesi sono tutte lì a divertirsi in gruppo ballando qualunque musica con i passi dell’alligalli, guidati da una solista che tenta in tutti i modi di farsi emulare.
Sogghigno al punto tale che alle prime note di un “lento”, acchiappo in modo garbato la solista giapponese per un “ballo da mattonella”. Lei accetta immediatamente e senza riserve. Non disdegno, ballando, di volgere uno sguardo alle sue amiche che confabulano fra loro, lanciandomi occhiate indecifrabili a causa, forse, della mia bonaria e inattesa sfacciataggine.
Infine, ringrazio la mia dama del sol levante, la riaccompagno fra le sue amiche e faccio perdere le mie tracce tra il via vai dei crocieristi.
E anche stasera dovrò perdermi Stefano, la sua chitarra elettrica e Santana al Lord Nelson Pub.
Non del tutto però. Perché lo ritrovo verso le 23 e 15, quasi alla fine del suo turno. Un paio di persone sono presenti e quasi disinteressate alle sue performance. Per rincuorarlo e incitarlo, gli chiedo di eseguire per me, a conclusione, Father and Son (Cat Stevens – 1970).
Un’esecuzione perfetta perché lui ha anche il potenziale della “voce” e allora non posso far altro che applaudirlo e ringraziarlo, sia pure in solitario.
Fino a mezzanotte resto con lui a parlare piacevolmente di musica, dei sui trascorsi italiani e americani e delle band rinomate con le quali aveva suonato. Confidenzialmente, mi racconta anche un po’ della sua vita privata e coniugale. Ho la netta sensazione che, per una notte almeno, abbia trovato chi è disponibile ad ascoltare non solo le note della sua chitarra ma anche i suoi racconti, le sue impressioni e le sue necessità future.
Mi accomiato non senza aver rimarcato il fatto che le sue esibizioni, purtroppo, non si conciliano con il mio turno di cena ma lo rassicuro che certamente sarò il suo solitario uditore di mezzanotte.

Con Giovanna e Claudio ho appuntamento alle nove alla reception per un’escursione che abbiamo deciso di fare da soli: Capo Spartel, Grotte d’Ercole e, per loro, la scoperta di Tangeri, che già conosco.
Ciao.​
20230302_073750.jpg
 

gioiosa50

Active member
Mercoledì 1 marzo – BARCELLONA

Buon pomeriggio a tutti i naviganti e non solo.

Ieri sera e stanotte il vento gelido da nord-ovest del Golfo del Leone ha imperversato non poco sulla navigazione tanto che è stato vietato l’accesso ai ponti aperti.
Per di più non ho dormito bene e non sono al cento per cento delle mie forze (gambe fiacche e caviglie gonfie). Penso che dovrò ridimensionare la visita a Barcellona ma avrò tempo in futuro di godermela meglio. In ogni caso, non sono turisticamente a digiuno sulla città ed è bello riviverla, per quello che potrò, dopo venticinque anni. Ancora una volta devo citare Oriana per il suo bellissimo reportage di gennaio e con il quale non oso competere.
Ciò posto, la veloce colazione, lo sguardo da ponte 12 sulla città e sulla Sagrada Familia in lontananza e l’appuntamento alle nove con Giovanna sono stati rispettati e baldanzosi mettiamo piede a terra.
Evitiamo la costosa navetta MSC e utilizziamo quella “free” perché giunge allo stesso capolinea vicino alla piazza con il monumento a Cristoforo Colombo.
Qualche foto è d’obbligo, ma ricordo che nella darsena, all’epoca, era presente una copia fedele della caravella Santa Maria con la quale il navigatore aveva solcato l’Atlantico in cerca delle Indie. Chiedo ad un poliziotto se c’è ancora e lui mi risponde di no. Peccato!
Memore del resoconto di Oriana andiamo a visitare dapprima Santa Maria del Mar: puro stile gotico e tre navate grandiose su pilastri poligonali altissimi sotto i quali i fedeli del XIV secolo dovevano sentirsi davvero minimi nella vastità del sacro edificio. L’ho trovata davvero bellissima e austera nella sua architettura interna tanto che sembrava di trovarsi sotto un’unica navata.
Evitiamo di andare alla Sagrada Familia perché più che qualche foto non potremo fare ma ci dirigiamo verso Plaza Berenguer dominata dalla stata equestre del dell’omonimo Berengeuer III detto il Grande. La muraglia romana è alle sue spalle e la percorriamo per un tratto di strada prima di giungere alla Cattedrale, capolavoro del gotico catalano, la cui bellezza possiamo ammirarla solo esteriormente, abbruttita dal un grande pannello pubblicitario di cellulari Samsung che copre la guglia centrale.
Passiamo per Piazza della Catalunya, animatissima, ma anch’essa sotto cura a causa di lavori in corso che interessano proprio le fontane. Nonostante la vastità, la sua connotazione turistica sembra, almeno per me, irrilevante e quindi procediamo verso alcuni dei capolavori di Gaudì.
Lungo il Paseo de Gracia i platani abbelliscono questa grande arteria del quartieri moderni di Barcellona e poi incontriamo La Pedrera di Gaudì, edificio forato da quasi caverne scavate nella pietra, dettate dalla sua visione estrosa e modernista dell’architettura. Assolutamente apprezzato per le sue doti di plasmare il mattoni, tegole e ferro anche Le Corbusier ne rimase conquistato e la Sagrada Familia destò l’ammirazione incondizionata del nunzio apostolico in occasione della presentazione dell’opera.
Per me, è un architetto fuori dal comune che con colori e forme inconsuete e sbalorditive è stato in grado di essere quasi irriverente, sarcastico e modernista al punto tale da volare oltre la mediocrità di altri.
Non a caso, l’esempio più classico è la Casa Batilò: eccezionale con quei balconi “a maschera” della facciata che, pur contrastando notevolmente con il rigoroso e bel prospetto dell’edificio accanto, ne fanno un capolavoro architettonico.
Percorrendo le Rablas, torniamo sui nostri passi verso il Barrio Gotico in cerca di nuove sorprese che certamente non mancano, da vicoli stretti dove non batte il sole, merletti di piani collegamento fra palazzi e in più un negozio di ceramiche multicolore, in tema Gaudì, che più di così non si può.
Mi rammarico solo di non aver mancato Parco Guell che merita: la prossima volta, sicuro!
Con Giovanna, passeggiando, parliamo del più e del meno e ognuno racconta le sue storie di vita ma la navetta ben presto ci fa poi tornare a bordo e sarà dura attendere la sera e il giorno di navigazione di domani.
Riposo (ma non dormire), riposo e dopo cena a guardare al Blue Club Disco i giovanotti e le donzelle, con fiori nei capelli e pantaloni a zampa di elefante, scatenati nella frenesia di balli e musica anni ’60 e ’70.
Sono i nostri anni verdi, divertenti, spensierati, di noi propensi a far l’amore e non la guerra micidiale del Vietnam e del “sogno” di Martin Luther King. Anni ricchi di eventi, dalle Olimpiadi a Roma e all’uomo sulla luna, di artisti come Paoli, Mina, Celentano, Battisti (solo per citarne alcuni), di Santana a Woodstock, Beatles, Bee Gees, Gloria Gaynor e “disco music” a volontà.
Sull’onda dei gruppi musicali che si andavano formando, vi dirò che anch’io con alcuni amici avevamo formato una “band” (molto, ma molto arrabattata). Ma ugualmente ci divertivamo a strimpellare e cantare canzoni note nei nostri sottofondi abitativi (cantine) dove nascevano amori che il passar del tempo non leniva.
Mi scuso con voi per questo intermezzo, ma quelli della nostra età sanno benissimo che basta sollecitare la mente perché i bellissimi ricordi del passato affiorino quasi all’improvviso, quasi riavvolgendo il film della nostra giovinezza.
Più che i ricordi, la musica ad alto volume del Blue Club e le sue luci psichedeliche potè il sonno.
E sì, proprio il sonno che ritempra la forze, con la speranza di sognare ancora realistiche utopie fra le braccia di Morfeo.​
Forza e coraggio amici perché domani è un altro giorno…di crociera!
Visualizza allegato 1861569Visualizza allegato 1861570Visualizza allegato 1861571Visualizza allegato 1861572Visualizza allegato 1861573Visualizza allegato 1861574Visualizza allegato 1861575Visualizza allegato 1861576Visualizza allegato 1861577Visualizza allegato 1861578Ciao.
bellissimo questo diario, Giovanni. Non solo per la descrizione dei luoghi e le foto, ma anche degli intermezzi nel racconto! ti seguo davvero volentieri!
 

JonnyV

Active member
Venerdì 3 marzo – TANGERI

Buongiorno a tutti i naviganti e non solo.

Da oggi in poi si incomincia a far sul serio e Marrakech gira già sommessamente nella mia testa: “andare o non andare”. Il problema dovrà essere sciolto prima di oggi pomeriggio perché, per avere più tempo disponibile a Casablanca, sarà meglio procurarmi i biglietti del treno per Marrakech alla stazione di Tangeri.
Oggi è il compleanno di Claudio e stasera a cena si preannuncia una grande festa.
Tangeri la conosco bene per averla visitata a novembre scorso con mia moglie, ma ugualmente mi affascina e mi è gradito far da guida ai miei amici con i quali ho appuntamento alle nove di stamani.
Puntualissimi, scendiamo a terra, solo in tre perché la russa Alessandra è allettata con il solito mal di denti. Per di più Claudio intende reperire una clinica dentaria per condurla lì oggi pomeriggio e cercare in qualche modo di risolvere, almeno temporaneamente, il serio problema della moglie.
Con una breve passeggiata raggiungiamo la zona dei tassisti, ma due grandi tabelloni di pubblicità turistica sono in agguato: non per Tangeri ma, sorprendentemente, “Welcome to Chefchaouen” e “Welcome to Tetouan“, la Perla Blu e la Colomba Bianca del Marocco.
Sono amareggiato perché l’idea di andare almeno a Chefchaouen, da Tangeri, era stata presa in considerazione quando preparai il programma delle mie escursioni autonome.
Alle nove di mattino parte un bus CTM e arriva lì alle 11 e 30, appena 7 euro, ma il ritorno non è compatibile con il “tutti a bordo” delle 17:30 di Lirica. Scartata. L’altra opzione era quella di andare in taxi – da solo? - o noleggiare un’auto – da solo? Scartate entrambe per una sorta di pericolosità insita.
Quindi non restava altro da fare se non prenotare un’escursione con MSC. Era la soluzione più sicura ed è quella adottai, pur avvertito dalla bravissima Oriana sui tempi lunghissimi per superare da Ceuta le frontiere di Spagna e Marocco.
Ora, proprio non capisco la politica MSC per l’escursione verso quella bella cittadina partendo dalla Spagna. Ma come, sei in Marocco, a Tangeri e sottoponi poi i crocieristi a una faccenda di controlli di frontiere esasperanti da Ceuta - stessi chilometri - , limitando notevolmente il tempo da dedicare alla visita turistica? Due ore massimo, pranzo compreso? Assolutamente indecente!

Con un tassista contrattiamo l’escursione a Capo Spartel e alle Grotte d’Ercole. Di ritorno a Tangeri il tassista ci condurrà a una clinica dentaria che conosce e poi ci lascerà liberi nei pressi del porto.
Il viaggio verso le due mete non si rivela noioso, anzi. La strada percorre lunghi tratti di pinete e parchi collinari che vedono anche la presenza di ville di facoltosi, compreso una residenza estiva regale, a detta del tassista. In una radura troviamo anche cammelli pronti per portare a spasso qualche turista volenteroso e poi la strada scende verso l’affascinante paesaggio del mare e delle lunghissime spiagge sabbiose dove vanno a perdersi le spumeggianti onde dell’Atlantico.
Il mitico Cap Spartel con il suo bel faro è sotto i nostri occhi, al pari del vanto quasi egoistico di trovarsi nel punto ipotetico in cui il Mediterraneo abbraccia simbolicamente il fratello maggiore.
Il percorso fra Capo Spartel e le Grotte d’Ercole è assolutamente degno di nota, bellissimo, balneare e molto fruibile anche passando sugli scogli su passerelle di legno perfettamente posizionate.
Le Grotte d’Ercole sono invece, almeno per me, meno interessanti. La prima, quella delle “dieci fatiche”, infantile e posticcia. La seconda, ancorché molto più grande e predisposta ad arte, mi riserva almeno lo spettacolo dell’entrata dell’antro dal mare, che replica in negativo la forma dell’Africa e inesorabilmente infranta dalle onde ribelli.
Siamo bel lieti di lasciare anzitempo la caverna perché già sul piazzale sono giunti parecchi bus degli escursionisti MSC che invaderanno il circondario.
Solitario, cerco un punto panoramico dove guardare quello che più di altro mi affascina: il mare blu, bellissimo, e la “voce” suadente delle sue onde lunghissime e tranquille che accarezzano senza fine i lidi sabbiosi della nostra amata terra.
Torniamo a Tangeri in cerca della clinica dentale con l’aiuto del tassista. Avendola individuata Claudio entra e fissa un appuntamento per il pomeriggio. Tutto bene? No, perché la parte più difficile per lui sarà convincere Alessandra a mettervi piede.
Adesso siamo liberi di fare quanto più ci aggrada e mi sobbarco del gradito compito di portare a spasso Giovanna e Claudio nella medina e nella kasba della città. Entriamo dalla porta Dar Dbagh mostrando loro il bellissimo portale cesellato a sinistra e poi saliamo alla terrazza più in là per un affaccio straordinario sul porto, la sua moschea, la nave e il lungomare.
Nel Petit Socco ci concediamo una tranquilla pausa al Gran Caffè Centrale e poi via alla scoperta di stradine per perdersi volutamente in cerca di spunti fotografici, di mercati e mercanzie, angoli solitari e immagini di vita quotidiana.
In una sorta di percorso antiorario, varchiamo tutte le porte antiche di accesso alla città: Bab Kasba, Bab Al Bhar con uno strepitoso affaccio sul mare, sui bastioni e sul porto e quella che più amo: Bab el Assa con la fontana pubblica dismessa Seqaya Bab al-Assa, la più bella della città.
Le abitazioni sono tutte arroccate in viuzze e piazzette dove è facile perdersi ma sono tutte in posizionate in discesa verso il porto ed è facile orientarsi. Attività commerciali e negozi spuntano quasi all’improvviso a ogni angolo e su uno, particolarmente attrezzato in spezie, mi soffermo. Lo fronteggia un negozio e un ragazzo è alle prese con una sorta di tritatutto artigianale nel quale versa non so che, ricavandone polvere colorata pronta da imbustare e soddisfare l’acquisto.
Per terra, davanti all’ampio negozio di spezie, noto una cassetta piena di qualcosa che non so al momento definire ma che, per dare un’idea approssimativa, ha le sembianze della ...Nutella. Mescolata ad arte, termina come fosse la punta di un cono di gelato.
Indagare!
C’è un tizio che, a detta di Giovanna, ci seguiva da un po’ di tempo e intenzionato forse ad accalappiarci e farci acquistare qualche mercanzia. Questi, visto il mio interesse, si prodiga nel risolvere il quesito.
La poltiglia color nocciola scuro non è altro che Sapone Nero marocchino, detto anche sapone Beldi, in lingua araba tradizionale e origina da un’antichissima ricetta siriana. E’ ricavato dall’olio d’oliva con l’aggiunta di olive nere macerate che gli conferiscono un colore scuro e una consistenza simile al gel. Afferma che è usato prevalentemente negli hammam (le terme marocchine) ed che ha una funzione prevalentemente idratante. Il sapone viene spalmato sul corpo, strofinato con un guanto ruvido chiamato kessa e poi si passa al risciacquo. Il risultato è una pelle liscia come la seta e completamente rinfrescata.
Provare.
Intingo l’indice nel sapone e me lo spalmo sulle mani, quasi fosse una crema, ottenendo un sensazione di morbidezza e piacevolezza sulla pelle, a somiglianza di una pomata costosa.
Acquistare.
Mi faccio preparare un barattolo di vetro, mentre il marocchino incita un suo giovane collega a riempire, riempire e riempire.
Provare…a casa! Che dirà mia moglie?
Il marocchino è arcifelice perché ripete la medesima vendita per Giovanna e Claudio.
Soddisfatti, quasi non ci accorgiamo di essere giunti alla porta che avevamo varcato all’inizio del nostro giro turistico e non ci rimane altro da fare se non rientrare a bordo per soddisfare le nostre esigenze alimentari.​

Marrakech o non Marrakech, il dilemma intrigante sobilla ancora la mia mente.

Tutti a bordo alle 17 e 30 perché la nave partirà abbastanza presto da Tangeri per guadagnare Casablanca e quindi….? Ne ho parlato con Giovanna che ambirebbe seguirmi a Marrakech, ma i tempi per l’escursione sono quelli che sono: limitatissimi. Pertanto, decidiamo di soprassedere e di dedicare la giornata di domani alla visita della grande moschea di Hassan.
Con lei, Claudio e forse Alessandra appuntamento alle nove, come di consueto, alla reception.
La serata, a cena, si presenta abbastanza baldanzosa perché c’è l’intermezzo del compleanno di Claudio – accompagnato questa volta dalla moglie - e gli addetti ai tavoli fanno tutto il possibile, con cori e frastuoni, per allietare l’evento presentando una torta che per volume dobbiamo condividere anche con i crocieristi del tavolo accanto. Purtroppo a bordo non sono riuscito a reperire una degna bottiglia di spumante e me ne dispiace.
Tardi, troppo tardi per il Lord Nelson e quindi cerchiamo di rilassarci con un caffè americano alla discoteca di ponte 12 dove è in corso il karaoke. Spinto da Giovanna mi butto nella mischia e tento una performance canora: Hey Jude dei Beatles.
“Io, spariamo che me la cavo”, ma gli applausi di incoraggiamento degli ascoltatori mi spronano, all’inizio, e sono - forse - di compiacimento garbato alla fine dell’esibizione.
Andiamo a nanna, pensando a una notte che forse porti consiglio.
E sì, perché il subdolo assillo, con l’eco del suo richiamo, affligge inesorabilmente la mia mente: Marrakech, Marrakech…, esc…esc…esc…
Non resisto e prendo i miei appunti di viaggio.
Lirica ormeggia alle 7:00. Da Casablanca il treno per quella città parte alle 8:35 e arriva alle 11e 15. Il treno per tornare parte alle 13 e 50 e arriva alla stazione di Casablanca alle 16 e 30.
A conti fatti avrei due ore di tempo per godermi il labirinto del souk Semmarine, la piazza Jama el Fna e forse qualcos’altro. Tutti a bordo di Lirica alle 18 e 30.
E’ quasi l’una di notte e sono ancora tormentato.​
Poi, d’un tratto, la folgorazione simile a quella di Lawrence d’Arabia:
invece di Aqaba….Marrakech!

A domani.
20230303_071239.jpg20230303_080149.jpg20230303_082116.jpg20230303_082755.jpg20230303_082439.jpg20230303_090445.jpgvlcsnap-2023-03-24-10h32m27s406.png20230303_101436.jpg20230303_102031.jpg20230303_111154.jpg
 

capricorno

Super Moderatore
Eccomi Giovanni.
Ho seguito fin qui silenziosamente, non volevo interrompere il tuo racconto. Complimenti per lo spirito di adattamento in ogni situazione e la gioiosità che metti in ogni cosa che fai.
Tangeri....ah..che nostalgia!
È vero ciò che dici , di lei non ci si stanca mai ed è bella l'aria che si respira in questi luoghi che hanno una magia intrinseca in ogni loro angolo. Tutte le strade portano giù...vero, il problema è che non si finisce mai di scoprire e la voglia di perdere l'orientamento è tanta! Condivido la stessa tua riflessione sulle porte di accesso della città, una più bella dell'altra....ti dirò, Tangeri merita anche come meta di vacanza, magari in un bel Riad nel centro della Medina e direi che anche come punto di partenza per visitare tante belle località sulla costa e nell'entroterra. Cap Spartel non ha mai attirato più di tanto neppure a me....eppure tutti i taxisti puntano molto su questa visita.
Per il discorso di Chefchaouen è esattamente ciò che ho pensato io : perché mai non l'hanno progettata da qui la visita! Si sarebbe evitato tutto quel tempo perso in frontiera....anche se devo essere sincera, mi ritengo molto soddisfatta dell'escursione alla città blu, prediligo la qualità alla quantità, per cui a fronte di un tempo limitato la differenza l'ha fatta la nostra bravissima guida.

Attendo il seguito..
 

JonnyV

Active member
Grazie Oriana. Come cittò indimenticabile anche Tangeri, a giusta ragione, merita molto. Ti seguo anch'io con immenso piacere e per le immagini della nave ci pensi tu splendidamente. Le ho inserite tutte nella mia cartella foto personale a corredo di tutte le altre del mio viaggio. Dove trovi il tempo non lo so. So soltanto che meriti davvero una medaglia per quello che scrivi, per quello che mostri e per l'entusiamo che esprimi e che contagia tutti, me compreso. Dirò di Chefcaouen, ma prima Marrakech.
A presto. Ciao.
 

luce62

Well-known member
Buona sera, ti ho seguito silenziosamente, ho rivisto alcuni luoghi visitati tanti anni fa, tra cui Tangeri, e ricordo molto bene la divisione visto dal quel foro di grotta tra il Mediterraneo e Oceano Atlantico, grazie per il bel Diario e il tuo entusiasmo, nelle tue descrizioni.
 

capricorno

Super Moderatore
Grazie Oriana. Come cittò indimenticabile anche Tangeri, a giusta ragione, merita molto. Ti seguo anch'io con immenso piacere e per le immagini della nave ci pensi tu splendidamente. Le ho inserite tutte nella mia cartella foto personale a corredo di tutte le altre del mio viaggio. Dove trovi il tempo non lo so. So soltanto che meriti davvero una medaglia per quello che scrivi, per quello che mostri e per l'entusiamo che esprimi e che contagia tutti, me compreso. Dirò di Chefcaouen, ma prima Marrakech.
A presto. Ciao.
Il tempo è sempre poco e come vedi sono all'ultima puntata...ma per fortuna c'è il tuo che mi permetterà di viaggiare ancora. Grazie.
 

JonnyV

Active member
Sabato - 4 marzo – Casablanca per MARRAKECH

Buon pomeriggio a tutti i naviganti e non solo.

Una vera giornata particolare mi riserva il destino perché la voglia di tornare a Marrakech per apprezzare meglio la famosissima piazza Jema el Fna ha avuto il sopravvento sulle insidie del rispetto dei tempi, minimi, imposti per questa escursione personale che mi auguro positiva.
Alle sei del mattino sono giù dal letto, elettrizzato e già pronto per andare a far colazione non appena il Bistrot Buffet apra i battenti alle 6 e 30. Organizzo per bene il mio zainetto con cartine tratte da google maps, telefono di riserva, passaporto, biglietti da 5 euro per pagare il taxi a Casablanca e a Marrakech, carta di credito e altre necessità di servizio.
Fuori è ancora buio ma Lirica si appresta già ad attraccare al porto affollato da container che lo padroneggiano, mentre la moschea di Hassan in lontananza sembra sorvegliare la città, ancorché priva della luce del suo raggio verde, puntato in direzione della Mecca: l’ora dell’accensione per le preghiere islamiche mattutine è già passata.
Il buffet è aperto anzitempo e mi accomodo. Ma la mia preoccupazione principale è quella di rintracciare Giovanna che so abbastanza mattiniera nel far colazione. D’un tratto l’avvisto più in là e le dico che ho cambiato idea sugli impegni della giornata stabiliti ieri pomeriggio perché la notte mi ha portato consiglio: “Vado a Marrakech! Vieni con me?”
Immediata la sua risposta: “Certo!”
Sono le 7 e 15 e non c’è tempo da perdere perché al massimo, tra un quarto d’ora, dobbiamo mettere piede a terra e sorbirci la lunga camminata per uscire dal porto.
In ogni caso, ci sembra giusto avvertire Claudio circa il nostro cambio di programma, ma non conosciamo il numero di cabina. Dobbiamo cercare un rimedio, mentre il tempo passa inesorabilmente. Proviamo a recarci alla Bussola e al metre chiediamo di reperire il numero di cabina dell’ospite che al secondo turno siede al tavolo 430 con noi. Qualche minuto, lo individua e chiama telefonicamente: l’apparecchio della stanza è fuori posto.
Andiamo su al ponte nove a prua e bussiamo con discrezione. Niente da fare. Lascio Giovanna e mi precipito alla reception per recuperare un foglietto per scrivere un messaggio da infilare sotto la porta. Salgo nuovamente e per l’ultima volta bussiamo. Eravamo lì lì per andar via quando Claudio, ancora assonnato, apre , ascolta i nostri propositi e arrivederci a stasera.
Giovanna ha la cabina sullo stesso ponte e mentre lei si attrezza per l’escursione, vado a poppa e recuperare il mio zainetto. Appuntamento il più presto possibile alla reception dov’è posizionata la scaletta per la discesa a terra.
Momenti concitatissimi perché rischiamo di perdere il treno per Marrakech, ma alle 7 e 45 siamo finalmente giù a sobbarcarci “la passeggiata” odiosa per uscire dal porto.
E’ tardi e già mezz’ora fa, per comodità, dovevamo scendere dalla nave. In ogni caso vedo che Giovanna ha un passo abbastanza deciso, celere e questo mi conforta, ma non disdegno di tenere sotto controllo il mio orologio da polso.
Tutti i tassisti sono già pronti al di là della postazione della polizia portuale a offrire i loro servigi per tour turistici a Casablanca. Nel frattempo siamo richiamati da una poliziotta per esibire i nostri passaporti (perdita di tempo prezioso) e assolta la formalità chiediamo a un tassista di accompagnarci alla stazione: compenso, 5 euro. Nella corsa sollecita l’offerta di un giro turistico a Casablanca ma gli diciamo che abbiamo fretta di prendere il treno per Marrakech: “Vite, vite s’il vous plait!”
Nella corsa, qualche semaforo rosso di troppo mi irrita notevolmente prolungando i tempi che so essere di appena dieci minuti di tragitto.
Sul piazzale di Casa Voyageur, alle otto e un quarto circa, salutiamo il tassista e di corsa saliamo al piano rialzato della stazione dove ci attende un salone lunghissimo in fondo al quale c’è la famigerata biglietteria. Cosa possiamo attenderci se non la coda? In effetti c’è, non molta, ma ci preoccupa notevolmente perché mancano solo dieci minuti o poco più alla partenza del treno.
Ho bisogno di tirar fuori dal cilindro qualche risorsa. Prego Giovanna di mettersi comunque in coda e cerco di abbordare una postazione appena liberata, presentando all’impiegato un foglietto con la nostra richiesta: andata e ritorno in giornata per Marrakech con posti in 1ª.
Pago per entrambi 540 dirham con carta di credito e poi subito giù alla piattaforma dove il treno, fortunatamente, giunge solo dopo qualche minuto di attesa.
Il treno Avant è il solito residuato dei nostri vagoni ferroviari a scompartimento ma le sedute le prediligo a quelle scarse dei vagoni più recenti.
Occorreranno due ore e mezzo per giungere a destinazione e mentre il percorso mi è noto per averlo fatto a novembre con mia moglie, giunge nuovo per Giovanna che è attaccata al finestrino per poter cogliere qualche spunto fotografico degno di nota. I paesaggi sono i medesimi descritti nel mio diario della scorsa crociera e, come allora, durante la corsa, una porta per salire in carrozza è sempre inesorabilmente e pericolosamente aperta, in attesa di qualche addetto che possa chiuderla.
Il treno sferraglia velocissimo verso la meta, passando per zone agricole, villaggi quasi dimenticati e polverosi nei quali è costante la presenza del minareto, tratti di deserto di arenaria pietrosa e catapecchie messe su alla ben meglio dove la povertà è più che evidente.
Nonostante le due ore e mezzo non ci siamo annoiati e finalmente giungiamo a Marrakech, una delle quattro antiche città imperiali del Marocco, nata mille fa da dinastie berbere che ne fecero il loro centro di potere culturale, religioso e commerciale.
E’ una novità assoluta per Giovanna, per me luogo assolutamente affascinante e, ancora una volta, da vivere per la sua storia, per i suoi monumenti, per la sua atmosfera frizzante e frenetica riccca di colori, profumi di bancarelle e animazione senza soluzione di continuità nella Jema el Fna.
Con Giovanna sul piazzale, una foto al prospetto della bellissima stazione e ovviamente siamo presi di mira dal tassista di turno con proposte di giri turistici. Il mio itinerario però è definito perché vorrei condurre la mia amica a visitare l’edificio storico e architettonico che più di altri ha visto il mio interesse nella predente escursione: la Medersa di Ben Youssef.
Contrattiamo per cinque euro, ma il tassista ci avverte che ci potrà condurre solo nelle vicinanze dell’antico manufatto perché a causa delle strette viuzze del souk gli è precluso andare oltre.
Per noi sta bene e oltretutto, quando scendiamo, il tassista ci cambia anche i nostri euro con dirham marocchini che ci servono soprattutto per acquistare qualche souvenir.
Calarsi nello stretto dedalo del mercato è già un’avventura piacevole e chiedendo a volenterosi opportune indicazioni da seguire ben presto guadagniamo la medersa.
Giovanna sa per sommi capi cosa aspettarsi perché le ho fatto leggere in treno i miei appunti, ma una volta entrata nel cortile interno ne resta ammaliata.
Lo spirito di Marrakech è qui, come nella medina, nel souk, nella piazza Jema, nei riad e nelle altre opportunità rilevanti che purtroppo non potremo vedere.
Dai miei appunti: la medersa è una scuola coranica e quella di Ben Youssef è la più grande e importante del Marocco. Commissionata dal sultano Abdallah al-Ghalib nel 1500 ha 130 stanze che potevano ospitare fino a 900 studenti.
La disposizione è a pianta quadrata di quarantadue metri per lato e l’ingresso laterale da modo di raggiungere il patio per enfatizzare lo stupore degli spazi per mezzo anche della poca profonda piscina centrale di tre metri per sette.
Per contrasto con lo sfarzoso cortile, le celle degli studenti hanno una dimensione essenziale e un aspetto austero: servono solo per studiare e dormire.
a presenza di turisti e viaggiatori è assidua ma non invadente e spesso notiamo molti italiani.
Dedichiamo tutto il tempo necessario a questa visita imperdibile, già cominciata dall’ingresso con l’architrave in legno di cedro sopra le porte, scolpito con un'iscrizione araba su sfondo arabescato.
In una sorta di percorso antiorario seguiamo le gallerie dei dormitori al piano inferiore mentre è la sala delle preghiere e il pregevole mirhab, particolarmente ricco di decorazioni, degno delle nostre attenzioni. Inoltre, apprezziamo con entusiasmo, perché non sono da meno, le decorazioni delle superfici delle facciate decorate con mosaici finemente intagliati in legno e stucco.
Saliamo poi ai corridoi del secondo livello attraverso una delle due scalinate. Troviamo le anguste celle dormitorio degli studenti di circa nove metri quadri. Solo una di queste è attrezzata per mostrare lo spartano dalla camera: un giaciglio, un basso tavolino con lucerna, un corano, una caraffa d’acqua e qualche altro suppellettile di poco conto.
Se a Marrakech c’è qualcosa da non perdere, la splendida Medersa Ban Youssef è una di queste.
Lasciando il complesso teologico marocchino, ampiamente ripagati dalla nostra prima tappa escursionistica, troviamo subito l’indicazione da seguire per raggiungere Jema el Fna attraverso il souk Semmarine, mentre a destra e sinistra si distende il dedalo di vicoli stretti dove perdersi è di prammatica. Non possiamo addentrarci, ma basta un’occhiata interessata per scoprirli pieni di attività artigianali e luoghi di una vita semplice e povera. La frenesia commerciale è altissima con botteghe che vendono di tutto. Pur tuttavia, almeno nel percorso principale, i negozianti non sono assillanti e aggressivi con le loro avance ma se ne stanno lì tranquilli seduti su seggiole, quasi lasciando correre il tempo della loro quotidianità.
Cerchiamo di non perderci di vista con Giovanna e ci occorrono solo quindici minuti perché la famosissima piazza, oggetto dei miei desideri, si distenda ammaliante sotto il nostro sguardo. Sono felicissimo di esservi ritornato e di assaporarla nel miglior modo possibile.
Jema el Fna è un luogo magico, vastissima, brulica di turisti e venditori di qualsiasi mercanzia e subito suoni di tamburi magrebini la esaltano con il loro ritmo ossessivo ma ugualmente divertente. Capannelli di quattro o cinque personaggi sono sparsi ovunque, mettendo in mostra la loro allegra occupazione quotidiana: incantatori di serpenti, di scimmie ammaestrate, donne pronte a leggere la mano o a tatuarla. Per ripararsi dal sole basta un ombrellone da spiaggia quando c’è, oppure un telo steso su precari sostegni. Sotto si vive, accovacciati per terra, nell’attesa di chissà che. Esigenze alimentari sono presto appagate da innumerevoli banchi vendita di frutta, carne, arance, tè e bibite, ma l’alcool è ovviamente bandito. Lento fumo si leva da bracieri spartani dove carne di montone esala odore di arrosto. Si vende di tutto e posso solo immaginare ciò che accade la sera quando sorgono tavolate di intere famiglie che vanno lì a cenare e fare baldoria.
Caffè e terrazze, pronte a soddisfare dall’alto, con richiesta d’obolo, foto panoramiche ad effetto, delimitano parte della piazza che ha come punto di fuga prospettico l’altissimo minareto della moschea Koutoubia.
Siamo lì diretti, passando fra innumerevoli carrozze da passeggio curiosamente agghindate e pronte a accontentare i turisti smaniosi di ulteriori spunti paesaggistici, qualora ce ne fosse bisogno.
Manco a dirlo, si leva dall’alto del minareto altissimo la voce del muezzin che con il suo incipit invita i fedeli musulmani alla preghiera di mezzogiorno: “Allah u Akbar”.
Indugiamo molto sotto questa torre monumentale bellissima, con ornamenti moreschi, archi con bifore e merli seghettati, che al culmine è sormontata da una guglia di sfere di ottone e un bastone di legno che punta verso la Mecca. Sembra che il minareto faccia da guardia alla città vecchia sin da quando fu eretto dalla dinastia degli Almohadi nel XII secolo.
Dove ho apprezzato un minareto affine per eleganza e equilibri? Certamente la Giralda di Siviglia e questo della Koutoubia vanta sicuramente il diritto enfatico di prototipo.
Ovviamente, la moschea è interdetta ai non musulmani e quindi dobbiamo accontentarci di vederla dall’esterno passando anche dai giardini dove è appostato un ambulante che passa canne da zucchero sotto una pressa per venderne il succo.

Siamo soddisfatti? Certamente sì. Però Marrakech non è solo e soltanto quel poco che abbiamo potuto visitare e il treno ci attende. Nonostante la mia premura di prendere un taxi per tornare in stazione, Giovanna vuole andarci a piedi, sperando di imbattersi in qualcos’altro di interessante. Cerco di dissuaderla perché so di certo che occorreranno almeno quanta minuti per giungere a destinazione. Per di più sono già le 13, non conosciamo il percorso a piedi più rapido e il treno partirà alle 13:50. Piuttosto velocemente ci incamminiamo verso la nostra meta e più tardi Giovanna sembra una podista in cerca di vittoria, distanziandomi di almeno trenta metri.
“Te lo dicevo Giovanna, te lo dicevo! Ora hai paura di perdere il treno?”
Il grande e lunghissimo viale Hassan II è quello che la turba maggiormente perché non riesce a scorgere, al contrario di me, l’esatta ubicazione della stazione. La incito a rallentare perché riusciremo a prendere il treno in tempo e, male che vada, ho la soluzione di riserva che tengo per me: la corsa successiva un’ora dopo.
Comunque, quasi trafelati e appena quattro minuti prima della partenza, il treno al binario 1 è, per così dire, il nostro podio vittorioso.
Lungo il tragitto Giovanna è sempre in cerca di fotografare qualcosa di improbabile dal finestrino del treno in corsa e dopo due ore e mezzo Casablanca ci riaccoglie dopo una giornata ricca di soddisfazioni.
Ma non è certo terminata qui perché invece di tornare alla base, contrattiamo con un tassista la nuova destinazione per la gioia e curiosità di Giovanna: la grande moschea Hassan II.
Ancora cinque euro e via.
La grande spianata e la moschea edificata “sull’acqua” destano l’interesse di Giovanna che scatta foto a ripetizione cercando anche di cogliere qualche immagine interna, fermata sulla entrata dal marocchino di sevizio : la moschea è aperta, solo per i musulmani, ma qualche foto riesce comunque a farla di straforo.
E’ sabato e il lungomare brulica di famiglie similmente a un giorno festivo mentre noi ci accingiamo a raggiungere a piedi la nostra nave, con congruo anticipo sulla partenza.

Nella tranquillità della cabina quasi riavvolgo mentalmente il film di questa giornata ambita, impegnativa e splendida, mentre partono i titoli di coda che mettono fine al mio appagamento ricercato:​
Marrakech…unforgettable place!

continua
20230304_110614.jpg20230304_104455.jpg20230304_104513.jpgcella madrasa.jpg99.jpg20230304_112348.jpg20230304_112305.jpgvlcsnap-2023-03-27-13h58m18s968.png20230304_112809.jpg102.jpg
 

Elide

Well-known member
Racconto appassionato e coinvolgente per un luogo che anche a me è rimasto nel cuore!!!!...
Grazie infinite!!!!....
 

JonnyV

Active member
Domenica - 5 marzo – CHEFCHAOUEN

Buona giornata a tutti i naviganti e non solo.

L’escursione sulla quale era stata focalizzata in particolar modo la crociera su Lirica è oggi alla mia completa attenzione: Chefchaouen, la Perla Blu del Marocco.
Tutti ne parlano bene perché ricca di fascino per la sua storia e per il colore con il quale sono dipinte quasi tutte le case distese ai piedi di una montagna.
Il rovescio della medaglia risiede nella difficoltà per raggiungerla, già palesata da Oriana (Capricorno) per quanto riguarda le lungaggini e attese per superare le frontiere di Spagna e Marocco, purtroppo in entrambi i sensi. Staremo a vedere. In ogni caso, il “fai da me”, una volta raggiunta quella città, è già pronto.
Qualche giorno fa, circa l’escursione, ne avevo parlato con Giovanna e siccome non l’aveva presa in considerazione in anticipo, ma desiderosa della novità, ci recammo all’ufficio escursioni per controllare se ci fosse ancora qualche posto disponibile. Nessun problema e quindi la mia amica mi seguirà con piacere anche questa volta.
Lirica attracca al porto di Ceuta alle nove, piuttosto tardi secondo me, e l’appuntamento degli escursionisti è alle 8 e 30 a teatro. Sveglia e colazione con tutta tranquillità quindi, solito appuntamento con Giovanna, ma già l’attesa a teatro è u po’ snervante, almeno fino a quando siamo sollecitati a sbarcare e a salire su uno dei due bus che ci condurrà alla Perla Blu.
Sono le 9 e 30, la frontiera Spagna/Marocco è vicinissima, solo tre chilometri del lungomare di Ceuta, ma giunti sul posto i tempi si preannunciano lunghi. Non tanto per la frontiera spagnola quanto per quella marocchina. Siamo fermi alla barriera e aspettiamo, aspettiamo, aspettiamo!
Quasi tutti i crocieristi scendono dai bus e si attardano a parlottare perché l’unica domanda è: “Quando si riparte?”
Poi, dopo più di un’ora di attesa c’è la novità: due persone non possono passare perché hanno passaporto ucraino e non possono entrare in Marocco per due volte consecutive.
Le lungaggini dei funzionari marocchini sono laboriose ma al tempo stesso intransigenti e ancora attesa fino a quando, purtroppo, alle due giovani signore, una con marito, viene precluso il proseguimento del viaggio. Risparmio tutta la successiva trafila dei passaporti che sono ammassati in una busta di plastica, consegnati per il controllo e restituiti a bordo del bus chiamando nominalmente i titolari. Però, sarcasticamente, su di essi c’è il timbro della frontiera del Marocco.
Sono le 11 e 30 e siamo ancora fermi per il controllo del bus. Superato questo ostacolo subito se ne presenta un altro: deve passare lentissimamente, con qualche centimetro di tolleranza, attraverso le staccionate di ferro dei cancelli, pena la rottura degli specchietti retrovisori.
Tanto per gradire e ironicamente, ascolto dal mio telefono “Partirò” di Bocelli, ma mi chiedo quanto tempo occorrerà ancora per giungere a destinazione.
Dopo mezz’ora, a Tetouan, imbarchiamo la guida marocchina che intratterrà i crocieristi sia sulla destinazione sia sugli usi e costumi locali, con particolare riferimento alla religione islamica. Le informazioni sono simili a quelle che ascoltate da un suo esperto e ottimo collega in occasione della nostra visita di novembre alla moschea di Casablanca. In ogni caso, presto più attenzione alla connotazione ambientale della verde e lussureggiante catena montuosa del “rif” abitata da berberi che praticano agricoltura e allevamento, specialmente nelle valli. La lingua è quella tradizionale berbera e infatti sui cartelli stradali compare sotto forma di caratteri simbolici, assieme all’arabo e al francese. Nelle scuole di questa regione marocchina, le prime due sono obbligatorie. Colgo anche il riferimento particolare e interessato alla etimologia del nome della perla blu: “Chef” sta per “guarda”, mentre “chaouen” sta per “coni/cime”, sotto le quali si distende.
Quello che la guida omette è il fatto nella regione del rif si coltiva la cannabis e anche se questa è sempre stata illegale in Marocco, rappresenta pur sempre l’unica forma di sostentamento per sopravvivere tra le montagne. Di ritorno alla frontiera, ne avremo riscontro.
Noto dal finestrino che c’è un forte sottosviluppo e la strada di collegamento che stiamo percorrendo è sempre tortuosa con velocità limitata a solo sessanta chilometri/ora. Per di più ci sono molti posti di blocco della polizia.
D’un tratto il bus accosta in un area sterrata, limitrofa ad una sorta di ristorante con terrazza panoramica che si affaccia su un lago artificiale originato da una diga di sbarramento.
Pausa per sgranchirsi le gambe e bere qualcosa. Ma c’era proprio bisogno di perdere altro tempo prezioso?
Siamo subito presi d’assalto da bambini che offrono a pagamento ghirlande di fiori di camomilla e per compiacerli ne acquisto una per Giovanna. Poi cerco di dare un’occhiata al ristorante, prima attraverso una grande finestra spalancata e poi avviandomi ad entrare.
Evito, per decenza, la descrizione del reparto cucina che si scorge dalla finestra.
Per quanto riguarda l’ingresso, mentre nei comuni locali di ristoro la prima cosa che notiamo è il bancone del bar, qui, invece, c’il bancone del macellaio. Con una grande mannaia sta ricavando enormi bistecche “fiorentine” e, come per vanto, è appesa anche la mercanzia di riferimento.
“Presto, presto” tutti a bordo e si riparate…lentamente assecondando le dolci curve della strada.
Sono le 12 e 30.
Al conducente, la domanda di tutti noi sorge spontanea: “Quanto ci vuole per arrivare?” Almeno per me, la risposta è disarmante perché trattasi di almeno un’ora. Mi sto infastidendo e oltretutto la guida presa a Tetouan è inspiegabilmente muta.
Finalmente da lontano scorgo le fattezze del nostro villaggio blu e quasi alla sua periferia anche i lampioni assumono il medesimo e accattivante colore bianco/celeste.
Solo ora, finalmente, comincio a destarmi dal torpore e a fantasticare sulla nostra meta: Chefchaouen, seducente, labirintica e colorata delle infinite sfaccettature cromatiche del blu.
Dicono che questo colore allontani le zanzare; oppure che gli ebrei scacciati dalla Spagna abbiano dipinte le case di quella tinta per distinguerle dal verde di quelle marocchine. In ogni caso, Chefchaouen si è guadagnata di diritto la fama di essere una delle città più pittoresche del Marocco.
Le ore sono comunque volate perché siamo già oltre le 13 e 30. Scendiamo dal bus nei pressi della porta Bab el Ain e già l’edificio pubblico dipinto, sul quale è presente lo stemma reale e la bandiera del Marocco, è un gradito biglietto da visita.
Tutti i crocieristi sono presi in consegna e affidati alla conta della guida del posto, Ahmed (con copricapo rosso per farsi riconoscere anche a distanza) che senza complimenti e notizie particolari ci invita a seguirlo. Non un cenno su cosa vedremo, cosa faremo e non una qualsiasi informazione introduttiva almeno per esaltare questa bellissima cittadina.
Meno male che io e Giovanna nel lungo trasferimento ci siamo riletti gli appunti della mia guida cartacea!
Attraversiamo Bab el Ain, la principale e antica porta medievale della Medina, che ha due finestrelle al secondo piano dalle quali le guardie sorvegliavano l’accesso. Ahmed non si attarda a menzionarla come storicamente importante e infatti – scusate il bisticcio di parole – è tardi, per tutto il resto.
Continuiamo a seguirlo - mi mantengo indietro per poter fotografare – fino alla piazza Uta el Hamman, direi il centro città di Chefchaouen. Una bellissima fontana recintata e un alto cedro al centro della piazza, ricca di negozi bar e ristoranti, sono il punto di riferimento per turisti e non che si fermano per riposare, prendere un tè o mangiare qualcosa. A impreziosirla maggiormente c’è lateralmente la Kasba e la moschea con il suo minareto ottagonale.
Ahmed continua imperterrito ad avanzare freneticamente fra saliscendi di vicoli e case blu da fotografare fino a quando raggiunge la sua meta: il ristorante!
E no! Per me è troppo!
Mentre i nostri croceristi vi si infilano, Giovanna compresa, chiedo ad Ahmed se posso essere lasciato libero di fare quello che mi pare più mi aggrada. L’unica informazione che mi serve è il luogo dove riprendere il bus: vicino alla piazza Mohammed V. Gli dico che so dove si trova ma lui preferisce scrivere su un foglietto – nel caso abbisognasse - il nome della piazza…in arabo!
Giovanna ha un po’ fame ma io devo scappare per proseguire nell’itinerario che ho già in mente. Prendere o lasciare e lei prende…prende una specie di tramezzino dalla tavolata imbandita del ristorante e mi segue.
Devo cercare di definire il punto in cui mi trovo e prendere il percorso che conosco (google maps, se non ci fossi tu….) Non ci metto molto, con qualche opportuna indicazione, a raggiungere una delle stradine fra le più graziose: acciottolata, affollata di turisti, colma di attrattive fotografiche, negozi di souvenir e, alla estremità della nostra passeggiata, una porta antica: Bab el Osnar.
La attraversiamo e benché ci troviamo in periferia, ai piedi delle montagne, c'è una ragione principale per l'esistenza di Chefchaouen: Ras el Ma, la fonte, nel vero senso della parola, della città, con l'acqua delle cascatelle del suo ruscello, di antichi mulini, di lavandaie e tappeti arabi che si asciugano al sole. Non sono cascatelle imponenti, anzi, ma è il contesto la parte più eccitante.
Poi, attraverso un bel sentiero in salita, guadagniamo l’altra nostra meta ambita e massimo luogo panoramico per una veduta eccezionale sulla città: la Moschea Spagnola, lassù in alto su una collina, solitaria e bianca.
Sono baldanzoso e veloce nell’incedere e giunti in cima non smettiamo di guardare in basso dal belvedere Chefchaouen che si distende placida con le sue case colorate, le sue viuzze, la kasba e le bellissime piazze della medina, in un contesto paesaggistico di tutto rispetto. E’ questo il luogo che avevo più desiderato di raggiungere e mi spiace per tutti gli altri nostri crocieristi che non hanno avuto la possibilità di essere qui con noi.
Con Giovanna, seduti su un muretto di pietra, ci attardiamo a contemplare, ma ben presto dobbiamo tornare sui nostri passi per raggiungere comodamente il luogo dell’appuntamento che avevo concordato con Ahamed.
Varcando la porta el Osnar è tempo di fotografare quello che più ci aggrada cercando sfumature di colori e occasioni che resteranno indelebili nella nostra memoria.
A parte Ras el Ma e la Moschea Spagnola, il divertimento continua lungo il viale Hassan I e se ci fosse tempo non smetterei di esplorare i vicoli di lato e posticini interessanti. In ogni caso, più avanti, si palesa innanzi a noi una piazza a dir poco interessante e…fotogenica: Plaza Zaituna con un grande ulivo secolare (zaituna significa oliva in arabo), tre o quattro scalini blu e una panchina dove riposare e guardare soddisfatti l’animazione dell’andirivieni del traffico turistico.
Proseguendo, mi imbatto anche in un’allegra combriccola di ragazzini che in una piazzetta giocano a pallone. Questo oggetto, per un appassionato calciatore come me, stimola la voglia di giocare e allora non so resistere, diventando in modo divertente bambino fra bambini.
Non so mai cosa aspettarmi dietro ogni angolo magico, superato il quale c’è anche il successivo.
E proprio in uno di questi angoli, prodigiosamente – è proprio il caso di dirlo – appare Ahmed con tutti i crocieristi al seguito. Non ci resta che accodarci, mentre me ne sto in disparte e a debita distanza per poter fotografare senza la confusione facile a determinarsi.
Resta ancora un luogo che merita, merita molto, ed è lì che mi precipito anticipando tutti:
Plaza el Haouta, la piazza più affascinate e straordinaria di Chefchaouen, almeno per me.
La gamma di tonalità celeste/blu arricchisce straordinariamente questa graziosissima e spaziosa piazza. Acor più, la deliziosa fontana centrale, le cime dei monti che sembrano proteggerla e le terrazze che la circondano dove è possibile sorseggiare il tè e osservare la gente del posto che arriva continuamente per riempire le proprie brocche d'acqua da bere.
Tutto è pittoresco, compreso la panchina dove mi siedo per intavolare un’allegra e curiosa conversazione in una lingua indefinita con un arzillo vecchietto berbero. E non manca il giovanotto che a Giovanna prepara e le offre un tè alla menta che, idealmente…proporrei anche con piacere alla bravissima Oriana.
Purtroppo, inesorabilmente richiamati da Ahmed, dobbiamo abbandonare la piazza e incamminarci verso il luogo di stazionamento dei bus per far ritorno a Ceuta. Ma anche in questo percorso non mancano le occasioni di accattivanti murales da fotografare.
Un crocierista un po’ obeso è oggetto dell’attenzione di me e Giovanna perché incede ansimando (ma chi glielo ha fatto fare di venire fin qui?) e non riesce nemmeno a raggiungere il bus a pochi metri di distanza. Gli facciamo coraggio, lo sosteniamo e lo accompagniamo lentamente al bus.
Non viaggia da solo, ma ci sembra sia stato abbandonato a se stesso.

Adesso viene il bello, per dir meglio forse la parte più difficile dell’escursione: sobbarcarci al nuovo passaggio delle frontiere. Siamo già oltre le cinque di pomeriggio quando lentamente l’autobus si mette in viaggio e quando finalmente raggiungiamo il primo ostacolo, si palesa la coda di auto inesorabilmente ferme assieme a molte persone che devono transitare in Spagna.
Abbiamo una corsia preferenziale ma ciò nonostante le lungaggini sono interminabili: le guardie di frontiera ispezionano tutto, anche con torce tascabili, in modo particolare i gavoni del bus, prese d’aria e anfratti del mezzo in cerca di qualcosa: cannabis e hascisc? Può darsi!
Nuovo controllo passaporti, per apporre soltanto un timbro rosso di uscita e ancora perdita di tempo perché il conducente non riesce a trovare uno dei tanti cellulari che aveva con se. Dopo vane ricerche, glielo recuperiamo noi sotto il suo sedile di guida.
Dogana spagnola: tutti a terra e passaporto alla mano per registrare il passaggio di frontiera davanti al gabbiotto del poliziotto, assai paziente e simpaticamente sorridente nell’accogliere tutti.
Tre chilometri ancora e infine possiamo imbarcarci, ben oltre le 19 e 30, l’orario del “tutti a bordo” di Lirica.

Nonostante tutto, a me basta aver scoperto una città inebriante, sorprendente, intricata e fiabesca allo stesso tempo:​
Chefchaouen…unforgettable place!
20230305_123847.jpg20230305_124900.jpg20230305_125130.jpg20230305_125042.jpg20230305_142538.jpgCopia 1 da inserire.png20230305_134001.jpg20230305_141147.jpgEL ASRY HALLEY.jpgCopia da inserire.jpeg
 

capricorno

Super Moderatore
Grazie Giovanni per il tè e per tutto il resto. Sono contenta che tu sia riuscito nel tuo intento, non avevo dubbi a tal proposito!!
 

Gabriele C.

Well-known member
Letta anche la tappa di Chefchaouen tutta di un fiato.
Complimenti per l'intraprendenza e la dimestichezza con i mezzi informatici, io con Google maps non mi ci ritrovo, preferisco una tradizionale cartina cartacea...
Foto molto attraenti, così come la dovizia di particolari che ci hai riportato. Bravo!

P.S.: Il calcio di rigore è andato a segno, o il ragazzino te lo ha parato?...:);)
 
Stato
Discussione chiusa ad ulteriori risposte.
Top