Ben più affascinante della Antivari moderna, la città vecchia è immersa tra le rocce ed il verde.
Nei secoli XI-XVI Antivari infatti fu città fra le più importanti della Dalmazia per i suoi edifici, la nobiltà dei suoi cittadini, i suoi commerci e le sue ricchezze. Allora essa aveva tre chiese, la cattedrale e trenta monasteri. Al tempo dei Turchi decadde alquanto, ma rimase sempre un borgo di notevole importanza, con strade strette e case addossate. L'abitato venne poi chiuso dalla potente muraglia che vi costruirono i Veneziani.
Smantellata completamente dal lungo bombardamento del 1877, oggi l'antica città è quasi un mucchio di rovine, intorno alle quali s'è formata una nuova città che, uscendo dall'aggregato principale, si è estesa nelle campagne circostanti con molte case isolate o piccoli gruppi di abitati.
Dice l'enciclopedia Treccani che soltanto sotto Costantino Porfirogenito i geografi e gli storici cominciano a fare menzione di Antivari. La piccola città bizantina è sorta in seguito alla distruzione della romana Doclea (chiamata poi Dioclea), probabilmente all'inizio del sec. VII. Essa è perciò l'erede di Doclea, come Spalato fu l'erede di Salona e Ragusa lo fu di Epidauro.
K. Jireček, nella sua storia del popolo serbo, menzionando la romanità delle città costiere, riconobbe che le città dell'Albania settentrionale, e dell'arcivescovado di Antivari non si possono staccare da quelle della Dalmazia. Tutti i documenti che ci sono rimasti e che provengono dagli archivî delle città di Antivari, Dulcigno, Scutari e Drivasto sono scritti in latino o in italiano (veneto); nessuno in lingua slava. Dai nomi degli abitanti e delle località dei dintorni si riconosce l'antica dominazione romanica dell'Albania settentrionale e della Dalmazia che però poi nel corso dei tempi fu albanizzata e slavizzata (v. M. G. Bartoli, Dalmatiches, I, 192, dove si trovano pure diverse testimonianze medievali di crociati, geografi ecc. sui linguaggi latini o romanici delle città dell'Albania settentrionale).
I linguaggi romanici però hanno lasciato una traccia notevolissima nell'albanese moderno come già nel croato dalmata.
La città vecchia di Antìvari, detta “la Pompei del Montenegro”, situata su una collina alle pendici dei Monti Romèi, a due km di distanza dalla città moderna, è un monumento culturale di primaria importanza con la sua superficie di quattro ettari su cui sorgono le rovine di più di 600 edifici, risalenti a tutti i periodi della storia della città.
Il nome appare citato la prima volta in documenti scritti nel X secolo come Antibareos.
Il nome Antìvari infatti deriva appunto dal latino Antibarium, in greco Αντιβάριον, mentre in serbo é divenuto Bar e in albanese Tivari.
Anti-barium sarebbe come dire di fronte a Bari. Infatti Bari si trova proprio di fronte....
Durante l'epoca delle invasioni barbariche, nella cittadina come detto si rifugiano i latini che riescono a scampare alla devastazione dell'interno dell'Illirico e vi conservano i propri costumi e la propria lingua latina, che evolverà in una varietà del dalmatico, dialetto romanzo parlato per molti secoli ancora, esattamente come avveniva a Ragusa, Cattaro, Spalato, Zara, Traù e sulle varie isole dalmate. All'inizio del millennio (1022), fu aggregata all'arcivescovado latino di Ragusa.
Tra il 1443 e il 1571 Antivari Vecchia venne governata dalla città di Venezia che però le lasciò un'ampia autonomia e le concesse di continuare a battere moneta e amministrare la giustizia. Questo fu un periodo di prosperità e intensi rapporti commerciali con l'Italia, specialmente con la Puglia. Il leone di S. Marco si trova frequentemente fra le rovine della città di quel tempo, specialmente nelle mura che ne proteggevano i fossati; fino a qualche anno fa alcune vecchie case portavano ancora le armi di patrizî veneziani.
Nel 1571 la città però venne invasa dai Turchi che trasformarono molte chiese in moschee e stravolsero l'impianto urbanistico della città. La loro occupazione durò fino al 1870 quando i guerrieri Montenegrini dell'esercito di Re Nicola riuscirono a liberarla: fu proprio in questa battaglia che la città venne pesantemente danneggiata e quindi abbandonata. Ora è una città fantasma che ha conservato il suo aspetto medievale, le sue mura difensive e i resti dei palazzi, delle chiese e delle moschee.