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Felix73
Guest
Quanti indizi servono per fare una prova?
Si dice tre….e noi ne abbiamo ben 4 d’indizi …ma purtroppo non abbiamo prove.
Però, che in Carnival da qualche tempo si respiri una strana aria è risaputo.
E’ notizia recentissima che Mr.Arison, patron del gruppo, si sia liberato di un pacchetto azionario non indifferente.
http://www.themeditelegraph.com/it/...oni-dollari-BWQrdY2lBcLp4bLg27i6fL/index.html
Questa “smobilitazione”, non ha di certo precluso la possibilità dello stesso di controllare ancora il gruppo, seppur con una quota inferiore al passato.
Che tipo d’interpretazioni possiamo dare ad un’operazione simile?
Premessa: non ne sono minimamente stupito. E’ da un annetto che nel forum parlo di mie “fantasie” su una potenziale vendita.
Ma cerchiamo di capire i numeri.
Il pacchetto venduto è pari a circa il 6% del totale. Valore di realizzo in prossimità dei 434 milioni di dollari.
In capo ad Arison rimane un valore patrimoniale in Carnival pari a circa 7 miliardi di dollari.
Sembrerebbe un piccolo “disimpegno”. In realtà lo è, ma è pur sempre un piccolo passo indietro. E non è il solo.
La ragione ufficiale è la “diversificazione degli investimenti”. Perfetto.
Credibile?
Vediamo.
Affinchè la diversificazione sia efficace, il rendimento della cifra “smobilitata” dovrà essere più conveniente rispetto alla sua precedente allocazione.
Se così non fosse, tanto varrebbe lasciare le cose come stanno.
Ora: il valore della azioni di Carnival ad oggi sono cresciute rispetto all’ante Concordia del 37,8%.
Rispetto ai giorni immediatamente successivi al disastro del 63,5%, e rispetto ad un anno fa di oltre il 18%.
Mr. Arison, ci dica dove ha trovato un investimento sostitutivo che garantisca un “gain” di oltre il 18% annuo perché così ci metto anche i miei di soldi.
Poco credibile.
Il secondo indizio ci dice che Arison gestisce Carnival attraverso un “trust”. Giuridicamente un rapporto “fiduciario”.
Dopo 35 anni alla guida del gruppo come amministratore delegato Arison, si dice a seguito di enormi pressioni degli azionisti di minoranza, ha ceduto questa carica a Mr. Donald, top manager proveniente “udite udite” dal mondo dei pesticidi.
Arison è stata la figura storica di Carnival, si è fatto da parte, ed i management delle compagnie controllate, su tutte Costa, sono stati spazzati via o hanno subito un “mescolamento” delle carte.
La linea Donaldiana è una linea di matrice “industriale” che si basa su un concetto molto semplice: economie di scala.
Che vuol dire?
Vuol dire che un grande gruppo, pur possedendo brand diversificati, deve prendere in maniera decisa un’unica direzione: lo standard.
Standard vuol dire un controllo centralizzato, vuol dire trovare efficienze di costo attraverso la propria politica di approvvigionamenti perché in definitiva, comprare dieci tonnellate di mozzarella da un unico fornitore conviene di più che comprarne una da dieci fornitori differenti.
E razionalizzare vuol dire anche concentrare tutti quei dipartimenti che possono gestire in maniera più unitaria non più la flotta del singolo brand, ma piuttosto una flotta “multibrand”.
E’ quello che sta accadendo a Costa, ed è secondo me solo il primo passo verso una razionalizzazione più spinta, e forse anche più dolorosa.
Il terzo indizio riguarda la politica degli investimenti: una chiusura parziale dei rubinetti in merito a nuove navi che, soprattutto nel mercato mass, se paragonata ai programmi dei concorrenti (in primis l’acerrima nemica Royal, ma anche NCL e MSC) ci fa paragonare Carnival più ad una squadra provinciale che affronta la capolista fuori casa facendo catenaccio che non alla capolista stessa, visto che stiamo parlando della leader di mercato con oltre 100 navi.
Possibili ragioni? Contenere l’indebitamento, non distrarre cash da destinare ai dividendi per sostenere il prezzo del titolo in borsa.
Insomma, in definitiva, l’obbiettivo è avere un valore più alto nel breve/medio periodo, sacrificando le politiche commerciali di lungo periodo.
Quarto indizio: la politica dei tagli a bordo delle navi (sicuramente in Costa Crociere) soprattutto in merito all’offerta ristorativa. Non tanto in termini di qualità ( non mi pronuncio), ma oggettivamente in termini di scelta rispetto al passato e rispetto alla concorrenza.
Costa Crociere è l’unica compagnia mass che la sera non tiene aperto il buffet. Non solo, non ti fa trovare nemmeno una tartina o una bustina di camomilla. Perchè lo può fare? Per massimizzare nel breve i profitti in un contesto di mercato in forte crescita. In soldoni: mi interesso meno dei fidelizzati (Neo a parte) e porto a bordo i nuovi perché il mercato me lo permette. Effetti? Il titolo vola. Insieme all’utile.
La realtà ci dice che Carnival si sta facendo bella per rendersi appetibile nei mercati finanziari. Le strategie sono tipiche di un contesto orientato a questo. Arison ha venduto la quota del 6% sulla scia dell’elevata quotazione attuale.
Bisogna cavalcare l’onda per sostenere il valore delle azioni, a costo di scontentare qualche cliente. A costo di sacrificare qualche posizione di “privilegio” in qualche mercato locale.
Ovviamente non ci sono certezze….ma sono solo mie ipotesi e riflessioni.
Certo, ci sarebbe un altro mezzo indizio: una cena a lume di candela tra Arison ed Aponte in Liguria. Ma qui non siamo nemmeno nel campo delle ipotesi, rischiamo di sconfinare nel campo della “fiction”.
E mi sembra quantomeno prematuro.
Si dice tre….e noi ne abbiamo ben 4 d’indizi …ma purtroppo non abbiamo prove.
Però, che in Carnival da qualche tempo si respiri una strana aria è risaputo.
E’ notizia recentissima che Mr.Arison, patron del gruppo, si sia liberato di un pacchetto azionario non indifferente.
http://www.themeditelegraph.com/it/...oni-dollari-BWQrdY2lBcLp4bLg27i6fL/index.html
Questa “smobilitazione”, non ha di certo precluso la possibilità dello stesso di controllare ancora il gruppo, seppur con una quota inferiore al passato.
Che tipo d’interpretazioni possiamo dare ad un’operazione simile?
Premessa: non ne sono minimamente stupito. E’ da un annetto che nel forum parlo di mie “fantasie” su una potenziale vendita.
Ma cerchiamo di capire i numeri.
Il pacchetto venduto è pari a circa il 6% del totale. Valore di realizzo in prossimità dei 434 milioni di dollari.
In capo ad Arison rimane un valore patrimoniale in Carnival pari a circa 7 miliardi di dollari.
Sembrerebbe un piccolo “disimpegno”. In realtà lo è, ma è pur sempre un piccolo passo indietro. E non è il solo.
La ragione ufficiale è la “diversificazione degli investimenti”. Perfetto.
Credibile?
Vediamo.
Affinchè la diversificazione sia efficace, il rendimento della cifra “smobilitata” dovrà essere più conveniente rispetto alla sua precedente allocazione.
Se così non fosse, tanto varrebbe lasciare le cose come stanno.
Ora: il valore della azioni di Carnival ad oggi sono cresciute rispetto all’ante Concordia del 37,8%.
Rispetto ai giorni immediatamente successivi al disastro del 63,5%, e rispetto ad un anno fa di oltre il 18%.
Mr. Arison, ci dica dove ha trovato un investimento sostitutivo che garantisca un “gain” di oltre il 18% annuo perché così ci metto anche i miei di soldi.
Poco credibile.
Il secondo indizio ci dice che Arison gestisce Carnival attraverso un “trust”. Giuridicamente un rapporto “fiduciario”.
Dopo 35 anni alla guida del gruppo come amministratore delegato Arison, si dice a seguito di enormi pressioni degli azionisti di minoranza, ha ceduto questa carica a Mr. Donald, top manager proveniente “udite udite” dal mondo dei pesticidi.
Arison è stata la figura storica di Carnival, si è fatto da parte, ed i management delle compagnie controllate, su tutte Costa, sono stati spazzati via o hanno subito un “mescolamento” delle carte.
La linea Donaldiana è una linea di matrice “industriale” che si basa su un concetto molto semplice: economie di scala.
Che vuol dire?
Vuol dire che un grande gruppo, pur possedendo brand diversificati, deve prendere in maniera decisa un’unica direzione: lo standard.
Standard vuol dire un controllo centralizzato, vuol dire trovare efficienze di costo attraverso la propria politica di approvvigionamenti perché in definitiva, comprare dieci tonnellate di mozzarella da un unico fornitore conviene di più che comprarne una da dieci fornitori differenti.
E razionalizzare vuol dire anche concentrare tutti quei dipartimenti che possono gestire in maniera più unitaria non più la flotta del singolo brand, ma piuttosto una flotta “multibrand”.
E’ quello che sta accadendo a Costa, ed è secondo me solo il primo passo verso una razionalizzazione più spinta, e forse anche più dolorosa.
Il terzo indizio riguarda la politica degli investimenti: una chiusura parziale dei rubinetti in merito a nuove navi che, soprattutto nel mercato mass, se paragonata ai programmi dei concorrenti (in primis l’acerrima nemica Royal, ma anche NCL e MSC) ci fa paragonare Carnival più ad una squadra provinciale che affronta la capolista fuori casa facendo catenaccio che non alla capolista stessa, visto che stiamo parlando della leader di mercato con oltre 100 navi.
Possibili ragioni? Contenere l’indebitamento, non distrarre cash da destinare ai dividendi per sostenere il prezzo del titolo in borsa.
Insomma, in definitiva, l’obbiettivo è avere un valore più alto nel breve/medio periodo, sacrificando le politiche commerciali di lungo periodo.
Quarto indizio: la politica dei tagli a bordo delle navi (sicuramente in Costa Crociere) soprattutto in merito all’offerta ristorativa. Non tanto in termini di qualità ( non mi pronuncio), ma oggettivamente in termini di scelta rispetto al passato e rispetto alla concorrenza.
Costa Crociere è l’unica compagnia mass che la sera non tiene aperto il buffet. Non solo, non ti fa trovare nemmeno una tartina o una bustina di camomilla. Perchè lo può fare? Per massimizzare nel breve i profitti in un contesto di mercato in forte crescita. In soldoni: mi interesso meno dei fidelizzati (Neo a parte) e porto a bordo i nuovi perché il mercato me lo permette. Effetti? Il titolo vola. Insieme all’utile.
La realtà ci dice che Carnival si sta facendo bella per rendersi appetibile nei mercati finanziari. Le strategie sono tipiche di un contesto orientato a questo. Arison ha venduto la quota del 6% sulla scia dell’elevata quotazione attuale.
Bisogna cavalcare l’onda per sostenere il valore delle azioni, a costo di scontentare qualche cliente. A costo di sacrificare qualche posizione di “privilegio” in qualche mercato locale.
Ovviamente non ci sono certezze….ma sono solo mie ipotesi e riflessioni.
Certo, ci sarebbe un altro mezzo indizio: una cena a lume di candela tra Arison ed Aponte in Liguria. Ma qui non siamo nemmeno nel campo delle ipotesi, rischiamo di sconfinare nel campo della “fiction”.
E mi sembra quantomeno prematuro.
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