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Il mio viaggio in Turchia

Si tratta della più grande cisterna sotterranea conservata a Istanbul; fu costruita sotto Costantino e fu restaurata nel 532; poteva contenere fino a 80 milioni di litri d’acqua ed era alimentata dall’acquedotto di Valente. La volta è alta 25 metri e la struttura è larga 65 m e lunga 143.

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La volta è sorretta da 336 colonne diverse tra loro il che indica che probabilmente derivano dal riuso di strutture prese da palazzi in decadenza. Cadde poi in disuso e se ne perse memoria fino a quando attorno al 1550 uno studioso olandese alla ricerca di tracce dell’Impero bizantino venne a sapere che in città molte persone si procuravano l’acqua calando dei secchi attraverso buchi nei pavimenti delle cantine. Incuriosito iniziò ricerche più approfondite e scoprì la cisterna. Durante l’impero ottomano però cadde nuovamente in disuso e divenne una sorta di discarica finchè fu ripulita e restaurata a più riprese diventando una delle principali mete turistiche di Istanbul.

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Entrare nella cisterna è stato emozionante, anche l’uso di luci cangianti rende la visita particolarmente suggestiva.

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Nei giorni in cui siamo stati in Turchia era festa: il 23 aprile giorno del nostro arrivo si commemorava la nascita della Grande Assemblea Nazionale Turca avvenuta nel 1920 e che ha dato avvio alla rivoluzione che fece cadere il sultanato e fondare la democrazia. Ma di questo parleremo più avanti. Per questo motivo, in giro per la città, su edifici pubblici ma anche alle finestre di molte abitazioni private erano esposte bandiere turche e immagini di Ataturk considerato il padre della Turchia democratica.

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Usciti dalla Basilica Cisterna era ormai ora di pranzo e ci hanno accompagnato in un locale tipico dai cui soffitti scendevano decine di lampade a mosaico. La nostra guida le chiamava “lampade di Maometto” ma non ho trovato riscontro di questa denominazione.

Queste lampade vengono costruite sin dal XIII secolo in seguito allo sviluppo della lavorazione del vetro nell’epoca Selgiuchide; l’industria del vetro e la lavorazione a mosaico ha poi raggiunto il suo apice durante l’impero Ottomano.

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Ci hanno fatto accomodare in una alta terrazza con vista su Ayasofya che sarà il prossimo monumento che visiteremo.

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Ayasofya in turco e Santa Sofia in italiano è di fatto dedicata alla Sophia personificazione della Sapienza Divina. Infatti la moschea è anche conosciuta come Grande Moschea Benedetta della Santa Sophia.

La prima pietra dell’edificio fu posata nel 337 per volere di Costantino ma fu distrutta qualche decennio più tardi. Fu riedificata sotto Teodosio II ma venne incendiata durante la rivolta contro Giustiniano. La rivolta scoppiò in seguito all’impiccagione di 7 persone che si erano macchiate di omicidio nei confronti di una fazione rivale, ma il vero motivo fu la corruzione di alcuni funzionari imperiali. Giustiniano man mano che la rivolta dilagava iniziò a progettare la sua fuga ma la moglie Teodora si presentò alla folla dicendo che mai avrebbe abbandonato la città. Così Giustiniano decise di restare e ordinò che parte del tesoro fosse distribuito ai rivoltosi e al popolo radunato all’interno dell’ippodromo. Una volta entrate circa 30.000 persone furono chiuse dentro e trucidate. Sembra che per far dimenticare questo orribile episodio Teodora convinse il marito ad avviare la costruzione della più grande basilica mai costruita. Così nel 537 venne edificata la Basilica di Santa Sofia che fino al 1453 fu una cattedrale cristiana di culto bizantino. Con l’arrivo degli ottomani fu trasformata in moschea e tale rimase fino alla sconsacrazione nel 1931 e la sua trasformazione in museo nel 1935. Ma nel 2020 con un decreto presidenziale venne nuovamente dedicata al culto islamico limitando l’accesso dei turisti al solo piano superiore. Solo i fedeli mussulmani possono accedere al piano terra.

Dall’esterno si può subito notare la grandiosità della cupola che da terra è alta oltre 56 metri. La facciata con la porta d’ingresso imperiale purtroppo è oggetto di restauro perciò non è stato possibile fotografarla.

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Iniziamo ad esplorare la galleria superiore: appena si entra colpiscono le alte colonne in porfido verde sormontate da elaborati capitelli; le pareti e gli archi decorati in giallo e blu e i grandi lampadari.

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Ai 4 lati sotto la cupola si possono vedere gli affreschi raffiguranti altrettanti cherubini.

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Dall’alto siamo riusciti a “rubare” solo queste immagini del piano inferiore. Al di sopra del mihrab dietro i drappi bianchi si scorge l’immagine della Madonna che è stata coperta.

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Alla base della cupola sono presenti numerose finestre che forniscono luce naturale all’interno dell’edificio.

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Questa è la Porta di Marmo che separava la stanza dell’Imperatore dalla zona in cui avvenivano i sinodi e la porta veniva attraversata dai partecipanti al sinodo che conferivano con l’imperatore.

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Sono ancora presenti alcuni mosaici sopravvissuti alla trasformazione della chiesa in moschea.

In questo del XII secolo è raffigurata una Madonna con in braccio il Bambino benedicente ai cui lati sono rappresentati l'Imperatore Giovanni II e sua moglie Irene d'Ungheria.

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Questo secondo mosaico risale al 1030 circa e raffigura l'imperatrice Zoe con il suo terzo marito, Costantino IX la cui faccia fu dipinta sopra quella del suo predecessore Romano III intorno al 1042; la faccia del Cristo fu a sua volta ridipinta per renderla somigliante a quella del nuovo imperatore così come furono ridisegnati i tratti dell'imperatrice che, al momento del suo terzo matrimonio aveva ormai sessant'anni.

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La Vergine in trono con il Bambino con ai lati Costantino il grande nell'atto di donarle la città e Giustiniano che le offre il modellino della chiesa di S.Sofia. Fatto realizzare da Basilio II nel 989 o nel 1019, in occasione della sua vittoria sui bulgari.

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Mosaico del XIV sec. raffigurante Cristo benedicente tra Giovanni Battista e Maria
Un'ipotesi lo vuole donato da Michele VIII Paleologidopo la riconquista di Costantinopoli (1261). In questo caso risalirebbe alla seconda metà del XIII sec.

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All’interno della chiesa si trova una lapide che ricorda il Doge Veneziano Entico Dandolo che durante tutta la sua vita politica mantenne i rapporti tra Venezia e Costantinopoli. Dandolo morì a Costantinopoli e le cronache raccontano che fu sepolto nella galleria dei Santa Sofia vicino alla parte dedicata alla sepoltura dei sovrani. Quando Costantinopoli fu conquistata dagli Ottomani nel 1453 e la basilica trasformata in moschea, sembra che la sua tomba sia stata profanata e le sue ossa disperse.

La targa è stata posizionata nel 1927 per volontà del podestà di Venezia.

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Ancora un'occhiata alla cupola prima di uscire per dirigerci verso la Moschea Blu

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Già dall’esterno questa moschea è particolare; infatti ha ben 6 minareti mentre tutte le altre ne hanno solo 4. E’ seconda solo alla moschea della Mecca che di minareti ne ha 7.

La moschea, il cui vero nome è Sultan Ahmet Camii, è stata voluta dal sultano Ahmed I per riaffermare la grandezza dell’impero Ottomano dopo la disastrosa guerra con la Persia. La costruzione iniziò nel 1609, i primi spazi di preghiera furono aperti nel 1617 e i lavori furono terminati da Mustafa I che regnò fino al 1623.

Entriamo attraverso la monumentale ma stratta porta di accesso al cortile della moschea

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Il cortile rettangolare è circondato da un porticato e al centro si trova una fontana coperta da una cupola sorretta da sei colonne

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Quando sono entrata nella moschea sono stata colpita dalla grande luminosità e dai colori tenui che la caratterizzano. Conoscendone il nome immaginavo colori più scuri e cupi ed in effetti nonostante le migliaia di piastrelle azzurre secondo me il colore dominante è il giallo tenue.

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La moschea, il cui vero nome è Sultan Ahmet Camii, è stata voluta dal sultano Ahmed I per riaffermare la grandezza dell’impero Ottomano dopo la disastrosa guerra con la Persia. La costruzione iniziò nel 1609, i primi spazi di preghiera furono aperti nel 1617 e i lavori furono terminati da Mustafa I che regnò fino al 1623.

Il nome Moschea Blu deriva dalle 21046 piastrelle azzurre prodotte a Nicea e che ne ricoprono le pareti e le cupole. L’interno è rischiarato da 260 finestrelle che conferiscono una grande luminosità alla sala della preghiera.

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La cupola maggiore è sostenuta da 4 grandi colonne dette “a zampa di elefante” ed è alta 46 metri e larga 23.

Al di sotto della cupola maggiore si aprono 4 semicupole a loro volta sorrette da altre semicupole più piccole.

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Le finestre sono caratterizzate dalla presenza di vetri colorati che, a seconda dell’ora del giorno, creano diversi giochi di luce. Le vetrate non sono più quelle originali ma ne sono una fedele copia. Questo è stato possibile anche ai 18 registri che riportano tutti i dati della progettazione e della costruzione della moschea e che sono conservati nel palazzo di Topkapì.


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La sala della preghiera con il Mihrab e Minhab


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Rimanendo ancora nel Sultanahmet, visitiamo il luogo in cui sorgeva l’Ippodromo.

La costruzione dell’ippodromo iniziò sotto Settimio Severo e fu terminata con Costantino I. Cadde poi in disuso attorno al 1200 ed iniziò ad essere spogliato dei materiali che lo costituivano per costruire altri edifici.

Ancora nel XV e XVI secolo viaggiatori europei ne descrissero le rovine nei loro diari di viaggio.

In origine era lungo 400 metri di lunghezza e 130 di larghezza. Poteva contenere fino a 100.000 persone. Vi si disputavano prevalentemente corse di cavalli e di carri, ma anche incontri politici.

Una di fronte all’altra trovavano posto due opposte fazioni: gli Azzurri (prevalentemente contadini e i ceti più poveri della città) e i Verdi (esponenti della borghesia cittadina) Gli scontri tra le due fazioni erano sostanzialmente determinati dalle corse che si svolgevano nell’ippodromo ma sotto Teodosio si trasformarono in aspri contrasti politici che portarono alla rivolta degli azzurri, detta rivolta di Nika, che si concluse con l’eccidio di 30.000 persone proprio all’interno dell’ippodromo e di cui ho già scritto più sopra.

Oggi dell’ippodromo rimangono solamente:

- la Colonna Serpentina proveniente dal santuario di Delfi. Si tratta di una colona bronzea alta circa 8 metri sulla cui sommità erano presenti tre teste di serpenti andate distrutte nel 1700. Il frammento di una di queste teste è conservata nel museo archeologico di Istanbul.

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- l’obelisco egizio di Tutmosi III che Teodosio fece erigere su un blocco di marmo ornato da fregi in cui lo stesso Teodosio compare in veste di Imperatore. L’obelisco è in granito rosso ed è alto 18 metri e mezzo.

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- l’obelisco in muratura era rivestito di lastre di bronzo ed è stato fatto erigere da Costantino VII nel X secolo d.C.

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Oltre il lato nord dell’ippodromo dietro a dove sorge l’obelisco egizio presumibilmente si trovavano le carceri. La loro posizione è segnalata dal 1901 da un'opera in pietra, la "fontana dell'Imperatore Guglielmo", donata dal sovrano tedesco Guglielmo II per riparare al dispetto provocato al sultano per avere asportato da Pergamo l'altare di Zeus (ora a Berlino) durante una visita di stato al sultano Abdul Hamid II.

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La nostra prima giornata ad Istanbul finisce qui ma abbiamo ancora molto da vedere....
 
Alcune colonne sono davvero caratteristiche come le due che hanno come basamento una testa di medusa

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Per me è un luogo affascinante. L'illuminazione soffusa, le colonne imponenti immerse nell’acqua e un silenzio surreale che avvolge tutto un ambiente ricco di mistero e storia, con elementi come le teste di Medusa, aggiungono un pò di mitologia e simbolismo. È un luogo in cui ingegneria bizantina, arte e leggenda si intrecciano, creando un qualcosa di suggestivo e indimenticabile.

p.s. Diverse sono le ipotesi del perchè ci siano quelle teste nella cisterna. Una è che risalgono probabilmente a un edificio romano più antico e furono riutilizzate come materiale da costruzione.
Le altre, ma il loro significato non è certo, si ipotizza che fossero messe così per neutralizzare il potere mitologico dello sguardo di Medusa, considerato pietrificante, oppure per motivi simbolici o pratici, legati alla supremazia del cristianesimo o addirittura alla stabilità strutturale.
 
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