Re: Stato Del Mare
Guardate in che modo Padre Guglielmotti, padre domenicano ed insigne studioso del mare vissuto nel 1800, ha saputo rappresentare lo "Stato del Mare", sia dal punto di vista letterario che dal punto di vista "cinematografico e sonoro", in questa sua scala, progenitrice della Douglas attualmente in uso.
Prima che qualcuno me lo chieda, in questa scala, la forza del mare arriverebbe a 10, ma non era appunto ancora nato l'Ammiraglio inglese Sir Douglas, che visse a cavallo fra il 1800 e il 1900.
Quando il mare è quieto e senza vento, la superficie dell'acqua è pur liscia, il livello spiana regolare: nemmeno la marea lo scompone. Il colore biancheggia, specialmente quando il cielo sia ragnato con nuvole e nebbie leggere. Altrimenti i rossori del cielo son simili al riverbero del mare; la luce degli astri si riflette con lo splendore dell'oro e dell'argento liquido: le stelle di notte serena sfolgorano a punti fissi altrettanto sulla superficie dell'acqua che sulla volta del firmamento. Le navi restano senza moto, le vele cadono in bando, i remi levano poca schiuma, i marinai dicono che il mare è un olio, una tavola. E quello stato lo chiamano Calmeria, Albasia, Maccheria, Calma Smaccata. BONACCIA se ti giova; MALACCIA se ti nuoce, secondo li tuoi intendimenti.
Venga ora una bava di vento. Il mare muta colore; ecco qua e là macchie larghe, a screzi, più scuri, più chiari. Sembra un drappo broccato di seta azzurrina a grandi fiorami, di tratti leggeri, a chiaroscuro. Si muove il primo pelo dell'acqua, e i marinai dicono che ell'è BROCCATA e CHIAZZATA.
Succede la Brezza. Il mare si fa di azzurro più cupo, visibile da lontano più che tre miglia e il cambiamento di colore pronostica la direzione e la durata del vento.
Allora vedi da vicino il soffio intaccare l'acqua e formarsi sottili squamette triangolari, col vertice opposto e la base perpendicolare alla direzione della brezza.
Poi gli angoli si arrotondano, diventano semicircoli, e tutto il mare dà vista di una superficie ricoperta di scaglie, scolpite regolarmente come le colonne embricate, come le corazze degli antichi guerrieri, come la pelle della serpe. Allora la fosforescenza è massima e in primavera il mare olezza di quella fragranza, di che sulle mense dei grandi esala il profumo delle ostriche tra gli altri squisiti frutti di mare. Le onde squamose sono il primo elemento del flutto; i marinai le chiamano CRESPE.
Rincalzi il vento freschino da terra, ed ecco sul lido uno sciaguattar di ondicelle, che per urto e risacca di sponda, menano al largo. I marinai lo chiamano MARICINO.
Spiri variabile il vento: se il mare si risente di scosse ondulatorie vicine o lontane, allora tu vedi levarsi onde non grandi, ma spesse, acute, vorticose e senza certa direzione: ti senti a bordo un movimento noioso, gli ormeggi ti danno quando meno tel pensi la tratta e gli stomachi delicati soffrono travaglio.
Leonardo la chiama onda titubante, noi la chiamiamo MARETTA.
Ma se il vento soffia tempestoso da lungi quelle dieci venti e più miglia, l'acqua si gonfia e ti giunge all'orecchio il cupo e noto muggito del mare. Quel ronfio lontano è foriero di tempesta. E' il FIOTTO.
Cresca ancora da presso il vento. Le ondicelle crespe si fanno più alte e si dilatano in fondo; l'acqua si precipita nel solco, spuma, biancheggia e il mare ti sembra un campo dove corrono sbrancati gli agnelli. I marinai le chiamano PECORELLE.
La forza del vento solca più profondamente il mare. Le piramidi conoidi della stessa filiera si uniscono e si estendono a giogaia. Inarcano il dorso, e, come son son giunte al sommo dell'altezza, cadono rotoloni e spumanti dall'altra parte del solco interposto.Tu vedi allora una mandria di puledri che galoppano per la campagna e senti i marinai che li chiamano CAVALLONI, specialmente quando corrono rotoloni lungo i lidi o dovunque siano frangenti.
Per la furia del vento cresce l'agitazione del mare; si vede scossa ed incalzata la massa dell'acqua e vi è più un fianco e la vetta delle onde che pigliano dal vento l'urto maggiore.... Non di meno a largo mare è notabile il suo movimento di trasporto in massa; urta, flagella, inonda il bastimento sempre dal lato di sopravvento, lo scuote e lo caccia alla deriva. Ma presso il lido urta su fondo, precipita avanti e forma corrente manifesta che mena a terra e ai frangenti. Col vento di forano allaga le banchine e le calate dei porti, cozza i moli e le dighe. Questo si chiama FLUTTO.
Talvolta l'onda grande fluttuante si spezza in più onde, ciascuna di tre quattro metri di altezza. Queste onde minori fremono e si arruffano sul dorso della maggiore. Niuna di loro schiuma od imbianca se non sottovento; niuna se non alla cima; e vedi sprazzi e gocciolette e vapori che, in certi contrasti di luce, a ciel sereno, ti mostrano l'iride. il bastimento è allagato alla prua; tu barcolli e beccheggi. L'acqua ti assale alla banda di sottovento, la scia ti sparisce a poppa e solo da lungi la rivedrai tinta di verde. Bello affrontare all'orza dieci o dodici onde vicine, colla cresta di acciaio brunito, il cimiero d'argento piumoso e il pennacchio spandorato all'iride di tutti i colori. Sono i MONTONI.
Finalmente sorge per la rabbia dei venti, quest'ondeggiamento terribile e proprio soltanto dei mari. Fluisce esso pure: e con maggior velocità ed impeto, così al largo mare come presso il lido, mostra ovunque la sublimità del terribile MAROSO.
