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Cambio scalo: proteste crocieristi

Rodolfo

Super Moderatore
Un ospite di Carnival (che chiede un rimborso completo perché il suo itinerario è stato modificato) è indignato perché visiterà Celebration Key invece di Nassau come inizialmente previsto.
Carnival Cruise Line non ha fornito alcuna spiegazione per il cambio di itinerario, ma non è tenuta a farlo.

Riporto questo evento, che rientra nella normalità, non tanto per il cambio scalo quanto per la risposta della Compagnia attraverso l'Ambasciatore Herald:

"Non mi piace usare questa risposta, ma è un dato di fatto che nei termini e nelle condizioni del contratto di crociera è specificato che possiamo modificare l'itinerario in qualsiasi momento senza offrire alcun risarcimento".

“In secondo luogo, non siamo tenuti a fornire una motivazione, non siamo obbligati a farlo come in questo caso.”

La clausola in questione è contenuta nel contratto di viaggio , che tutti gli ospiti accettano quando prenotano una crociera Carnival. La Sezione 8(d) recita, in parte:

Carnival può modificare la durata e/o l'itinerario della crociera in qualsiasi momento. … omettere o modificare uno o tutti gli scali portuali … con o senza preavviso, per qualsiasi motivo.

Il contratto prosegue precisando che per tali modifiche non è previsto alcun indennizzo.

"Carnival non avrà alcuna responsabilità per alcun risarcimento o altro danno in tali circostanze per qualsiasi modifica dell'itinerario [o] dei porti di scalo."


 
Premesso che gli scali di un itinerario possono essere determinanti nella scelta di una crociera, e che perciò almeno una spiegazione circa la modifica sarebbe - seppur non dovuta - almeno doverosa.
Ciò premesso... ma era finalmente l'ora che le compagnie americane cominciassero a mettere un muro invalicabile al malcostume delle continue lamentele e richieste di rimborsi!!!
Forse stanno solo esagerando passando dalla più completa prostrazione alla assoluta indisponibilità. Ma per loro è una novità, non ci sono abituati... probabilmente troveranno anche loro un equilibrio.
 
Mi sembra che si tratti comunque di un’isola delle Bahamas.
Capisco il disappunto ma non so quanto cambi in termini di bellezza del paesaggio
 
Appunto!!!
Trattasi - come da malcostume americano, ormai diffusosi ovunque - di lamentela strumentale all'ottenimento di un rimborso.
Ed è proprio questa la novità: Carnival ha cominciato a dire NO.
Speriamo che la seguano a ruota tutte.
 
Non sono certamente un giurista, ma non potrebbe ravvedersi nel contratto stabilito dalla Compagnia, una sorta di clausola vessatoria a danno del consumatore?

In pratica l'insorgere di uno squilibrio di diritti e obblighi a danno di una parte per favorirne un’altra?
 
Provo a rispondere in linea generale, per quello che ne so.

Se il consumatore non avesse alternative, sì. Ad esempio nel caso di un fornitore unico di un servizio essenziale. Ma in quel caso ci sono precise clausole di garanzia imposte dallo Stato (anche se non sempre rispettate dal fornitore, che in Italia il più delle volte ne approfitta e la fa franca).
Ma nei normali rapporti commerciali dove il cliente può scegliersi il fornitore che vuole, no. Tanto che nei contratti c'è sempre anche la specifica sottoscrizione delle clausole vessatorie.
Non ti piacciono le regole di quel fornitore? Vai da un altro.

Poi è sempre da vedere il caso specifico.
Per esempio la eventuale posizione dominante di quell'azienda in un regime di concorrenza, l'eventuale cartello da parte di più aziende dello stesso settore, il convincimento personale di un magistrato chiamato a giudicare...

In Europa - ma in tutto l'occidente - esiste a questo riguardo un Codice del Consumo che stabilisce diritti, doveri e facoltà di entrambe le parti.
 
Non sono certamente un giurista, ma non potrebbe ravvedersi nel contratto stabilito dalla Compagnia, una sorta di clausola vessatoria a danno del consumatore?

In pratica l'insorgere di uno squilibrio di diritti e obblighi a danno di una parte per favorirne un’altra?
Questa clausola c'era anche nel contratto della Princess (che fa parte del gruppo Carnival). Se parliamo di ordinamento europeo la clausola è sicuramente vessatoria e contraria alle norme a tutela del consumatore vigenti nella UE. Quindi per chi acquista una crociera Carnival in agenzia italiana si potrà invocare il diritto europeo, che consente di modificare l' itinerario solo in precisi casi di necessità (sono le norme riportate nelle condizioni generali di contratto di Costa ed MSC. In America, però, è diverso e bisognerebbe vedere cosa dicono le norme in vigore.
 
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In America, però, è diverso e bisognerebbe vedere cosa dicono le norme in vigore.
In America il consumatore è sempre stato stra-tutelato, ben prima e ben più che da noi. Talmente tutelato che infatti a qualsiasi reclamo corrispondeva un rimborso.
Ma le loro regole derivavano anche dal fatto che gli americani erano molto più onesti delle popolazioni latine e levantine...
Non è più così, e anche le loro regole si devono adeguare.

Certo che "faccio come mi pare e senza spiegazioni" è poco accettabile (per la nostra mentalità e le nostre regole, per niente!, ma ricordiamoci che anche in Italia avevamo molte meno tutele e meno trasparenza prima di venire obbligati a recepire il diritto comunitario), quindi probabilmente anche gli Stati Uniti dovranno trovare un equilibrio.
In questo senso le regole europee, che sono oggettivamente buone, potrebbero essere di ispirazione.
 
In Europa le tutele dei consumatori sono in generale più solide, perché basate su un impianto normativo armonizzato (direttive UE e Codice del Consumo).

Negli Stati Uniti, invece, non esiste l’equivalente “Codice del Consumo” federale e le regole variano, anche molto, da Stato a Stato. Sul piano meramente contrattuale, la protezione è spesso minore rispetto all’Europa, anche se strumenti come le class anction o i danni punitivi favoriscono l’impressione di una tutela più incisiva.

Più che sul diritto, negli USA storicamente ha contato molto la cultura del customer care: un cliente insoddisfatto viene spesso compensato, ma come gesto commerciale e di fidelizzazione che non come conseguenza di un obbligo giuridico.
 
Visto che l’avviso sui libretti di uso e manutenzione delle auto, di non bere il liquido elettrolitico della batteria, e’ apparso per la prima volta negli USA…bisognerebbe farsi anche due domande sui consumatori statunitensi!
 
In realtà questi avvisi assurdi li mettono proprio perché il cretino che si beve il liquido della batteria non possa poi chiedere il rimborso e un risarcimento danni per non essere stato informato che non era potabile...
Per ogni reclamo un compenso economico? E loro ti avvisano della qualunque per evitare il più possibile i reclami.
Abitudini, usi e costumi.
A noi gli avvisi ovvi non ce li fanno, ma nessuno qui si sognerebbe di fare causa al produttore dopo essersi scolato la batteria... Se ci provasse si prenderebbe un sonoro pernacchione e la fama universale di cretino per l'eternità!
 
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