Giovedì 2 marzo – Navigazione
Buona serata a tutti i naviganti e non solo.
La notte ha ritemprato le forze e presto all’alba sono sul ponte 12 per guardare il sorgere del sole che illumina il nuovo giorno.
Come sbarcare il lunario di questa intera giornata di navuigazione non so, ma più tardi, uscendo dalla cabina, più in là nel corridoio, trovo Giovanna che sta parlando con due signore anziane. Mi avvicino e cerco di investigare: una delle due ha perso il suo telefono al quale teneva molto per le foto in esso contenute. Asserisce di averlo dimenticato, il giorno prima, su una poltrona del Cabaret di ponte 6 e pur essendo andata alla reception nessuno degli addetti è riuscito a darle risposte adeguate.
Direi che ho trovato il modo per movimentare il tempo di navigazione e quindi chiedo alle due signore di seguirmi alla reception per cercare di trovare il “deparecido”.
A dire il vero, mi sembra una mission impossible!
E’ un vero rompicapo perché nessun addetto parla italiano e incomincio a innervosirmi perché è inverosimile che con tutti i loro mezzi tecnologici a disposizione non possono localizzare sulla nave la presenza del cellulare. La signora insiste nell’averlo dimenticato sulla poltrona mentre il personale reclama quante più informazioni possibili per redigere una sorta di promemoria: ora esatta, luogo esatto, circostanze ed altro ancora. Poi l’addetto si infila nell’ufficio e salta fuori con una signorina che fortunatamente parla un po’ di italiano e ha per le mani due cellulari: nessuno dei due è della signora e la tiritera sul come, perché e dove è accaduto il misfatto continua per un bel pezzo. Quasi, quasi siamo dell’idea di rinunciare alla ricerca e di allontanarci, allorquando salta fuori una novità: quale? - la borsetta!
La signora, che a me pare molto smemorata, pur assistita dall’altra sua amica, compagna di stanza e molto più assennata, rappresenta al personale il colore nero e le forme della borsa da donna nella quale era contenuto il telefono. A questo punto la signorina si infila nel retrobottega e ritorna con una borsetta nera: “E’ questa?” – Sì, sì è proprio lei! – dice la nostra crocierista, mostrando un misto fra contentezza e commozione da lacrime.
La signorina della reception ci avverte che hanno dovuto aprirla per controllo e prega di verificare il contenuto. La borsetta è subito requisita dall’amica: il telefono c’è e ci sono ben mille euro di contanti, tutti!
Dove è stata recuperata la borsetta? Nel terminal, il giorno prima, da un addetto alla sicurezza.
Fino alla noia raccomando ad ambedue le crocieriste di lasciare tutto in cassaforte per evitare future complicazioni e contento di aver portato a termine la difficile missione, tento di recuperare Giovanna per trastullarci con l’offerta delle attività mattutine e pomeridiane che ci riserva MSC, devo dire, non particolarmente appetibili.
Abbigliamento elegante, stasera, e per essere in tema e con tutti i comodi mi preparo. Più di venti minuti, però, per sistemare il mio papillon che non ne vuol sapere di essere esibito: è una vera e propria sfida, ma alla fine è da me vinta, con fatica e sudore.
Lentamente, poi, mi reco alla Bussola passando da ponte 6 per vedere cosa succede alla pista da ballo del Cabaret. Le giapponesi sono tutte lì a divertirsi in gruppo ballando qualunque musica con i passi dell’alligalli, guidati da una solista che tenta in tutti i modi di farsi emulare.
Sogghigno al punto tale che alle prime note di un “lento”, acchiappo in modo garbato la solista giapponese per un “ballo da mattonella”. Lei accetta immediatamente e senza riserve. Non disdegno, ballando, di volgere uno sguardo alle sue amiche che confabulano fra loro, lanciandomi occhiate indecifrabili a causa, forse, della mia bonaria e inattesa sfacciataggine.
Infine, ringrazio la mia dama del sol levante, la riaccompagno fra le sue amiche e faccio perdere le mie tracce tra il via vai dei crocieristi.
E anche stasera dovrò perdermi Stefano, la sua chitarra elettrica e Santana al Lord Nelson Pub.
Non del tutto però. Perché lo ritrovo verso le 23 e 15, quasi alla fine del suo turno. Un paio di persone sono presenti e quasi disinteressate alle sue performance. Per rincuorarlo e incitarlo, gli chiedo di eseguire per me, a conclusione, Father and Son (Cat Stevens – 1970).
Un’esecuzione perfetta perché lui ha anche il potenziale della “voce” e allora non posso far altro che applaudirlo e ringraziarlo, sia pure in solitario.
Fino a mezzanotte resto con lui a parlare piacevolmente di musica, dei sui trascorsi italiani e americani e delle band rinomate con le quali aveva suonato. Confidenzialmente, mi racconta anche un po’ della sua vita privata e coniugale. Ho la netta sensazione che, per una notte almeno, abbia trovato chi è disponibile ad ascoltare non solo le note della sua chitarra ma anche i suoi racconti, le sue impressioni e le sue necessità future.
Mi accomiato non senza aver rimarcato il fatto che le sue esibizioni, purtroppo, non si conciliano con il mio turno di cena ma lo rassicuro che certamente sarò il suo solitario uditore di mezzanotte.
Con Giovanna e Claudio ho appuntamento alle nove alla reception per un’escursione che abbiamo deciso di fare da soli: Capo Spartel, Grotte d’Ercole e, per loro, la scoperta di Tangeri, che già conosco.
Ciao.
Buona serata a tutti i naviganti e non solo.
La notte ha ritemprato le forze e presto all’alba sono sul ponte 12 per guardare il sorgere del sole che illumina il nuovo giorno.
Come sbarcare il lunario di questa intera giornata di navuigazione non so, ma più tardi, uscendo dalla cabina, più in là nel corridoio, trovo Giovanna che sta parlando con due signore anziane. Mi avvicino e cerco di investigare: una delle due ha perso il suo telefono al quale teneva molto per le foto in esso contenute. Asserisce di averlo dimenticato, il giorno prima, su una poltrona del Cabaret di ponte 6 e pur essendo andata alla reception nessuno degli addetti è riuscito a darle risposte adeguate.
Direi che ho trovato il modo per movimentare il tempo di navigazione e quindi chiedo alle due signore di seguirmi alla reception per cercare di trovare il “deparecido”.
A dire il vero, mi sembra una mission impossible!
E’ un vero rompicapo perché nessun addetto parla italiano e incomincio a innervosirmi perché è inverosimile che con tutti i loro mezzi tecnologici a disposizione non possono localizzare sulla nave la presenza del cellulare. La signora insiste nell’averlo dimenticato sulla poltrona mentre il personale reclama quante più informazioni possibili per redigere una sorta di promemoria: ora esatta, luogo esatto, circostanze ed altro ancora. Poi l’addetto si infila nell’ufficio e salta fuori con una signorina che fortunatamente parla un po’ di italiano e ha per le mani due cellulari: nessuno dei due è della signora e la tiritera sul come, perché e dove è accaduto il misfatto continua per un bel pezzo. Quasi, quasi siamo dell’idea di rinunciare alla ricerca e di allontanarci, allorquando salta fuori una novità: quale? - la borsetta!
La signora, che a me pare molto smemorata, pur assistita dall’altra sua amica, compagna di stanza e molto più assennata, rappresenta al personale il colore nero e le forme della borsa da donna nella quale era contenuto il telefono. A questo punto la signorina si infila nel retrobottega e ritorna con una borsetta nera: “E’ questa?” – Sì, sì è proprio lei! – dice la nostra crocierista, mostrando un misto fra contentezza e commozione da lacrime.
La signorina della reception ci avverte che hanno dovuto aprirla per controllo e prega di verificare il contenuto. La borsetta è subito requisita dall’amica: il telefono c’è e ci sono ben mille euro di contanti, tutti!
Dove è stata recuperata la borsetta? Nel terminal, il giorno prima, da un addetto alla sicurezza.
Fino alla noia raccomando ad ambedue le crocieriste di lasciare tutto in cassaforte per evitare future complicazioni e contento di aver portato a termine la difficile missione, tento di recuperare Giovanna per trastullarci con l’offerta delle attività mattutine e pomeridiane che ci riserva MSC, devo dire, non particolarmente appetibili.
Abbigliamento elegante, stasera, e per essere in tema e con tutti i comodi mi preparo. Più di venti minuti, però, per sistemare il mio papillon che non ne vuol sapere di essere esibito: è una vera e propria sfida, ma alla fine è da me vinta, con fatica e sudore.
Lentamente, poi, mi reco alla Bussola passando da ponte 6 per vedere cosa succede alla pista da ballo del Cabaret. Le giapponesi sono tutte lì a divertirsi in gruppo ballando qualunque musica con i passi dell’alligalli, guidati da una solista che tenta in tutti i modi di farsi emulare.
Sogghigno al punto tale che alle prime note di un “lento”, acchiappo in modo garbato la solista giapponese per un “ballo da mattonella”. Lei accetta immediatamente e senza riserve. Non disdegno, ballando, di volgere uno sguardo alle sue amiche che confabulano fra loro, lanciandomi occhiate indecifrabili a causa, forse, della mia bonaria e inattesa sfacciataggine.
Infine, ringrazio la mia dama del sol levante, la riaccompagno fra le sue amiche e faccio perdere le mie tracce tra il via vai dei crocieristi.
E anche stasera dovrò perdermi Stefano, la sua chitarra elettrica e Santana al Lord Nelson Pub.
Non del tutto però. Perché lo ritrovo verso le 23 e 15, quasi alla fine del suo turno. Un paio di persone sono presenti e quasi disinteressate alle sue performance. Per rincuorarlo e incitarlo, gli chiedo di eseguire per me, a conclusione, Father and Son (Cat Stevens – 1970).
Un’esecuzione perfetta perché lui ha anche il potenziale della “voce” e allora non posso far altro che applaudirlo e ringraziarlo, sia pure in solitario.
Fino a mezzanotte resto con lui a parlare piacevolmente di musica, dei sui trascorsi italiani e americani e delle band rinomate con le quali aveva suonato. Confidenzialmente, mi racconta anche un po’ della sua vita privata e coniugale. Ho la netta sensazione che, per una notte almeno, abbia trovato chi è disponibile ad ascoltare non solo le note della sua chitarra ma anche i suoi racconti, le sue impressioni e le sue necessità future.
Mi accomiato non senza aver rimarcato il fatto che le sue esibizioni, purtroppo, non si conciliano con il mio turno di cena ma lo rassicuro che certamente sarò il suo solitario uditore di mezzanotte.
Con Giovanna e Claudio ho appuntamento alle nove alla reception per un’escursione che abbiamo deciso di fare da soli: Capo Spartel, Grotte d’Ercole e, per loro, la scoperta di Tangeri, che già conosco.
Ciao.