A Cleveland è il giorno antecedente la mia partenza e anzitutto devo rispettare una promessa fatta lo scorso anno.
Stephanie, la collaboratrice della concessionaria di Cleveland Harley-Davidson, che in occasione del noleggio avevo apprezzato molto per i suoi modi gentili e per la cortesia che aveva avuto nei miei riguardi, mi aveva detto che se mi fossi trovato in futuro da queste parti le avrebbe fatto piacere rivedermi.
Non potevo certo mancare di andare a salutarla.
Per continuare la giornata, a Cleveland me ne starei ore a passeggiare fra negozi multicolori di
Tower City Center, ad asc
oltare musica all’
Hard Rock Cafè e a guardare il viavai di persone che percorrono gli ampi saloni o che scendono dalle scalinate di granito impreziosite dagli scivoli delle fontane.
La giornata è bellissima, luminosa ed è l'ideale per andare a spasso per il centro città rivedendo ancora una volta l’
Arcade e poi il Museo del Rock davanti al quale era parcheggiato l'autobus che Jhonny Cash utizzava per i suoi concerti. Ho finito per farmi scarrozzare con il bellissimo bus
Smile and Drive e tornare infine all’albergo per cercare di sistemare tutte le masserizie sparpagliate ovunque nella stanza.
Domani si prospetta un’altra lunghissima giornata per poter partire la sera tardi con il bus
Greyhound alla volta di Toronto.
Non è stato certo comodo, il giorno seguente, andare in giro con i bagagli ma almeno, ingannando l’attesa, mi sono ritrovato nella piazza di
Playhouse Square, che ho scoperto essere il quartiere degli artisti e dei teatri di Cleveland. Un grande lampadario a goccia pendeva dall’incrocio di due grandi archi di metallo dorato quasi fosse l’emblema di questo luogo.
E' stato interessante e piacevole poter ascoltare in questa piazza una cantante di colore, abbastanza brava e intonata, che con l’accompagnamento di un batterista, un bassista e un sassofonista proponeva brani di musica blues e rock molto accattivanti e godibili.
L’attesa infine nella stazione
Greyhound è stata snervante ed è terminata solo quando ho potuto imbarcare la valigia nel gavone del bus. Mi sono accomodo tranquillamente in uno dei posti posteriori ma solo fin quando - c’era da aspettarselo - quello accanto è stato occupato da un signore di taglia tanto ingombrante da far dare addio alla mia seduta confortevole.
Giunto a Toronto, stanco per la nottataccia, ho preso posto all’albergo
Neill Wycik dove avevo soggiornato lo scorso anno, ma passare Ferragosto in questa città non è stato proprio il massimo della vacanza. Ancora una volta dovevo sbarcare il lunario e per farlo sono andato a piedi alla
Canadian Tower, a passeggiare poi sulle banchine del Lago Ontario, attendere che calasse la sera dal terrazzo del 22° piano dell’albergo e scattare le ultime foto del mio viaggio straordinario a
Toronto by night.
Purtroppo queste giornate da trascorrere nell’ozio sono una necessità organizzativa e quindi, ancora una volta c’è da attendere la partenza del volo per Roma che avverrà solo stasera alle nove.
Attendere, attendere e attendere è ciò che devo fare prima di poter salire a bordo con i miei tre colli ai quali nessuno dell’equipaggio fa caso.
Nel buio della sera il Boeing Air Transat decolla lentamente, mentre sotto un cielo buio risplendono i mille bagliori delle luci di Toronto. Poi tutto scompare nella notte che lascia dietro di se una vena di malinconia per ciò che si è quasi perduto ma non dimenticato. Molti sentimenti spaziano e si affollano nella mia mente e forse quello più importante è la trepidazione di tornare a casa, rivedere la mia famiglia dopo un viaggio affascinante e poterlo poi raccontare.
Alla trasvolata tranquilla è seguita la bolgia come al solito infernale nell’aeroporto di Fiumicino; una lunga attesa per ritirare la mia valigia scaricata dall’aereo e con il passaporto elettronico sono passato velocemente senza fare code attraverso il varco della Polizia.
Questa volta niente stress per prendere il biglietto alla stazione Termini, perché avevo anticipato a casa l’acquisto. Così son potuto salire sul treno per un altro trasferimento noioso nel quale la stanchezza ha preso il sopravvento, mitigata dal successo di questa avventura e dal ritorno a casa in famiglia.
Mio figlio mi ha atteso pazientemente in stazione ed è stato felice di rivedermi per primo.
Verso le otto di sera infine, la gioia di riabbracciare con passione anche mia moglie e mia figlia Ada, che mi erano mancate moltissimo, è stata fortissima e piena di commozine...e tra abbracci, baci e parole, osservavo affamato la buonissima pasta al forno che mi era stata preparata e che al
Subway ho sempre sognato di mangiare al posto del frugale
footlong.
Grazie a voi amici che avete condiviso le mie avventure motociclistiche e automobilistichee e tenuto compagnia nella lettura, cominciando da “
vera95” e senza escludere alcuno, che come ho scritto all'inizio mi ha piacevolmente e inconsapevolmente spronato a raccontare quanto di meglio ho vissuto nei miei viaggi.
In fin dei conti, ogni volta che mi avete gratificato con le vostre manifestazioni di apprezzamento mi sembrava di avervi avuto passeggeri assieme a me e non mi avrete mai fatto sentire solo.
Vi dirò che siccome “non c’è due senza tre”, l’anno seguente ho fatto negli Stati Uniti un altro viaggio, anch’esso indimenticabile e affascinante. Ma questa è un’altra storia.
Ho il piacere di concludere le mie avventure americane e tutte le altre che ho avuto la fortuna di poter realizzare con questa semplice affermazione, presa a prestito dalle mie letture: