Re: Costa Playa
LA COSTA SBARCA A CUBA
Repubblica — 31 maggio 1995 pagina 24 sezione: ECONOMIA
GENOVA - Gestione italiana per i tre maggiori terminal passeggeri di Cuba. Costa Crociere ha raggiunto, tramite la sua controllata "Zerbone catering", un accordo con il governo cubano per la ristrutturazione e la gestione (per nove anni) delle stazioni marittime (crociere e traghetti) di l' Havana, Santiago de Cuba e Mariel. Il terminal della capitale è già piuttosto avanti e verrà completato entro l' autunno, gli altri due saranno costruiti ex-novo dove adesso sorgono nude banchine. Con questa operazione, Costa Crociere (ieri ha approvato il bilancio 1994 con 922 miliardi di fatturato, 42 di utile netto, 162 di cash flow, 708 di indebitamento con le banche e 280.674 passeggeri trasportati) mette a segno un colpo strategico nei confronti delle sue grandi concorrenti americane che sono la Carnival Cruise, Royal Caribbean, Princess Cruise. In un mercato delle crociere sempre più in tensione, l' isola di Cuba, a 80 miglia dalla costa della Florida e 140 da Key West (Miami) resta per gli americani un sogno proibito a causa dell' embargo. Nei porti dell' isola caraibica arrivano oggi solo navi passeggeri europee. Costa Crociere ha preso i primi contatti circa due anni fa. Trattative lunghe e complesse con i ministri Casas Regueiro (trasporti), Osmany Cenfuegos (turismo) e Carlos Lage (investimenti internazionali). I primi accordi risalgono all' anno scorso. Tutto verrà fatto in joint-venture con società cubane: sia la parte edilizia (dove è coinvolta la Vetromeccanica Italiana), sia quella gestionale che vedrà al lavoro la "Zerbone". L' investimento (metà ciascuno) vale 12 milioni di dollari (quasi 20 miliardi di lire al cambio attuale): non grande in una logica italiana, notevole per i cubani. I terminal saranno dotati di servizi moderni, ristorazione e negozi. La Costa Crociere ha deciso di posizionare su Cuba una sua unità (la "Costa Playa") destinata a imbarcare crocieristi europei trasportati nei Caraibi con voli charter. Ma il grande mercato si aprirà con la probabile riapertura delle frontiere tra Cuba e Stati Uniti. E soprattutto il capitolo traghetti sarà un business enorme; si calcola che almeno tre milioni di passeggeri all' anno faranno la spola tra isola e continente. Per Costa Crociere sarà come gestire tutti gli attracchi passeggeri di Sicilia, Sardegna e Corsica insieme: Cuba infatti è grande un terzo dell' Italia e ha circa 12 milioni di abitanti con la caratteristica peculiare, questi ultimi, di poter contare su un mare di parenti negli Stati Uniti. - m r
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COSTA, LA CROCIERA VERSO CUBA E LO SCOGLIO DELL' EMBARGO
Repubblica — 04 marzo 1996 pagina 8 sezione: AFFARI & FINANZA
Genova ARRIVERA' presto, l' amico americano. Senza gli abiti del colonizzatore, ma con l' intento preciso di stringere la più grande alleanza che mai si sia vista nel ricco business delle crociere. Protagonisti dell' intesa annunciata, la genovese Costa Crociere, quinta potenza mondiale del settore e leader in Europa, e la Royal Caribbean Cruise Line, di Miami, Florida, seconda al mondo soltanto alla Carnival Cruise. la Costa conta di chiudere quest' alleanza entro il mese di aprile, e di trasformarla nel primo mattone di una vera e propria "industria dell' intrattenimento" che vuole costruire intorno al business dell' andar per mare. Unite, le due, per reciproco interesse e comuni obiettivi: la Royal Caribbean per sedersi al gran banchetto delle crociere mediterranee, la Costa Crociere per non perdere di vista gli affari d' oro del mercato dei Caraibi. Peccato che la strada sia irta di imprevisti e di ostacoli e che, prima dell' unione, i passi da compiere facciano quasi venire i brividi. A complicare le cose, dopo la crisi dei cantieri tedeschi di Brema incaricati di costruire le due nuove ammiraglie della Costa Crociere, ci si è messo adesso anche il nuovo gelo politico tra gli Stati Uniti e Cuba, che proprio Costa Crociere intende rilanciare dal punto di vista turistico e crocieristico in vista della fine di un embargo che oggi appare quanto mai improbabile. Per Nicola Costa, presidente della compagnia armatoriale, erede di una dinastia che ha fatto dell' "understatement" e della riservatezza il proprio credo, i giorni sembrano non passare mai. Diviso tra il suo ruolo di manager e la sua passione per la musica (è presidente della Giovane orchestra genovese e vicepresidente del Teatro Carlo Felice), Costa spera davvero di non steccare in quella che è senza dubbio l' esecuzione più importante di un gruppo che ha al momento una flotta di nove unità e che, lo scorso anno, ha fatturato quasi mille miliardi, trasportando oltre novecentomila passeggeri con un tasso di riempimento delle navi del 94%. Trovarsi come alleato una potenza come Royal Caribbean significa rimescolare le carte del mercato crocieristico, tra Mediterraneo e Atlantico, sempre più propenso alle crociere brevi. Gli americani, desiderosi più che mai di tentare l' avventura mediterranea per non restare ancorati al mercato caraibico, sono pronti a sottoscrivere una bella fetta del capitale di Costa Crociere, con un investimento che dovrebbe essere superiore ai cento miliardi. A loro, verrebbe riservato un aumento di capitale che lascerebbe in dote il 30% del capitale. La sede del gruppo, beninteso, resterà a Genova. Gli americani diventeranno ilsecondo azionista del gruppo, immediatamente alle spalle della finanziaria "Il Ponte", cassaforte della famiglia Costa. Ma l' amico americano riaprirebbe in grande stile anche le porte del mercato caraibico, dove Costa Crociere non ha finora brillato. Tutto bene, allora? Non proprio. La situazione, dopo un autunno di grande euforia e di spasmodica attesa di imminenti alleanze, ha preso i binari della cauta trattativa. La grande attenzione intorno al titolo Costa Crociere, che in pochi mesi era schizzato più sù del trenta per cento, si è raffreddata e ha restituito il venti per cento nel solo mese di febbraio. Non che gli americani abbiano cambiato idea, ci mancherebbe. Ma gli aspetti da definire sono ancora tanti e per questo, negli ultimi tempi, Costa Crociere si è affidata agli esperti della banca d' affari milanese "Vitale e Borghesi". Messa da parte l' ipotesi di acquisto della maggioranza della Costa Crociere, la trattativa ha preso la strada dell' ingresso degli americani nell' azionariato della società genovese. Ma su questo assetto ormai chiaramente definito sono piovuti due imprevisti davvero poco graditi: la crisi dei cantieri Bremen Vulkan, a cui Costa Crociere ha commissionato la costruzione di due navi, e le nuove tensioni tra Usa e Cuba. Paradossalmente, è proprio il boom del mercato crocieristico mondiale e il successo della cantieristica italiana a creare problemi alla Costa Crociere. Quando infatti la compagnia vara l' ultima fase del processo di trasformazione della flotta, nel ' 94, dopo aver ricevuto quattro nuove unità da crociera, trova gli scali italiani saturi di lavoro. La Fincantieri, braccio operativo dell' Iri nella cantieristica, ha gli scali pieni, travolta com' è dalla richiesta crescente dell' armamento straniero (Carnival, P & O, Holland American Line) che scopre quanto sia conveniente ordinare in Italia, data la qualità del prodotto e soprattutto la convenienza economica legata a un cambio sempre più conveniente. Così, quando nel ' 94 Costa Crociere chiede di avere entro l' estate del ' 96 la nuova ammiraglia da ottantamila tonnellate, si sente rispondere un cortese, ma deciso "no". Impossibile, per quella data soddisfare il desiderio della compagnia genovese. E' allora che i Costa prendono la rotta del Nord Europa e bussano ai cantieri "Bremen Vulkan", numero uno della Germania e tra i più grandi cantieri al mondo. L' affare si conclude in fretta. La consegna della nuova ammiraglia, la "Costa Victoria", sarà a giugno ' 96, per un costo complessivo di 620 miliardi di lire. Mentre la "Victoria" è in costruzione, la compagnia genovese fa partire un secondo ordine, nella primavera del ' 95, per la gemella "Costa Olympia" che verrà pagata in parte con la cessione della "Eugenio Costa" a una società del gruppo Bremen Vulkan. Pochi mesi dopo, però, esplode la crisi del colosso tedesco. Un tracollo verticale, che evidenzia un indebitamento di oltre due miliardi di marchi e, cosa ancor più grave, porta la direzione per la Concorrenza dell' Unione Europea a ipotizzare una distrazione di fondi destinati esclusivamente ai cantieri e utilizzati in realtà per coprire perdite in altri settori del gruppo tedesco. Per evitare il fallimento, si tenterà ora la strada dell' ammissione al concordato preventivo, ma la situazione resta drammatica. Una boccata d' ossigeno è arrivata nei giorni scorsi da un consorzio di banche che garantirà, attraverso un finanziamento di centodieci miliardi, la conclusione della "Costa Victoria", ormai costruita al novanta per cento. Ma resta l' incognita sulla "Costa Olympia", completa solo al quaranta per cento. Anche l' improvviso peggioramento dei rapporti tra Stati Uniti e Cuba non gioca certo a favore della compagnia genovese che lo scorso anno ha deciso di scommettere pesantemente sull' isola caraibica. Spetta proprio al gruppo Costa, infatti, rimettere in piedi tre grandi terminal per crociere a Cuba. Un investimento di nove milioni di dollari per i primi due terminal, ma anche una scommessa contro la fine rapida di un embargo che coinciderà con l' inserimento di Cuba negli itinerari crocieristi dei Caraibi e con il suo decollo turistico su grande scala. Per questo, l' abbattimento dei due Cessna, partiti dalla costa americana e colpiti nel cielo turchese dell' Havana, gioca in senso diametralmente opposto al disgelo e ricaccia il clima tra i due Paesi ai tempi della Baia dei Porci. - di MASSIMO MINELLA
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