4 febbraio 2014: escursione a Cascais, Cabo da Roca, Sintra e di nuovo Lisbona
Il clima odierno non è dei migliori: piove e c’è un vento tiepido e fastidioso. Ma l’escursione prenotata per oggi è interessante e perciò senza indugio mi appresto ad una buona colazione per poi recarmi al teatro Giove a recuperare il tagliandino escursione.
I fuoristrada son già parcheggiati e ci attendono appena scesi dalla nave; in auto con me son previsti altri 5 escursionisti, ma due di loro arriveranno piuttosto tardi e quindi partiamo ad equipaggio ridotto.
In realtà, a voler essere precisi, le cose sono andate un po’ diversamente: l’escursione era programmata in partenza alle h. 8,30, a differenza del giorno precedente in cui partiva alle h. 9. I due compagni d’escursione che poi non si sono uniti a noi, eran probabilmente convinti che l’orario sarebbe stato quello stesso, perciò alle h. 8,50 si presenta uno di loro dicendo che la sua signora sta per arrivare dato che mancan ancora una decina di minuti alla partenza; vien accolto dal nostro biasimo, insiste a voler aver ragione finché non gli mostriamo il today odierno dove l’orario di partenza è chiaramente indicato; segue una sua arrabbiatura e se ne ritorna a bordo immusonito. Noi siam rimasti un po’ perplessi, sentendoci pure in colpa per aver voluto mostrargli che si sbagliava… d’altronde, stavamo bloccando la partenza pure delle altre auto in escursione con noi e non ci pareva giusto.
Risolta questa faccenda, finalmente si parte. Il nostro autista – in questa escursione non è prevista la presenza di una guida – non parla italiano, solo portoghese ed inglese, ma è molto simpatico e si rivelerà un ottimo pilota di fuoristrada nelle fangose mulattiere che percorreremo durante l’escursione. Siedo al posto accanto a lui (quello che da noi chiamiamo il posto della suocera...oibò) e ciò mi trasforma in interprete ufficiale sin dai primi chilometri di viaggio.
Mappa dei luoghi toccati dall’escursione in 4×4
Ci allontaniamo da Lisbona passando per Belem e dirigendoci lungo la costa d’Estoril a Cascais (che in portoghese si pronuncia come se le s avessero il suono sc di scia).
Cascais è un paese di mare, con un porto che anticamente era molto trafficato, che ha conosciuto il suo sviluppo come località di vacanza in tempi più recenti: un’atmosfera di quieta raffinatezza avvolge le belle case basse, che in qualche strano modo mi ricordano architetture nord-europee, con le loro torrette e guglie appuntite. I colori non risaltano con questo cielo nuvolo e la luce opaca del sole invernale, ma si intuisce che durante le giornate tardo-primaverili questo luogo si tramuta in un gioiello di colori pastello e di verde, tra l’azzurro del cielo ed il blu dell’oceano.
La marina a Cascais
Cascais: Tetti e guglie di gusto vagamento nord-europeo
Qui sostiamo a vedere la magione dove il re d’Italia Umberto II venne in esilio alla fine della seconda guerra mondiale: chi si immaginasse chissà quale reggia ne rimarrebbe quasi deluso, dato che è una bellissima villa fronte mare, ma certo non sembra una residenza da re (se non per il panorama sull’oceano atlantico, che davvero merita).
Cascais: La residenza di Umberto II di Savoia esiliato (sulla sinistra c’è un grande albergo di lusso)
Cascais: l’oceano Atlantico
Entriamo pure in un piccolissimo negozio di alimentari che funge pure da bar e sorseggiamo un caffè dall’esorbitante costo di ben… 50€cent!!!
Son tutti gentilissimi e la cadenza della parlata portoghese mi induce ad un irresistibile buonumore nonostante il tempo bigio.
Si prosegue, prima costeggiando l’oceano e le spiagge battute da onde ragguardevoli e perciò amate dai surfisti (ad esempio, la famosissima Praia do Guincho) e poi tra strade di montagna costeggiate da pittoreschi gruppi di case. Tagliamo attraverso strade sterrate, rese fangose dalla pioggia, che tagliano la macchia di cespugli e la foresta profumata di umido ed eucalipto, alla volta di Cabo da Roca, il punto più a ovest d’Europa: situato nel parco naturale di Sintra-Cascais, è una scogliera a precipizio sull’oceano Atlantico, contro la quale oggi si infrangono spumeggiando e ruggendo le onde, mentre nuvole scure gonfie di pioggia dominano il cielo sino all’orizzonte.
La stele a Cabo da Roca con le coordinate geografiche
Nuvole gonfie di pioggia su Cabo da Roca
Cabo da Roca: l’oceano, le rocce
Questo luogo, pur percorso da frotte di turisti, conserva un fascino selvatico, forse dovuto alla forza del mare ed alla sensazione di finis terrae che si prova sostando sulla scogliera e lasciando spaziare lo sguardo verso l’orizzonte. Il pensiero, inevitabilmente, va ai grandi esploratori e navigatori del passato, coloro che sfidarono la credenza che al di là di quell’orizzonte il mondo finisse nel nulla.
Occidente, orizzonte
Ma le nostre romantiche elucubrazioni vengono interrotte dallo scroscio della pioggia e perciò saliamo velocemente in auto, per affrontare altri tratti sterrati piuttosto impegnativi che si addentrano nella foresta di eucalipti e che, salendo di quota, lascian spazio ai pini. Il paesaggio umido e muschioso e profumato d’essenze arboree ha un che di preistorico. Sbuchiamo dalla foresta nei pressi di Sintra, che è una località dalla bellezza antica.
Nel verde, Sintra
Antichi muri rossi a Sintra
Il mare appare distantissimo da queste guglie dal gusto romantico, da queste viuzze punteggiate di negozietti che vendono ricami e ceramiche; se ne ritrova il colore solo negli azulejos esposti nelle vetrine o in qualche dettaglio architettonico.
Immaginandolo con il sole
Sembra quasi un faro
Ci inerpichiamo a piedi in questi vicoli stretti resi scivolosi dalla pioggia; insieme ad un’estemporanea compagna d’escursione cediamo alla tentazione di acquistare qualche souvenir, ed infine optiamo per un caffè e un dolce al gradevole bar che si affaccia sulla piazzetta (a proposito: grazie al papà di Filippo Maria, per aver offerto il caffè
) e poi ripartiamo per rientrare a Lisbona.
Viette che si inerpicano tra le nuvole
Sintra: campanile
Non risalgo immediatamente in nave, ma faccio un ultimo giro nel centro della città; voglio salire sull’elevador de Santa Justa che collega con i quartieri Baixa e Chiado e scattare qualche foto panoramica, e ho pure voglia di ammirare le vetrine dei gioiellieri che espongono finissimi manufatti di filigrana, alcuni dei quali davvero pregevoli per la levità del disegno e l’abilità della lavorazione.
Di nuovo saluto Praça Rossio, salgo ancora sul bus turistico giallo per vedere qualche scorcio di Lisbona e poi in nave per un riposino meritatissimo; d’altronde, sono in vacanza.
Il meteo non da tregua, la pioggia è battente ed è montato un forte vento. Il momento di mollare gli ormeggi alla volta di Valencia è vicino, ed il Comandante in persona annuncia che troveremo condizioni meteomarine inclementi da quando lasceremo il porto e così per alcune ore, sebbene in miglioramento.
Non ho mai sperimentato mare grosso in nave, ma solo guardato da lontano ed a riva, ben al riparo. La posizione della mia cabina, a prua, mi fa temere che trascorrerò una brutta nottata. Sono molto in dubbio se andare a cena al ristorante oppure evitare del tutto il cibo; decido infine per una tattica attendista: lascerò trascorrere l’ora del turno di cena e, se il mio stomaco non patirà il mal di mare, ripiegherò sulla pizzeria che è aperta sino a tarda ora.
Si avvicina l’ora della partenza e la pioggia si è molto intensificata; il vento investe forte il fianco della nave, e nonostante il solido ormeggio si percepisce un leggerissimo ondeggiare. Brr… temo che davvero l’Oceano condurrà le danze questa notte. Contrariamente alle mie abitudini, non seguo la manovra dal balcone e me ne spiaccio perché tra corrente, vento e onde sarebbe stato probabilmente uno spettacolo assai interessante. Esco soltanto per qualche istante, il tempo necessario a riprendere nel buio il Cristo Rei e il ponte XXV de Avril illuminato.
Il Cristo Rei benedicente
Il Cristo Rei e il ponte XX de Avril
Siamo in navigazione in mare aperto adesso, e si odono forti colpi a prua, probabilmente dovuti agli impatti tra le onde rabbiose e lo scafo che le fende comunque con ostinazione e potenza; a centro nave prevalgono gli scricchiolii, non inquietanti, che danno segno di come questa struttura sia capace di adattarsi; a poppa, ogni tanto si sentono maggiormente le vibrazioni e qualche raro sordo ticchettio quasi ritmico, il che ne fa presumere un’origine meccanica e metallica. Il vento pare infilarsi in ogni pertugio disponibile, sibilando e borbottando irato (adesso mi spiego meglio la tenuta delle guarnizioni della porta del balcone in cabina). Attraverso i vetri si intravede nell’oscurità la cresta spumosa delle onde far spazio al vuoto ribollente di acqua. Non saprei dire che mare sia su scala Douglas, ma l’impressione è che l’Atlantico stia solo dandoci un saggio tutto sommato amichevole della sua irascibilità.
Si fa fatica a camminare in linea retta, pare di esser brilli senza aver bevuto alcool; mi accorgo che se tengo lo sguardo fisso davanti a me non patisco molto tutto ‘sto frullamento.
Il mio stomaco a questo punto decide di aver fame, anzi già pregusto il sapore della pizza fragrante che tra poco mi recherò a mangiare su alla pizzeria al ponte 10, servita da una giovane cameriera che non condivide il mio star tutto sommato bene, essendo lei di un colorino grigiastro che lascia pochi dubbi su quale effetto queste onde stiano ottenendo sul suo senso dell’equilibrio. Ammiro la sua capacità di dissimulare il malessere, la sua bravura nel servizio, e l’estrema gentilezza con cui si rivolge agli avventori nonostante la situazione: un esempio di professionalità che vorrei premiare, ma non mi riesce di trovare il suo nominativo tra quelli elencati ai totem multimediali nell’area appositamente destinata ad esprimere l’apprezzamento per il personale.
La nave pare svuotata dalla folla che normalmente è in giro a quest’ora; mi diranno poi i compagni di tavolo del ristorante Ceres che il salone era vuoto quasi per metà, ed al salone luna saremo in pochi a ballare, seguendo più il ritmo imposto dal mare, che ci fa muovere a gran balzi da una parte all’altra della pista da ballo, piuttosto che quello dettato dalla musica.
Vado a dormire piuttosto tardi, dopo esser rimasta almeno un quarto d’ora con le luci spente ed il volto avvicinato al vetro, come si fa da bimbi e fuori nevica, ad osservare lo spettacolo affascinante e pauroso insieme delle onde che si inseguono rabbiose nel buio.
Mentre mi avvoltolo nelle coperte penso che è il mio primo assaggio d’oceano, quasi una sorta di iniziazione, e questo pensiero fa sembrare tutto molto più dolce.
... To be continued ...