Concordia
Staff Member
Continuiamo la nostra avventura?
..........................................Phuket 2° giorno
Il giorno seguente, mi sveglio di buon ora, decisa a cercare e ad acquistare un abito da sposa in stile thai.
È un’idea che ho da quando sono partita dall’Italia, tanto che ho ben chiaro in mente su quale debba essere il modello e il colore del vestito.
Quando mi sposo? Bella domanda.
Intanto prendo l’abito, che posso indossare benissimo anche durante una serata di gala, poi si vedrà. Nella vita mi capita spesso di acquistare le galline prima del pollaio.
“Karon beach! Kata beach!” è l’offerta urlata animatamente dai taxisti ai crocieristi che escono dal cancello del porto.
Faccio intendere che non mi interessano i chiassosi centri turistici che altro non sono che una accozzaglia di alberghi, ristoranti, locali e discoteche.
Passo avanti guardando tutti i taxisti mentre mi invitano a salire sulle loro auto.
Fra tanti uomini scorgo, ad un certo punto, la figura esile di Niki, una signora sorridente e con il fare deciso.
Chi meglio di una donna può accompagnarmi a fare shopping nei migliori negozi di Phuket?
Niki parla un inglese stentato e mi occorre una buona dose di intuizione per capire ciò che vuol dire.
“You like pals?”, mi chiede con una vocina acuta capace di coprire il suono rimbombante del motore della sua fiammeggiante Toyota.
“Pals??” ripeto io, corrugando la fronte.
Me lo faccio ripetere varie volte e alla fine, mediante il linguaggio dei gesti, capisco che sarebbe disposta a portarmi in negozi dove poter acquistare le perle.
“Ah, you mean pearls!” (ah, intendi dire perle!)
“Yes, yes, pals!”
“No, no, thank you, Niki. I just want to buy a thai wedding dress”, le rispondo tagliando corto. (No, no grazie, Niki. Voglio soltanto comprare un abito da sposa in stile thai)
Annuisce sorridendo.
Durante la marcia, la mano destra abbandona il volante e con una disarmante naturalezza, tipica di alcuni popoli, porta il dito indice a perlustrare ben bene la cavità della narice. Sgrano gli occhi, assistendo alla scena inaspettata e cerco di non farci caso, ammirando, invece, il paesaggio che scorre dal finestrino dell’auto.
Percorriamo velocemente la Highway 4022 e dopo quasi 20 minuti, arriviamo nei pressi del grande tempio di Chalong, dove si trova il primo negozio di abiti da sposa tradizionali.
Appena entrate, veniamo accolte come ospiti attese da secoli.
I pavimenti di marmo dell’ampia hall luccicano come quelli della Basilica di San Pietro a Roma.
Salviettine di cotone rinfrescate al profumo di lemongrass e un chai freddissimo, ci ristorano dal calore, in attesa di essere portate all’interno della boutique.
Due elegantissime e impeccabili commesse ci conducono, subito dopo, a guardare l’ampia esposizione di abiti.
Mi rendo conto, immediatamente, che le graziose fanciulle non parlano inglese ma conoscono qualche parolina convenevola e di rito.
Niki, per fortuna, mi fa da traduttrice e le spiego che desidero vedere un abito tradizionale in seta, color panna, dalle linee essenziali e con una lunga stola che parte dalla spalla.
Durante la traduzione, trovo il tempo per scorrere velocemente i campioni esposti e dire a Niki che possiamo pure andare, tanto qui non c’è quello che cerco.
La mia fermezza viene sciolta come neve al sole dalle commesse che riescono a trascinarmi, con dolce veemenza, nel camerino dove da lì a poco, mi trasformano in una principessa thai.
Metto subito in chiaro che non sono interessata all’acquisto dell’abito in quanto, tutto questo oro, si addice più ad una fanciulla di sangue blu che ad una giramondo come me.
“No, no money, only photo for you!” mi assicurano con una vocina appena udibile.
Va bene - penso fra me e me - se tanto ci tenete!
Una delle ragazze, vestita come una invitata a nozze, afferra il pettine e nel giro di pochi minuti mi acconcia i capelli, facendo cadere, alla fine dell’opera, una nuvola di lacca sulla mia testa;
l’altra mi aiuta ad indossare una parure dorata, costituita, oltre che da un paio di orecchini ed una collana, anche da una graziosa coroncina e da un bracciale che mi cinge ben stretto il bicipite.
Insieme, infine, mi infilano il delicato abito in seta e mi fanno scegliere il numero di scarpa da un’ampia scarpiera, che potrebbe, da sola, far invidia a quella posseduta da Sua Grazia la regina Sirikit.
Appena pronta, mi guardo allo specchio incredula.
La taxista sgrana gli occhi e tutto quello che riesce ad esclamare è:
“Nice, you very nice. Woow. When you friends in Italy see you...woow!!!”
“You look like a very thai girl” mi dice una delle ragazze, accennando un leggero inchino.
Con la mia Olympus, mi vengono scattate alcune fotografie all’ingresso del negozio. La situazione è davvero inconsueta e mi sento una buffa e impacciata principessa.
Ma cosa ci faccio conciata cosi? - mi chiedo rivolgendomi a Niki.
Divertita, lei ride portando pudicamente la mano davanti alle labbra e sprofondando il collo fra le spalle.
Ritorno alla realtà cambiandomi di abiti e ringraziando la responsabile delle vendite per la cortesia offerta. Accetto il loro biglietto da visita, pur consapevole che il mio abito lo troverò, forse, altrove.
Prima di partire verso un altro negozio, Niki mi invita a visitare il tempio di Chalong, uno dei più belli e spettacolari di Phuket.
Alcune guglie d’oro fiammeggiano contro lo sfondo grigio del cielo, altre riflettono la propria immagine nelle pozzanghere d’acqua, ridestate alla vita dalla delicatezza della pioggia.
Vi sono tanti pellegrini qui intorno, ma nonostante ciò, il silenzio pervade i saloni pregni di profumo d’incenso e le vie esterne adornate da alberi di frangipane.
Questo cielo plumbeo mi ricorda il colore dello stagno di cui era ricca l’isola.
Nel lontano 1518 i portoghesi stabilirono un centro florido per il commercio del minerale. Lo stagno era richiesto, oltre che per la produzione di armi, anche per coniare le monete e per realizzare le tegole della città di Bangkok.
Trecento anni dopo, frotte di minatori cinesi, fiutando l’affare, si catapultarono con avarizia, arrivando in poco tempo a destabilizzare l’ordine civile, attuando rivolte in tutta l’isola.
Fu proprio in questo tempio buddista di Chalong che la popolazione locale trovò rifugio e dove ideò un piano per scacciare gli aggressori.
Il tour dele boutique continua....
Niki, immedesimata appieno nella figura della wedding planner, entra nei negozi con fare deciso, prende contatti con le responsabili delle vendite, spiegando minuziosamente i particolari del vestito che vorrei.
Queste purtroppo, pur sapendo di non avere in casa quel specifico modello, ci invitano a visionare l’intera collezione, nella speranza di poter battere cassa.
Passo a rassegna velocemente tutti gli abiti:
“ Questo no. Questo neanche....
...troppo oscuro...troppo corto...molto pomposo...ma questo lo trovo anche in Italia, su!...non questo modello, ne voglio uno tradizionale...”, ma le commesse sembrano non capire.
Il “Sogno di Panna” che avevo visto tempo fa su internet, non salta fuori dai lunghi teli di plastica fine che conte...ngono e proteggono gli abiti stile principessa che non mi si addicono affatto.
Niki non si arrende e mi porta di volata nella parte vecchia di Phuket a caccia di altri negozi.
Qui, la singolare architettura sino-portoghese caratterizza lo stile delle case. Alcune di queste sono finemente abbellite con decorazioni europee risalenti al 19° secolo.
Per un attimo vengo distolta dalla ricerca frenetica e mi immergo a respirare il profumo dell’antica Phuket.
Molti negozi hanno ampie vetrine a dispetto dello spazio interno a disposizione.
Entro, non convinta, in uno di questi.
La proprietaria, intenta a realizzare un abito con l’aiuto della macchina da cucire, sobbalza dalla sedia appena ci vede e ci accoglie con un inchino.
Mentre le due donne parlano in lingua thai, io passo a rassegna tutti gli abiti presenti.
Ad un certo punto mi avvicino ad uno di questi, attratta dal colore e dalla finezza del tessuto.
Mi illumino di felicità e, incantata, esclamo rivolgendomi a Niki:
“Finalmente!!! Eccolo, eccolo, Niki!!! L’ho trovato!!!!”.
Cerco, scuotendolo con delicatezza, di estrarlo dalla fila degli abiti in cui si trova schiacciato per ammirarlo in tutta la sua bellezza.
Lo provo immediatamente in uno stanzino più piccolo del vano di un’ascensore.
L’abito mi si appiccica addosso; fa un caldo tremendo e già vedo volteggiare una zanzarina pronta ad assaggiarmi in tutta la mia bontà.
La signora del negozio avverte il mio disagio e accende un ventilatore appeso al soffitto.
“E’ proprio lui! Il corpetto è perfetto! Per 180$ lo prendo subito!”
Trattengo il respiro, lo allaccio con difficoltà.
Che disdetta, è troppo corto!
La signora mi fa capire che, allargandolo un po’, si riusciranno a recuperare dei centimentri in lunghezza ma, essendo io stessa un’esperta in taglio e cucito, le rispondo che riusciremo si e no a recuperare uno, due centimetri al massimo, mentre ne servirebbero addirittura sei, se non otto, perché l’abito cada alla perfezione.
La signora sarebbe disposta a farmelo uno uguale su misura, ma purtroppo fra un paio di ore devo imbarcarmi.
Anche Niki sembra sinceramente dispiaciuta.
Come ultima tappa ci portiamo verso il ristorante dove la sera prima ho cenato con Monique e Lorena.
La invito a pranzare con me per ringraziarla del servizio reso.
Ci consoliamo tuffandoci su un profumatissimo piatto di riso basmati con le verdure e su un delizioso Khao Niaow Ma Muang, che da solo mi fa dimenticare la delusione.
Il mango è maturo, dolcissimo ed ha il colore vivido del giallo zafferano!
“You come again, no worry!”
Ci puoi scommettere, Niki, che ritorno ancora su questa meravigliosa terra!
Victoria saluta Phuket staccandosi impercettibilmente dalla banchina con la stessa delicatezza di una farfalla che lascia il suo fiore più bello: la Thailandia.
Percorreremo insieme altre miglia fino a giungere al termine di questo meraviglioso viaggio...le stesse miglia che ci separano, purtroppo, dal nostro arrivederci.....
..........................................Phuket 2° giorno
Il giorno seguente, mi sveglio di buon ora, decisa a cercare e ad acquistare un abito da sposa in stile thai.
È un’idea che ho da quando sono partita dall’Italia, tanto che ho ben chiaro in mente su quale debba essere il modello e il colore del vestito.
Quando mi sposo? Bella domanda.
Intanto prendo l’abito, che posso indossare benissimo anche durante una serata di gala, poi si vedrà. Nella vita mi capita spesso di acquistare le galline prima del pollaio.
“Karon beach! Kata beach!” è l’offerta urlata animatamente dai taxisti ai crocieristi che escono dal cancello del porto.
Faccio intendere che non mi interessano i chiassosi centri turistici che altro non sono che una accozzaglia di alberghi, ristoranti, locali e discoteche.
Passo avanti guardando tutti i taxisti mentre mi invitano a salire sulle loro auto.
Fra tanti uomini scorgo, ad un certo punto, la figura esile di Niki, una signora sorridente e con il fare deciso.
Chi meglio di una donna può accompagnarmi a fare shopping nei migliori negozi di Phuket?
Niki parla un inglese stentato e mi occorre una buona dose di intuizione per capire ciò che vuol dire.
“You like pals?”, mi chiede con una vocina acuta capace di coprire il suono rimbombante del motore della sua fiammeggiante Toyota.
“Pals??” ripeto io, corrugando la fronte.
Me lo faccio ripetere varie volte e alla fine, mediante il linguaggio dei gesti, capisco che sarebbe disposta a portarmi in negozi dove poter acquistare le perle.
“Ah, you mean pearls!” (ah, intendi dire perle!)
“Yes, yes, pals!”
“No, no, thank you, Niki. I just want to buy a thai wedding dress”, le rispondo tagliando corto. (No, no grazie, Niki. Voglio soltanto comprare un abito da sposa in stile thai)
Annuisce sorridendo.
Durante la marcia, la mano destra abbandona il volante e con una disarmante naturalezza, tipica di alcuni popoli, porta il dito indice a perlustrare ben bene la cavità della narice. Sgrano gli occhi, assistendo alla scena inaspettata e cerco di non farci caso, ammirando, invece, il paesaggio che scorre dal finestrino dell’auto.
Percorriamo velocemente la Highway 4022 e dopo quasi 20 minuti, arriviamo nei pressi del grande tempio di Chalong, dove si trova il primo negozio di abiti da sposa tradizionali.
Appena entrate, veniamo accolte come ospiti attese da secoli.
I pavimenti di marmo dell’ampia hall luccicano come quelli della Basilica di San Pietro a Roma.
Salviettine di cotone rinfrescate al profumo di lemongrass e un chai freddissimo, ci ristorano dal calore, in attesa di essere portate all’interno della boutique.
Due elegantissime e impeccabili commesse ci conducono, subito dopo, a guardare l’ampia esposizione di abiti.
Mi rendo conto, immediatamente, che le graziose fanciulle non parlano inglese ma conoscono qualche parolina convenevola e di rito.
Niki, per fortuna, mi fa da traduttrice e le spiego che desidero vedere un abito tradizionale in seta, color panna, dalle linee essenziali e con una lunga stola che parte dalla spalla.
Durante la traduzione, trovo il tempo per scorrere velocemente i campioni esposti e dire a Niki che possiamo pure andare, tanto qui non c’è quello che cerco.
La mia fermezza viene sciolta come neve al sole dalle commesse che riescono a trascinarmi, con dolce veemenza, nel camerino dove da lì a poco, mi trasformano in una principessa thai.
Metto subito in chiaro che non sono interessata all’acquisto dell’abito in quanto, tutto questo oro, si addice più ad una fanciulla di sangue blu che ad una giramondo come me.
“No, no money, only photo for you!” mi assicurano con una vocina appena udibile.
Va bene - penso fra me e me - se tanto ci tenete!
Una delle ragazze, vestita come una invitata a nozze, afferra il pettine e nel giro di pochi minuti mi acconcia i capelli, facendo cadere, alla fine dell’opera, una nuvola di lacca sulla mia testa;
l’altra mi aiuta ad indossare una parure dorata, costituita, oltre che da un paio di orecchini ed una collana, anche da una graziosa coroncina e da un bracciale che mi cinge ben stretto il bicipite.
Insieme, infine, mi infilano il delicato abito in seta e mi fanno scegliere il numero di scarpa da un’ampia scarpiera, che potrebbe, da sola, far invidia a quella posseduta da Sua Grazia la regina Sirikit.
Appena pronta, mi guardo allo specchio incredula.
La taxista sgrana gli occhi e tutto quello che riesce ad esclamare è:
“Nice, you very nice. Woow. When you friends in Italy see you...woow!!!”
“You look like a very thai girl” mi dice una delle ragazze, accennando un leggero inchino.
Con la mia Olympus, mi vengono scattate alcune fotografie all’ingresso del negozio. La situazione è davvero inconsueta e mi sento una buffa e impacciata principessa.
Ma cosa ci faccio conciata cosi? - mi chiedo rivolgendomi a Niki.
Divertita, lei ride portando pudicamente la mano davanti alle labbra e sprofondando il collo fra le spalle.
Ritorno alla realtà cambiandomi di abiti e ringraziando la responsabile delle vendite per la cortesia offerta. Accetto il loro biglietto da visita, pur consapevole che il mio abito lo troverò, forse, altrove.
Prima di partire verso un altro negozio, Niki mi invita a visitare il tempio di Chalong, uno dei più belli e spettacolari di Phuket.
Alcune guglie d’oro fiammeggiano contro lo sfondo grigio del cielo, altre riflettono la propria immagine nelle pozzanghere d’acqua, ridestate alla vita dalla delicatezza della pioggia.
Vi sono tanti pellegrini qui intorno, ma nonostante ciò, il silenzio pervade i saloni pregni di profumo d’incenso e le vie esterne adornate da alberi di frangipane.
Questo cielo plumbeo mi ricorda il colore dello stagno di cui era ricca l’isola.
Nel lontano 1518 i portoghesi stabilirono un centro florido per il commercio del minerale. Lo stagno era richiesto, oltre che per la produzione di armi, anche per coniare le monete e per realizzare le tegole della città di Bangkok.
Trecento anni dopo, frotte di minatori cinesi, fiutando l’affare, si catapultarono con avarizia, arrivando in poco tempo a destabilizzare l’ordine civile, attuando rivolte in tutta l’isola.
Fu proprio in questo tempio buddista di Chalong che la popolazione locale trovò rifugio e dove ideò un piano per scacciare gli aggressori.
Il tour dele boutique continua....
Niki, immedesimata appieno nella figura della wedding planner, entra nei negozi con fare deciso, prende contatti con le responsabili delle vendite, spiegando minuziosamente i particolari del vestito che vorrei.
Queste purtroppo, pur sapendo di non avere in casa quel specifico modello, ci invitano a visionare l’intera collezione, nella speranza di poter battere cassa.
Passo a rassegna velocemente tutti gli abiti:
“ Questo no. Questo neanche....
...troppo oscuro...troppo corto...molto pomposo...ma questo lo trovo anche in Italia, su!...non questo modello, ne voglio uno tradizionale...”, ma le commesse sembrano non capire.
Il “Sogno di Panna” che avevo visto tempo fa su internet, non salta fuori dai lunghi teli di plastica fine che conte...ngono e proteggono gli abiti stile principessa che non mi si addicono affatto.
Niki non si arrende e mi porta di volata nella parte vecchia di Phuket a caccia di altri negozi.
Qui, la singolare architettura sino-portoghese caratterizza lo stile delle case. Alcune di queste sono finemente abbellite con decorazioni europee risalenti al 19° secolo.
Per un attimo vengo distolta dalla ricerca frenetica e mi immergo a respirare il profumo dell’antica Phuket.
Molti negozi hanno ampie vetrine a dispetto dello spazio interno a disposizione.
Entro, non convinta, in uno di questi.
La proprietaria, intenta a realizzare un abito con l’aiuto della macchina da cucire, sobbalza dalla sedia appena ci vede e ci accoglie con un inchino.
Mentre le due donne parlano in lingua thai, io passo a rassegna tutti gli abiti presenti.
Ad un certo punto mi avvicino ad uno di questi, attratta dal colore e dalla finezza del tessuto.
Mi illumino di felicità e, incantata, esclamo rivolgendomi a Niki:
“Finalmente!!! Eccolo, eccolo, Niki!!! L’ho trovato!!!!”.
Cerco, scuotendolo con delicatezza, di estrarlo dalla fila degli abiti in cui si trova schiacciato per ammirarlo in tutta la sua bellezza.
Lo provo immediatamente in uno stanzino più piccolo del vano di un’ascensore.
L’abito mi si appiccica addosso; fa un caldo tremendo e già vedo volteggiare una zanzarina pronta ad assaggiarmi in tutta la mia bontà.
La signora del negozio avverte il mio disagio e accende un ventilatore appeso al soffitto.
“E’ proprio lui! Il corpetto è perfetto! Per 180$ lo prendo subito!”
Trattengo il respiro, lo allaccio con difficoltà.
Che disdetta, è troppo corto!
La signora mi fa capire che, allargandolo un po’, si riusciranno a recuperare dei centimentri in lunghezza ma, essendo io stessa un’esperta in taglio e cucito, le rispondo che riusciremo si e no a recuperare uno, due centimetri al massimo, mentre ne servirebbero addirittura sei, se non otto, perché l’abito cada alla perfezione.
La signora sarebbe disposta a farmelo uno uguale su misura, ma purtroppo fra un paio di ore devo imbarcarmi.
Anche Niki sembra sinceramente dispiaciuta.
Come ultima tappa ci portiamo verso il ristorante dove la sera prima ho cenato con Monique e Lorena.
La invito a pranzare con me per ringraziarla del servizio reso.
Ci consoliamo tuffandoci su un profumatissimo piatto di riso basmati con le verdure e su un delizioso Khao Niaow Ma Muang, che da solo mi fa dimenticare la delusione.
Il mango è maturo, dolcissimo ed ha il colore vivido del giallo zafferano!
“You come again, no worry!”
Ci puoi scommettere, Niki, che ritorno ancora su questa meravigliosa terra!
Victoria saluta Phuket staccandosi impercettibilmente dalla banchina con la stessa delicatezza di una farfalla che lascia il suo fiore più bello: la Thailandia.
Percorreremo insieme altre miglia fino a giungere al termine di questo meraviglioso viaggio...le stesse miglia che ci separano, purtroppo, dal nostro arrivederci.....
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