Era ancora notte quando un velivolo Boeing B29 Superfortress del 393º Squadrone di Bombardieri, 509º Gruppo Composito, dell'U.S. Army Air Forces, decollava dalla base aerea di Tinian, alle Isole Marianne: il suo nome in codice era "Bockscar".
Il B-29 Superfortress era un bombardiere pesante statunitense molto utilizzato durante la Seconda Guerra Mondiale, era uno dei più grandi aerei militari operativi durante il conflitto ed era considerato un gioiello della tecnologia aeronautica militare dell'epoca. Aveva un'apertura alare di circa 43 metri e poteva trasportare un carico bellico massimo di oltre 9 tonnellate. Era dotato di una cabina di pilotaggio pressurizzata, che permetteva ai membri dell'equipaggio di operare a quote elevate senza dover utilizzare maschere di ossigeno.
Stava per sorgere il sole sul Pacifico, era l'alba del 9 agosto 1945, e il maggiore Charles W. Sweeney, al comando del velivolo, era preoccupato di non riuscire a portare a termine la sua missione. Quel volo era nato male: subito dopo la partenza erano iniziati i problemi. E problemi seri. Alcuni strumenti di navigazione restituivano allarmi di malfunzionamento e si stava lavorando sodo per cercare di risolverli. Non era una situazione facile. Tutt'altro. Il buon senso e la prudenza avrebbero consigliato di rinunciare e tornare alla base. Ma quella non era una missione qualunque: l'aereo stava trasportando un carico "particolare" e bisognava andare fino in fondo, a tutti i costi. Nella stiva infatti c'era "Fat Man", la seconda bomba atomica con cui dare il colpo di grazia per fare capitolare il nemico giapponese, tre giorni dopo Hiroshima.
Dopo un volo difficile, "Bockscar", accompagnato dalla sua squadriglia di appoggio, raggiunse infine il suo obiettivo: la città di Nagasaki. Alle 11:02 del mattino, dalla quota di 31000 piedi, la bomba fu sganciata e iniziò la sua caduta libera verso l'obiettivo. Alla quota di circa 500 metri di quota l'innesco fece esplodere la carica esplosiva convenzionale che provocò l'implosione del nucleo di plutonio-239. L'esplosione fu fortissima, devastante, mortale.
Cinquecento metri più in basso, nel punto dell'ipocentro, in frazioni di secondo si scatenò l'inferno. L'effetto combinato di onda d'urto supersonica con pressione di centinaia di atmosfere, globo di gas con temperature dell'ordine di milioni di gradi, radiazione gamma, provocò effetti catastrofici. Nel raggio di 1,6 km la distruzione fu totale: edifici, alberi, persone, furono vaporizzati all'istante.
Nagasaki non esisteva più. Dove sorgeva la città ora rimanevano solo rovine, polvere, fiamme e silenzio.
Oggi il sito dell'ipocentro fa parte del Parco della Pace di Nagasaki. Una stele ricorda il luogo preciso sulla cui verticale esplose la bomba.
