Le lapidi decorate a intarsio presenti nella stanza interna del mausoleo indicano l'attuale ubicazione delle tombe, in una cripta posta direttamente al di sotto della camera principale come in altri mausolei mussulmani. Sotto il regno di Ulug Beg un blocco di giada verde venne piazzato sopra la tomba di Tamerlano. In precedenza, questa pietra era stata oggetto di venerazione all'interno del palazzo dell'imperatore cinese e, a seguire, trono di Kabek Khan (un discendente di Gengis Khan) nel Karshi.
Vicino alla tomba di Tamerlano si trovano le sepolture dei suoi figli Shah Rukh e Miran Shah ed anche dei nipoti Muhammad Sultan e Ulugh Beg. Riposa qui anche il maestro spirituale di Tamerlano, Mir Said Baraka.
La lapide in giada che segna la sepoltura del sovrano, reca incisa un’inquietante iscrizione: “Chiunque violi la mia quiete in questa vita o nell'altra, sarà soggetto a inevitabili punizioni e miseria”: una sorta di “maledizione di Tutankamon” orientale.
Il primo ad esserne colpito fu il re persiano Nadir Shah che nel 1740 cercò di asportarne il sarcofago, crepando il coperchio nel tentativo di aprirlo. Questo fu interpretato come cattivo presagio e i suoi consiglieri gli suggerirono di lasciare la pietra laddove l’aveva trovata. Questo non bastò in quanto la maledizione colpì il re che morì poi assassinato.
La seconda volta la pietra fu spostata il 19 giugno 1941, quando ebbero accesso alla cripta gli archeologi sovietici sfidando le proteste dei cittadini di Samarcanda. L’antropologo Mikhail Mikhaylovich Gerasimov, su incarico di Stalin, riuscì a ricostruire i tratti somatici di Tamerlano a partire dal suo teschio e confermò sia l’altezza di 172 centimetri – per l’epoca una statura da gigante – che la conformazione ossea di un uomo claudicante (Timur lo zoppo). La maledizione colpì nuovamente tre giorni dopo quando Hitler diede il via all’operazione Barbarossa invadendo l’Unione Sovietica.
Curiosamente, lo scheletro di Tamerlano e quello del nipote Ulug Beg furono nuovamente inumati secondo il rito islamico nel novembre 1942 in coincidenza con il lancio dell’Operazione Urano da parte dell’Armata Rossa, la famosa battaglia di Stalingrado che è considerata il punto di svolta della II Guerra Mondiale.
La nostra visita di Samarcanda continua al Shah-i-Zinda il cui nome significa "Il re vivente", è una necropoli nella parte nord-est di Samarcanda. Il suo nome deriva dalla leggenda che il cugino del profeta Maometto sia stato sepolto lì.
Il complesso di Shah-i-Zinda si è formato in più di nove secoli (dal XI al XIX) e ora include più di venti edifici suddivisi in tre gruppi collegati tra loro da una via che scorre tra i mausolei e sotto quattro arcate a cupola.