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I pirati incassano (almeno) 9 milioni di dollari di riscatto per liberare la "Enrico Ievoli", fonti somale
di Gianandrea GaianiCronologia articolo26 aprile 2012Commenti (1)
In questo articoloArgomenti: Somalia | Oceano Indiano | Enrico Ievoli | Marnavi | Giulio Terzi | Atalanta
La petroliera ''EnricoIevoli '' sequestrata al largo dell'Oman Per il ministro degli Esteri, Giulio Terzi, la liberazione della motonave Enrico Ievoli (rilasciata lunedì dai pirati somali dopo un sequestro cominciato il 27 dicembre scorso) è stata un successo della diplomazia per il quale ringraziare "tutti i soggetti istituzionali coinvolti". Per l'armatore, la società partenopea Marnavi, si è arrivati al rilascio della nave e dei 18 uomini d'equipaggio (6 dei quali italiani) dopo aver "agito attraverso i canali legali, come prevede il codice della navigazione''.
Come di consueto nessuno parla di riscatto che invece, come è sempre accaduto finora tranne i rari casi di blitz militare, costituisce l'unica reale possibilità di ottenere la liberazione delle navi dalle "tortughe" della costa somala.
Nonostante i silenzi di società armatrice e governo italiano anche per il rilascio della Enrico Ievoli è stato pagato un riscatto in linea con gli standard ormai abituali per le navi dei Paesi occidentali e del Golfo, solitamente compresi tra i 9 e i 12 milioni di dollari.
Fonti citate dal sito d'informazione Somalia Report hanno riferito che i pirati hanno incassato un riscatto di 9 milioni di dollari ma alcuni pirati hanno sostenuto che la cifra pagata dall'Italia sarebbe addirittura di 14 milioni. Il giornale web somalo, solitamente molto ben informato sulle vicende legate alla pirateria, sottolinea che spesso i pirati tendono ad esagerare l'ammontare dei riscatti incassati. Alcuni membri della banda di pirati della "tortuga" di Dhinooda avevano riferito al Corriere della Sera di aver incassato 10,5 milioni di dollari Le diverse stime concordano nel ritenere che le diverse bande di pirati somali incassino complessivamente ogni anno circa 120/150 milioni di dollari. Una cifra di gran lunga inferiore ai costi imposti dal fenomeno piratesco somalo ai traffici navali nell'Oceano Indiano stimati tra i 7 e i 12 miliardi di dollari contando i costi assicurativi, le scorte, le deviazioni di rotta e l'impegno costante di almeno due dozzine di navi internazionali per i pattugliamenti e le scorte ai convogli di mercantili.
A fine marzo l'Unione Europea ha rinnovato la sua missione anti-pirateria, l'operazione "Atalanta", fino al 2014 consentendo per la prima volta di attaccare le basi dei pirati sulla costa e il governo tedesco ha già autorizzato i suoi militari (la fregata Berlin con 2 elicotteri e 230 militari a bordo) a operare fino a due chilometri all'interno della Somalia. Attualmente i pirati tengono in ostaggio circa 200 marittimi e una quindicina di navi ma almeno altrettante imbarcazioni, soprattutto "dhow" utilizzati in molti Paesi che si affacciano sull'Oceano Indiano per la pesca e il commercio, sono in mano alle diverse bande che li impiegano come navi-madre per portare al largo i loro barchini utilizzando l'equipaggio come manovalanza o scudi umani.
http://www.ilsole24ore.com/art/noti...i-incassano-almeno-081919.shtml?uuid=AbAw3jTF
di Gianandrea GaianiCronologia articolo26 aprile 2012Commenti (1)
In questo articoloArgomenti: Somalia | Oceano Indiano | Enrico Ievoli | Marnavi | Giulio Terzi | Atalanta
La petroliera ''EnricoIevoli '' sequestrata al largo dell'Oman Per il ministro degli Esteri, Giulio Terzi, la liberazione della motonave Enrico Ievoli (rilasciata lunedì dai pirati somali dopo un sequestro cominciato il 27 dicembre scorso) è stata un successo della diplomazia per il quale ringraziare "tutti i soggetti istituzionali coinvolti". Per l'armatore, la società partenopea Marnavi, si è arrivati al rilascio della nave e dei 18 uomini d'equipaggio (6 dei quali italiani) dopo aver "agito attraverso i canali legali, come prevede il codice della navigazione''.
Come di consueto nessuno parla di riscatto che invece, come è sempre accaduto finora tranne i rari casi di blitz militare, costituisce l'unica reale possibilità di ottenere la liberazione delle navi dalle "tortughe" della costa somala.
Nonostante i silenzi di società armatrice e governo italiano anche per il rilascio della Enrico Ievoli è stato pagato un riscatto in linea con gli standard ormai abituali per le navi dei Paesi occidentali e del Golfo, solitamente compresi tra i 9 e i 12 milioni di dollari.
Fonti citate dal sito d'informazione Somalia Report hanno riferito che i pirati hanno incassato un riscatto di 9 milioni di dollari ma alcuni pirati hanno sostenuto che la cifra pagata dall'Italia sarebbe addirittura di 14 milioni. Il giornale web somalo, solitamente molto ben informato sulle vicende legate alla pirateria, sottolinea che spesso i pirati tendono ad esagerare l'ammontare dei riscatti incassati. Alcuni membri della banda di pirati della "tortuga" di Dhinooda avevano riferito al Corriere della Sera di aver incassato 10,5 milioni di dollari Le diverse stime concordano nel ritenere che le diverse bande di pirati somali incassino complessivamente ogni anno circa 120/150 milioni di dollari. Una cifra di gran lunga inferiore ai costi imposti dal fenomeno piratesco somalo ai traffici navali nell'Oceano Indiano stimati tra i 7 e i 12 miliardi di dollari contando i costi assicurativi, le scorte, le deviazioni di rotta e l'impegno costante di almeno due dozzine di navi internazionali per i pattugliamenti e le scorte ai convogli di mercantili.
A fine marzo l'Unione Europea ha rinnovato la sua missione anti-pirateria, l'operazione "Atalanta", fino al 2014 consentendo per la prima volta di attaccare le basi dei pirati sulla costa e il governo tedesco ha già autorizzato i suoi militari (la fregata Berlin con 2 elicotteri e 230 militari a bordo) a operare fino a due chilometri all'interno della Somalia. Attualmente i pirati tengono in ostaggio circa 200 marittimi e una quindicina di navi ma almeno altrettante imbarcazioni, soprattutto "dhow" utilizzati in molti Paesi che si affacciano sull'Oceano Indiano per la pesca e il commercio, sono in mano alle diverse bande che li impiegano come navi-madre per portare al largo i loro barchini utilizzando l'equipaggio come manovalanza o scudi umani.
http://www.ilsole24ore.com/art/noti...i-incassano-almeno-081919.shtml?uuid=AbAw3jTF