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Costa Pacifica: verso le terre di Galilea e dei Faraoni 14-28 maggio 2023

Stato
Discussione chiusa ad ulteriori risposte.
Lungo la strada coltivazioni di banane e palmeti da datteri

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Il luogo in cui è avvenuto il Battesimo di Cristo in realtà non è qui dove il Fiume Giordano fuoriesce dal lago Di Tiberiade ma si trova molto più a sud in un area che per anni è stata zona di guerra. All'esterno del sito si trovano piastrelle dipinte che riportano in tutte le lingue il passo del Vangelo che narra del Battesimo

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Continua.....
 
Mi permetto una piccola nota: nelle foto del lago di Tiberiade, quelle che vedete intorno, non sono montagne…e’ la pianura perche’ il lago si trova a circa 215 m. sotto il livello del mare!
 
Anche se il luogo non è quello del battesimo è comunque bello dal punto di vista paesaggistico, mentre mi è sembrato che tutte le persone che erano lì, alcune sono anche entrate in acqua, non fossero molto coinvolte spiritualmente. Erano tutti piuttosto divertiti dal mettere i piedi in acqua.

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Ormai è quasi l'una ed è tempo di andare a pranzo. Veniamo accompagnati al kibbutz più antico di Israele. E' stato istituito tra il 1909 e il 1911 quando vi si trasferirono i primi lavoratori sulla terra comprata dalla famiglia proprietaria sembra di origine persiana.
Il kibbutz è recintato e al suo interno si trovano le terre che vengono coltivate, gli allevamenti di bestiame, le abitazioni ed i servizi comuni che vengono condivisi da tutti gli abitanti. Ad esempio in nessuna casa è presente la cucina e tutti usufruiscono della mensa comune.
Ed è li che consumeremo il nostro pasto.

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Verdure cotte, verdure crude, pollo, salsicce e dolci; il tutto accompagnato da un vino israeliano

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Tutto quello che ho assaggiato era buono, tranne il vino che non era un gran ma comunque passabile.

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Dopo una breve passeggiata all'interno del kibbutz si riparte in autobus per raggiungere il museo dove sono conservati i resti di un'imbarcazione di circa 2000 anni fa recuperata sul fondale del lago di Tiberiade.
Anche questo museo è all'interno di un kibbutz che già ad un primo sguardo ci fa intuire che qui gli abitanti sono decisamente più agiati. Tutto l'ambiente è molto più curato, le abitazioni si sviluppano lungo le sponde del lago e c'è anche una piscina.

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Ci avviciniamo all'ingresso del museo

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Continua.......
 
Nel grande atrio del museo si trova un bar e un negozio di souvenir; da lì si accede alla stanza in cui sono conservati i resti della barca attraverso porte automatiche. Alle pareti si trovano pannelli descrittivi che illustrano le fasi di recupero dell’imbarcazione che fu trovata casualmente da due fratelli appassionati di archeologia che vivevano nel kibbutz Ginnosar e su uno schermo scorre il relativo filmato.

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Nel 1985 e 1986 ci fu una grande siccità che fece abbassare notevolmente il livello dell’acqua nel lago di Tiberiade e nel gennaio 1986 i due fratelli notarono un infossamento di forma ovale nella melma che ricordava una barca. Venne interpellato un archeologo che confermò la presenza di una barca antica in quanto la tecnica di costruzione era quella usata tra il secondo millennio a.c. e l’epoca bizantina. A Febbraio iniziarono le operazioni di recupero: in primo luogo fu costruito un argine tutto intorno alla barca per evitare che finisse nuovamente sott’acqua e poi si iniziò ad allontanare il fango lavorando anche solo con le mani per non danneggiare lo scafo. A quel punto sorse il problema di recuperare lo scafo senza romperlo e la soluzione fu quella di inglobarlo in un guscio di poliuretano che fu iniettato dentro e attorno alla barca. Appena il poliuretano si fu solidificato venne riaperto l’argine e la barca nel suo bozzolo potè galleggiare fino alla gru che la sollevò e poi la depose nel luogo del restauro che durò circa 7 anni. Per consolidare il legno, fu iniettata una resina e la barca trovò una sistemazione provvisoria fin quando nel 2000 fu sistemata al centro Ygal Allon nel kibbutz Ginnosar.

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La datazione al carbonio 14 ha stabilito che il legname con cui è costruita la barca risale al periodo compreso tra il 120 a.C. e il 40 d.C. e deriva da 12 diverse specie di alberi.

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Probabilmente si trattava di una barca da pesca in cui potevano trovare posto 4 rematori, 2 per lato, e un timoniere. Alcuni fori e chiodi indicano che probabilmente era anche dotata di un albero.

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Lasciato il kibbutz di Ginnosar, ancora costeggiando il lago ci dirigiamo verso Cafarnao per visitare i resti di quella che si ritiene essere la casa di San Pietro e dove Gesù trovò ospitalità dopo aver lasciato Nazareth.

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Arriviamo al sito e la prima costruzione che si incontra è il palazzo che ospita il convento dei Frati Francescani custodi del luogo sin dal 1894.

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Ci avviciniamo ai reperti archeologici....
Nella seconda metà del V secolo sopra la casa di Pietro venne costruita una chiesa ottagonale costituita da un ottagono centrale, ancora ben visibile, un ottagono più grande concentrico ed un semi ottagono esterno che dava accesso alla chiesa.

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Accanto ai resti della chiesa ottagonale si trova l’antica sinagoga scoperta durante scavi inglesi nel 1866

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e, tutto intorno numerose case dell’antica città risalenti al V secolo a.C. ed alcuni resti addirittura all’epoca del bronzo (III – II millennio a.C.)....
 
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La casa di Pietro fu meta di pellegrinaggi per molti secoli fino a quando se ne perse la memoria: fu riportata alla luce tra il 1968 e il 1992 durante scavi condotti dai Francescani . Nel 1991 è stata inaugurata la nuova chiesa, ancora a pianta ottagonale, con il duplice scopo di proteggere i reperti archeologici e di permettere la ripresa del culto cristiano dopo secoli di abbandono.

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Il nostro viaggio per le terre di Galilea è terminato e ritorniamo verso la nave

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All’ingresso del porto sale a bordo un militare Israeliano che ci chiede se abbiamo armi o droga, controlla un passaporto a caso e ci da il via libera. Saliamo a bordo giusto in tempo per assistere allo spettacolo in teatro e per cenare. Poi a letto presto: domani ci aspetta un’altra escursione impegnativa.
 
Arriviamo a Port Said attorno alle 7; tutto intorno è un brulicare di navi forse in attesa di entrare nel canale di Suez. Ci passa accanto una vecchia barca di pescatori e prima di attraccare salgono a bordo i funzionari della immigrazione.

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Un paio di giorni prima di arrivare a Port Said ci erano state fornite istruzioni relative ai controlli di immigrazione in Egitto. Tutti i passaporti dovranno essere timbrati dalle autorità egiziane compresi quelli di chi ha deciso di rimanere a bordo. Per noi che abbiamo escursione Costa il passaporto sarà timbrato all’uscita della nave e le operazioni si svolgono molto rapidamente. Chi invece scende in autonomia a Port Said ha dovuto comunicarlo alla reception due giorni prima dell’arrivo in Egitto e ha dovuto attendere l’uscita di tutte le escursioni prima di poter scendere. Infine chi è rimasto a bordo ha consegnato i passaporti la sera prima e li ha ritirati il giorno dopo durante la navigazione da Port Said ad Alessandria. Lo scalo di Port Said è stato una sorta di scalo tecnico per far scendere chi andava in escursione Costa o in autonomia; il reimbarco è poi avvenuto la sera stessa ad Alessandria.

Il ritrovo per le escursioni al Cairo e ai siti archeologici è stato al teatro ma ad un certo punto c’era talmente tanta gente che non ci si riusciva più a muovere e ancora non avevano dato il via alla discesa. Non si riusciva quasi più a respirare così abbiamo iniziato comunque a spostarci verso le scale intanto sapevamo già dalla sera prima il numero del bus.

L’escursione scelta da noi è stata il culto monumentale egizio a Giza, Menfi e Saqqara, durata 13 ore. Doveva essere compreso anche il pranzo a buffet in un hotel 5 stelle ma due giorni prima ci comunicano che per ragioni operative il pranzo sarà al sacco da consumare in autobus. Ci viene riconosciuto un rimborso di 15 euro a persona. Appena ho letto l’avviso mi sono preoccupata di informare il personale dell’ufficio escursioni di una mia intolleranza alimentare e il ragazzo al desk in quel momento ha diligentemente preso nota indicando nome cognome e numero di cabina.

Finalmente ci lasciano uscire, una brevissima sosta per il timbro sul passaporto e andiamo a cercare il nostro bus (il numero 2), primo di una lunghissima fila di autobus. Alla salita sul bus la guida mi consegna una scatola con il pranzo al sacco. Faccio presente che ho un’intolleranza e che avevo avvisato ma mi dice che non ne sa niente e di salire. Allora sono andata a cercare una delle assistenti Costa per chiedere se poteva contattare un responsabile dell’ufficio escursioni spiegando il problema. La risposta è stata no, perché per chiamare in nave avrebbe dovuto usare il suo telefono personale e non aveva altro modo. Ho dinuovo fatto presente il problema alla guida e dopo circa un quarto d’ora arriva con un’altra scatola su cui però è scritto un altro nome e numero di cabina. Gli dico che non è il mio, che è di un’altra persona che ha qualche allergia e lui mi risponde che va bene lo stesso e di tenermi quella scatola. Controllo cosa c’è dentro e sono alimenti che posso mangiare così non faccio altre questioni. Passano altri 10 minuti e mi consegnano un’altra scatola: finalmente è quella giusta!

Intanto alcune persone iniziano a lamentarsi di quello che ci è stato fornito come pranzo al sacco, che c’è una bella differenza tra un buffet in un hotel a 5 stelle e la scatola che ci è stata data, che 15 euro di rimborso sono pochi, e così via. La ragazza della Costa che avrebbe dovuto accompagnarci risponde con fare un po’ arrogante e invece di sedare gli animi ottiene l’effetto contrario. Alla fine afferma che quello che è nella scatola è la colazione e che poi ci sarà il pranzo; io e mio marito capiamo subito che è una bufala bella e buona (abbiamo già visto cosa c’è nella scatola e non può essere solo una colazione). Sta di fatto che dopo questa affermazione scende dal nostro autobus e viene sostituita da un altro ragazzo.

Nella scatola c’erano 3 panini con pane tipo in cassetta, non di qualità, un po’ molliccio e dolciastro; in uno c’era formaggio e un affettato non ben identificabile, in uno verdure e nell’ultimo della carne, forse pollo; Ne ho mangiato uno, solo proprio perché avevo fame; una banana (alcuni l’hanno trovata molto matura quasi marcia, almeno da quanto hanno detto); un succo di frutta; una bottiglietta d’acqua; un pacchettino con 5 wafers e un pacchettino di patatine. Alcune persone si sono rifiutate di mangiare e al rientro a bordo sono andate a lamentarsi chiedendo un ulteriore rimborso ma non so come sia andata a finire.

Comunque alla fine eravamo tutti pronti a partire, abbiamo dovuto aspettare che tutti gli autobus fossero pronti perché l’uscita da Port Said doveva avvenire in carovana e scortati dalla polizia.

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Inizialmente avevamo pensato che fosse per ragioni di sicurezza invece poi abbiamo capito che era solo per agevolarci nel traffico. Infatti le macchine che ci accompagnavano si posizionavano negli incroci bloccando il traffico e facendoci passare e non ci hanno più seguiti una volta entrati in autostrada.
L’ambiente che ci circonda cambia continuamente: aree palustri, risaie, coltivazioni di banane, palmeti e poi compaiono le prime dune di sabbia

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Ai lati della strada case in mattoni in parte demolite ma ancora abitate: la guida ci dice che sono palazzi che sono stati costruiti o troppo vicini all’autostrada o troppo alti e perciò il governo li ha fatti demolire in parte.

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Passiamo su un ponte che sovrasta il fiume Nilo ed iniziamo ad addentrarci nelle strade che ci condurranno a Menfi.

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Solo la strada principale è asfaltata, tutte le traverse secondarie sono in terra battuta. Il traffico è totalmente caotico con taxi collettivi e tuk tuk che sfrecciano di qua e di là senza rispettare le regole a cui siamo abituati in Europa e spesso contromano.

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Le vie brulicano di vita, ci sono persone ovunque: chi trasporta le proprie merci, chi vende per strada i propri prodotti (scusate la qualità delle immagini ma le foto sono state scattate passando in autobus)

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Le condizioni igieniche sono ben lontane dai nostri standard e i rifiuti si trovano ovunque. Tra le case scorrono dei canali in cui è impossibile vedere l'acqua perchè totalmente ricoperti di contenitori di plastica. Lungo gli argini montagne di rifiuti e carcasse di animali morti. E tutto attorno la povertà....
 
Sono passati parecchi anni da quando visitammo l'Egitto ma vedo che le cose sono peggiorate da allora. Che peccato.
Il mio viaggio in Egitto 10 gg. con crociera sul Nilo è stato uno dei viaggi più belli se non il migliore che abbiamo fatto. L'archeologia, i panorami, una cultura differente abbinati ad un'ottimo tour operetur ed una bravissima guida sono stati un insieme indimenticabile
 
Finalmente ho trovato il tempo di leggere ed osservare tutte le meravigliose foto di questo stupendo diario!

A parte i complimenti tutti meritati, ma @gimale (Monica) ... fare la guida per piccoli gruppi selezionati?
Max 8 pax, quelli che ci stanno sul mini van che va dappertutto?
Hai talento e sei bravissima!
Te lo dice uno che lo faceva per i sub (il nik @azoto63).
 
Arriviamo a Menfi. Questa città fu la capitale del regno egizio tra il 2686 e il 2181 a.C. ed era la sede del potere: qui risiedevano i faraoni che fecero costruire le piramidi. Si ritiene però che i primi insediamenti della città risalgano addirittura a oltre 5000 anni fa. Sorge a circa 25 km a sud del Cairo, sul delta del Nilo.
Nel sito si trovano diversi reperti archeologici tra cui il più impressionante è la statua di Ramesse II un faraone che governò nel XIII secolo a.C. quando ormai l’età d’oro aveva ceduto il posto ad un progressivo declino; tuttavia, le imponenti dimensioni del reperto rivelano che la città aveva comunque mantenuto la sua importanza fino al 1500, successivamente al completamento delle piramidi di Giza.
Purtroppo qui il tempo a nostra disposizione non è stato molto e siamo riusciti a vedere solo una parte dei reperti qui conservati.

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Sul lato destro della stele è visibile la rappresentazione di Horus il dio della guerra e della caccia spesso rappresentato con il corpo di uomo e la testa di falco.

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Qui sono raffigurati al centro il dio Ptah il dio creatore, alla sua destra è raffigurata sua moglie, la dea leonessa Sekhmet e alla sua sinistra Ramesse II atteggiato come il figlio delle due divinità, Nefertum. Ptah, Sekhemt e Nefertum formavano la triade divina menfita.

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la Sfinge di Menfi. La sua costruzione è avvenuta probabilmente durante la XVIII dinastia, tra il 1700 e il 1400 a.C. Il suo significato ancora oggi è avvolto nel mistero, in quanto non sono presenti su di essa iscrizioni per comprendere a quale faraone sia dedicata, ne alcun tipo di informazione a riguardo. Molto probabilmente, analizzando i tratti del suo volto gli storici hanno dedotto che potrebbe essere dedicata al faraone Amenhotep II o Hatshepsut. Rappresenta la più grande scultura in alabastro dell’antico Egitto ed è stata scoperta grazie a una missione della British School nel 1912. Ma fu solo nel 1913 che gli scavi iniziarono, liberandola così dalle sabbie del deserto.

Lunga oltre 8 m e alta 4 m è sicuramente più piccola della Grande Sfinge presente nella Necropoli di Giza. Con il suo peso di 90 tonnellate, compresa la pedana affondata ancora oggi nella sabbia, è una delle maggiori sculture di questo materiale rimaste intatte fino ad oggi.

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Statua di Ramses II

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Ed ecco qui altre tre divinità: se non ricordo male da sinistra Nut dea della nascita, Nefti dea della morte e Anubi dio dell'oltretomba

Ma il "pezzo forte" di questo sito è il colosso di Ramses II ( o Ramesse II). Si tratta di una statua in pietra calcarea alta oltre 10 metri nonostante manchino una parte delle gambe e il piedistallo. Fu scoperta nel 1820 dall'esploratore Giovanni Battista Caviglia vicino al villaggio di Mit Rahina, dove anticamente sorgeva Menfi. Era interrato nei pressi del cancello meridionale del tempio di Ptah, probabilmente in coppia con un'altra statua identica. Caviglia, tramite l'egittologo Ippolito Rosellini, offrì la statua al Granduca Leopoldo II di Toscana, che rifiutò la generosa offerta per gli alti costi di trasporto e la necessità di segare la statua in due tronconi. Il pascià dell'Egitto Mehmet Ali propose allora di donarlo al British Museum di Londra, che a sua volta declinò l'offerta per gli stessi motivi. Così rimase a Menfi, dove tuttora si trova e dove è giusto che rimanga. Attorno gli fu costruito una struttura per proteggerlo dagli eventi atmosferici. E' veramente impressionante non solo per le sue dimensioni ma anche per come sono stati scolpiti tutti i particolari del viso, delle vesti e delle strutture anatomiche. Siamo rimasti davvero a bocca aperta.

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Usciamo dal museo e facciamo un giro tra le bancarelle che si trovano all'esterno; non ci sono oggetti di particolare pregio, tutta merce per turisti, ma trovo comunque una statuetta raffigurante un gatto egizio che si aggiungerà alla mia collezione
 
Risaliamo in autobus; lasciamo Mit Rahina (come si chiama ora la città in cui si trovano i resti dell'antica Menfi) e ci spostiamo a Saqqara a circa 6 km di distanza.

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Ci avviciniamo al sito attraversando un'area con estesi palmeti e iniziamo a scorgere la famosa piramide a gradoni.

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Poco distante un'altra piramide molto peggio conservata

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Si tratta della piramide di Userkaf , faraone ritenuto il fondatore della V dinastia e che visse attorno al 2500 a.C.

L'area di Saqqara comprende il sito archeologico più vasto di tutto il paese e storicamente uno dei più rilevanti, dato che in essa sono rappresentate tutte le principali dinastie faraoniche. Saqqara fu la necropoli reale almeno fino alla III dinastia e continuò ad esserlo per circa 3000 anni dopo l'avvento di Giza e Tebe. Almeno 17 faraoni sono stati seppelliti nell'area.

La piramide più importante è quella di Djoser faraone della III dinastia. Si tratta di una struttura a gradoni e viene ritenuta la più antica piramide costruita in pietra. La struttura iniziale era una mastaba (prima struttura funeraria dell'antico Egitto) di forma quadrata che copriva un pozzo verticale profondo 28 metri. Successivamente sono stati aggiunti altri 4 gradoni fino a raggiungere 42 metri di altezza.

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Entriamo dentro la piramide pagando un biglietto di ingresso. Un breve corridoio sorretto da una serie di colonne conduce fino al centro della mastaba dove si apre il pozzo funerario.

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Sopra la nostra testa oltre 30 metri di pietre

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Usciamo all'esterno dove la temperatura sfiora i 40°C senza un filo di vento. Anche a respirare si sente aria bollente entrare nei polmoni. La guida ci dice che non è oi così caldo: spesso si superano i 50°C e comunque i turisti vanno a visitare Saqqara anche in pieno Agosto: sottilmente ci dice "non lamentatevi!"

Ci si avvicinano personaggi più o meno folkloristici che ci chiedo di fare delle fotografie naturalmente dietro un piccolo compenso in denaro

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In tutto il sito si trovano numerose mastaba di dignitari, principesse, sacerdoti.

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Scavi archeologici sono ancora in corso e recentemente è stata fatta proprio qui un'importantissima scoperta: è stata rinvenuta una sala in cui erano conservati decine di vasi contenenti diverse sostanze utilizzate per l'imbalsamazione. Ora si stanno analizzando per capire come avveniva il processo di imbalsamazione che si conosce solo parzialmente.

Tra le tante mastaba, noi entriamo in quella di Idut, forse figlia del faraone Unas vissuta tra la fine della IV dinastia e l'inizio della V. In realtà questa mastaba accoglieva le spoglie di un dignitario ma la morte prematura della principessa rese necessaria "l'usurpazione" della tomba per tumularne le spoglie. Entrando nella mastaba si percorrono diverse stanze tutte riccamente decorate.
Molte sono le scene legate all'acqua: raffigurazioni di barche, pesci, coccodrilli e ippopotami. Alcune hanno conservato ancora i colori originali.

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In quest'ultima sembra essere raffigurato l'attraversamento del fiume da parte di una mandria indotta a seguire la capo branco attirata con il suo piccolo tenuto da un uomo su una barca
 
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