Cap. 10 – La calda e assolata Atene
Siamo tristi, niente da dire. Quando la prima discussione del mattino è basata sul come organizzare la ricomposizione delle valigie in vista del rientro – quale adibire ai vestiti più sporchi, quale destinare ai souvenir, come organizzare il bagaglio a mano, “
ma quand’è che hai comprato un fez???” – capisci che, inconsciamente, hai già mollato.
E’ il 7 Luglio e c’è in programma Atene e mentre sei da solo sul balcone, inconcepibilmente sveglio alle 6.15 come se dovessi andare a lavorare nei campi, non puoi che pensare più al passato che a ciò che verrà nella giornata.
Eppure è un posto che sognavo da tempo, per eredita genetica probabilmente. Mio padre, una vita da prof. di latino e greco, ellenista convinto, non è mai riuscito a convincere mia madre – restia a navi e aerei se non strettamente necessario - a partire per la Grecia e, per scelta d’amore, non è mai voluto andare senza di lei. E adesso, che nel giro di qualche ora sarei salito sull'Acropoli, le sensazioni sono diventate contrastanti: contento sicuramente di essere lì, mi sembrava quasi di fargli un torto, ben conscio che non avrei saputo apprezzare quel carico di storia quanto lo avrebbe potuto comprendere lui.
Fra un mugugno e l’altro, la sveglia familiare suona alle 6.30; con l’arrivo in porto previsto alle 07.00 e il tutti a bordo alle 13.30, il tempo utile non è poi molto per arrivare dal Pireo all’Acropoli, fare un giretto nella Plaka e rientrare in nave.
Il tutto senza contare le leggende: per una vita senti parlare di Atene come la città più caotica del pianeta, del traffico di Atene come di un traffico “tentacolare, vorticoso, che ci mette famiglia contro famiglia…” (cit.), che ti inghiotte e non ti fa uscire più. Il conferenziere fraudolento della Costa, il primo giorno, ti dice che sei “spacciato” se provi il faidate ad Atene, per cui… et voilà… eccolo lì servito il pacco per il crocierista ingenuo: “
Atene a modo tuo”, un bus che ti porta all’Acropoli ad appena 15 euro, adulti e bambini.
Stolti.
Non lo sanno.
O forse lo sanno, ma non vogliono che si sappia.
Ma noi si.
Noi abbiamo il forum, noi siamo i Crocieristi.it
C’è sempre una via.
Si chiama X80.
La sala colazione è gremita già alle 7.15 nonostante le prime escursioni ufficiali scendano alle 8.00. Dall’alto osserviamo il porto del Pireo, il più grande d’Europa per numero di passeggeri, i cui bacini sono solcati da navi di tutti i generi: dalla portaerei ormeggiata, agli aliscafi a una moltitudine di traghetti per le centinaia di isole greche.
Facendo colazione con calma, scendiamo alle 8.30, in formazione rimaneggiata: le bambine dei nostri amici sono colpite da influenza e acciacchi vari, quindi ci accompagna solo il capofamiglia. Mi dispiacerà averlo “usato”, ma il suo contributo alla gestione dei miei bimbi sulle rampe dell’Acropoli si rivelerà determinante.
La navetta del porto ci lascia alla dogana e per uscire dal porto ci sono bei 200 metri sotto un sole assurdo per le nove del mattino. Il meteo prevedeva 38 gradi di massima. Al mattino erano già almeno 32. Al terzo passo sotto il sole, il piccolo mi guarda con gli occhioni del gatto con gli stivali di Shrek e farfuglia:
“Sono stanco! Papà, mi prendi in braccio? Mi fanno male le gambe... Per favooooore…”. Mentre con tutto l’amore del mondo lo sollevo e lo metto in spalle, da qualche parte nel mio cervello risuona un
“piccolo delinquente, a 4 anni dovresti avere energie sufficienti per andare a casa a piedi, attraversando 3 stati... e invece mi hai preso per un il mulo di Santorini!?!?!?!”
All’uscita del porto, superate le file di autobus per le escursioni, si vedono i soliti tassisti e i soliti autobus scoperti che per 10 euro a testa, bambini compresi, fanno il solito giro della città. E poi, subito fuori dall’ultimo cancello, un gabbiotto con su scritto “BUS TICKET”. Procediamo in quella direzione, finchè non sentiamo ci mettiamo in fila. 2 o 3 persone prima di noi, chiedono informazioni, orari, fermate del metro da prendere e, ci mancava poco, l’intero pensiero degli antichi Sofisti.
Quando finalmente tocca a noi, e chiedo in inglese se potessi prendere dei biglietti per l’X80, il bigliettaio - il primo greco non urlante che incontriamo in crociera - si illumina in viso, ci fornisce i biglietti (4 euro a testa gli adulti, bambini come sempre gratis) e ci indica come la fermata sia esattamente di fronte, attraversando la strada. Mi chiede come fossimo venuti a sapere dell’esistenza di questa linea, probabilmente eravamo i primi in giornata a chiedere quei biglietti.
Alla fermata saremo all’incirca 15 o 20 persone, tutti italiani. Li sento discutere, prendo questo, prendo quello, scendo qua, risalgo là… Prima che potessi parlare, arriva un autobus e la fermata si svuota. Siamo rimasti solo noi... Noi e 4 tassisti che, a quel punto, schiuma alla bocca, si contendevano la preda: una tenera famigliola (+1) di turisti smarriti.
Il discorso che ci facevano era sempre quello: “
ma state scherzando? Sono le nove? L’autobus ci mette un’ora e mezza all’andata e un’ora e mezza al ritorno… salite e vi ci portiamo noi, 60 euro tutti quanti!”
Proprio mentre la famiglia iniziava a vacillare, preparandomi ad un nuovo Jamal, chiudo gli occhi e dico fra me e me: “
Devo crederci… il forum non mente… l’X80 esiste e passa ogni 20 minuti”. Lì mi accorgo che i tassisti si allontanano e, come un principe azzurro galoppante fra i prati fioriti, arriva il tanto atteso X80.
E’ vuoto. Si apre con solo un autista con le maniche di camicia arrotolate fino alle spalle: chiedo se è proprio l’autobus giusto nella direzione giusta, ottengo il sì tanto atteso e obliteriamo i nostri biglietti che ci consentirebbero di scendere in modalità hoponhopoff per tutto il giorno. Ben sapendo che non potremo farlo, ci accomodiamo e ci godiamo il viaggio in solitudine.
Passiamo attraverso le larghe strade di una metropoli moderna, in alcuni tratti simile agli Champs Elisèes, e nel giro di un quarto d’ora siamo già in vista dell’Acropoli, la cui fermata sarà pochi minuti dopo. Possiamo scendere subito o sulla via del ritorno dopo che l’autobus avrà fatto altre due fermate più avanti, in piazza Syntagma, dove ha sede il parlamento e dove si sono svolte tutte le manifestazioni legate alla crisi economica, e all’ingresso della Plaka. Scegliamo la seconda opzione, nel frattempo l’autista – il secondo greco non incazzato - ci fa incredibilmente da guida fornendo informazioni sui vari palazzi che incontriamo sul percorso.
La fermata Acropoli dell’X80, è subito a Sud dell’Acropoli stessa. Ci stupisce la scarsità di negozi di souvenir, rispetto ad esempio alla semplice Katakolon, ma lungo il viale che porta all’acropoli, ci stupisce più di ogni altra cosa l’altezza dell’Acropoli rispetto a dove ci troviamo, almeno 100 metri in linea d’aria in verticale. Maestosa, anche se dal basso si vede solamente roccia.
L’acropoli da sotto
Ci osservano, ancora
Mia figlia sbotta subito, scandendo le parole per conferire maggiore enfasi :
“io lassù NON-CI-SALGO.” Il piccolo è già appollaiato al mio fianco come un cucciolo di orango.
Arriviamo all’ingresso Sud-est, paghiamo il biglietto (12 euro solo per gli adulti – vale per diverse altre attrazioni di Atene ma NON per il museo nuovo dell’Acropoli) e dopo pochi passi ci ritroviamo al teatro di Dionisio Eleuterio: grande, ampio, ma non è rimasto molto.
il teatro di Dionisio
La strada inizia a salire poco dopo. Non la finirà più fino all’acropoli, permettendoci di capire il senso di ascesa e il carico di misticismo che provavano gli antichi greci avvicinandosi al principale luogo di culto della dea Atena. Beh, in effetti anche al giorno d’oggi ho sentito qualche turista della Deliziosa avere visioni mistiche in piena salita: più di uno, nei punti di maggiore pendenza, invocava – più o meno ossequiosamente – intere genealogie di Santi.
La prima tappa della salita è l’Odeon di Erode Attico, altro teatro, più piccolo del precedente, ma la cui struttura è rimasta conservata e pertanto lasciava ben immaginare come potesse essere l’atmosfera 3000 anni prima. Molto bello davvero, sembrava molto simile al Teatro Greco di Taormina, ma – mi permetterete – non c’è paragone, il nostro è infinitamente più bello e suggestivo.
L’Odeòn di Erode Attico
Vista frontale
Il resto del nostro cammino di ascensione (in base alla quantità di sudore emesso, esisteva effettivamente la possibilità che in vetta potesse arrivare il solo nostro spirito), procede lentamente… fra lamenti dei bambini e sbuffi dei muli, ruolo al quale si è gentilmente prestato anche il mio amico, consentendomi di portare sulle spalle un solo figlio per volta.
Alle undici circa, siamo alla base dei Propilei, il monumentale ingresso dell’Acropoli. Molto suggestivo, molto possente e pieno di sacralità. Colonne e marmi disposti in modo da lasciar intravvedere la gigantesca statua di Athena Promachos, perduta nel tempo, in tutto il suo splendore. Sublime, davvero. Penso a mio padre e alla mia incapacità di trasmettergli quelle emozioni. Testaccia dura! Se solo una volta avesse accettato la proposta di andarci con uno di noi figli...
Le serpentine ai Propilei
Il tempietto di Atena Nike (dialogo più gettonato? il figlio al padre: "
Come le mie scarpe!", il padre al figlio:
"si legge “niche”, non “naik”")
Superati i Propilei, si arriva alla spianata, dove le due opere principali si aprono improvvisamente davanti agli occhi: alla destra, il Partenone, violentato purtroppo, da un enorme opera restauro, con persino delle gru al proprio interno; alla sinistra la Loggia delle Cariatidi dell’Eretteo, ben pulite e conservate.
Il primo impatto con il Partenone
…e con le Cariatidi
particolare delle “ragazze” (sono copie, 5 delle originali sono conservate al museo dell’Acropoli, la sesta è al British Museum)
Ma se gli occhi vengono attratti da queste due meraviglie, gli altri sensi vengono duramente risvegliati da un vento folle, che genera un continuo volar via di cappelli di turisti – me compreso. Turisti che rincorrono i propri copricapi rimanendo vittima del marmo scivolosissimo che lastrica il pavimento. In certi momenti, manca solo la musica della Candid Camera.
Devo essere sincero, il Partenone in sé mi ha deluso un po’, lo aspettavo più grande e maestoso (non voglio apparire eccessivamente sciovinista, ma anche la Valle dei Templi ad Agrigento fa la sua bella figura, se non anche… no, basta… non mi spingo oltre). Certo, ha una posizione unica e una storia molto più significativa alle spalle… Provo a ricostruire l’aspetto originario, posizionando mentalmente nella sede originaria l’intero timpano visto anni prima al British Museum, ma l’operazione è troppo complicata e devo rinunciare.
fianco del Partenone
particolare del frontone
Così come da tutta Atene si può scorgere l’Acropoli, dalla vetta dell’Acropoli si domina l’intera città di Atene: 360 gradi di cemento in tutte le direzioni, che ne fanno la città d’Europa con la minor percentuale di aree verdi, una distesa prevalentemente bianco/avorio a perdita d’occhio. Si nota palesemente, poi, la differenza con Roma, in cui i segni dell’impero sono visibili in moltissimi scorci della città, mentre ad Atene, l’Acropoli, il foro e il tempio di Zeus poco sotto, sono tutti concentrati nel giro di pochi chilometri, lasciando poco altro al resto della città.
il belvedere
Il tempio di Zeus visto dall’alto
Graffiti ellenici
Negozio di Capitelli
Il caldo ha distrutto i bambini, che lottano per non fare ulteriori metri al caldo, mia moglie non parla più da diversi minuti, il nostro compagno d’avventura boccheggia anche lui… si capisce che è ora di tornare. La rinuncia al museo dell’Acropoli era messa in preventivo, ma fa comunque un po’ male passarci davanti e non potervi entrare.
Il ritorno sembra 3 volte più lungo ma, fra una sosta gelato e una pausa souvenir, torniamo alla fermata e ci appropriamo del marmo alla base di una vetrina di un negozio di pellicce (Ma che sono pazzi? Vendono pellicce quando non si scenderà mai sotto i 20 gradi? E c’erano pure clienti dentro!!! A Luglio!!! Sfido che c’è la crisi economica…!)
L’X80 arriva, e come all’andata ci siamo solo noi. Chiedo all’autista come mai sia all’andata che al ritorno ci fossimo solo noi. Mi risponde – bofonchiando – qualcosa relativo alla poca pubblicità all’estero. Avrei voluto consigliare al governo greco di investire sui forum specializzati, ma va bene così. Ah, ancora una volta 18 minuti di viaggio, con un bel vaffa ai tassisti imbroglioni e alle leggende sul traffico di Atene (P.S. Era un sabato di Luglio, non un Lunedì di Ottobre… concedo il beneficio del dubbio)
Rientriamo in nave alle 13.00, constatiamo la già invivibile atmosfera al buffet e ci dirigiamo a pranzo giù al ristorante. Mentre la nave saluta Atene, comprendiamo che adesso è veramente finita e il restante giorno e mezzo di navigazione sarà una lunga agonia.
Il pomeriggio, in realtà, qualcosa di interessante lo proponeva: l’escursione sulla nave stessa: ristoranti, aree per l’equipaggio, sala motori, plancia… ma cavolo, 39 euro a persona!!! Abbiamo un po’ vacillato sulla decisione di inserirci all’ultimo momento, mandando i bambini allo Squok, ma di fronte a mia moglie dormiente dopo la mattinata pesantissima sulle rampe dell’Acropoli, non potevo far molto.
La sera, dopo due serate “farlocche” di gala e una simpatica notte bianca, è di scena la Festa italiana, ovvero l’unica occasione in cui gli uomini possono sfoggiare delle improbabili polo verde prato e le donne si spingono in accoppiamenti cromatici che altrimenti farebbero solo sotto tortura. E fra Toto Cutugno che accompagna gli antipasti con il suo Italiano veeeero, strane canzoni latinoamericane spacciate per italiane, camerieri che prendono le mogli dal tavolo per farle ballare (ma che visibilmente pensano alle portate successive e al turno dopo e alla pulizia del ristorante e alla colazione del mattino dopo e al primo giorno di riposo che avranno chissà quanto tempo dopo), la cena passa in relativa allegria. Dopo tutti in Piscina a festeggiare con balli e canti.
Proprio quella sera c’è inopinatamente la Costa Rica a giocarsi un quarto di finale dei mondiali. Dovevamo esserci noi, che festa italiana può essere? Balotelli, che mi hai combinato prima di partire???
Fa nulla… la notte è giovane e si ballerà per tanto. La musica è buona e ce la godiamo un po’. Già. Proprio così. Un minuto dopo, un altro paio di occhi da gattino arruffato, sentenzia: “
Papà, andiamo a letto?”