Cap. 6 – Izmir e i tormenti di Jamal
La giornata di Izmir è, in realtà, iniziata la sera prima quando, prima di andare a cena, ho preso mia figlia maggiore a quattrocchi (il piccolo pende dalle sue labbra e avrebbe eseguito senza battere ciglio le sue indicazioni) e le ho chiesto - caricandola di responsabilità - la domanda secca: “
visto che hai trovato le amichette e che ti è piaciuto lo Squok club, ti senti di restare sola in nave mentre io e mamma andiamo in escursione lontano per 5-6 ore?” Al suo “
no”, con annesso l’occhio lucido e il labbro tremolante, ho capito che la visita ad Efeso e alla casa di Maria andava rimandata ad altra occasione.
E Izmir sia. Amen. Fra l’altro è la prima volta che metto piede in Asia, sono comunque soddisfatto!
Il lungomare di Izmir all’arrivo
Bandiera all’arrivo
Izmir era l’escursione che avevo preparato meno: sulla base delle indicazioni del forum, l’idea originaria era prendere le carrozzine a cavalli – ideale prosecuzione del percorso a dorso di mulo fatto il giorno precedente – che avrei trovato a decine fuori dal porto e farmi portare attraverso una bella passeggiata nell’organizzato e pulito lungomare di Izmir, fino a piazza Konak, dove c’è la torre dell’orologio. L’arrivo è alle 8.00, il rientro alle 14.00. Le indicazioni del forum erano chiare: evitate i taxi, in alternativa, prendete i bus hoponhopoff.
Stranamente da soli, usciamo dalla nave con discreta calma intorno alle 9.00 e, dopo aver espletato i controlli, prendiamo in tranquillità la navetta che ci porta all’uscita del porto. A quel punto, per la prima volta, proviamo la sensazione reale di essere una preda. Ci fermano decine di tassisti che ci propongono il giro guidato di mezza giornata, mentre ci dirigiamo subito a destra dove dovrebbero trovarsi le carrozzine.
Ne troviamo solamente due, che partono ben prima che potessimo ritrovarci a contrattare. Così siamo soli, tutti e 4, con il nugolo di tassisti alle spalle e 4 chilometri di lungomare da percorrere. Bellissimo, certo, ma all’ottantesimo metro i bambini avrebbero iniziato a chiedere di essere messi in braccio e, cento metri più in là, l’area ludica che avevo visto nelle foto sarebbe divenuta la destinazione principale dello scalo.
E a quel punto arriva Jamal. Si, un tassista. Ci propone il solito giro: se fossimo saliti con lui, ci avrebbe portato in 4 o 5 attrazioni della città, aspettandoci con il suo Taksi e riportandoci in porto in tempo per la partenza: 50 euro per tutto il giro. Il mio “
no, grazie”, cade nel vuoto, lui continua comunque a cercare di convincermi. Non devo prendere taxi, l’ho anche raccomandato al mio compagno di tavolo che ho intravisto durante la colazione.
Sulla spalla sinistra il diavoletto con la mia faccia, la coda a punta e la camicia a quadrettoni del tassista mi dice: “
Sali, accetta… non ricordo fatti di cronaca nera, male che vada perdi solo i soldi che ti ruberà”; sulla spalla destra l’angioletto sentenzia: “
Ma sei fuori!? Hai due bambini! Dove credi di andare con questo qui? Oggi finisce male!”. Volavano gli sguardi fra me e mia moglie: alla fine…
Il suo italiano era stentato, l’inglese ancora peggio… non so cosa mi ha spinto, alla fine, ad accettare. Si va: nell’immenso parcheggio dei taksi, si allontana e torna strombazzando felice. Con un sorriso e qualche bugia, gli faccio una foto mentre arriva: ho preso la sua faccia e il numero del taxi. L’ho mandata a casa tramite whatsapp con la frase: “
Siamo a Izmir. Dovesse succedere qualcosa, è stato lui e quello è il suo numero di taxi.” Con questa pallida assicurazione, saliamo a bordo e usciamo dal posteggio, mentre cerco negli occhi della signorina al casello del posteggio eventuali sguardi di pericolo imminente nei miei confronti.
“Dovesse succedere qualcosa…”
Partiamo. Inizia una breve presentazione di Smirne: città moderna ed antica insieme, palazzoni nella zona nuova ben curata, case un po’ meno curate man mano che ci si allontana. La prima tappa del giro che ha previsto per noi è l’Agòra di Smirne. Mentre procediamo, si snodano tre eventi significativi nel nostro rapporto con Jamal: il primo divertente, il secondo preoccupante, il terzo decisamente inquietante.
Il primo: ad un certo punto inizia a dire una frase completa che finisce con SURPRIS! SURPRIS! E mi fa cenno di aspettare… nel giro di un minuto dal vecchio mangianastri in dotazione risuona la voce di Toto Cutugno, con gli spaghetti al dente e il partigiano come presidente. Giù risate da parte sua: “
Questo taxi, tua casa!”. Io, ancora non del tutto convinto del nostro guidatore, pensavo: “
Purchè non finisca con «questo taxi mia tomba»”.
Il secondo: mentre guida inizia a lacrimare, prende il suo portafoglio e ci inzia a fare vedere le foto della sua famiglia. Si concentra sul terzo figlio, Hassan, rivelandoci che è autistico, ed inizia ad elencare le spese settimanali che sostiene per tenerlo in un centro specializzato, quanto sia facile ricevere aiuti se sei africano, mentre se sei turco i paesi ricchi e le grandi nazioni come l’Italia (!) non ti aiutano. Che sia il momento giusto per compiere la sua giusta vendetta contro le nazioni occidentali?
Il terzo: guarda nello specchietto, incrociando lo sguardo di mia figlia. Inizia a dire altre frasi in turco, e poi mi guarda con sguardo spiritato, dicendomi
“Io sento persone… Io Medium!”. Al semaforo, si ferma e nell’attesa chiede di poter mettere le dita sulla fronte di mia figlia, dicendo ancora “
Io vedo futuro persone!”. Nella mia testa penso: “
Oh, ca**o, questo no…”; a voce dico: “
Oh, ca**o, questo no! Stai zitto, non dire niente, stai zitto!!!” pensando a chissà quale sventura stava per prevedere. Che poi è ovvio che uno non ci crede, però… e meglio non averci nulla a che fare lo stesso! Ma lui non demorde e, dopo qualche secondo, al verde del semaforo, stacca le sue dita da fronte e tempia della mia cucciola e dice: “
io visto suo futuro fra venti anni”. Io continuavo: ”
stai zitto, shut up, silence, non dire niente!”. Ma lui tranquillizzandomi, sopra il mio “
Noooooooooooo”: “
Stai sereno… Lei grande dottore di denti!”
Con queste belle conversazioni, arriviamo in una ventina di minuti all’Agòra, di Smirne. Il biglietto è 10 lire turche (circa 3 euro), ma pagherà Jamal per noi. Ci dice dove trovarlo e possiamo stare quanto vogliamo. Le rovine sono abbastanza significative (niente di che rispetto ai grandi siti archeologici), ma la visita comunque mantiene un senso.
scorcio di Agòra
la cisterna dell’antica Smirne
Usciamo dall’Agòra e la tappa successiva ci condurrà alla fortezza Kadifekale, detta il Ccstello di Smirne, da cui è possibile ammirare il panorama del golfo e di tutta la città. Jamal ci avverte: “
Non comprare bancarelle castello, tutto made in china, poi porto io bazaar, porto io dove comprare!”. Ti ho capito, bello mio... Lo dico anche a mia moglie: anche a noi toccherà andare a visitare il negozietto dell’amico del tassista.
La fortezza è un po’ malandata, in fondo viene utilizzata solamente come torre panoramica. Ciò non di meno, il panorama è veramente bello, si comprende quanto è grande Smirne e in lontananza la Deliziosa ti guarda con quel tono da romanza napoletana “
’sta casa ‘spetta a te!”.
Panorama dal castello
No, non posso scrivere correttamente il testo, ma più o meno faceva così:
aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaooooooooouuuuuuuuuuuuuummmmmmmmkkkkkk!!!!!!
La terza tappa del nostro giro è la Moschea Blu di Smirne. Non sapevo neanche della sua esistenza, ma devo dire che mi è rimasta davvero impressa, ben più della Moschea Blu più celebre ad Istanbul. Piccolina, raccolta, pulitissima e ben curata (apprezzerò solo ad Istanbul anche il fatto che qui non c’era puzza di piedi sporchi di turista incivile), davvero un posto meraviglioso.
Qui nell’area davanti l’ingresso, Jamal mi sorprende con un bellissimo discorso sull’uguaglianza delle persone davanti a Dio, qualunque sia il nome che ad esso si possa dare, sul modo intimo di vivere la religione dei musulmani, sulla libertà di pensiero e di espressione che hanno i turchi rispetto ad altri paesi musulmani. In 5 minuti di discorso, un po’ in italiano e un po’ in inglese, ho istintivamente smesso di preoccuparmi di Jamal.
gioco di luci
dettagli
l’esterno
Dopo la Moschea Blu, l’ultima nostra tappa era il kemeralti bazaar, un primo assaggio di ciò che ci avrebbe poi offerto Istanbul. Ci diceva spesso: “
prezzi Izmir buoni, prezzi Istanbul alti e roba non originale”. Me ne accorgerò due giorni dopo, ma non posso che dargli ragione, perlomeno sui prezzi.
Il quartiere di Kemeralti è in realtà un grande Bazaar, in cui il vero bazaar (inteso come mercato coperto) è solo una piccola parte. Jamal ha lasciato la macchina all’ingresso ad un suo amico e ci ha accompagnato a piedi lungo le vie del bazaar: ogni porta un negozio ed ogni negozio pieno di splendidi oggetti di ogni genere. Le trattative sono divertenti: per una lampada ci hanno chiesto 300 euro, poi siamo scesi fino a 35
.
Jamal ci ha portato da diversi suoi amici, in alcuni abbiamo comprato delle chincaglierie assortite per farlo contento, ma nel grande SHOP FOR CRUISERS che doveva essere l’obiettivo principale del suo commercio privato, non abbiamo comprato nulla, anche perché c’era merce improponibile come giubbotti di pelle e borse Louis Vitton a prezzi esorbitanti. Jamal è uscito contrariato (chissà quale fosse la sua percentuale), ma non ci ha abbandonato nel nulla.
i colori del bazaar
l’interno del bazaar (nonostante mia moglie INSPIEGABILMENTE sostenga che io non volessi fotografare esattamente il bazaar)
Ci accorgiamo fra un negozio e l’altro che il turco medio, nel suo cercare di essere gentile, ha il viziaccio di toccare i bambini: prenderli per mano, accarezzarli, tentare di dargli dei baci. E, forse per motivi religiosi, soprattutto lo facevano con il maschietto: molti lo volevano accarezzare, con la scusa di “
occhi blu belli!”. Mia moglie ha uscito le unghie più di una volta e io li tenevo comunque stretti a me.
L’ultima tappa, su mia richiesta, era portarmi dove mangiare un Signor kebab. Ci ha portati all’uscita del bazaar, in un locale all’aperto molto caratteristico, in cui servivano molti piatti curiosi. Non so come e non so perché, mi ha fatto, invece, ordinare il piatto tipico di Izmir, che ha chiamato “Piccolo Beef” (Come? in Italiano e inglese?). Ha fatto le ordinazioni per noi e ci siamo messi a parlare un po’ del suo lavoro, di cosa faccio io, di calcio – tifoso incallito del Fenerbahce, ricordava con rabbia un gol di Del Piero di 3 anni prima.
Quando arriva questo piatto e l nostre bibite, ci accorgiamo che ha anche ordinato per sé una Fanta e un mostruoso Durum Kebab, che sembrava buonissimo e che, in fondo, era quello che volevo assaggiare io! Naturalmente, alla fine, si è fatto pagare il conto senza dire una parola!
il super kebab!
Finito il piattone (buono, indubbiamente), ci riporta alla nave. Mentre ci dice che non c’è più tempo per andare a vedere piazza Konak e la torre dell’Orologio simbolo di Smirne, ci accompagna al porto e mi saluta con un forte abbraccio.
Mentre ci allontaniamo nella zona portuale, guardiamo Jamal allontanarsi soddisfatto. Non ci ha sventrati, non ci ha rapinati, non ci ha fatto passare attimi di terrore. Ha svolto il suo lavoro e noi, tutto sommato, ci siamo divertiti e abbiamo capito un po’ meglio cosa è realmente la vita in Turchia.
si parte!
e mentre noi scarichiamo roba…
qualcun altro in porto sta clamorosamente flirtando!
Il pomeriggio in navigazione verso Istanbul, fra Squok, piscina e cena ci fa riappropriare di un po’ di vita da nave, e a sera lo spettacolo ci trasporta verso Atene e le cariatidi, con la presenza e la voce di tale Giovanna Russo, la cui presentazione avviene tramite spezzoni di sue partecipazioni televisive del genere Paolo Limiti e oldies varie. Avrà anche una bella voce, ma quando parte l’embolo della risata c’è poco da fare: già c’era inspiegabile allegria nel gruppetto, ma momento in cui presenta alcune sue canzoni e cavalli di battaglia, dirà “
ecco, questa è una delle canzoni che ho presentato spesso ai bambini…”, mi scappa involontariamente un “
Il coccodrillo come fa…” udito nel giro di un metro buono. La risata incontrollata parte e si propaga a macchia d’olio lungo 3 file per 4 o 5 minuti, prima di ricomporci e tornare tutti persone più o meno rispettabili. Lo so, è un episodio scemo, ma ancora ci ridiamo inspiegabilmente su.
Ma l’indomani sarà Istanbul. E fu sera, e fu mattina, il sesto giorno!