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11 Ottobre 2012
- Izmir-
"Il più bello dei mari è quello che non navigammo. Il più bello dei nostri figli non è ancora cresciuto. I più belli dei nostri giorni non li abbiamo ancora vissuti. E quello che vorrei dirti di più bello non te l'ho ancora detto."
Se avessi così tanto spazio sulla pelle rimasto libero da tatuaggi, imprimerei per sempre questa poesia su di me.
Apriamo così la pagina di diario dalla Turchia.
Apriamo questa nostra nuova vicenda di vita, con la poesia, forse più celebre, del mio poeta preferito, il POETA, lo scrittore che amo e sempre ameró sopra tutti, Nâzim Hikmet-Ran.
Il poeta dei poeti.
Siamo nella sua terra, e questo, da suoi ospiti, è il giusto inizio per affrontate questa giornata.
Ore 6.12 della mattina, siamo in piedi, per organizzare la discesa a Izmir, dal greco antico detta anche Smirne, mirra, per la presenza di tale arbusto nella zona.
La perla dell'Egeo.
Ci dedicheremo ad un semplice giro della cittá, senza escursioni organizzate e senza raggiungere né Efeso con i suoi scavi, né la casa di Maria.
Chissá come sará questa cittá e questo approccio a lei, luogo di nascita del poeta Omero, terza città per grandezza della Turchia con i suoi 3,5 milioni di abitanti, è una metropoli vera.
Sono cresciuta con il mito della Grecia ed in particolar modo della Turchia, dati i ripetuti e frequenti viaggi di alcuni miei familiari in queste zone.
Ho vissuto a stretto contatto fin da bambina con oggetti e suvenir provenienti da questa terra che mi venivamo portati al ritorno, dalle bamboline di pezza tipiche, passando a scatoline in legno intarsiato fino alle famose gelatine turche.
Sono da sempre collegata affettivamente a questo mondo, vuoi per la sua letteratura che fruisco, vuoi per i suoi film che compro assetata di "Türkiye".
Sono le ore otto e con gli occhi ancora gonfi di sonno e le membra pesanti, sbarchiamo sul suolo dell'antico Impero Ottomano.
Ci accolgono subito una serie di taxisti in camicia e baffi, intenti a bere il loro thè o il celebre Turkish coffee, denso, forte, scuro, guai a mescolare una tazzina di caffè turco, i fondi si devono depositare.
La nostra scelta cade su un uomo bassino intorno al metro e sessanta, baffi d'ordinanza e una gran bella camicia da parata( stirata e inamidata alla perfezione).
Chiediamo di portarci direttamente al Bazar Kemeralti, cuore pulsante di Izmir.
Prontamente parte, sgommando con una ripresa che fa invidia a Fernando Alonso.
Sfreccia come un matto all'interno del traffico intenso di Izmir, cambiando più volte la sua corsia. Notiamo subito che anzichè utilizzare i freni usa spesso e volentieri il clacson, sembra di essere in mezzo ad un carosello per festeggiare la vittoria della nazionale turca agli europei piuttosto che i mondiali di calcio.
Dopo 5 minuti di viaggio con 4 parole strampalate di italiano inglese e turco, ci fa intendere che per 50 euro ci puó far visitare tutta la città, ma noi malati di shopping rifiutiamo con gentilezza e chiediamo di essere accompagnati al mercato.
Costo della corsa o del gran premio di Turchia... 10 euro.
Arriviamo al Bazar con ancora molti negozi chiusi e i pochi aperti presentavano i loro proprietari intenti in colazioni a dir poco polifemiche a base di Kebab, zuppe e uova lesse.
Veniamo fermati subito da un bel ragazzo il quale sembra uscito direttamente da" Le mille e una notte", classica novella orientale con personaggi affascinanti e carismatici.
Ci fa vedere merce contraffatta di ogni fattura e caratteristica.
Inneggia scherzosamente al Bel Paese e camminando mi rendo conto che in qualsiasi paese si metta piede, l'italiano è sempre ben visto, ben voluto, amato.
Me ne pregio.
Qui, siamo nella patria del falso o tarocco e non si intende l'arancia rossa di Sicilia.
Me ne accorgo nel camminare.
É tutto griffato ed imitato.
Soprassediamo agli acquisti e proseguiamo nel nostro giro di perlustrazione.
La gente è molto cordiale, gentile e simpatica, solare.
Anziani signori al bar urlano al nostro passaggio:" Roberto Baggio, Roberto Baggio"......
La gente del posto è la cartolina del luogo.
Scherzosi, solari e umoristici.
Mercanti rumorosi, uomini e donne che negoziano sul prezzo, questo è il Bazar.
È adesso il turno di Idris, simpatico turco, che con un bianco sorriso ci mette subito a nostro agio e ci accompagna nel suo negozio dove finalmente riusciamo ad utilizzare il nostro inglese e non ci sembra vero che si riesca a comunicare con loro.
Prova a convincerci a comprare magliette Ralph Loren, ma il nostro occhio cade su un narghilé decorato in vetro colorato.
Tutti i bar sono pieni di uomini che lo usano, e la voglia ci prende.
Nelle kahvehane i turchi passano ore fumando il narghilè, la pipa ad acqua che aiuta la concentrazione e lo scambio di ideee tra una battuta e un dibattito di politica, questa ci dicono che sia un bel gioco, tra di loro ne discutono con umorismo e ne fanno satira.
Ci farà compagnia in questo lungo inverno in montagna, fra le Dolomiti, pensando al mare, pensando a questo luogo dove il tempo si è fermato nonostante intorno a noi ci sia traffico, urla e a tratti modernitá.
Dopo aver contrattato il prezzo e mercanteggiato, Idris ci accompagna da un suo amico, esperto di tappeti, anche se non siamo appassionati del settore, la bellezza della merce é obiettivamente visibile.
Il poveretto affaticato dal tanto mostrarci, ci offre subito del thè alla mela e smonta il suo negozio per cercare la merce a noi gradita ma anche qui, il nostro occhio cade su altro...
Acquistiamo due porta fortuna giganti, da appendere tramite fili di tappeto kilim alle travi in legno a tetto di casa in montagna, in segno di buon auspicio e prosperità.
Paghiamo, con rito propiziatorio musulmano, come ci viene brillantemente spiegato e richiesto, buttando a terra i soldi e sfregandoli sulla barba dell'uomo, il proprietario,che li raccoglie.
Il negoziante è entusiasta di averci insegnato e spiegato un rituale loro tipico e noi, assetati di questa Turchia, lo ringraziamo caramente.
Gioiellerie, negozi di spezie, abbigliamento, dolciumi sovrastano il nostro occhio.
Negozi di abiti da matrimonio, bomboniere ovunque, pare una città basata sull'industria delle nozze.
Ci domandiamo quanto sia pomposo un loro matrimonio e la domanda pare essere di facile risposta.
Donne velate si mischiano a donne con abiti tutt'altro che castigati , a tratti svestite.
Negozi di intimo, spesso osè, ovunque.
Pare essere una cittá libera, aperta, moderna rispetto alla media nel resto della Turchia.
Scolaresche urlano festanti all'entrata delle scuole, indossano divise colarate e giovanili, cravattino per i maschi e gonnella stile college per le femmine.
Ovunque ti giri, compare una Moschea, titaniche alcune, mignon altre, alcune sembrano souvenir data la loro bellezza portatile.
Si cammina e a tratti ci chiamano, ci salutano...
Per le vie si eleva la parola "Nasilsiniz" al nostro passaggio, come state?
Si nota da subito che tengono al rapporto umano, al contatto.
Si respira grande rispetto per il turista e la voglia di far bello il paese in cui vieni ospitato.
Si respira aria di cibo in ogni angolo del mercato e il nostro amato kebab campeggia in ogni dove.
Non siamo pentiti di non aver effettuato gli scavi archeologicici di Efeso, questa atmosfera metropolitana ci piace davvero moltissimo.
Una volta acquistato tabacco ai frutti di bosco, ci dirigiamo in un mega negozio di bigiotteria etnica, la mia passione. Qui Alessandro per 20 euro acquisterà per me, mezza bottega e... iniziamo a prenderci gusto.
I venditori sono espansivi, ma schivi.
Non sono opprimenti o insistenti.
Ci fermano solamente per mostrarci merce contraffatta, alcuna, veramente ben fatta se non fosse per la qualità dei tessuti scadente, e per dirci che sembriamo due di loro, loro fratelli, dati i nostri tratti somatici simil arabi, con i nostri colori scuri di capelli ed incarnato.
A tratti sembra di essere ripiombati di colpo nei nostri anni cinquanta.
Sciuscià in ogni angolo della strada lucidano le scarpe ben tenute di signori iper curati ed eleganti.
Sembra di essere dentro il film dell'immenso Vittorio De Sica e nel mondo dei lustra scarpe del dopoguerra.
Camicia, cravatta, ferma cravatta e gemelli per molti sono il vestito di ordinanza, il lascia passare della vera moda.
Barbieri frequenti, frequentissimi , e scie di dopobarba che smuovono l'aria al passare di molti uomini.
Il dopobarba si fonde inesorabile al profumo di carne, spezie, melegrane rosse, succose, invitanti.
Ci beviamo a tal proposito una mega spremuta tipica di melograno che è vera delizia per il palato e vera esaltazione del gusto.
Questo stupendo pomo punico colora l'ambiente di rossastro e amaranto.
Ci dirigiamo nel quartiere elegante della città, non lontano dal mercato.
Negozi chic campeggiano, ma sempre frequente compaiono ancora abiti da sposalizio, perline per ornare i capelli nella cerimonia, pizzi e merletti.
Il lungomare è ben tenuto e ampio.
Vi si cammina a meraviglia.
Da esso raggiungeremo la Piazza Konak famosa e affallota da gente diversa, piccioni, cani che vagano e si rilassano.
Vi campeggia la Torre dell'orologio, struttura che sembra essere caduta dal cielo da un mondo lontano. Chiccosa (concedetemi il termine) e armoniosa nell'insieme.
Bandiere rosse con una falce di luna e stella a cinque punte (bandiere che furono tra l'altro proprio dell'Impero Ottomano) sventolano sui palazzi attorno alla piazza e una piccina piccina moschea, minuta, sottile, esile, sembra riposarsi ai margini del piazzale.
Da l'imprensione sia uscita da una favola per bambini, una moschea di marzapane.
È l'ora giusta per pranzare. Degusteremo un succulento piattone di kebab immerso in yougurt bianco e cosparso di salse piccanti, ottime.
Mangiare il kebab in una delle sue vere patrie, è quasi un dovere civico per chi come noi usualmente lo degusta in varie città italiane, kebab in trasferta.
Mangeremo tante specialità tipiche disparate e il conto finale ammonterà alla modica cifra di sei euro a testa.
Non contenti e mai paghi continueremo la nostra gita in Izmir post pasto.
Acquisteremo i loro tipici rosari, il Tasbeeh, stupendi e colorati, che ancora adesso abbiamo al collo, per strada e nei bar tutti gli uomini ci giocherellano, sopratutto con quelli in versione ridotta, a 34 grani. Questo rituale, per loro, è simbolo di ricordo incessante con Dio, ripetendo poi il suo nome, viene dimenticato tutto ció che Dio non é.
Ci imbatteremo poi, in un simpatico signore munito di macchina da scrivere e banchetto ambulante, scrive lettere per chi ne avesse bisogno e per chi avesse problemi con l'alfabetizzazione.
Una sorta di professore, consulente della lettera.
L'aspetto pittoresco di queste vie rendono Izmir una città da scoprire e da esplorare.
Profumi di incenso ci mandano in estasi...
Immagini frequentissime ancora di uomini al bar che sorseggiano thè alla mela o caffè turco, fumano narghilè multicolori e giocano a dama, a scacchi.
Tavolini invasi da dame in legno, pare un vero oggetto di culto.
Pare di essere dentro quadro dipinto con scene ricorrenti.
La stanchezza del tanto camminare comincia a farsi sentire.
Decidiamo di risalire con calma in nave, passeggiando lungomare e arrivando alla nave *a piedi, senza mezzi.
La distanza non lo proibisce.
Saranno due o tre chilometri, ma ben fattibili, su un tracciato che invoglia alla passeggiata.
Il lungomare è spazioso e fatto di locali tipici ed invitanti.
La nave parte alla volta di Atene.
Simpatici gabbiani in massa volano su di noi.
Le loro "urla" sembrano risa.
Sembra che ridano incuranti della nostra partenza.
Non sembrano poi così afflitti dal nostro partire.
Man mano che ci allontaniamo dal porto le moschee in lontananza paiono sempre più piccole, ormai impercettibili.
Ciao terra turca, ormai siamo staccati da te.
Parto col desiderio incessante di raggiungere al più presto anche Istanbul.
Mi stacco da te, dalla terra di tante personalità note ed alcune care, Hikmet in primo luogo, Aristotele Onassis al quale domani penseró essendo in terra della divina, Fatih Terim e le avventure calcistiche italiane memorabili(viola-rossonere), Frezan Özpetek con il suo cinema che tanto amo e la sua Turchia che aleggia in ogni ciak.
"La Turchia è il Paese dove ti sorridono facilmente e molto discretamente.
La Turchia è Paese dove alla gente piace salutarti, chiederti da quale Paese vieni, darti il benvenuto, invitarti a mangiare o a bere un thè.
La Turchia è il Paese dove la gente vive la religiosità con un pó di flessibilità e relax, il che permette ai turchi di dare a uno straniero la possibilità di sentire l'Islam, invitandolo anche a pregare con i fedeli.
La Turchia è il Paese dove ogni turista amerebbe trascorre un pó di tempo, perchè qui si trova tutto quello che permette a un turista di sentirsi bene: rispetto, affetto, tranquillità e curiosità.
La Turchia è il Paese dove ho potuto provare di nuovo cosa vuol dire essere innamorato, perchè qui lo sono stato e tante volte, innamorato di tutti quei occhi e quei sguardi che hanno incrociato il mio cammino che mi hanno accompagnato." Massfish
Rimango in cabina dopo la partenza a riordinare e smistare regali e souvenir, Alessandro invece, come è solito fare, si reca al teatro, questa sera verrá proposto" I have a dream", lo spettacolo fatto dall'equipaggio a bordo.
Talentuosuosi a dir poco alcuni.
Radio cabina 1367 trasmette
"vivere una favola" di Vasco, onnipresente in queste cuffie....
"Cosa.. Non.. Darei.. Per stare su una nuvola.. Cosa non farei per vivere su un'isola...."
Domani approderemo ad Atene.
Siamo pronti al nuovo ancoraggio.
Buona notte, siamo preparati alla nuova alba.
Alla vita
Prendila sul serio (la vita)
ma sul serio a tal punto
che a settant'anni pianterai un olivo
non perché resti ai tuoi figli
ma perché non crederai alla morte
e la vita peserà di più sulla bilancia.
Hikmet