Re: Lavorare su una nave: a chi piacerebbe?
Entrambe le considerazioni sono verissime. Purtroppo partire su una nave è un'attrazione fortissima per chi la prova ed è difficile da spiegare. La compagna, non comprendendo, considera come un volersi distaccare da lei o uno scarso interesse il voler partire. Purtroppo vi è un'incompatibilità naturale ed imbarcarsi è per forza una forzatura. E' vero, come dite, che 4-5 mesi non alterano un rapporto maturo, anche se lo turbano e profondamente, soprattutto nelle fasi che precedono la partenza. Ma dobbiamo anche comprendere che la compagna non sa, e nemmeno noi in fondo, se si tratta veramente di 5 mesi o se sarà una vita intera. E allora tutto si complica. Il giorno in cui parti ti senti un traditore, un egoista. Ma dall'altra parte c'è il mare e c'è la nave, maledettamente attraente anche se tutti sanno che non è un paradiso ma un luogo duro, senza tempo e senza spazio. Da una parte ci sentiamo in diritto di poterlo provare, la vita è una e non avremo un'altra possibilità. Dall'altra partendo lasciamo una parte di noi. E questo vale anche per la famiglia, un padre o una madre. Dare consigli è difficilissimo, sulla bilancia ci sono pesi che si equivalgono, anche se talvolta prevale l'uno e tavolta l'altro. Tuttavia un suggerimento mi sento di darlo: se queste riflessioni si fanno alla base, prima di aver intrapreso qualunque mossa, si è a tempo a convincersi a lasciar perdere e fare una vita normale. A volte il normale lo paragoniamo alla monotonia, alla routine, alla banalità. Ma qui normale si intende vera, ampia, completa. Se invece, come nel caso di alcuni utenti che qui scrivono, ci si è già mossi, ci sieti vicini, avete già messo un piede in quella nave... Allora partite. Alla fine se quella non è la vostra vita avrete perso solo qualche mese lontano dall'amata e questo non è molto in una vita. Se invece vi prende e vi ammalarete del ferro, allora avrete intrapreso una vita diversa ma è quella giusta per voi.