Il Museo Gregoriano Egizio
Il Museo Gregoriano Egizio fu inaugurato il 2 febbraio 1839 per iniziativa di Papa Gregorio XVI, che considerava fondamentale la conoscenza di quella antica civiltà del vicino Oriente per la comprensione dell'Antico Testamento.
Il museo si articola in nove sale espositive, delle quali riprendo le descrizioni dal sito dei Musei Vaticani:
Sala I. Iscrizioni geroglifiche su stele e statue (2600 a.C.-600 d.C.).
Sala II. Costumi funerari nell'antico Egitto (2600 a.C.-200 d.C.).
Sala III. Ricostruzione del Serapeo di Villa Adriana (ca. 131 d.C.).
Sala IV. L'Egitto e Roma (I-II secolo d.C.).
Sala V. Capolavori della statuaria faraonica (2000 a.C.-100 d.C.).
Sala VI. Bronzi votivi del I millennio a.C.
Sala VII. Figurine di bronzo e d'argilla dall'Egitto ellenistico e romano.
Sala VIII. Tavolette cuneiformi e sigilli dalla Mesopotamia; vasi e bronzi dalla Siria-Palestina (III-I mill. a.C.); Rilievi palmireni (I-III sec. d.C.).
Sala IX. Rilievi e iscrizioni dei palazzi Assiri (883-612 a.C.).
Entrando, colpisce subito, sulla sinistra, la Stele commemorativa di Hatshepsut e Thutmosi III, in arenaria gialla, proveniente dal Tempio di Amon (o dio Sole) a Karnak:
Hatshepsut, seconda figlia di Thutmosis I (la prima morì in tenera età) non avendo avuto figli maschi, dopo la morte dello sposo (e fratellastro) Thutmosis II venne nominata reggente in luogo del giovanissimo Thutmosis III, asssumendo successivamente il titolo di faraone e regnando per 20 anni.
La stele commemora la dedicazione di un monumento al dio Sole, raffigurato a sinistra nella stele, di fronte al quale è appunto Hatshepsut, seguita da Thutmosis III. La quarta figura rappresentata una personificazione di Tebe come dea armata di arco e frecce.
Interessante è anche lo "scarabeo storico" di Amenothep III:
Perché si chiama così? Guardando la pietra dalla facciata opposta, si nota chiaramente che la sua forma altro non è che il dorso di uno scarabeo.
Per darvi un'idea, riporto ad esempio lo scarabeo che celebra il matrimonio tra Amenhotep III e la princiessa Khilughipa, conservato al British Museum:
Le incisioni riportate sul ventre, visibile nella foto, ricordavano eventi importanti del regno: esistevano scarabei del matromonio, che ricordavano l'unione del faraone con la regina; scarabei della caccia (a leoni o tori); scarabei del lago (proprio quello che abbiamo fotografato), il cui intento era quello di esaltare l'escavazione di un lago artificiale presso Tebe.
Perché proprio lo scarabeo? Era considerato un simbolo di rinascita: il nome deriva dal verbo kheper che significa appunto nascere o divenire ed era associato al dio solare del mattino Khepri che donava la vita.
Concludiamo la visita della prima sala con le stele di ambito funerario, che recavano i dati del proprietario ed erano legate al monumento sepolcrale di famiglia.
Qui riportiamo la stele funeraria frammentaria in calcare che mostra la "presa di possesso" delle offerte (in questa foto si intravedono appena, sulla destra*) che garantiscono nutrimento al Ka (ossia la forza vitale che presiede alla creazione e alla sopravvivenza di ogni forma di vita) del defunto, sul cui capo è visibile un cono di unguento aromatico, che veniva indossato durante i giorni di festa: sciogliendosi sui capelli, li rendeva lucenti ed emanava un gradevole profumo. Nel testo conservato, il defunto confessa di non esser reo di alcuna colpa.
* ecco, qui forse si vede meglio:
Prossimo capitolo la seconda sala: il regno dell'oltretomba!
(continua...)