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Sunset Dreaming - Costa Fascinosa - 24/11 - 5/12/2022...quasi in diretta.

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Elide

Well-known member
JonnyV ".....La crociera, ultimamente, è il nostro mezzo per evadere e maggiormente il mio perché gli anni passano e pure velocemente. Mi serve per raggiungere luoghi lontani, bellissimi, accattivanti, da esplorare, accarezzato in navigazione dalla brezza mattutina per raggiungerli.
Non sono per i balli, per la discoteca, aperitivi e coktail, sale da gioco e altre attività pur sempre ambite da altri crocieristi.
Amo il mare, il suo profondo blu, il fragore delle onde spumeggianti, il volo dei gabbiani, i delfini che spesso gioiosamente ti accompagnano nel peregrinare, il vento che a volte accarezza dolcemente i tuoi sogni. Guardare l’orizzonte come segno di speranza per il futuro è quanto di meglio riesco a fare a bordo della mia nave e starei lì incollato per ore a fantasticare, a pensare, ad allietarmi mentre i miei occhi scrutano l’ignoto alla ricerca di me stesso....."

Le tue riflessioni corrispondono al nostro ( mio e di mio marito) modo di vivere la crociera, ...
Anche noi siamo già stati sia a Casablanca che a Tangeri ma ripeteremo l'esperienza in maggio perché li riteniamo luoghi molto attrattivi, non solo per le bellezze di quei luoghi ma soprattutto per le atmosfere che si respirano.....grazie per questo tuo bel racconto....
 

JonnyV

Active member
Buona Domenica a tutti i naviganti e non solo.

27/11/2022 – Tangeri
La nostra avventura marocchina comincia in questa città e già alle 7:30 ora italiana sono a prua per guardare l’albeggiare, per me sempre affascinante. Le luci di Tangeri si riflettono sul mare scuro e tranquillo mentre la nave dolcemente guadagna il suo porto che non tarda a essere appagato dall’attracco della sua elegante e bianca fiancata. Il personale è in fermento: chi per preparare la colazione, chi per organizzare la discesa preparando le pedane, andirivieni nei corridoi e addetti alle nostre cabine pronti a rifare le camere non appena gli occupanti se ne sono andati.
Il rito della colazione è presto soddisfatto ma non altrettanto quello di Lucia. Sì, perché lei predilige quella all’americana e quindi nonostante il mio tentativo di metter piedi in banchina subito dopo l’attracco siamo scesi alle 9:30. Comunque Fascinosa ripartirà alle 20 e allora c’è abbastanza tempo per le nostre visite avventurose entro i vicoli del Petit Souk.
Un tratto a piedi ci conduce all’uscita del porto ma, nonostante il bellissimo sereno, un vento freddo e tratti impetuoso proveniente da nord quasi ci sospinge verso la bellissima moschea che ingentilisce tutto il porto con il suo elegante e candido minareto e il colonnato dei suoi portici con archi a tutto sesto acuto.
Un ottimo esordio per la nostra visita mentre lassù il candore delle case ci rammenta quello dei nostri borghi del sud, pronti con il bianco calce delle facciate a contrastare la calura estiva e a raccogliere attraverso i tetti piani l’acqua piovana che scarseggia anche in altre stagioni.
Appena fuori dalle cancellate cerchiamo un tassista che non tarda a prenderci a bordo e a cui chiediamo di accompagnarci alla stazione ferroviaria che si trova oltre la lunga mezzaluna della Conrniche di Tangeri. Una passeggiata potrebbe essere tonificante ma il tratto è abbastanza lungo e quindi dispersivo in ordine di tempo. In biglietteria, ad un impiegato (che poi scopriamo avere una sorella che abita in Italia) colloquiando con il mio francese scolastico e l’inglese più appropriato di Lucia, chiediamo di comprare due biglietti di prima classe per Marrakech per il treno di domani che parte da Casa Voyageur di Casablanca alle 9:35. Poi altri due per il ritorno, stesso giorno, destando un po’ di stupore nel nostro interlocutore nell’eventualità di un nostro errore, trattandosi del medesimo giorno. Gli confermiamo la nostra intenzione anche se resta alquanto interdetto per le poche ore che dovremo restare a Marrakech. Infatti, i biglietti per il ritorno hanno come orario le 15:50 con arrivo a Casablanca alle 18.28. Costo dei biglietti andata e ritorno 60 euro pagati con carta di credito. Quindi dovremo fare tutto in fretta secondo il programma che ho stabilito. Abbiamo evitato l’escursione con Costa perché alquanto dispendiosa e anche perché il tragitto lo faranno con il bus in circa quattro ore di viaggio. Sono certo che gli escursionisti partiranno dopo le 8 di mattina e quasi certamente metteranno piedi sulla nave intorno alle 22:00.
Dopo aver cambiato 40 euro, ottenendo 420 dhiram, torniamo con un taxi e ci facciamo lasciare ai piedi della Muraglia storica per poter entrare nell’antico quartiere di candide case affacciate sul mare attraverso la porta Bab el Hira. Oltrepassata questo varco, subito a destra non possiamo far a meno di fotografare il bellissimo portale finemente istoriato con magnifiche decorazioni islamiche di un edificio Poi su fino alla bella piazza del Petit Souk padroneggiata dalla presenza dei Gran Cafè Central e dai suoi tavolini all’aperto occupati da molti turisti che fra una birra, un caffè o un the si godono l’andirivieni di persone del luogo indaffarate, carretti con derrate, visitatori in cerca di souvenir nei negozi e l’onnipresente presenza di venditori che offrono la loro mercanzia. Da parte nostra, le loro avance sono sempre cortesemente ma fermamente disattese. Da questa piazza di diramano molte strette stradine che portano dentro labirinti dal ritorno difficile. Noi proseguiamo per il corso di Rue Siaghine, ricolme a destra e a sinistra di botteghe di artigianato e abbigliamento, giungendo infine al mercato coperto, chiuso nell’antico da un alto portone di legno a due ante ormai decrepito, in disuso e stancamente addossato alle pareti. Lo oltrepassiamo mescolandoci con la gente locale che fa spesa di carne rosea, frutta, verdura, formaggi, pollame onnipresente e quant’altro possa soddisfare le loro esigenze alimentari. A questo punto qualche scatto fotografico vale più di mille parole.
Poi piacevolmente ci immergiamo nelle stradine alla ricerca di qualcos’altro di autentico e non passa tempo che le nostre aspettative siano soddisfatte: un ragazzo che lava le posate sotto una fontana, avventori di un bar malmesso, porte di abitazioni colorate, un mezzo di trasporto a tre ruote comunemente adoperato da queste parti e altro ancora.
Un bambino, senza che ce ne fossimo accorti, ci viene dietro con intenzioni particolari: ci vuol far da guida e ci conduce ad una porta della muraglia che per mezzo di una scalinata di ferro conduce in basso sulla strada per il porto. Pretende però il compenso e ha per compagnia anche un altro coetaneo. Risultato: un euro ciascuno, anche se chiedono qualcosa in più. Noi però ritorniamo sui nostri passi fino alla porta dalla quale siamo entrati in città per far rientro in nave.
Dopo il break al buffet lascio mia moglie a riposare mentre io vado ancora in città in cerca di nuovi spunti fotografici. Cerco di percorrere la muraglia verso nord attraverso un bel percorso paesaggistico cercando un varco per accedere alla kasba ma mi accorgo che il sentiero è troppo lungo. Allora torno sui mie passi e risalgo la muraglia attraverso la faticosa scalinata in salita della porta Bab Bhar fino alla Bab Kasba. La oltrepasso e mi trovo in quella che potrei definire la piazza d’armi della fortezza e della kasba avvolto in un silenzio pomeridiano irreale rotto di tanto in tanto da grida di giubilo o delusione rivenienti da chissà dove. E sì perché tutti o almeno tutti gli uomini sono rintanati nei bar a seguire l’incontro mondiale di calcio Marocco-Belgio e per di più la loro nazionale sta vincendo per un goal a zero.
Mi immergo nel meandro delle stradine della kasba cercando di perdermi pur di colmare la mia sete insaziabile dell’avventura e della scoperta. Queste ultime non tardano a farsi strada, ma difficilmente riuscirei a perdermi perché, non per vanto, ma ho uno spiccato senso dell’orientamento. Dopo aver girovagato per stradine nelle quali apprezzare l’anima di Tangeri mi affretto a far ritorno a valle (si fa per dire) attraverso la bellissima porta Bab el Assa con la pregevole ampia seduta maiolicata per uomini e donne stanche. Nel frattempo il lungomare è intasato fino all’inverosimile da cortei di macchine strombazzanti e un tripudio di bandiere marocchine: il Marocco ha vinto l’incontro con il Belgio e si fa festa….all’italiana.
Fascinosa partirà alle 20:00 e il tramonto distende già il suo manto rosaceo su questa città che non ha tradito le mie prime attese che considero un’anticipazione affascinante per domani soprattutto e anche per dopo domani.
Casablanca e Marrakech ci attendono ma la cena succulenta è il maggior viatico per ritemprare le forze perdute.​
Buona serata e …Ciao Ciao.
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gioiosa50

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27/11/2022 – Tangeri
La nostra avventura marocchina comincia in questa città e già alle 7:30 ora italiana sono a prua per guardare l’albeggiare, per me sempre affascinante. Le luci di Tangeri si riflettono sul mare scuro e tranquillo mentre la nave dolcemente guadagna il suo porto che non tarda a essere appagato dall’attracco della sua elegante e bianca fiancata. Il personale è in fermento: chi per preparare la colazione, chi per organizzare la discesa preparando le pedane, andirivieni nei corridoi e addetti alle nostre cabine pronti a rifare le camere non appena gli occupanti se ne sono andati.
Il rito della colazione è presto soddisfatto ma non altrettanto quello di Lucia. Sì, perché lei predilige quella all’americana e quindi nonostante il mio tentativo di metter piedi in banchina subito dopo l’attracco siamo scesi alle 9:30. Comunque Fascinosa ripartirà alle 20 e allora c’è abbastanza tempo per le nostre visite avventurose entro i vicoli del Petit Souk.
Un tratto a piedi ci conduce all’uscita del porto ma, nonostante il bellissimo sereno, un vento freddo e tratti impetuoso proveniente da nord quasi ci sospinge verso la bellissima moschea che ingentilisce tutto il porto con il suo elegante e candido minareto e il colonnato dei suoi portici con archi a tutto sesto acuto.
Un ottimo esordio per la nostra visita mentre lassù il candore delle case ci rammenta quello dei nostri borghi del sud, pronti con il bianco calce delle facciate a contrastare la calura estiva e a raccogliere attraverso i tetti piani l’acqua piovana che scarseggia anche in altre stagioni.
Appena fuori dalle cancellate cerchiamo un tassista che non tarda a prenderci a bordo e a cui chiediamo di accompagnarci alla stazione ferroviaria che si trova oltre la lunga mezzaluna della Conrniche di Tangeri. Una passeggiata potrebbe essere tonificante ma il tratto è abbastanza lungo e quindi dispersivo in ordine di tempo. In biglietteria, ad un impiegato (che poi scopriamo avere una sorella che abita in Italia) colloquiando con il mio francese scolastico e l’inglese più appropriato di Lucia, chiediamo di comprare due biglietti di prima classe per Marrakech per il treno di domani che parte da Casa Voyageur di Casablanca alle 9:35. Poi altri due per il ritorno, stesso giorno, destando un po’ di stupore nel nostro interlocutore nell’eventualità di un nostro errore, trattandosi del medesimo giorno. Gli confermiamo la nostra intenzione anche se resta alquanto interdetto per le poche ore che dovremo restare a Marrakech. Infatti, i biglietti per il ritorno hanno come orario le 15:50 con arrivo a Casablanca alle 18.28. Costo dei biglietti andata e ritorno 60 euro pagati con carta di credito. Quindi dovremo fare tutto in fretta secondo il programma che ho stabilito. Abbiamo evitato l’escursione con Costa perché alquanto dispendiosa e anche perché il tragitto lo faranno con il bus in circa quattro ore di viaggio. Sono certo che gli escursionisti partiranno dopo le 8 di mattina e quasi certamente metteranno piedi sulla nave intorno alle 22:00.
Dopo aver cambiato 40 euro, ottenendo 420 dhiram, torniamo con un taxi e ci facciamo lasciare ai piedi della Muraglia storica per poter entrare nell’antico quartiere di candide case affacciate sul mare attraverso la porta Bab el Hira. Oltrepassata questo varco, subito a destra non possiamo far a meno di fotografare il bellissimo portale finemente istoriato con magnifiche decorazioni islamiche di un edificio Poi su fino alla bella piazza del Petit Souk padroneggiata dalla presenza dei Gran Cafè Central e dai suoi tavolini all’aperto occupati da molti turisti che fra una birra, un caffè o un the si godono l’andirivieni di persone del luogo indaffarate, carretti con derrate, visitatori in cerca di souvenir nei negozi e l’onnipresente presenza di venditori che offrono la loro mercanzia. Da parte nostra, le loro avance sono sempre cortesemente ma fermamente disattese. Da questa piazza di diramano molte strette stradine che portano dentro labirinti dal ritorno difficile. Noi proseguiamo per il corso di Rue Siaghine, ricolme a destra e a sinistra di botteghe di artigianato e abbigliamento, giungendo infine al mercato coperto, chiuso nell’antico da un alto portone di legno a due ante ormai decrepito, in disuso e stancamente addossato alle pareti. Lo oltrepassiamo mescolandoci con la gente locale che fa spesa di carne rosea, frutta, verdura, formaggi, pollame onnipresente e quant’altro possa soddisfare le loro esigenze alimentari. A questo punto qualche scatto fotografico vale più di mille parole.
Poi piacevolmente ci immergiamo nelle stradine alla ricerca di qualcos’altro di autentico e non passa tempo che le nostre aspettative siano soddisfatte: un ragazzo che lava le posate sotto una fontana, avventori di un bar malmesso, porte di abitazioni colorate, un mezzo di trasporto a tre ruote comunemente adoperato da queste parti e altro ancora.
Un bambino, senza che ce ne fossimo accorti, ci viene dietro con intenzioni particolari: ci vuol far da guida e ci conduce ad una porta della muraglia che per mezzo di una scalinata di ferro conduce in basso sulla strada per il porto. Pretende però il compenso e ha per compagnia anche un altro coetaneo. Risultato: un euro ciascuno, anche se chiedono qualcosa in più. Noi però ritorniamo sui nostri passi fino alla porta dalla quale siamo entrati in città per far rientro in nave.
Dopo il break al buffet lascio mia moglie a riposare mentre io vado ancora in città in cerca di nuovi spunti fotografici. Cerco di percorrere la muraglia verso nord attraverso un bel percorso paesaggistico cercando un varco per accedere alla kasba ma mi accorgo che il sentiero è troppo lungo. Allora torno sui mie passi e risalgo la muraglia attraverso la faticosa scalinata in salita della porta Bab Bhar fino alla Bab Kasba. La oltrepasso e mi trovo in quella che potrei definire la piazza d’armi della fortezza e della kasba avvolto in un silenzio pomeridiano irreale rotto di tanto in tanto da grida di giubilo o delusione rivenienti da chissà dove. E sì perché tutti o almeno tutti gli uomini sono rintanati nei bar a seguire l’incontro mondiale di calcio Marocco-Belgio e per di più la loro nazionale sta vincendo per un goal a zero.
Mi immergo nel meandro delle stradine della kasba cercando di perdermi pur di colmare la mia sete insaziabile dell’avventura e della scoperta. Queste ultime non tardano a farsi strada, ma difficilmente riuscirei a perdermi perché, non per vanto, ma ho uno spiccato senso dell’orientamento. Dopo aver girovagato per stradine nelle quali apprezzare l’anima di Tangeri mi affretto a far ritorno a valle (si fa per dire) attraverso la bellissima porta Bab el Assa con la pregevole ampia seduta maiolicata per uomini e donne stanche. Nel frattempo il lungomare è intasato fino all’inverosimile da cortei di macchine strombazzanti e un tripudio di bandiere marocchine: il Marocco ha vinto l’incontro con il Belgio e si fa festa….all’italiana.
Fascinosa partirà alle 20:00 e il tramonto distende già il suo manto rosaceo su questa città che non ha tradito le mie prime attese che considero un’anticipazione affascinante per domani soprattutto e anche per dopo domani.
Casablanca e Marrakech ci attendono ma la cena succulenta è il maggior viatico per ritemprare le forze perdute.​
Buona serata e …Ciao Ciao.
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avevo il dubbio, ma ora ho la certezza, ho riconosciuto i suoi racconti.... mi aveva raccontato la vostra escursione in marocco al buffet... e a Casablanca in treno. un caro saluto e lei e a sua moglie (che mi aveva definito una buona ascoltatrice!!!!).
 

JonnyV

Active member
Buongiorno Gioiosa. Mia moglie la saluta cordialmente al pari di me. E' stato un vero piacere conversare delle mie avventure. Mi è mancato di salutarla quando si è trattato di prendere il treno da Savona ma solo perchè lei era un pò lontano. Grazie per la lettura del diario. Ossequi e buona giornata.
Giovanni.
 

gioiosa50

Active member
Buongiorno Gioiosa. Mia moglie la saluta cordialmente al pari di me. E' stato un vero piacere conversare delle mie avventure. Mi è mancato di salutarla quando si è trattato di prendere il treno da Savona ma solo perchè lei era un pò lontano. Grazie per la lettura del diario. Ossequi e buona giornata.
Giovanni.
un caro saluto a voi. anche a me è spiaciuto non riuscire a salutarvi. il diario comunque è molto interessante, come i suoi racconti "dal vivo". buona serata
 

JonnyV

Active member
Buona serata e buona semifinale mondiale a tutti i naviganti e non solo.

28/11/2022 – Casablanca e Marrakech

Già da ieri sera sono in fibrillazione perché tutte le nostre aspettative avventurose sono concentrate nel programma della visita di queste due città: Casablanca con la sua meravigliosa moschea di Hassan e soprattutto Marrakech che ben accomuna tutto il fascino esotico del Marocco.
Riecheggia nella mia mente l’incipit della canzone di Battisti “Non sarà un’avventura…” che, ne sono certo, sarà portata a termine nel migliore dei modi grazie al programma che ci siamo prefissati e che cercheremo di svolgere nel tempo e nei modi che saranno consentiti.
Già ben prima del passar della notte sono già sul ponte per osservare l’arrivo della nostra nave in porto nel quale, già alle 7:30 e ancora nel buio, fervono le attività cantieristiche di navi mercantili che scaricano container poi accatastati l’uno sull’altro da gigantesche gru. La nave solca dolcemente ed elegantemente le torbide acque trovando approdo gradualmente, dopo una vitata e una inversione di direzione, accostando di poppa alla banchina del molo 3.
Svetta mirabilmente nel buio del cielo e del mare la sommità illuminata dell’altissimo minareto della moschea di Hssan ma, stranamente, mi attendevo di scorgere il raggio di luce verde che punta in direzione de La Mecca: mistero!
La colazione mia e quella di Lucia sono assolte velocemente perché non c’è tempo da perdere e appena possibile dovremo sbarcare per andare a Casa Vojageur, la stazione centrale di Casablanca.
Difatti, siamo giù ancor prima delle 8:00 ma non troviamo neanche un taxi che possa condurci al nostro appuntamento di viaggio. Concitazione e richieste di informazioni a un portuale, ad un vigilante e altri personaggi che stazionano indifferenti davanti a un bar non sortiscono alcun effetto. Qualche taxi presente c’è ma da quello che abbian capito sono in attesa di viaggiatori che intendono servirsene solo per le escursioni. Apprendiamo che i tassisti sono fuori del porto, quanti ne vogliamo, e cammina cammina fra capannoni, container impilati, enormi camion parcheggiati che con il loro andirivieni hanno reso viscida, untuosa e maleodorante la superficie incatramata della sede stradale, finalmente dopo almeno mezz’ora siamo fuori del gabbiotto presidiato dell’entrata del porto.
Siamo presto sopraffatti dalle anvance di molti tassisti che fra discussioni e dissidi cercano di accaparrarci ma infine la loro contesa sembra essere vinta da uno di loro che ha per nome Mohammed. Ci fa accomodare in una berlina Mercedes che nonostante i suoi anni è ben messa mentre ci parla della eventualità, negata, di portarci in giro per Casablanca per la modica cifra, si fa per dire, di 80 euro. A noi interessa invece andare a Casa Voyageur il più presto possibile perché il treno per Marrakech partirà alle 9:35. A malincuore per l’affare sfumato ci conduce a destinazione ma non demorde per sfruttare l’occasione di future proposte e comunque ci dice che ci attenderà al ritorno alle 18:30 nei pressi della stazione. A noi sta bene e allora lo saluto con “Allah Akbar”.
Siamo in anticipo sui tempi e ci rechiamo al binario indicato dal tabellone luminoso. Il treno dell’ONCF - compagnia ferroviaria marocchina - proveniente da Fez scopriamo essere in ritardo mentre parecchi viaggiatori sono in fermento e quasi si accalcano per salire a bordo della seconda classe. L’avevo quasi previsto e saliamo senza sforzi nella carrozza di prima classe assegnataci che ha scompartimenti a sei posti come i nostri vecchi treni: due signori, una nonna con una bambina e noi due. Il grande cartello incollato sulle porte del vagone che invita a far uso di mascherine è comunemente disatteso. Impiegheremo due ore e mezzo per arrivare a Marrakech e ci mettiamo comodi.
Non sono un fumatore accanito ma di tanto in tanto qualche sigaretta val bene il lungo trasferimento. Fuori dallo scompartimento e altrove non noto alcun divieto mentre spiacevoli folate di vento del treno in corsa mi fanno supporre che ci sia qualche finestrino aperto nel corridoio. Cerco di andare a chiuderlo ma…sorpresa: il treno viaggia con una porta tutta spalancata e una delle due porte di accesso all’altra carrozza di prima classe è inspiegabilmente quasi divelta! Per giunta, questo luogo è il “reparto fumatori” visto che ce ne sono almeno due intenti a far fuori le loro sigarette. Un po’ esterrefatto mi accomodo anch’io ma terminata l’operazione dovrei pur buttar via la cicca. A richiesta, un dei due mi fa segno di gettarla tranquillamente giù nella passerella di unione delle due carrozze.
Il treno viaggia veloce verso la nostra destinazione e un paesaggio desertico di pietraia color ocra punteggiato a volte da improbabili villaggi di case messe su alla men peggio sono presidiati dalla presenza costante di piccoli minareti e annesse moschee. Carretti trainati da stanchi asinelli con la guida di ancor più stanchi e ricurvi conducenti sonnolenti di tanto in tanto compaiono al lato della strada statale e che vanno a terminare la giornata lavorativa chissà dove. Qualche raro palmento è l’unico riferimento di territorio più o meno vivibile ma la povertà che si intravede è una condizione persistente.
La bambina non fa altro che attirare la mia attenzione sulla manipolazione del suo bambolotto e per compiacerla non possiamo fare a meno di dedicarle un sorriso, ricambiato da un cenno di soddisfazione attraverso i suoi grandi occhi sfavillanti di contentezza.
Sempre meno noiosa dell’escursione Costa a bordo del bus turistico, più velocemente il nostro treno giunge finalmente a Marrakech, nella sua bellissima stazione. Siamo oltre mezzogiorno. Abbiamo a disposizione meno di quattro ore da dedicare alla nostra ambita avventura in terra marocchina e alla sua città imperiale racchiusa nel quadrilatero della Medina, il cuore pulsante e frenetico della sua vita: incessante, vertiginosa, caotica ma pur semplicemente affascinante.
Prima tappa, la porta di Bab Agnaou, la più importante e scenografica della Medina. Ci andiamo con un taxi e, al suo cospetto, subito la specificità dell’arte islamica e del versetto coranico in forma decorativa che attornia i suoi quattro archi le fanno assumere un foggia al tempo stesso severa e raffinata. Oltrepassarla significa per noi, come per tutti, accedere al quartiere reale della Kasba e subito si dispiega l’operosità di ogni possibile attività commerciale. Inoltre, ci accorgiamo che dovremo porre molta attenzione nell’incedere: giammai nel mezzo della strada, perennemente solcata e posseduta da motorette, carretti, qualche automobile e via vai costante di turisti, avventori, portatori, ambulanti, donne a far la spesa e quant’altro, in un trambusto quasi pianificato e miscelato.
Orbene, evitiamo di andare a visitare le Tombe Saadiane non perché non meritino ma perché il tempo a nostra disposizione è scarsissimo. Preferiamo percorre circa ottocento metri per visitare il Palazzo El Bahia e il suo Harem di Concubine.
Dopo una decina di minuti di percorso, chiedendo un po’ qua e un po’ là, se fosse esattamente quello che avevo programmato, giungiamo all’ingresso del palazzo. Entrando, ci accoglie il viale di un giardino ricco di piante di banani, aranci e ibiscus, dando luogo a una sorta di distacco opportuno con il souk per definire un’oasi di pace. 70 dhiram ciascuno per l’ingresso e subito ci immergiamo nella sontuosità del palazzo eretto nella seconda metà del 19° secolo dal Gran Visir Dar Moussa. La prima impressione è che questa personalità importante dovesse passarsela abbastanza bene fra le 150 stanze, i giardini interni e la piacevole compagnia delle quattro mogli ufficiali e le 24 concubine.
La residenza è comunque apprezzabile, pur priva degli arredamenti, perché la raffinatezza della pluralità degli ambienti è un elemento riscontrabile ovunque. Al pari, la ricchezza delle decorazioni, i legni intagliati e intarsiati, le ceramiche policromatiche e le dimore che si affacciano sulla quiete dei giardini ombrosi le conferiscono tutto il pregio del Riad marocchino, elevato all’ennesima potenza.
Desidero non dilungarmi perché ciascuno può trovare spunti illustrativi ovunque, ma in verità, complice un restauro in atto, il grande quadrilatero centrale attorno al quale dimoravano le concubine, non ci ha soddisfatti pienamente dal punto di vista scenografico perché è sotto operazioni di restauro.
Pausa pranzo all’ombra di un grande ibiscus e quindi fuori dal palazzo cerchiamo subito un taxi che ci possa condurre alla nostra seconda meta: la Madrasa Ben Youssef, parecchio distante per un itinerario a piedi. Nel frattempo giunge un trabiccolo motociclistico a tre ruote, spartanamente coperto con quattro posti disponibili, dal quale scendono due turisti. Bisogna approfittare e al conducente precisiamo la nostra destinazione. Ci accomodiamo e sulle prime, fra il traffico di una strada abbastanza larga, fra scossoni e saltellamenti il percorso è divertente e allegro almeno fino a quando non si inoltra nelle strette stradine del labirinto del souk. Con una velocità e perizia da Formula 1 scansa turisti, passeggini, carretti, motorini, bancarelle di fruttivendoli e di altra mercanzia mostrata all’aperto. Con una perizia non comune aggira disinvoltamente il posteriore di un’anziana marocchina piegata a 45 gradi e intenta a scegliere un po’ di frutta. Siamo impauriti perché possa succedere qualcosa di irreparabile e gli diciamo che noi vogliamo solo andare alla Madrasa e non un raid. “Sì, si”, ci risponde “siamo quasi arrivati. A questo punto deve cedere il passo ad un’auto della polizia proveniente in senso contrario e si ferma nella piazzetta poco più grande dell’ingombro del nostro mezzo di trasporto. Per far retromarcia non guarda lo specchietto retrovisore, tanto non ce l’ha, e non volge nemmeno lo sguardo indietro, finendo quasi addosso a un motorino e ad una anziana turista americana beccandosi gli improperi del marito al quale non degna alcuna attenzione. Scendiamo velocemente e mentre cerco di pagarlo un motorino transita fra me e lui passando con la ruota anteriore sulla punta della mia scarpa destra. Le mie gambe sono tremolanti e il viso di mia moglie esprime ancora preoccupazione per le deleterie conseguenze evitate.
Però, appena varcato l’ingresso, le nostre paure sono finalmente messe da parte dalla sconcertante bellezza della Madrasa Ben Youssef. E’ una scuola coranica del 1550, la più grande di tutto il Marocco, che ha come epicentro un magnifico patio, luogo di meditazione e serenità, al centro del quale si trova un bacino pieno d’acqua, un tempo usato per le abluzioni. Le murature sono adornate con magnifiche piastrelle di ceramica e risaltano gli stucchi decorativi assieme alla sala del mihrab ornata con versi sacri del Corano. Sul patio rettangolare si affacciano in un mirabile tripudio di stucchi cesellati, tanto da richiamare una minuziosa opera di ricamo, lievi finestrelle dei corridoi e dei patii interni attorno ai quali, suddivise in gruppetti, sono presenti le oltre 150 celle degli studenti del collegio di teologia. Al primo piano, un paio di alloggi, minimali, sono arredati con pezzi originali ben conservati: poche cose, il minimo per poter dormire e trascorrere la giornata nella lettura di testi sacri.
La madrasa ci è piaciuta moltissimo, più del palazzo de visir, soddisfacendo appieno le nostre aspettative. Ma il tempo disponibile è diventato davvero pochissimo perché il treno di ritorno a Casablanca partirà fra circa tre quarti d’ora. In verità potremmo prendere anche quello seguente, un’ora dopo, ma ciò comporterebbe imbarcarci ben oltre le 20:30.
In ogni caso, gradiremmo un taxi che ci conducesse nella piazza Jama el Fna e ad un poliziotto intento a parlottare con un amico chiediamo informazioni. Nel frattempo transita uno di quei trabiccoli a tre ruote e quel signore si affretta a chiamarlo per telefono. “No grazie, ci è bastata l’esperienza scorsa!” Chiediamo al poliziotto quanto tempo occorre per percorrere tutto il Souk Semmarine per giungere nella piazza simbolo di Marrkech: 25 minuti al massimo. Siamo nei tempi e a passo svelto transitiamo lungo tutto il mercato non prestando la dovuta attenzione alla mercanzia e alle labirintiche stradine che vi dipartono ogni tanto. D’un tratto l’iconica ed estesa piazza Jama el Fna, uno dei luoghi più incredibili di tutto il Marocco, è davanti ai nostri occhi. Purtroppo dovremo attraversarla velocemente verso la Moschea della Koutoubia il cui minareto svetta altissimo, tanto da rappresentare un punto di riferimento per tutta la città. In ogni caso, qualche incantatore di serpenti l’abbiamo notato assieme a scimmiette ammaestrate al guinzaglio di cui mia moglie resta inorridita. Qualche foto di rito e circa venti minuti per raggiungere il nostro treno in partenza. In poco tempo, grazie al tassista di turno, siamo in anticipo di ben dieci minuti e balziamo sul treno che ci condurrà a casa…pardon…al nostro vascello.
Ci accomodiamo nel medesimo scompartimento dell’andata assieme a una signorina e una donna marocchina e due signorine americane. Il paesaggio che scorre lungo la tratta ferroviaria è sempre il medesimo: scarno, disagevole e quasi privo di identità. Un po’ stanchi lo siamo e più per diletto me ne vado pur solo a passare il tempo con qualche sigaretta nella piazzola della toilette. Di lì a poco si presenta la signora marocchina e inaspettatamente, ma cortesemente, mi chiede di posizionarmi accanto alla toilette perché…la porta non ha la chiusura dall’interno. In quest’avventura mi doveva capitare di fare anche il body gard ai servizi igienici!
Ma l’avventura non finisce qui. Infatti, l’ora di arrivo è corretta e mentre notiamo che quasi tutti scendono ci accodiamo anche noi: la stazione però non è quella centrale di Casablanca ma una del suo interland. Un ferroviere è pronto a chiudere le porte e di corsa gli mostriamo i biglietti e facendo segno al capotreno di attendere ci fa salire a bordo. Pericolo scampato perché chissà quando saremmo rientrati in nave che, fortunatamente, ha l’overnight.
Mohammed, puntualmente, ci aspetta fuori di Casa Vojageur e conducendoci all’ingresso del porto cerca di concludere l’affare portandoci in giro, domani, a Casablanca. Quando lo lasciamo ci rammenta che ci aspetterà dalle nove alle dieci e di individuarlo per mezzo del cappello bianco che indosserà.
Lunga la strada, lontana la meta ma rapide le formalità per il rientro a bordo. Abbiamo tutto il tempo di metterci comodi, di rilassarci e di andare a cena al Gattopardo, al secondo turno, così come ieri avevo richiesto al metre che non aveva avuto alcun problema nell’assecondare la nostra necessità.
La nostra fame da lupi è placata da un’ottima cena: un bis di antipasto di gamberetti per me, un primo di orecchiette, salmone per secondo e un po’ di frutta. Niente dolci perché fanno ingrassare e mal si addicono alla digestione serale.
Rientrando nella nostra cabina e in attesa dell’ascensore una passeggera parlava con un’amica circa l’escursione Costa a Marrakech: come presumevo sono partiti alle 8:30 di stamani, sono rientrati alle 22:00 e non avevano visto quasi nulla.​
Buona notte.
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lusitania1915

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questo diario si legge come un romanzo di viaggio! bellissimo!
grazie per avermi riportata ad un mio bellissimo viaggio a marrakech di ormai molti anni fa, imprevisti compresi:)
 

JonnyV

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Buon pomeriggio a tutti i naviganti e non solo.
Scusate il ritardo ma ho in corso una ristrutturazione edilizia importante. Grazie per avermi atteso.

29/11/2022 – Casablanca
Dimenticavo di riferire che ieri sera tardi, prima di andare a letto, sono riuscito a fotografare il “raggio verde” della moschea di Hassan che punta sulla Mecca. Suppongo che venga attivato soltanto nelle ore di preghiera perché altrimenti non l’ho notato funzionante.
Colazione veloce di buonora ma poi con mia moglie abbiamo cercato di recuperare i nostri commensali ai quali avevamo dato appuntamento alle 9:00 precise nei pressi della reception.
Sotto preghiere di mia moglie mi sono sobbarcato il compito di “samaritano” e di “capo spedizione” della nostra escursione a Casablanca, particolarmente dedicata alla visita, imprendibile, della Moschea Hassan II.
I nostri amici sono un po’ avanti negli anni, più di me, e le mogli non amano i lunghi percorsi per via delle gambe non propriamente attrezzate. Ieri infatti, durante la nostra assenza, sono andati in centro – a piedi comunque - più che altro per guardare qualche negozio e tornare alla nave.
Di accompagnami con loro non mi dispiace affatto perché quello che vediamo di magnifico e avvincente ci è gradito condividerlo. In tal modo, si manifestano spontaneamente gradevoli opportunità di riflessione, di consenso e di appropriate valutazioni.
La odiosa e lunga camminata per uscire dal porto rallenta notevolmente il mio passo mentre il chiacchiericcio di mia moglie sembra aver ragione delle pause e della fatica dell’incedere delle nostre due compagne e dei rispettivi mariti.
In ogni caso, Mohammed con il cappellino bianco è lì fuori ad attenderci con le consuete proposte danarose del tour di Casablanca, rafforzato nel tentativo da un altro suo amico tassista che avrebbe preso a bordo i nostri quattro amici. Non ci facciamo abbindolare e gli chiediamo di accompagnarci soltanto alla moschea, appena dieci minuti lontana.
Abbiamo scelto il turno delle visite delle 10:00 e quando arriviamo, con congruo anticipo, non troviamo code e facciamo subito i biglietti al prezzo di 130 dhiram ciascuno. Dobbiamo attendere che si presenti la guida di lingua italiana e allora val bene dare uno occhiata al museo della moschea dove sono esposti campioni di mattonelle decorate, mosaici dei pavimenti, legni intagliati proposti da valenti artigiani marocchini all’approvazione del re Hassan II.
Poi ci mettiamo comodi insieme ad altri turisti in attesa della guida. Passano dieci minuti oltre l’orario convenuto e la guida non si presenta; passano ancora altri dieci minuti e niente di nuovo. Incominciamo un po’ a spazientirci per il perdurare dei tempi e, in cerca di risposte ai nostri interrogativi, mi rivolgo ad una persona della sicurezza. Mi informa che sulla spianata è in corso una invocazione collettiva straordinaria ad Allah per superare il perdurare della siccità mediante la caduta della pioggia.
Non ci resta che aspettare ancora e quasi all’improvviso, intorno alle 11:00, c’è la chiamata per noi e per tutti i turisti di lingua italiana a cui viene assegnato un signore marocchino sulla quarantina dai modi gentili che ci accompagna fuori della biglietteria. Ci fa attraversare la spianata dove alcuni addetti sono intenti ad arrotolare i tappeti sui quali i fedeli avevano pregato, parlandoci di quel fatto straordinario che doveva avere aveva la precedenza sulle visite.
Quanto più ci avviciniamo al Minareto dobbiamo sempre alzare sempre più lo sguardo perché la sua poderosa altezza di oltre 200 metri, associata alla sua innegabile grazia ed eleganza stilistica, credo che sia davvero insuperabile come emblema della città di Casablanca e non solo.
Non da meno, la Spianata è smisurata e ben si addice a spazio di preghiera e meditazione di oltre ottantamila fedeli che potrebbero anche trovar riparo in corridoi decorati da archi e loggiati in travertino.Già le porte dell’ingresso alla moschea sono un capolavoro di arte islamica con un solo arco ciascuna e tre alte bifore chiuse da con vetrate stellate.
Il primo rito al quale dobbiamo aderire, su richiesta della guida, e quello di toglierci le scarpe, metterle in un sacchetto di plastica e portarlo con noi. Dobbiamo camminare su appositi tappeti evitando di utilizzare il pavimento di marmo pregiato.
In ogni caso, è subito evidente la maestosità dell’opera, la sconvolgente bellezza, l’atmosfera di pace ed equilibrio artistico che infonde, almeno in me che sto guardando con stupore.
L’esordio della nostra guida che si esprime in un italiano perfetto, riguarda la volontà di re Hassan II di offrire alla capitale economica del Marocco qualcosa che la rappresentasse degnamente e a cui tutto il popolo doveva contribuire anche con un solo dirham. Pertanto decise di costruire questa dimora grandiosa e così su di lui, come su tutto il suo popolo, sarebbe ricaduta la benedizione di Allah e un posto in Paradiso. Quindi giurò di costruire la Moschea in quel luogo, sulle sponde dell’Atlantico avvalendosi di un versetto coranico dice che "il trono di Dio era sull'acqua".
Con aneddoti e riferimenti alla fede e alla tolleranza islamica, tutt’ora radicate nel popolo marocchino e al fatto che le religioni siano adoperate molto impropriamente per fini politici, ci propone di osservare con attenzione una grandiosa e altissima porta di titanio, peraltro costruita da un’azienda italiana, che, come se non bastasse, è stata cesellata con fitte trame e arabeschi di lucido ottone.
Per la costruzione, inoltre, furono utilizzati i migliori materiali pregiati disponibili sul mercato: marmo di Carrara per il Mirhab, onice, marmo di Agadir e il granito di Tafraut, per gli incantevoli mosaici del pavimento, il cedro policromo come decorazione dei soffitti e il vetro di Murano per i 25 spettacolari lampadari alti 15 metri.
Tonnellate di cemento e pietra furono utilizzati per ricacciare il mare più lontano dalla piattaforma sulla quale sarebbe stata costruita la Moschea e questa oltre al decoro, doveva consentire una presenza dei fedeli non sottomessa alla calura o al freddo. Soluzione: un grande tetto apribile e pavimento riscaldato. Non solo. I discorsi coranici, rivolti ai fedeli, non dovevano esser diramati da comuni e antitetici diffusori sonori. Soluzione: le basi di delle colonne che sostengono il soffitto hanno una serie di fori e mimetizzano perfettamente le casse acustiche, non alterando minimamente la struttura architettonica.
Siamo quindi nella pianta rettangolare della estesissima Sala delle preghiere lunga ben 200 metri per 100 di larghezza e queste dimensioni sono esageratamente smisurate ma, allo stesso tempo, in grado di accogliere almeno venticinquemila fedeli. E’ il cuore della Moschea e le numerose colonne marmoree, decorate con stucchi cesellato che sostengono le arcate ne esaltano la magnificenza, al pari dei soffitti di legno scolpito e dipinto e dagli splendidi lampadari veneziani. Puntuale la domanda: come fanno a cambiare le lampadine? Semplice: per mezzo di congegni motorizzati i lampadari sono calati giù ad altezza d’uomo e il gioco è fatto. Il pavimento riscaldato è rivestito di marmi, graniti e travertini che riproducono decorazioni di tappeti marocchini ed è attraversato in estensione da un piccolo canale, nel quale scorre l’acqua, con aperture dalle quali si può vedere la sottostante Sala delle abluzioni.
Due soppalchi sospesi ai lati di questa navata centrale, sono in grado di accogliere, separatamente dagli uomini, ben 5.000 donne. Puntuale è il riferimento della nostra guida al fatto che, in tal modo, queste ultime non sottraggono la preghiera agli uomini mediante sguardi indiscreti ma, nello stesso tempo, valorizza opportunamente il ruolo della donna nell’ambito della famiglia.
Dai mariti e soprattutto dai figli è sempre rispettata, onorata, ascoltata come massimo consigliere perché – dice la guida –“ il Paradiso passa sotto di lei. Non sopra e neanche ai lati”.
A questo punto uno dei nostri visitatori chiede alla nostra esperta guida di vedere il famoso marmo di Carrara e lui, di rimando gli risponde che ne ha conservato un pezzo proprio per lui.
Presto detto, il Mihrab, massimo santuario islamico orientato verso la Mecca, è di una sconvolgente bellezza edificato con il candido marmo di Carrara e, a questo punto, l’esposizione va ben oltre le mie possibilità illustrative e descrittive. Dico solo che, in una colonna, che chiamo così solo per semplicità, è incastonata una lastra di granito rosa alta almeno cinque metri sulla quale è presente lo stemma reale e una lunga iscrizione in calligrafia islamica a caratteri d’oro, vero.
Intanto la nostra guida continua a documentarci tutto quanto con dovizia di particolari, facendo riferimenti continui alla cultura islamica e alla comunanza con le atre due religioni monoteistiche che applicano e difendono principi di comunanza e di uguaglianza.
Infine ci conduce nel seminterrato dove si trova la Stanza delle abluzioni, anch’essa abbastanza ampia e impreziosita da 41 fontane di marmo con la forma di fiore di loto. Le pareti sono riccamente decorate da piastrelle smaltate, fatte a mano, policrome e con disegni per lo più geometrici che nell’insieme costituiscono un vero e proprio mosaico e un’opera architettonica dell’antica arte marocchina, nota fin dal XII secolo.
Il nostro signore marocchino, alla fine di questo tour, riceve molti apprezzamenti e congratulazioni per l’esposizione semplice, esaustiva, coinvolgente e precisa a cui mi associo personalmente stringendogli la mano. Quello che non mi aspettavo è la cortese richiesta di una mancia alla quale abbiamo semplicemente aderito.
Congedandoci, siamo liberi di passeggiare sulla spianata e allora via con le foto di gruppo e personali per ricordare la visita a questa magnifica moschea costruita sulle acque dell’Oceano Atlantico.
Intanto Mohammed è sempre lì ad attenderci con le sue mire danarose ma ancora una volta gli diciamo di accompagnare me e mia moglie alla piazza Mohammed V e di pregare un altro tassista di condurre i nostri amici al porto. La sua delusione è cocente e mentre ieri e stami non faceva altro che parlare ora è diventato taciturno. Purtroppo appena scesi dalla Mercedes, le richieste di denaro per la corsa si fanno esose e pressanti. Purtroppo, non negandogli nulla per il servizio reso, anzi dandogli più del dovuto, devo congedarlo assai perentoriamente e quasi bruscamente.
Pressante però è la richiesta di una toilette da parte di mia moglie ma, non trovandone alcuna pubblica in giro e prima di far ricorso a una incursione in qualche bar lontano, un luogo mi sembra degno della mia attenzione: il Palazzo di Giustizia prospiciente la piazza. Mia moglie non vole andarci perché ci avrebbero subito negato l’ingresso ma, sotto mia insistenza, abbiamo percorso una gradinata, siamo entrati, nessuno ci ha fermati e abbiamo quasi subito individuato il locale atto ai nostri bisogni urgenti, presidiato da una signora e unisex. Una alla volta si entra e dopo una mancia considerevole, notata sul suo viso felice, la signora dopo aver igienizzato l’ambiente – non so come – fa accomodare mia moglie. Dopo un po’ ne esce quasi traumatizzata per le condizioni a dir poco pietose della toilette, se consideriamo i nostri standard minimi.
Per tornare al porto bisogna fare una bella passeggiata e abbiamo come riferimento il minareto della Moschea el Hamra, vicinissima al suo ingresso. Non disdegniamo di fare anche una breve visita della Medina e del suo mercato che non troviamo particolarmente accattivante.
Più che il lunghissimo tragitto fino alla nave, potè la forza di arrivare prima possibile al lauto pranzo del suo buffet che, a onor del vero, ci ha appagato con le sue saporite vivande.
Pausa pomeridiana poi, alla ricerca in nave di qualche spunto interessante e fra un caffè e due ciurros per me e un tè per mia moglie il tempo trascorre velocemente. I nostri amici se la spassano a scopone scientifico mentre si avvicina velocemente la cena e la partenza della nave per Cadice.
Lo spettacolo serale dal vivo “Radio”, in teatro, lo lascio a mia moglie e ai nostri amici mentre a me piace rifugiarmi nel mio angolo preferito: il piano bar. Al barman del Blue Velvet gli chiedo un foglietto di carta e una penna su cui scrivo il titolo due brani musicali che poi passo al buon pianista: Imagine di Jhon Lennon e Blue Moon che ascolto molto volentieri dal vivo.
Passo a riprendere moglie e amici al teatro e me li porto tutti al Piano Bar animato da un paio di coppie. Li faccio accomodare ma la voglia di farli ballare mi spinge a insistere perché possano divertirsi facendo sfoggio delle loro bravure danzanti. Orbene, complice l’esecuzione al piano di “A whiter shade of pale” accettano to le mie preghiere. Risultato: uno dei miei due amici si è talmente emozionato nel ballare con la consorte – si notava ampiamente – al punto di tornare a sedere a tavolino con gli occhi lucidi perché, certo, qualche lacrima aveva solcato il suo viso, rammentandogli i suoi anni verdi ricchi di passione.
Stanotte si balla ancora un po’- in senso figurato questa volta - perché c’è vento al traverso nella navigazione verso Cadice. Ma domani è ancora un altro giorno ricco di avventure.
Ciao Ciao.
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capricorno

Super Moderatore
Grazie per le esaurienti spiegazioni e le bellissime immagini che mi hanno permesso di rivedere Casablanca. Una domanda: quindi è possibile uscire dal porto a piedi, quanto dista la moschea di Hassan, giusto per capire le distanze. I biglietti sono acquistabili solo in diram o accettano carte di credito?
Attendo il seguito.
 

JonnyV

Active member
Capricorno grazie per la tua attenzione e rispondo subito alle tue domande. Dalla banchina al gabbiotto dell'uscita del porto il percorso è lungo. Venti minuti o più. La moschea si potrebbe raggiungere anche a piedi ma tre euro bastano e avanzano perche tu possa prendere il taxi più agevolmente. I tassisti non fanno distinzione fra euro e dirham. i biglietti sono acquistabili anche in euro o carta di credito.
Meglio anticipare convenientemente l'orario delle visite, scaglionate ogni ora. L'orario delle 10 è ottimale e se la guida sarà come quella che ci ha portato in visita direi che farete un bellissimo tour.
Ciao.
 

capricorno

Super Moderatore
Capricorno grazie per la tua attenzione e rispondo subito alle tue domande. Dalla banchina al gabbiotto dell'uscita del porto il percorso è lungo. Venti minuti o più. La moschea si potrebbe raggiungere anche a piedi ma tre euro bastano e avanzano perche tu possa prendere il taxi più agevolmente. I tassisti non fanno distinzione fra euro e dirham. i biglietti sono acquistabili anche in euro o carta di credito.
Meglio anticipare convenientemente l'orario delle visite, scaglionate ogni ora. L'orario delle 10 è ottimale e se la guida sarà come quella che ci ha portato in visita direi che farete un bellissimo tour.
Ciao.
Grazie.
Lo chiedevo per alcuni amici che saranno con noi nella prossima crociera che toccherà Casablanca. Noi la Moschea l'abbiamo già vista, loro no, però una passeggiata anche solo a piedi, se ci avanza tempo poiché vedremo altro, ci piacerebbe comunque farla.
 

JonnyV

Active member
Buon pomeriggio a tutti i naviganti e non solo.

30/11/2022 – Cadice
Alle prime luci dell’alba sono già sul ponte per l’attracco di Costa Fascinosa sul molo di Cadice, rappresentata e identificata maggiormente dalla sua barocca Cattedrale.
Nella programmazione delle nostre escursioni, a causa delle consuete limitazioni dei tempi, avevamo deciso di evitare la visita a Cadice, non perché non meriti la nostra attenzione quale città dalla storia millenaria. A cavallo dello stretto di Gibilterra, territorio dove fenici, romani e arabi, hanno lasciato le loro tracce indelebili, il porto di Cadice rappresentava, anche più tardi, massimo e appropriato luogo per veleggiare alla scoperta delle Americhe, posto che dalle sue banchine partirono spedizioni di Cristoforo Colombo e Amerigo Vespucci. Quindi, i presupposti e le opportunità di calarsi nella storia e nelle vestigia antiche c’erano tutte e, fra l’altro, Cadice è pur sempre capoluogo dell’Andalusia, una terra di colori e di luce vivissima che mette in risalto i suoi paesaggi fantastici. La amo molto, come del resto tutta la Spagna, e se aggiungo che l’arte della danza del flamenco è una parte inscindibile della sua fama, al pari della produzione del nettare dei suoi vigneti, la nostra voglia di avventura ne resterà appagata.
Quale luogo avrebbe potuto meglio soddisfare la nostra sete di scoperta?
Jerez de la Frontera, senza dubbio alcuno, culla del “flamenco”, del “brandy” e dello sherry”.
Così avevo programmato e così l’escursione con i nostri amici, per piacevole fardello, doveva essere realizzata.
Appuntamento quindi alla reception e, appena pronti, tutti giù dalla nave per percorre un tratto a piedi – 15 minuti – e giungere la stazione ferroviaria di Cadice. Compriamo i biglietti per sei euro e mezzo a testa, mentre il treno Renfe (rete spagnola) è già sul binario in attesa della partenza delle 9:40. Il treno è di tipo moderno e, appena su, la pulizia e l’arredo si fanno apprezzare per la nitidezza. Inaspettatamente, la mascherina è obbligatoria e indossata correttamente dagli altri passeggeri. Noi comunque non l’abbiamo dimenticata in nave e la indossiamo immediatamente.
Ci occorrono solo 35 minuti di viaggio, aggirando un vasto territorio di saline, per giungere a destinazione, accolti dalla bellissima stazione di Jerez. Il frontespizio della facciata dei binari è singolarmente elegante, arricchita lungo la parete da una porzione centrale formata da azulejos sivigliane a fondo giallo, stemma reale, figure allegoriche e arabeschi, mentre lateralmente corrono fregi di mattonelle colorate di blu tenue. Non da meno è l’eleganza formale che si afferma sul prospetto di entrata, espressione architettonica tipica andalusa, con archi a tutto sesto, lievi finestrelle al piano superiore e pareti imbiancate, comunque adornate con bande di piastrelle colorate.
Il nostro itinerario è ben definito: raggiungere la famosa Botegas Fundador con un percorso a piedi di circa mezz’ora che passa per Plaza del Arenal, il centro cittadino, e poi vicino alla Cattedrale.
In verità ci sono altre due famose aziende vinicole, Gonzales Byas, nota come Tio Pepe, e Sandeman. Ma Fundador è la più antica e tutte offrono il medesimo tour di visita, per lo più a mezzogiorno.
Come un’allegra comitiva ci mettiamo in cammino passeggiando disinvoltamente per le strade di questa cittadina dall’atmosfera tranquilla e ancora assopita, su marciapiedi allietati da alberi di arance selvatiche e caratteristici bar all’aperto per far colazione. Approfittiamo con cappuccino e mega cornetto ma, riprendendo la strada, obbligatoria è una pausa fotografica ai piedi di un monumento che simboleggia perfettamente l’arte del flamenco: si tratta dell’effigie, in misure reali e in posa artistica, dedicato a Manuela Mandez “La Chaty”, tanto recita l’iscrizione sul basamento scultoreo. Non ne ho menzione, ma certamente è una eccelsa protagonista di quella affascinante danza andalusa.
Proseguendo e passando davanti alla chiesa di San Francesco mi sorprende una bellissima edicola con La Deposizione e più avanti, su una parete della Real Iglesia San Dionisio, una elegantissima e splendida composizione di azulejos andalusi che rappresentano l’Addolorata, analoga come atteggiamento espressivo del viso alla famosa Madrugada di Siviglia.
Passiamo accanto alla Cattedrale e infine giungiamo alla nostra meta con molto anticipo sul’orario della visita alla Botegas Fundador. Il negozio annesso dove poter comprare prevalentemente bottiglie di vino d’annata apre alle 11:30 e quindi trascorriamo un po’ di tempo nel bellissimo parco dell’azienda.
All’orario fissato per comprare i biglietti ci chiedono se avevamo una prenotazione e comunque, data la presenza non eccessiva di turisti, possiamo acquistare un Tour di Visita al prezzo di dieci euro con degustazione di 1 Vino e 1 Brandy.
Il gruppo è composto da circa venticinque persone e la nostra guida che ha come grazioso nome Fatima, ci raduna e,parlando prevalentemente in spagnolo, non disdegnando italiano e inglese, ci introduce nella visita.
L’Azienda vinicola Fundador è la più antica di Jerez poiché fu fondata nel 1730 da un immigrato irlandese che iniziò la coltivazione l’uva. Successivamente Don Pedro Domecq Loustau ereditò le tenute e le cantine divenne poi il pioniere del Brandy de Jerez, diffondendo il famoso marchio "Fundador. L’azienda produce alcuni dei marchi di Brandy famosi al mondo e distilla il vino di uve Palomino e Airén nell’impianto di Tomelloso, nella Mancia, mentre l’invecchiamento avviene tuttora nelle cantine di Jerez de La Frontera, le più estese di Spagna, seguendo la denominazione originale di Brandy de Jerez.
Il sistema utilizzato per la produzione è chiamato “solera” e la caratteristica dei vini è principalmente suddivisa in “finos”, “oleroso” e “amontillados”,
La visita guidata inizia attraversando un tratto di strada che divide il giardino e la residenza storica del fondatore dalla cantina principale: la Mezquita.
Già fuori, approssimandoci all’ingresso, il profumo del vino in fermentazione inebria il nostro olfatto ma, appena varcato l’ingresso restiamo esterrefatti dall’impressionante moltitudine di botti di rovere, accatastate per tre in altezza e sistemate in lunghissimi corridoi e da ciascuna parte. Trovano posto in una sorta di cattedrale, simile, per intenderci, alla Mezquita di Cordoba. L’altezza delle colonne che sostengono le volte a crociera è impressionante e la cupa luce dell’ambiente è l’altra caratteristica dominante e fondamentale che contribuisce alla perfetta fermentazione del vino nelle 30.000 botti di rovere allocate.
Fatima, ci conduce su una sorta di balconata la cui vista spazia compiutamente sull’intera cantina e dinnanzi ad una botte dal fondo di vetro, illuminato dal retro, ci mostra il processo di fermentazione e invecchiamento che prevede tre fasi dinamiche nelle quali il vino viene travasato periodicamente dalle botti collocate più in alto a quelle più vicine al suolo, “la solera”.
L’armonizzazione dei vini che si attiva con questa tecnica permettono di raggiungere elevati standard di qualità.
La nostra guida, facendoci attraversare nuovamente la strada, ci conduce nell’altra cantina, più ridimensionata rispetto alla Mezquita, ma non meno attrezzata, e al museo ricco reperti d’epoca, teche di bottiglie centenarie, alambicchi, torchi, carrozze e un singolare mezzo di trasporto utilizzato per le consegne a domicilio, a somiglianza degli attuali rider in bicicletta: Moto Guzzi Cardellino del ’73 con portabottiglie per bagaglio posteriore.
Da oltre un’ora la visita si prolunga piacevolmente ma purtroppo dobbiamo ripercorre a ritroso il percorso fino alla stazione per prendere il treno delle quattro di pomeriggio e far rientro a Cadice. Informiamo Fatima che prontamente, dopo averla convenientemente salutata, ci fa accompagnare da una sua collega nella reception dello store dove la degustazione dei vini è già pronta per noi. Lo sherry è preparato con fetta d’arancio e cubetto di ghiaccio, mentre il brandy è servito in un calice e senza ghiaccio.
Anche sotto insistenza, mia moglie non degusta perché ne uscirebbe brilla e allora tocca a me servirmi con il bis potendo contare sul fatto di supportare bene l’alcool entro limiti ben definiti. Abbiamo acquistato un bottiglia di Brandy d’annata e un’altra di Sherry che impacchetterò e porterò a casa per le prossime festività.
Mezz’ora di percorso ci fa raggiungere la stazione pochi minuti prima della partenza del nostro treno che non riusciamo a prendere e allora ripieghiamo su quello successivo, un “locale” affollato di studenti che effettua tutte le fermate della tratta. Intorno alle 16:30 arriviamo a Cadice e ora raggiungere la nave è un po’ dura. In ogni caso, salendo a bordo e al solito affamati, le bottiglie di liquore ci vengono subito requisite e saranno restituite il giorno prima dello sbarco a Savona.
Riusciamo a malapena a prendere qualcosa da mettere in pancia ma è sicuro che ci rifaremo a cena.
Fascinosa parte alle 18:00 e siamo quasi tutti a poppa a sollazzarci al bar e a chiacchierare mentre imperterriti, nonostante la temperatura decisamente fredda dell’aria, gli abituè delle vasche di idromassaggio se la spassano allegramente.
Con la cauta uscita dal porto, Fascinosa, lasciando alle spalle un bellissimo tramonto, si allontana dalla terra andalusa e si appresta a navigare verso Lisbona. Noi, invece, ci prepariamo per la cena che, in definitiva, ci sazia a dovere.
Stasera c’è la consueta partecipazione dei passeggeri volenterosi a Voice of the Sea. Un pensierino l’ho fatto anch’io, ma la seconda chance alle 22:45 non mi è congeniale: troppo tardi per le mie abitudini di riposo.
Allora, mia moglie e i miei amici a teatro ed io al mio rifugio non tanto segreto del Piano Bar.
Parlando poi con i miei amici, facciamo il punto sull’escursione di domani e, nonostante il nostro programma ben definito, non mi sento ben preparato perchè piuttosto laboriosa. Pertanto, sono inaspettatamente inquieto e questo stato d'animo spero possa dissolversi nella quiete della notte.
Ciao Ciao.
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Urs

Member
...Cadice è pur sempre capoluogo dell’Andalusia...
Piccola correzione:
La città di Cadice è il capoluogo della provincia andalusa di Cadice;
La capitale della comunità autonoma (= regione) dell'Andalusia è Siviglia.

Ma non importa, il tuo diario è molto, molto interessante. Grazie.
 
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