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hadala = servo, servire
Hadish deriva dall’arabo haddatha = narrare, raccontare
Mashreg dalla radice araba sh-r-q = est o luogo dell’alba.
Coincidenze, forzature? Chi lo sa…..
Grazie Marghe. I luoghi e le circostanze offrono tante possibilità di fare foto particolari.
A breve ci imbarchiamo per una crociera sulla laguna....CHi ha voglia di venire con me?
Prima di far ritorno alla nave, la nostra guida ci accompagna a visitare il vicino tempio di Sri Sri Radha Gopinath Mandir, dedicato al Signore Krishna, uno fra i più venerati e amati del pantheon induista. C’è da rimanere stupiti a sentire quante similarità esistano fra la sua vita, le sue gesta e quella di Gesù, a cominciare dai loro nomi Krishna/Cristo.
Durante il tragitto attraversiamo paesaggi suggestivi; grandi specchi d’acqua si alternano ad immense risaie, mentre imponenti palme da cocco fanno ombra a verdi colline; mandrie di bufali pascolano pacifici condividendo lo spazio con docili mucche;
una manciata di ibis interrompe la monotonia del territorio puntellandolo di bianco e dando ad esso uno scintillante movimento.
Magnifici templi sorgono all’improvviso dal verde rigoglioso della vegetazione, riempiendoci di sorpresa con le loro cupole dorate, con archi che dividono con armonia gli ampi saloni interni dai luminosi cortili. Gli stili architettonici indù, musulmani e cristiani si alternano con semplicità ed eleganza.
Si avverte che la vita scorre più lenta in quest’angolo d’India.
Mi allontano dal gruppo per cogliere appieno la magia del luogo e della sua gente. Mi perdo qualche spiegazione, certo, ma è impagabile il senso di libertà e di scoperta che riesco ad ottenere in questo modo.
Herminia ormai non ho piu' parole...occhi e cuore da vera viaggiatrice.....
Sembrerebbe tutto uguale, ma la luce addolcita del sole sfuma le linee, dona al paesaggio una nuova veste dorata e in modo inatteso mi tornano in mente alcuni versi del poeta libanese Khalil Gibran:
“Anch’essi sono raccoglitori di incenso e di frutti, e ciò che vi offrono, benché sia fatto della sostanza dei sogni, distillano ornamento e cibo all’anima vostra,
poiché lo spirito supremo della terra non dormirà in pace nel vento sino a quando il bisogno dell’ultimo di voi non sarà appagato”.
A breve ci imbarchiamo per una crociera sulla laguna....CHi ha voglia di venire con me?
E fu qui che il grande navigatore Vasco da Gama, nel lontano 1524, dopo innumerevoli avventure marinare, si separò dal timone, piegò le vele per sempre e abbandonò ogni terrena ambizione. Le Vie per le Indie era ormai spianata.
Ancor prima, fenici e romani vi giunsero, sfruttando i monsoni che da maggio a settembre soffiano da sud-ovest, portando con loro preziosi carichi: anfore di monete d’oro e d’argento, rame e stagno, lini ricamati, coralli e vetro e, non ultimo, botti di prezioso vino italiano da cedere ai ragià in cambio di perle pregiate, zaffiri, diamanti spigonardo e gusci di tartaruga.
Decido di cogliere la totale magia del Kerala; mi imbarco dal molo di Alleppey, insieme ai miei compagni di viaggio, a bordo di un grande kettuvallam, tipica imbarcazione costruita in legno, bambù e fibra di cocco.
Al suo interno vi sono persino dalle due alle tre camere da letto, un bagno e un cucinino. Spesso, queste imbarcazioni vengono noleggiate dai turisti per trascorrere alcuni giorni di totale relax.
Per pudore e rispetto fotografo solo una di esse.
Mi sembra sempre di poter risultare troppo irrispettosa, se solo fisso a lungo e fotografo a ripetizione le persone del posto, soprattutto se assorte nel loro vivere quotidiano.
Numerose reti da pesca, esili come ragnatele, si stagliano nette contro il blu del cielo.
Sembra siano state importate qui in India dai cinesi, nel 1350 circa, da cui il nome “reti da pesca cinesi”. Costruite in legno di teak e bambù, funzionano su un particolare sistema di contrappesi che consentono di calare le reti in acqua e sollevarle cariche di pescato, senza difficoltà alcuna.
La nostra guida Parsim, ci dice che ogni rete è di proprietà di una decina di famiglie che ne dividono il ricavato, vendendolo sul posto.
negli occhi ho lo sguardo ammaliante dell’India, delle sue donne, e mi sembra di udire ancora “Namastè, namastè!”, pronunciato soavemente da un devoto di Krishna che mi saluta nella sua nobile tunica giallo zafferano.