………………..verso sera arrivarono in vista di Agrigento. La magnifica città, illuminata dal sole che tramontava, si ergeva davanti a loro come una visione. Alta su una collina, cinta da una poderosa cerchia di mura lunga cinque stadi, mostrava i suoi templi splendenti di mille colori, le statue e i monumenti e su, in alto, sulla sommità dell’acropoli, il santuario poliade con gli acroteri dorati che scintillavano al sole come gemme.
“Qui siete al sicuro. La città è potente e ricca, le mura sono le più possenti di tutta la Sicilia. Ho una piccola casa da queste parti con un giardino di mandorli e un orticello. Sarei lieto che tu accettassi la mia ospitalità”.
Quando si affacciò al terrazzo del piano superiore le si dischiuse alla vista uno spettacolo che la lasciò stupita e commossa: Agrigento si stendeva davanti a lei e cominciavano ad accendersi i primi lumi nelle case. A destra in alto, poteva vedere l’Athenaion sulla cima dell’acropoli e un esile filo di fumo che saliva forse dall’altare. A sinistra, disseminati sulla collina che fronteggiavano il mare, gli altri templi degli dèi: uno proprio sulla cima, l’altor a metà, un terzo più oltre allo stesso intervallo. In basso, nella valle verso occidente, si ergeva una gigantesca mole in costruzione, un tempio come mai ne aveva visti, così alto da sopravanzare qualsiasi altra struttura, con la trabeazione sorretta da colossi di pietra alti almeno dodici piedi e il frontone adorno di grandi gruppi statuari, membra eroiche tese in titanici scontri.
Poteva anche vedere la cinta delle mura con le sentinelle armate che andavano avanti e indietro sul ballatoio e, oltre le mura, la piana che si spingeva fino al mare, già color del ferro. Altri due templi sorgevano più lontano verso occidente, bianchi di stucchi e con profilature dorate sui frontoni e sugli acroteri.
“La più bella città dei mortali……. Così l’ha chiamata Pindaro in un suo poema”
“Sarà stato ben pagato. Non poteva certo parlarne male”.
“Discorso sciocco il tuo. Nessun denaro può comprare l’ispirazione e davanti a te hai uno spettacolo che non ha pari non solo in Sicilia ma nel mondo intero”.
“…….Ma dimmi di quel tempio altissimo, sorretto dai giganti”.
“E’ dedicato a Zeus di Olimpia e sarà terminato il prossimo anno. Su uno dei frontoni c’è la Gigantomachia. Zeus che vince i Giganti che poi sono condannati a reggere in perpetuo l’architrave del suo tempio. Sull’altro è rappresentato la caduta di Troia………..”
“Vedi? Sono uno strano popolo: costruiscono monumenti come se dovessero vivere in eterno e vivono come se ogni giorno fosse l’ultimo della loro esistenza…….Non sono parole mie. Sono di Empedocle, il loro più grande filosofo”. (Akragas 412 a.c.)
(Il Tiranno – Valerio Massimo Manfredi)
Ho voluto introdurre il mio diario sulla
Valle dei Templi di Agrigento iniziando con inserire alcuni passaggi estrapolati da un libro che ho letto diverse volte. Manfredi oltre che scrittore è anche archeologo e storico e ha pubblicato numerosi articoli e saggi in sede accademica. Quindi pur trattandosi di un romanzo questo libro contiene riferimenti storici importanti che aiutano a capire come doveva essere Akragas, l'antica Agrigento al tempo dei Greci.
Sperando di non annoiarvi faccio un piccolo riassunto storico sulla Sicilia e sulla nascita di Agrigento. I primi insediamenti di una certa importanza in Sicilia, risalgano all’anno 1000 a.C.. Secondo lo storico Tucidide, ad approdare per primi nelle coste siciliane furono i Sicani, una popolazione proveniente dalla penisola iberica. I Siculi erano una popolazione italica in fuga dal popolo campano degli Osci e scacciarono i Sicani dalla parte orientale dell'Isola spingendoli a ovest oltre le rive del fiume Salso. Gli Elimi erano una popolazione appartenente alla stirpe dei troiani, costretti a fuggire dalle loro terre per sfuggire agli achei approdarono nella parte Occidentale della Sicilia. Altre fonti smentiscono la ricostruzione di Tucidide ma sarebbe troppo lungo e dispendioso approfondire in questa sede. In ogni caso questa era la situazione della Sicilia nell'età del bronzo prima che arrivassero i nuovi colonizzatori Greci.
I greci colonizzarono la Sicilia, a partire dal 735 a.C., per la sua importanza strategica nel commercio sul Mediterraneo e per la ricerca dei metalli. Ogni colonia nata in Sicilia ebbe una città greca come madre patria e un capo di spedizione. La massiccia presenza del popolo greco in Sicilia ha lasciato un’indelebile impronta culturale visibile ancora oggi nelle opere architettoniche, negli usi e nei costumi. Questo periodo fu il più fiorente per la Sicilia tanto che la stessa Siracusa superò la grande Atene in ricchezza.
I greci provenivano da varie parti della penisola ellenica e anche dalla principali isole dell'Egeo. I Calcidesi fondarono Naxos e Zancle (Messina), i Corinzi fondarono Siracusa, i Megaresi fondarono Megara Iblea e successivamente Selinunte. Rodesi e Cretesi fondarono Gela. Nel 581 a.C. proprio coloni Geloi (antico nome dei gelesi) fondarono la polis di Akragas nel tentativo di contrastare l'espansione verso oriente dei Megaresi di Selinunte.
La felice posizione geografica, la fertilità dell'entroterra che consentiva di produrre in abbondanza cereali, vino, olio d'olivo e la natura collinare del territorio che permetteva la pastorizia e l'allevamento dei cavalli favorirono lo straordinario sviluppo e la crescita economica della polis akragantina. In meno di due secoli dalla fondazione, Akragas divenne una delle città più popolate del mondo greco e uno dei centri propulsori della cultura ellenica nel Mediterraneo.
La città "brucia" velocemente esperienze, vicende e modelli che altrove si elaborano e si sviluppano nel corso di più generazioni. Nel primo periodo fu governata da tiranni mentre il regime democratico si affermò tra il 471 e il 406 a.C. con Empedocle. E' il periodo della prosperità economica, assicurata dai buoni rapporti con Cartagine, ed anche il periodo in cui furono eretti la maggior parte dei templi che ancora oggi possiamo ammirare.
La decadenza di Akragas iniziò nel 406 a.C. con la presa della città ad opera dei Cartaginesi, guidati da Annibale, dopo un assedio di 8 mesi. Gli abitanti si rifugiarono a Gela e, dopo la caduta di questa, a Leontinoi. In seguito Agrigento fu contesa da Cartaginesi e Romani fino alla caduta definitiva ad opera del console Levino nel 210 a.C.
Domenica 23 Aprile siamo partiti di auto da Palermo per raggiungere Agrigento attraverso la SS121 e successivamente la SS189. Si tratta del percorso più breve per complessivi 139 km ma, come scoprirò sulla mia pelle, non del percorso più veloce a causa dei lavori in corso nel primo tratto della SS121 catanese, da Bolognetta a Manganaro. Lavori destinati al raddoppio delle corsie di marcia che al momento di traducono in una lunga serie di sensi unici alternati con tanto di impianti semaforici che fanno perdere molto tempo. Partiti alle 10:30 da casa siamo entrati nel parcheggio all'ingresso del sito archeologico alle ore 12:51 come da ricevuta emessa dalla cassa automatica. Quasi due ore e mezza. per percorrere 139 km.
Con grande rammarico scoprirò all'arrivo che il museo di Agrigento nei giorni festivi è visitabile solo di mattina fino alle 13:00 quindi ci siamo giocati la visita al Museo.
Fortunatamente ci aspetta la meravigliosa Valle dei Templi. Ci sono vari punti di accesso alla zona archeologica, noi siamo entrati dall'ingresso est in Via Panoramica dei Templi presso il Tempio di Giunone nel punto più alto della collina.
Il biglietto di ingresso per adulti costa € 10,00, quello cumulativo comprensivo del Museo sarebbe costato € 13,50. I parcheggi per le auto sono a pagamento ma sconsiglio di parcheggiare lungo le strade pena multa quasi certa per sosta in zona vietata. Il parcheggio per circa 3 ore e mezza è costato 4 euro. Costo della sosta per l'intera giornata 5 euro. A titolo di confronto. l'anno scorso, l'ingresso all'Acropoli di Atene ci è costato giusto il doppio, € 20,00 a persona.
Continua....................