Re: i migliori scatti della nostra vita: sezione ALTRO
Eilà, sapevo che introdurre il tema dei giovani avrebbe stuzzicato e vi siete lanciati davvero alla grande.
Sui giovani naturalmente si può dire tutto ed il suo contrario e le lamentele dei senior risalgono ai tempi di Cicerone, via via attraversando i secoli.
Leggete questo strambotto
Io spero, e lo sperar cresce’l tormento:
io piango, e il pianger ciba il lasso core:
io rido, e el rider mio non passa drentro:
io ardo, e l’arsion non par di fore:
io temo ciò che io veggo e ciò che io sento
ogni cosa mi dà nuovo dolore;
così sperando, piango, rido e ardo,
e paura ho di ciò che io odo e guardo.
Ebbene di ciò si lamentava nella Firenze del cinquecento, un maturo Niccolò Machiavelli mentre fioriva un Rinascimento che avrebbe stupito il mondo, irripetibile per la concentrazione di ingegni e di artisti, dal giovane Raffaello a Leonardo, da Michelangelo a Tiziano, mentre Lorenzo il magnifico sponsorizzava artisti e letterati.
Cosa dovremmo dire noi oggi, aimè!
Allora, signori miei, di poche ma alcune cose sono sicuro: la prima è che “i giovani” non esistono.
Questa è una categoria statistica, un’entità sociologica, un’idea platonica, per me sono Elena, Sergio, Manlio, Luigi, Leo, Francesco, Rodolfo, Sara, Luigi, Vanessa, Samantha con l’acca o senza l’acca, Piersilvio e Pierpiero, Romina e Celestino, Ylenia e Yoruz,………….
E ciascuno può essere top o down, carabiniere o ladro, ma soprattutto quello che altri hanno contribuito a farli diventare ed essere.
Intendo, e su questo sono pronto a scommettere una cena, che se i figlioli di elenamaria, di fandelmare, i nipoti di manlio e mi fermo a quelli con cui ho maggiore frequentazione, sono dei bravissimi figlioli, voi dite che è un caso, che si tratta di fortuna, che era il DNA ?
Educare un giovane è impegno e fatica, non li aiutiamo né col generico buonismo di chi vuole essere "amico" né rompendo le scatole in modo asfissiante e continuamente ricordando les neiges d'antàn ed i bei tempi che furono; occorre quello che i greci chiamavano katametròn, la giusta misura e questa è una ricerca quotidiana maledettamente difficile del mestiere di genitore o di educatore o di zio, conte o non conte.
I giovani con i quali mi trovo a lavorare sono seri ed impegnati, sono quelli della foto, che vanno tre giorni autofinanziandosi ed organizzandosi rinunciando alla gita scolastica, sopra le montagne del Trentino, per lavorare alla conoscenza di sé. Ma potremmo essere a Bracciano, a Cagliari, a Modena, in valle d’Aosta, a Benevento o altrove.
Sono quelli che mi danno speranza, che potrebbero essere nostri figli, son coloro ai quali lascio volentieri il testimone del mio film ormai al secondo tempo (speriamo in lunghi titoli di coda...) con la speranza che facciano meno danni di quelli che ha combinato sulla terra la nostra generazione di adulti.
Ma senza fare i falsi modesti o l’angelo ritroso nel dipinto del Beato Angelico, se come padri abbiamo lavorato bene che ci si prenda merito, e bè, bè cara signora Cecioni effettivamente non posso lamentarmi e sono fiero di mia figlia (e di me stesso) e torniamo a casa stasera con dù pastarelle e dù bignè per la consorte, crogiolandoci dei complimenti.
Che sono sempre una buona iniezione di fiducia in questa valle di lacrime.