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Stato
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ma come sei riuscito a non fotografare neanche un crocierista ?????
In questo caso non è stato difficile, perché non ci si poteva avvicinare alle statue e poi eravamo in un piccolo gruppo. E inoltre volutamente ho fatto in modo che non si vedessero persone per accentuare l'effetto di vastità e solitudine nelle foto.
Nelle immagini che seguiranno (... perché ce ne sono delle altre, molte altre... non penserete di cavarvela così!...) si vedranno anche delle persone, più che altro per dare un raffronto di dimensioni con questi colossi. Ma in questo caso dell'isola di Pasqua trovo che siano di maggiore effetto le foto... deserte...
 
Un'altra domanda che sorge spontanea è questa: ma come e dove venivano scolpiti i grandi Moai?
Avremo una risposta visitando il sito di Rano Raraku.
Per raggiungere questo sito archeologico dobbiamo attraversare quasi tutta l'isola. Lasciamo Hanga Roa sulla costa occidentale e ci dirigiamo verso est. Usciti dalla cittadina ci troviamo presto in un territorio verdeggiante ma quasi completamente privo di vegetazione arborea. Pianure sulle quali si elevano numerose colline arrotondate, che altro non sono che coni di antichi vulcani estinti. Più in là l'oceano scatena la sua forza infrangendo le sue alte onde sugli scogli scuri di una costa frastagliata. Alcuni cavalli corrono liberi accanto alla strada.

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Rano Raraku è un vulcano spento, un'alta collina dalla sommità rocciosa. È famoso soprattutto per essere la cava della pietra nella quale sono scolpiti tutti i moai dell'isola. Questo luogo ha una grande importanza storica e culturale, in quanto è il luogo in cui gli antichi abitanti dell'isola scolpirono le statue che sono diventate simbolo dell'isola di Pasqua. Alcuni moai solo grossolanamente abbozzati sono ancora parzialmente sepolti nella roccia vulcanica, mentre altri giacciono sparsi qua e là in vari stadi di completamento. Sembra quasi che gli antichi abitanti dell'isola abbiano smesso all'improvviso di scolpirli e li abbiano lasciati così com'erano. Abbandonati sul posto. È un sito affascinante che offre un'opportunità unica per vedere da vicino il processo di creazione di queste icone dell'antica cultura Rapa Nui.

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Rispetto ad altri siti, qui a Rano Raraku il contatto con questi giganti di pietra è molto ravvicinato. L'effetto è davvero impressionante.

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Le grandi statue venivano scolpite direttamente nel banco di roccia vulcanica, in alto verso la sommità della collina dove la roccia era più uniforme e compatta, rifinendo soltanto la parte anteriore del volto e del busto, ma lasciando appena sgrossata la parte posteriore. Quindi venivano staccati dal blocco di roccia e fatti scivolare sul dorso fino alla base della collina. Qui venivano raddrizzati e rifiniti anche nella loro parte posteriore.

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Molto curioso anche il modo in cui venivano spostati, almeno nei tratti di pianura, a volte per molti chilometri.
Veniva collocato all'altezza degli occhi un anello di corde, dal quale partivano tre lunghe funi. Tre gruppi di uomini, ognuno a una delle funi, faceva basculare ritmicamente la statua, facendola avanzare lentamente quasi barcollando. Da qui un nome che tradizionalmente i nativi dell'isola usavano per chiamare i Moai: statue che camminano.
 
La nostra visita a Rano Raraku è stata davvero una esperienza emozionante e indimenticabile.

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Qui incontriamo anche un Moai diverso dagli altri. Secondo gli studiosi attribuibile alle ultime fasi della civiltà delle grandi statue. Forse solo una sperimentazione stilistica. Sicuramente un unico nell'isola.
La figura di questo Moai è più arrotondata, con caratteristiche antropomorfe meno stilizzate e più vicine al vero. Appare inginocchiato, quindi contrariamente agli altri Moai ha le gambe. Un mistero nel mistero.

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Lasciamo Rano Raraku e in lontananza già ci appare il prossimo sito che visiteremo. Uno dei più imponenti e scenografici dell'isola: Ahu Tongariki.

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Ahu Tongariki è uno dei siti archeologici più spettacolari dell'isola di Pasqua. Si trova sulla costa orientale dell'isola e ospita la più grande piattaforma ahu dell'isola, insieme a quindici moai restaurati che guardano verso l'entroterra. È un luogo impressionante e iconico, che offre una vista mozzafiato sull'oceano e sul paesaggio circostante. La maestosità di Ahu Tongariki lo rende una delle principali attrazioni turistiche dell'isola.

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Alcuni Moai conservano ancora il caratteristico copricapo, scolpito in una roccia diversa di colore rossastro. Questo copricapo, che era in realtà probabilmente un'acconciatura fatta con i lunghi capelli intrecciati, era secondo gli studiosi un attributo di regalità e indicava quindi i capi di un clan.

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La nostra giornata all'isola di Pasqua volge al termine. Ritorniamo al porticciolo di Hanga Roa e da qui con il tender, sempre piuttosto avventurosamente, rientriamo in nave.
È stata una giornata indimenticabile ed entusiasmante. Speriamo che domani si possa ripetere...
 
Giorno 36: Isola di Pasqua (Cile)

Il secondo giorno appare subito più favorevole: nel cielo c'è qualche nuvola, ma poco vento; e il mare molto più tranquillo con molta meno onda lunga. La discesa con i tender è decisamente più veloce e più agevole. Ci aspettano nuove scoperte sull'isola.
Il primo sito che visiteremo oggi è la piattaforma di Ahu Akivi.

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Ma chi erano gli antichi abitanti dell'isola? Da dove venivano? Quando sono arrivati qui?
Gli interrogativi sono tanti. Gli studiosi ancora una volta ci vengono in aiuto.
I primi abitanti dell'isola di Pasqua, conosciuti come Rapa Nui, sono stati i discendenti di popolazioni polinesiane che arrivarono sull'isola in una data non definita, sulla quale il dibattito è tuttora aperto. Qualche decennio fa si pensava al periodo tra il IV e VII secolo dopo Cristo, più recentemente è stata proposta come datazione più probabile il X secolo d.C., secondo alcuni però l'isola fu colonizzata soltanto intorno al XIII o XIV secolo d.C.
Le evidenze archeologiche e linguistiche suggeriscono che questi primi coloni fossero di origine polinesiana, provenienti probabilmente dalle isole della Polinesia orientale, anche se l'origine precisa e il percorso esatto del loro viaggio rimangono oggetto di dibattito tra gli studiosi.
Come pure oggetto di dibattito è il come si sia potuta sviluppare in un tempo piuttosto limitato e in un luogo così isolato una civiltà così articolata e complessa, in grado di imprimere una impronta monumentale così profonda e diffusa sul territorio.

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Ahu Akivi è conosciuta anche come l'unica piattaforma i cui Moai sono rivolti verso il mare e non verso la terraferma.
Gli studiosi hanno recentemente molto ridimensionato questa peculiarità. I Moai infatti, come abbiamo visto, rappresentavano gli antenati del clan, personaggi illustri come capi politici, militari e spirituali della comunità che, così come in vita si erano presi cura dei loro sudditi, assicurandone il benessere, la salute, la ricchezza, ora da morti, tramite il loro spirito sublimato nell'immagine dei Moai, continuavano ad assicurare la loro protezione come una sorta di numi tutelari. I Moai dunque non guardavano il mare o la terra, ma bensì il villaggio che dovevano proteggere. Spesso si trovavano sulla riva del mare, perché in quel luogo, lontano dai villaggi e dai campi, erano situati i cimiteri. Ma vi erano eccezioni, come questa di Ahu Akivi.

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La nostra prossima tappa è presso il sito di Hanga Te'e Vai Hu.
Qui possiamo vedere una interessante ricostruzione di come era fatto un antico villaggio di Rapa Nui, come viveva la popolazione, come erano costruite le capanne, come proteggevano dal vento con muri a secco gli alberi da frutto e gli animali da cortile.

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Poco lontano dal villaggio ricostruito a fini didattici, accanto alla riva del mare, sorge la zona rituale con la piattaforma ahu e con i Moai... ma qui comincia un'altra storia...

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Era il 5 aprile 1722, la domenica di Pasqua di quell'anno, quando il navigatore olandese Jacob Roggeveen avvistò l'isola. Quello che trovò però non fu una antica e fiorente civiltà, ma fame, miseria, morte e devastazione.
La popolazione era ridotta in condizioni miserevoli, i resti di un passato affascinante e glorioso giacevano abbattuti, distrutti, abbandonati.
Cosa era successo? Come aveva potuto una tale grandezza crescere così rapidamente per poi altrettanto rapidamente perire?

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La civiltà dei grandi Moai raggiunse la sua fioritura probabilmente tra il XIV e il XVI secolo d.C. poi accadde qualcosa. Gli studiosi hanno avanzato alcune ipotesi: forse un cambio del clima che si fece più freddo (ricordiamo che in quegli anni in Europa iniziava la cosiddetta Piccola Era Glaciale); forse l'arrivo di malattie sconosciute, tramite i contatti con navi europee, che sicuramente ci furono già oltre un secolo prima della scoperta ufficiale; forse un utilizzo smodato ed eccessivo delle limitate risorse naturali dell'isola; forse queste e altre cose insieme...
Il risultato furono terribili carestie, che innescarono una serie di guerre civili tra i diversi clan dell'isola. L'intera società isolana ne fu travolta, l'ordine tradizionale fu sovvertito e gli antichi poteri, politico e religioso, dei capi persero inesorabilmente prestigio e credibilità. Un'intera civiltà implose e giunse al collasso in poche generazioni.
Non restò nulla. Anche gli antichi Moai, simbolo della protezione degli antenati sulla comunità apparvero inutili, anzi divennero il simbolo di un potere che non aveva saputo preservare la comunità dalla catastrofe, e furono abbattuti con rabbia furiosa.

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Dopo almeno un secolo di carestia e di guerre, all'arrivo degli europei nel 1722 restavano soltanto miseria e macerie.
Ma anche un nuovo ordine, seppure precario e miserabile, nuovi capi politici e nuove credenze religiose.
 
Il nostro piccolo viaggio alla scoperta dell'isola di Pasqua termina con il sito del villaggio cerimoniale di Orongo.

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Il villaggio cerimoniale di Orongo era situato nelle vicinanze del cratere del vulcano Rano Kau, spento da centinaia di migliaia di anni. È famoso per essere stato il centro cerimoniale del culto dell'uomo uccello, una pratica religiosa importante nell'ultima fase della cultura Rapa Nui. Orongo contiene strutture abitative, petroglifi e altre testimonianze dell'antica vita sull'isola.

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Il villaggio di Orongo è composto da circa 50 strutture in pietra, che servivano come abitazioni temporanee durante i rituali legati al culto dell'uomo uccello. Queste costruzioni sono posizionate strategicamente lungo il bordo del cratere del vulcano Rano Kau, offrendo una vista spettacolare sull'oceano e sugli isolotti sottostanti. Alcune delle strutture più importanti includono case circolari, muri di pietra e petroglifi che raffigurano l'uomo uccello e altri simboli religiosi.

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Orongo è anche noto per essere il luogo in cui si svolgeva la competizione annuale per ottenere il primo uovo di uccello marino, un evento di grande importanza religiosa e sociale nella cultura Rapa Nui. Il campione che riusciva a scendere al mare, raggiungere a nuoto gli isolotti dove nidificavano gli uccelli marini migratori, raccoglierne intatto il primo uovo deposto e riportarlo al luogo della cerimonia, assicurava al proprio clan il potere sull'isola per un anno. Fino al ripetersi della cerimonia l'anno successivo.

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Queste cerimonie rituali si svolsero fino alla seconda metà dell'Ottocento, quando, dopo l'annessione dell'isola al Cile, numerosi abitanti furono deportati come schiavi per lavorare nelle miniere sul continente. Pochi tornarono vivi. L'opera di cristianizzazione poi provvide a cancellare le ultime tracce di queste credenze, ma grazie all'opera meritoria di alcuni sacerdoti, come Eugène Eyraud, se ne conservò in parte la memoria in studi di carattere antropologico.
 
Il nostro tempo all'isola di Pasqua è ormai finito. Sono state giornate intense e fortunate, che ci hanno portato a scoprire un piccolo mondo a noi sconosciuto, ma suggestivo e affascinante.
Torniamo al piccolo porto di Hanga Roa e, prima di salire sul tender, diamo un'occhiata al Moai solitario che dalla sua alta piattaforma domina il molo.

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Salutiamo questo lembo di terra sperduto nell'oceano, che con i suoi misteri e la sua strana storia ci ha fatto vivere due giornate emozionanti e indimenticabili.
È ormai il tramonto quando la nave riprende il suo viaggio verso ovest.

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Fin qui ho seguito in modo silente questa fantastica diretta, demandando alla fine i dovuti ringraziamenti per le bellissime immagini corredate da attente e puntigliose descrizioni. Ma a questo punto, dopo la fantastica descrizione della "mia" isola (faccio Pasqua di cognome... :ROFLMAO:), non posso più trattenere la voglia di ringraziarti per farmi vivere un viaggio che, con tutta probabilità, rimarrà nei miei sogni. A meno che decida di partire da solo... Ma sarà difficile che me ne vada da solo per il mondo senza la mia dolce metà!
Perciò, grazie infinite per questo bellissimo viaggio che mi stai quasi facendo vivere ogni giorno!
 
Complimenti ancora per le bellissime foto e la straordinaria narrazione. Una domanda: oggi l’isola da chi e’ abitata?

Ora l'isola è abitata da circa 7000 persone. Quasi tutti sono discendenti della popolazione indigena Rapa Nui, in misura maggiore o minore. Quasi sempre si tratta di una discendenza mista tra la componente indigena polinesiana con la componente cilena, frutto dell'immigrazione avvenuta a fine Ottocento
 
Domani sarete all’Isola di Pitcairn, ma dal tempo brevissimo indicato nell’itinerario, sembra non si sbarchi…cosa e’ previsto?
 
Domani sarete all’Isola di Pitcairn, ma dal tempo brevissimo indicato nell’itinerario, sembra non si sbarchi…cosa e’ previsto?
È prevista una sosta in rada di circa tre ore. Non è previsto lo sbarco. L'isola è troppo piccola e non dispone di strutture anche soltanto per fare scendere a terra molte centinaia di persone. Gli abitanti stabili sono meno di 40 e sull'isola ci sono solo percorsi sterrati percorribili con piccoli mezzi fuoristrada.
Ci sarà invece un incontro a bordo con un piccolo gruppo di abitanti, che pare allestiranno un mercatino di prodotti locali.
 
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