Piccole considerazioni sulla notte del 3 maggio.
1 – Ero al ristorante “8e mezzo”, e dopo aver realizzato che l’inclinazione stava aumentando in modo preoccupante, ho preso in braccio il più scosso fra i miei figli e mi sono recato con il resto della famiglia al ponte 4, senza però accedere nell’area delle scialuppe. Lo avrei fatto solo se avessi sentito i fischi di allarme. Avrei preso lì i salvagente perché non volevo separarmi da loro per correre sulle scale per altri 5 ponti e prelevare i giubbotti arancio nella mia cabina. Siamo restati vicino al photo shop con poche altre persone. Un fotografo da me interpellato su cosa stesse succedendo non mi ha risposto. Aveva capito ciò che chiedevo anche se non era italiano; in quel momento ho immaginato che fra il personale non era stata diffusa alcuna notizia ufficiale e qualsiasi cosa mi avesse detto non l’avrei ritenuta attendibile. In quei minuti mi domandavo dove fossero tutti gli altri; a gridare senza mettersi in salvo? Pensavo che il solo modo per farlo fosse essere esattamente dove ci trovavamo noi: ad un passo dalle scialuppe. Poco dopo la nave si raddrizzava. Giù al ponte 3 avevano smesso di suonare il pianobar, ma per poco. La cantante bionda aveva reintonato un pezzo jazz e il suono del piano ci stava tranquillizzando. I fischi d’allarme non c’erano stati, tanto valeva tornare a tavola, naturalmente senza aver più fame. Aspettavamo una comunicazione del comandante.
2 – In quei minuti eterni ho visto scene di panico e isteria (frutto della “psicosi Concordia”, presumo), ma pochi sono andati al ponte 4 e molte ragazzine strillavano fin da quando al ristorante abbiamo sentito piatti e bicchieri frantumarsi sul pavimento; immagino che ciò fosse successo al ponte 4 del ristorante, infatti quando siamo tornati a sederci a tavola anche per dare il segnale ai nostri figli che tutto era tornato sotto controllo (ma nascondevamo ancora molta tensione!), non ho raccolto nulla né da terra, né dal tavolo. Solo un bicchiere a calice (vuoto) giaceva fra il piatto del pane e la caraffa. E non era rotto. La zuppa ordinata da mia moglie era ancora tutta nella scodella. I camerieri non possono aver avuto tempo di rialzare i bicchieri di tutti i tavoli: semplicemente al ponte 3 del ristorante “8e mezzo” non erano affatto caduti! La professionalità del personale di sala si nota dal fatto che l’unica cosa veramente indispensabile da fare, era stata fatta: tutte le candele rosse presenti su ogni tavolo erano state spente, scongiurando qualsiasi rischio di incendio.
3 – Prima della comunicazione del comandante Giardina, accolta da un gelido silenzio era stato diffuso un “codice”, una breve frase con all’interno il nome del ristorante “8e mezzo”. Questo fa presumere che sia stato il richiamo a tornare al lavoro rivolto a chi, fra i camerieri, era fuggito, come ho letto in un post poco sopra. Ma a dire il vero non ne sono sicuro perché ho notato grande professionalità da parte del personale di sala e i nostri due camerieri li ho visti al lavoro ben prima del presunto richiamo in codice. Il loro sguardo non aveva il panico negli occhi e ciò ha contribuito a ristabilire la calma (anche interiore) fra i presenti. Può essere che alcuni colleghi si siano allontanati, a me non risulta.
4 – Ho poi saputo, da notizia riportata, che in cucina tutti i secondi che erano stati impiattati sono finiti in terra e molto era andato perduto. Io però ho regolarmente ricevuto la mia anatra all’arancia e ai bambini che avevano ordinato altro, è stata proposta dal cameriere cotoletta e patatine (che hanno mangiato solo in parte).
5 – Il comunicato diffuso in tutta la nave da parte del comandante è avvenuto in tempo ragionevole ed è stato preciso. Gli italiani si sono lanciati in un applauso liberatorio. Giardina parlava di barca a vela, ma alcuni in sala avevano ipotizzato l’eventualità che fosse un mercantile. Poco dopo abbiamo ascoltato la versione in tutte le principali lingue. Più tardi è seguita una nuova comunicazione da parte del comandante; la stessa, parola per parola. E’ il segno che, anche per motivi di traduzione, Giardina, fin dall’inizio, aveva formulato la frase per iscritto. La tesi della barca a vela ha preso il sopravvento, in fondo lo garantiva il comandante in persona e la credibilità delle sue parole era rafforzata dal fatto che le cose si erano veramente rimesse a posto: non c’erano più state sbandate e in sala la cena procedeva con le varie portate, i camerieri che hanno cantato “Con te partirò” e tutto il resto. Piccolo brivido quando hanno spento le luci per far risaltare le fiammelle.
6 - La notte stessa, girando per la nave non ho notato grandi stravolgimenti, certo, sul ponte 9, dove ci sono le piscine e il maxi schermo davanti al quale si è svolto il buffet della serata di gala (appariva tutto regolare, secondo copione) c’era il pavimento ancora un po’ bagnato (probabilmente l’acqua delle piscine si era rovesciata). Buffet sontuoso e ricco, musiche latine e gente in pista a ballare, esorcizzando il terrore delle ore precedenti. Evocativo ed emozionante il video/spot con le immagini dell’equipaggio che salutava sulle note di “Gente di mare”. La gente cantava, la paura sembrava volata via. A dire il vero, ho sentito qualche fischio quando è stato inquadrato lo staff del ponte di comando, con Giardina e tutti gli altri. A parte questo gesto “pubblico”, vista in prospettiva, la serata si presentava come tante altre. Tutto l’equipaggio appariva tranquillo, tutti al loro posto, dai camerieri al direttore di crociera. In realtà, fra la gente seduta ai tavoli non si parlava d’altro, lo spavento c’è stato e il panico di quei minuti lo ha ingigantito. Il discorso di tutti, anche nel giorno successivo era sempre quello (tu dove ti trovavi? Cos’hai fatto?). La nave era perfetta pulita e in ordine, come sempre. Niente fuori posto; se davvero sono stati 24 i gradi di inclinazione (e sui ponti in alto chissà il pasticcio!) non si è notato. A ben vedere un pannello con un gigantesco Mastroianni a colori, nel corridoio del teatro Bel Ami (mi pare al ponte 3) ha un lungo taglio orizzontale, ma forse c’era anche prima del 3 maggio.
7 – Negli spazi comuni, attendendo gli ascensori, anche chi non ti aveva mai rivolto parola descriveva sensazioni e raccontava di come si presentava la sua cabina: chi aveva tutti i cassetti aperti, chi non aveva notato quasi nulla di insolito e chi affermava che ogni cameriere era entrato a sistemare tutto, cabina per cabina, forse al fine di dimostrare che la nave non si era piegata poi così tanto. Devo dire che da noi non si è rovesciato neppure il secchiello del ghiaccio con la bottiglia …ed eravamo in un ponte alto.
Questo è ciò che ho visto e che ho filtrato attraverso la mia esperienza di crocerista alla settima esperienza con Costa. Devo dire che il giorno dopo non è stato proprio come i precedenti, ho cercato in ogni momento di allontanare il pensiero della sera del 3 maggio e in parte ci sono riuscito. Ho cercato di farlo dimenticare anche ai miei famigliari, godendomi il resto della crociera che rappresenta, come immagino per tutti, un evento desiderato, il frutto di sacrifici, non solo economici.
Le crociere di massa, tutte concentrate sull’intrattenimento interno, distolgono lo sguardo del crocerista dal mare. Forse l’errore è proprio questo: far dimenticare di essere su una nave, l’emozione e la meraviglia è che tutto accade sul mare.