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Siamo stati molto fortunati con il tempo, un po' meno con l'escursione.Grazie Oriana, rivedo volentieri attraverso le tue foto, sono passati tanti anni, dal ns. viaggio in Tunisia, vedo che le escursioni, come hai fatto notare, sono sempre le stesse, bellissime foto, un bel sole.
Ho visto or ora quei cannoli...Di strada in strada, di palazzo in palazzo arriviamo allo sbocco sul mare.
Raramente la si trova aperta...e oggi lo è!!
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Chiesa Santa Maria della Catena
La chiesa prese il nome da una chiesetta più antica già documentata sotto il regno di Federico III d'Aragona e sorse proprio nel punto delle mura in cui era fissata una pesante catena che chiudeva l'accesso all'antico porto di Palermo: La Cala.
La denominazione di Santa Maria “della Catena” per questa bella chiesa di Palermo situata nella parte bassa del Cassaro, proprio prospiciente alla Cala, è legata alla catena che da qui si dipanava fino al Castello a Mare e chiudeva l’antico porto di Palermo. Tuttavia esiste un’altra origine affascinante ed evocativa del nome, e per quanto sia più che altro una leggenda è interessante ricordarla.
Narrano infatti le antiche cronache, che nell’agosto del 1392, regnando re Martino, tre condannati furono avviati al supplizio, che, come d’uso, si svolgeva nel grande piano della Marina. Ma un violento e improvviso nubifragio costrinse guardie e condannati a rifugiarsi proprio all’interno della chiesetta e il popolo a fuggire. L’esecuzione fu rinviata e i condannati rimasero chiusi dentro la chiesa assieme ai loro carnefici.
I prigionieri allora trascorsero la notte ad invocare la Vergine Immacolata, che misericordiosa, accolse le loro suppliche: le catene si sciolsero misteriosamente e le guardie di scorta, caduti in un sonno profondo, non furono di ostacolo alla loro fuga.
Riportati il giorno seguente i condannati davanti al re Martino, questi, riconoscendo l’intercessione della Vergine e interpretando l’episodio come un segno divino, non ebbe l’animo di condannare coloro che la Madonna aveva liberato concedendo loro la libertà, recandosi poi con la regina Maria e la corte intera a rendere onore alla “Vergine misericordiosa”.
La chiesa che possiamo ammirare adesso fu edificata in un arco temporale che va dal 1490 al 1520.
Mirabile fusione del gotico fiorito, nella sua espressione più raffinata, con la nuova arte rinascimentale, la chiesa di Santa Maria della Catena appartiene a quel felice periodo che attraversò l’architettura isolana tra il 400 e il 500 e diede vita a una vasta produzione di opere di notevole livello artistico, non solo nell’architettura religiosa.
L’edificio religioso, di elegante struttura, riprende lo schema tradizionale caratteristico della chiesa medievale siciliana.
L’ingresso è preceduto da una breve scalinata di raccordo (un tempo a due rampe), resasi necessaria per colmare il dislivello creatosi in seguito all’allungamento, nel 1581, della strada del Cassaro (la principale arteria della città). Al di sopra, un arioso portico a tre arcate ribassate sorrette da robuste colonne in marmo, serrato ai lati da due torricini. Il portico, detto anche “tocco”, è un elemento tipico della chiese palermitane dell’epoca sorte nei quartieri marittimi e costituiva uno spazio utile per gli incontri e gli scambi tra gli abitanti della zona.
L’interno, di grande eleganza formale e di raffinata semplicità data anche dalla pietra nuda e ruvida, ha un impianto di tipo basilicale a tre navate separate da colonne in marmo con capitelli corinzi che sorreggono archi asimmetrici e ribassati. Le tre navate sono coincidenti con i tre portali esterni.
L’impianto basilicale si innesta ad una porzione di organismo centrico rispondente al Santuario triabsidato, dopo le numerose sovrapposizioni avvenute nel tempo ,alcune eliminate con i restauri del1884-91 e altre dopo i danni dell’ultimo conflitto mondiale.
È forse una tra le chiese meno appariscenti del panorama artistico palermitano ma sicuramente è tra le più antiche , con una storia molto legata al mare e alle genti di mare a cui è molto cara. In tempi passati, in caso di naufragio, le famiglie erano tutte qui in preghiera ancora una volta a testimoniare l' attaccamento e l'affidamento alla Stella del mare.
Vogliamo ora parlare di dolci??
Potevamo lasciare Palermo senza un assaggio? No!
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Cannoli ma non solo...conoscere i dolci della Martorana?
La storia della Frutta Martorana
In italiano è chiamata marzapane e la ricetta risalente al XIII-XIV secolo, in realtà la frutta Martorana è di origine araba.
Il “marzaban” era una scatola di legno leggero dotata di un coperchio che veniva utilizzata per diversi usi, come conservare la corrispondenza o documenti importanti (da qui il detto “aprire i marzapani” cioè svelare i segreti) o più frequentemente veniva usata per spedire dolci preparati con farina, pasta di mandorle ed altri ingredienti, che poiché avevano la forma rettangolare dei pani, ne ereditarono anche il nome, appunto marzapane.
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A Palermo la preparazione più antica e famosa fatta con questa pasta è la frutta Martorana che veniva confezionata dalle suore nel convento annesso alla chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio, o San Nicolò dei Greci, (conosciuta come la Martorana), che si affaccia sulla Piazza Bellini e fu eretta nel 1143 da Giorgio d’Antiochia, ammiraglio del normanno Ruggero II, re di Sicilia.
In seguito, nel 1193 fu la nobildonna Eloisia Martorana a far costruire un monastero benedettino accanto alla chiesa e al convento. Da allora tutto il complesso edilizio prese il nome “della Martorana” in suo onore e allo stesso modo furono anche chiamati i dolcetti preparati dalle suore.
Racconta la tradizione che il giardino del convento e l’orto erano fra i più belli della città, dove crescevano alberi da frutto e ortaggi che insuperbivano le suore che li curavano. Il loro vanto arrivò all’orecchio del vescovo di quel tempo, che incuriosito volle andare personalmente a costatare. La visita però fu fatta in pieno autunno, per la festa di Ognissanti, quando gli alberi erano privi di ogni frutto. Le monache allora, decisero di creare dei frutti con la pasta di mandorle per addobbare gli alberi e abbellire così il giardino. Ecco che nacque la tradizione di preparare questo dolce proprio durante la festa del primo novembre.
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Continua....
È un pericolo che si corre spesso a PalermoHo visto or ora quei cannoli...
Credo di aver avuto un picco glicemico alla sola vista.