Guardo l'orologio (quello che ho al polso, non quello modello "patacca-di-lusso" che il venditore sta cercando di appiopparmi...
).
E' tardissimo ed effettivamente dovremmo già essere sulla strada del ritorno. Saluto un po' bruscamente il tizio del negozio facendogli un segno inequivocabile, picchiettando con l'indice della mano destra sul quadrante del mio orologio e mi avvio a passo spedito verso il bus.
Ma, come se non bastasse, proprio a una decina di metri di distanza dal bus, becco il “Fabrizio Corona” locale che, nel frattempo, ha allestito una semplice bacheca mobile su cui ha appeso in bella mostra tutte le foto che ha scattato al nostro gruppo durante la visita. Mi chiedo come caspita abbia fatto ad essere così veloce!!!! E’ evidente che tutti gli scatti vengono trasmessi in tempo reale via web al laboratorio, che li seleziona, li ottimizza, li stampa e poi li sistema in maniera ordinata sulla bacheca mobile... proprio quella che mi ritrovo davanti. Tutti gli scatti sono suddivisi per soggetti ed è davvero un gioco da ragazzi trovare le foto di proprio interesse: davvero una organizzazione incredibile, direi!! Non a caso, infatti, trovo ben presto le foto scattate a me e mia moglie. E, anche se ci provo, non c’è il tempo (e forse neanche la possibilità, stante la posizione irremovibile del venditore…) di trattare il prezzo: d’altra parte, vedo mia moglie con un piede appoggiato sulla porta d'ingresso dell’autobus che mi richiama disperata.
“Ehiiiiiiii... Questi non ti aspettanooooooooo…!!!!”.
Vabbé, vorrei prenderne una o al massimo un paio, ma non so quale foto scegliere: nella fretta, le prendo tutte. Tanto sono solo tre.
Inoltre, il ragazzo mi dice che accetta anche il pagamento in Euro: 15 in totale. Bèh, sono foto in grande formato. Si può fare, dai...
Poi, con la mia busta contenente le fotografie portata sotto un braccio, la macchina fotografica e la telecamera appese alla meno peggio in mano e lo zainetto che mi casca dalla spalla, mi trascino velocemente verso il bus e finalmente salgo a bordo.
Sono praticamente uno degli ultimi a guadagnare il mio posto a sedere.
Mia moglie sprofonda finalmente sul sedile e tira un profondo sospiro di sollievo.
“Mamma mia”, mi fa togliendosi il cappello ed asciugandosi con una salviettina il sudore dal volto, “ma sarà sempre così stressante, ogni giorno…?”.
Ho quasi timore di dirle la verità.
“Ma no, dai, figurati. Domani a Istanbul ce la prenderemo sicuramente più comoda…”.
Non so perché ma, a queste parole, ho come l’impressione che il mio naso si stia allungando a dismisura e che da un momento all’altro stia per sfondare il finestrino dell’autobus…!
Vada come vada, il bus finalmente si mette in moto ed Ebrar prende subito il microfono in mano. La voce non è più allegra e pimpante come in mattinata quando siamo partiti. Si sente che anche lei è piuttosto stanca. Per prima cosa si scusa con tutti noi dicendoci: “Mi spiace per questo ritardo così notevole che abbiamo accumulato. Purtroppo nel programma dell’escursione era prevista una visita finale ad una fabbrica di ceramiche… che non potremo visitare perché altrimenti non arrivereste in tempo alla nave. Mi scuso per questo con chi magari ci teneva…”.
Una ovazione da stadio ed un applauso affettuoso accolgono queste parole.
Ma che tu sia benedetta, figliola nostra!!!
Ma chi se ne frega della visita perdi-tempo-prezioso alla fabbrica di ceramiche???!!!! Piuttosto ti dobbiamo ringraziare anche per questo!! Siamo felicissimi di aver potuto impiegare più utilmente tutto il tempo a nostra disposizione per visitare con una certa calma la casa di Maria e gli scavi di Efeso.
E anche questo è stato l’ultimo, graditissimo, ancorché involontario “regalo” da parte di Ebrar...
Dopo una giornata faticosissima, ma ricca di emozioni in quel di Efeso, ci rimettiamo in autostrada. Destinazione: il porto di Izmir...
Il viaggio di ritorno prosegue tranquillo e senza intoppi.
Come già detto, anche la nostra guida è evidentemente stanca almeno quanto noi e, nel silenzio generale, c’è chi si concede una bella pennichella.
Io invece mi ritrovo immerso nei miei pensieri e passo il tempo a guardare con attenzione il panorama della splendida terra Turca che mi scorre davanti agli occhi. Di tanto in tanto c’è qualche particolare che vorrei riprendere o fotografare, ma è tutto talmente veloce che quasi mai riesco nel mio intento. E comunque, la memoria della SD della mia macchina fotografica è quasi agli sgoccioli ormai. E devo centellinare le foto...
Dopo circa una cinquantina di minuti di viaggio giungiamo a Smirne ed attraversiamo la città incrociando vari altri monumenti ed istituzioni locali.
Appena giunti in città incrociamo il modernissimo Ospedale Civile di Smirne.
La Facoltà di Medicina dell'Università di Smirne.
Poi giungiamo al porto, dove la MAGNIFICA fa bella mostra di sé, visibile già da una certa distanza.
Prima di scendere dal bus Ebrar ci dice che in Turchia è usanza lasciare una piccola mancia all’autista degli autobus al termine dei loro servizi. Non che sia una cosa obbligatoria, beninteso, ma è comunque una consuetudine locale, per cui ci consiglia, SE VOGLIAMO, di lasciare all’autista un piccolo obolo.
Scendiamo dal bus e, dopo aver lasciato un paio d’euro all’autista, che ci risponde contento con un cortese “Teşekkür ederim” (“Grazie!”), salutiamo infine con estremo calore Ebrar che, nel frattempo, non si è accorta che gli ho fotografato il tesserino di guida turistica professionista: mi servirà per ricordare il suo nome e cognome con esattezza e… per chiederle l’amicizia su Facebook!! Peraltro glielo preannuncio in anticipo. Ed ella mi risponde che sarà onoratissima di questa attenzione, complimentandosi con noi per essere stati tra i migliori, i più educati e più amichevoli turisti che mai le sia capitato di incontrare (in seguito l’ho effettivamente aggiunta tra i miei contatti online…
).
Ci lasciamo con una punta di malinconia negli occhi. E con mia moglie ci ritroviamo a pensare entrambi la stessa cosa: è strano considerare che basta condividere (sia pur in maniera così intensa) poche ore con una persona e scoprire che si hanno così tante cose in comune con essa da darti l'impressione di conoscerla praticamente da sempre.
Ma forse non è solo malinconia quello che ci bagna gli occhi e che, man mano che ci avviciniamo alla nostra nave, ci fa vedere la sagoma della MAGNIFICA in maniera un po’ confusa e tremolante…
Lascio che mia moglie torni tranquillamente verso la nave mentre mi dedico a qualche altro scatto ed alcune riprese video sul bellissimo ed ultramoderno molo di Izmir.
La poppa della MAGNIFICA ancorata nel porto di Izmir: quando ho scattato questa foto, data l'emozione del momento, l'immagine non era così nitida...
P.S.: in basso, sulla destra, si intravvede una signora che tiene in mano un cappello di paglia bianco... chi sa chi sarà?? Si accettano scommesse!!