Sono un giornalista.
Mi occupo di cronaca locale e non ho scritto una sola riga sulla tragedia, se non un pezzo sulla decina di superstiti proveniente dalla provincia di "mia competenza".
Ho assistito, come tutti nel mondo, alla narrazione della tragedia. Non sono stato però un lettore-spettatore molto attento, per cui può darsi che molti miei colleghi abbiano scritto stupidaggini e non me ne sia accorto.
Ho notato però che gran parte dell'attenzione si è focalizzata sulla dicotomia Schettino - De Falco. Non voglio essere tra coloro che scatenano l'inferno contro Schettino, ma da questo punto di vista la telefonata del "vada-a-bordo-cazzo" è la madre di tutti i dubbi degli italiani.
Io - lettore distratto delle cronache della vicenda - non ho ancora capito dove realmente fosse Schettino e perché: ma se ho questo dubbio è perché qualcuno gli ha detto di tornare a bordo, quindi di sicuro non era a bordo. Che fosse sugli scogli o sulla scialuppa m'importa poco. Mi sembra di avere capito che lui, invece, dovesse essere a bordo.
Probabilmente, dal punto di vista pratico, ai 4mila e più passeggeri di una nave da crociera importa poco sapere dove fosse il comandante. Anche perché, com'è ovvio a chi non vive di film e come ha sottolineato chi ha aperto il post, non spetta certo al comandante salvare fisicamente qualcuno, semmai gli compete coordinare qualcosa. E da questo punto di vista, da lettore distratto della vicenda e - aggiungo - da non crocierista (ma ho preso qualche nave di linea per la Sardegna), a me importerebbe essere tratto in salvo e basta: da chi? Da chiunque sia in grado di farlo, compreso un altro passeggero! In merito a ciò, apprezzo molto che un "uomo di mare vero" abbia sottolineato ciò che è intuibile a tutti, ma sicuramente è passato sotto silenzio: che cioè qualunque membro dell'equipaggio è in grado di affrontare tecnicamente l'emergenza.
Esattamente, del resto, come succede sugli aerei: la hostess "figa" è anche una persona preperatissima in senso emergenziale. La stessa cosa per l'equipaggio di una nave. Dovrebbe essere ovvio, e su questo in effetti c'è stato un po' di "racconto eroico" di troppo sui cuochi e i camerieri: che, essendo imbarcati in una nave, sono appunto anche tecnicamente preparati ad affrontare l'emergenza e guidare i soccorsi quando è il caso: come, per esempio, quando si tratta di imbarcare i passeggeri sulle scialuppe.
Torno velocemente sulla dicotomia Schettino - De Falco. Forse, come ho detto, nella pratica cambia poco dove fosse e che cosa stesse facendo una singola persona (ancorché il comandante); ma non deve sfuggire che gli italiani, in questo momento drammatico del Paese, hanno un dannato bisogno di ancorarsi a figure positive. E' una questione sociologica comune a tutte le genti di tutte le epoche. Ma vale più per noi, che di solito siamo abituati a parlar male di noi stessi e del nostro Paese. Anche De Falco non ha fatto che il suo dovere, ma ci ha dato una carica simbolica d'orgoglio e questo è - secondo me - il motivo per cui in questi giorni è diventato una specie (e dico "una specie") d'eroe. Il suo eroismo non deriva dal dovere compiuto, ma dal fatto che abbiamo bisogno di vedere, sentire, "toccare" qualcuno che compie il suo dovere.