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Perù: un viaggio ad "alta quota"

Ancora qualche chilometro ci separa da Arequipa

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Ci allontaniamo un po' dalla costa attraversando un tratto montuoso

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Ma poco dopo ecco ricomparire il mare

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E dopo tanto deserto arriviamo in una valle dove scorre un fiume alimentato dai ghiacciai delle Ande; qui è fiorente l'agricoltura e il prodotto principale è il riso che viene coltivato praticamente fino in riva al mare.

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Si sta facendo buio e arriviamo ad Arequipa letteralmente stravolti; siamo accolti dalla nuova guida che ci accompagnerà nei prossimi giorni. Salutiamo gli autisti che sono stati con noi fin da Lima e che da domani saranno sostituiti. Una cena veloce e poi a letto. Non abbiamo la forza di andare in giro e poi qui ci fermeremo un paio di giorni.

Continua.....
 
Quinto giorno

Arequipa
è una città situata sulle rive del fiume Chili e capoluogo della provincia e della regione omonima. E’ situata a 2.335 metri sul livello del mare Arequipa è circondata da tre vulcani: El Misti (5.822 metri) dalla forma conica, il Chachani (6.075 metri) la cui cima é sempre innevata e il Picchu Picchu (5.425 metri).
Fu fondata nel 1540 da Garcí Manuel de Carbajal, che la chiamò La Villa Hermosa de Arequipa.

Con il suo agglomerato urbano è la seconda città più popolosa del Paese, dopo la capitale Lima, con oltre 900.000 abitanti. È conosciuta come "La Ciudad Blanca" ("la città bianca") dal colore della pietra con la quale sono stati costruiti tutti gli edifici principali del suo centro storico che, nel 2000, è stato dichiarato patrimonio dell'umanità dall'UNESCO.

Secondo la tradizione il nome di Arequipa deriva dalla lingua quechua. Quando i sudditi dell'Inca Mayta Cápac, meravigliati dalla bellezza della valle del Chili, gli chiesero il permesso di fermarsi e costruire una città, egli rispose Ari qhipay, cioè sì, fermatevi qui. Un’altra tradizione fa risalire il nome della città alla espressione in lingua Aymara Ari Kipa che significa vicino alla montagna.

Iniziamo a visitare la città accompagnati dalla guida che ci ha già accolto ieri sera all’arrivo in hotel. Prima tappa una casa coloniale risalente alla prima epoca di dominazione spagnola ora sede di una banca. All’interno si trovano in successione 3 diversi cortili: il primo era quello di rappresentanza, il secondo era per la famiglia e nel terzo erano custoditi gli animali.

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Il frontone sopra il maestoso ingresso riporta simboli cattolici all'interno di rappresentazioni di piante e fiori della foresta amazzonica


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Anche gli scoli dei terrazzi si rifanno alla cultura inca e raffigurano il puma

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Anche nel decoro sopra la finestra sottostante un altro elemento della cultura inca: la conchiglia

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Il pavimento del cortile d'accesso ancora originale (peccato per i segni fatti con la vernice)

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Le porte in legno proveniente dalla foresta sono mirabilmente scolpite

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Usciamo da questa casa che viene considerata una sorta di prototipo delle case coloniali in cui abitavano le ricche famiglie spagnole e ci avviamo verso Plaza de Armas passando a fianco a questo caratteristico vicolo

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Arrivati in Plaza de Armas superiamo la Cattedrale che visiteremo in un secondo momento ma non posso fare a meno di notare il bellissimo cancello laterale

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Attraversiamo la bellissima piazza

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Dalla parte opposta alla Cattedrale si trova il palazzo del Comune

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Sulle panchine di fronte al palazzo comunale notiamo delle persone anziane all’ombra di ombrelli e cappelli con a fianco macchine da scrivere. Si tratta di persone che dietro compenso redigono documenti per gli andini che arrivano in città per effettuare pratiche presso il comune e che non sanno scrivere in spagnolo o che giungono in città senza le necessarie dichiarazioni. La guida ci dice che le macchine da scrivere sono quasi tutte Olivetti.

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Superiamo la piazza e ci dirigiamo verso una delle più belle chiese di Arequipa
 
Ed eccoci di fronte alla chiesa della Compagnia di Gesù. La chiesa fu costruita una prima volta nel 1578 ma dopo pochi anni fu distrutta da un terremoto e ricostruita a partire dal 1690 e terminata nel 1698.

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La facciata, esempio mirabile di barocco churrigueresco diffusosi ad Arequipa attorno al 1660, riprende simboli della religione delle popolazioni andine e simboli europei: il serpente, il puma ma anche l’aquila a 2 teste dell’impero spagnolo; la conchiglia spesso presente nelle rappresentazioni preincaiche e simbolo del Niño: infatti queste conchiglie sono tipiche del Perù settentrionale e arrivavano qui a sud solo nella stagione del Niño.

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Qui sotto sono evidenti le pannocchie di mais, alimento principale insieme alle patate delle popolazioni andine

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Il serpente nell'immagine sotto in basso a destra: per gli Inca simbolo dell'aldilà

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Il Puma simbolo della Madre Terra

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L'aquila bicefala dell'Impero

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le conchiglie

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La facciata poi è decorata con centinaia di fiori e foglie dando a tutto l’insieme un aspetto molto particolare. Il campanile è stato ricostruito in epoca successiva dopo che l’originale è crollato a seguito di uno dei tanti terremoti che hanno colpito la città; l’ultimo del 7° grado della scala Richter proprio una settimana prima del nostro arrivo.

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Ma ora entriamo in chiesa
 
All’interno della chiesa tre magnifici altari completamente ricoperti di foglia d’oro, ma l’attrazione principale è la cappella dedicata a Sant’Ignazio di Loyola fondatore dei Gesuiti. Qui è vietato fare foto perciò ne ho presa qualcuna dal web. E’ un’esplosione di colori e le pareti sono completamente ricoperte di pitture che riproducono piante, fiori e uccelli della foresta amazzonica.

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Passiamo nei due chiostri adiacenti alla chiesa che ora sono occupati da negozi e bar.

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Con il bus privato che ci accompagnerà nei prossimi giorni ci spostiamo nel quartiere di Carmen Alto da dove abbiamo la possibilità di vedere parte della città dall'alto

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da questo punto è possibile ammirare i tre vulcani che circondano la città: il Picchu Picchu, il Misti e il Chachani. Nel video si vedono nell'ordine indicato: il primo un po' sfocato in lontananza e di forma allungata e gli altri due con le cime innevate


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da qui ci spostiamo ad un altro mirador, quello di Yanahuara. Il Mirador si apre su una piazza ed è delimitato da archi attraverso i quali si apre la vista sui vulcani

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Sulla piazza si trova la chiesa di San Giovanni Battista con un'altra meravigliosa facciata barocca

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I vulcani che circondano la città sono responsabili di molti dei terremoti che nel corso dei secoli hanno colpito la città ma non di tutti. Infatti la provincia di Arequipa si trova sopra l punto di incontro della faglia Pacifica e della faglia di Nazca. Quindi i terremoti possono avere origine vulcanica o tettonica.
Ma lasciamo questa piazza e ci spostiamo di nuovo in centro città. Vi porterò a visitare un altro sito affascinante.
 
Viaggio stupendo!
Monica, avete organizzato tutto voi o avete preso un viaggio proposto da un tour operator, integrandolo poi con vostre idee?
Grazie!
 
Viaggio stupendo!
Monica, avete organizzato tutto voi o avete preso un viaggio proposto da un tour operator, integrandolo poi con vostre idee?
Grazie!
Quando abbiamo deciso di visitare il Perù ho contattato una agenzia di Genova specializzata in Sud America che mi ha proposto alcuni itinerari differenti. Ho scelto quello che permetteva un buon compromesso tra cultura e natura e non è stato necessario cambiare nulla. Ho solo fatto aggiungere un giorno alla fine del viaggio per una destinazione di cui però non vi svelo ancora il nome. Vi tengo un po' sulle spine ;)
Comunque l'organizzazione è stata perfetta, gli hotel tutti di livello alto e guide e autisti superlativi.
 
Il "Monasterio de Santa Catalina", con i suoi 20.000 mq, è una città nella città. Con case, via, piazze, fontane e addirittura il cimitero. Le suore di clausura ora vivono in soli 2000 mq e tutto il resto è stato dato in affitto al comune che lo ha aperto alle visite turistiche.
Il monastero ha una lunga storia. Quando il Vicerè Francisco Toledo venne in visita ad Arequipa fu informato del desiderio di fondare un ordine monacale in città da parte delle famiglie più importanti. Venne così data l'autorizzazione a fondare il "Monastero privato di Monache dell'Ordine di Santa Caterina da Siena"
Qualche anno dopo, Doña María de Guzmán, vedova di Diego Hernández de Mendoza, una donna bella, ricca e giovane che non aveva figli, decise di isolarsi nel monastero in costruzione, rinunciando a questo scopo a tutti i suoi beni. Il 10 settembre 1579 viene firmato il capitolato tra il Consiglio Comunale e il Vescovado e vengono consegnati a Doña María 4 appezzamenti di terreno per il funzionamento del monastero e viene nominata prima Priora del Monastero. Prenderà i voti il 2 ottobre del 1580.

Nel 1582 gran parte del monastero verrà distrutto da un violento terremoto e fu dopo questo evento catastrofico che si optò per la costruzione di piccole case e piccole celle che ha portato alla struttura della cittadella.

Le ragazze che entravano in convento avevano tra i 12 e i 18 anni ed erano di famiglie piuttosto agiate che potevano permettersi di portare al convento la dote richiesta. Chi poteva pagare la dote intera poteva aspirare ai compiti migliori, godeva di una serie di privilegi all’interno del convento e poteva aspirare a diventare badessa. Chi poteva pagare somme inferiori era destinata a compiere i lavori più umili.
Le novizie rimanevano tali fino al compimento del 18° anno e comunque per almeno 2 anni in cui vivevano praticamente recluse in una cella, in solitudine, con un letto, una catino per lavarsi, un vaso da notte e un altare per pregare. Potevano uscire nel chiostro solo un’ora al giorno e i pasti venivano passati loro attraverso la finestra della cella.

Ma entriamo nel monastero..


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Appena varcata la soglia ci troviamo in questo cortile circondato da muri colorati di rosso e di fronte a noi l'accesso al primo chiostro con il monito che ci ricorda che stiamo comunque entrando in un monastero di clausura ancora attivo anche se ormai le monache presenti sono solo una ventina

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La visita inizia dal parlatorio dove le suore potevano ricevere le visite dei parenti solo una volta al mese ed avere qualche oggetto a d uso privato attraverso una ruota.
Il parlatorio è in un corridoio piuttosto angusto con una serie di panche posizionate lungo il muro di fronte alle grate dietro cui stavano le monache: praticamente si potevano solo sentire le voci delle ragazze e dei loro parenti che venivano a trovarle. La luce arrivava da piccole aperture nel soffitto

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Superato il parlatorio, attraverso un vicolo colorato di un azzurro intenso che contrasta con tutto il rosso circostante, arriviamo in un primo chiostro.

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Si tratta del chiostro delle novizie su cui si aprono le piccole celle a loro destinate. Lungo i muri perimetrali sono dipinte le invocazioni che le novizie dovevano imparare a memoria.

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Attraversiamo un altro vicolo a ci ritroviamo in un altro chiostro questo utilizzato dalle monache che già avevano preso i voti

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Passiamo di fronte alla sala dove venivano vegliate le monache decedute; sulle pareti i ritratti delle monache che poi sono state sepolte nelle parti basse del coro. Sono tutte ritratte con gli occhi chiusi tranne una che, a differenza delle altre, non era morta per malattia nel suo letto ma era stata trovata morta in chiesa e con gli occhi aperti.
La portantina esposta veniva utilizzata esclusivamente per il funerale delle monache più agiate che potevano essere viste dai parenti prima di essere seppellite nella parte bassa del coro, privilegio che non esisteva per le più povere.

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Ci spostiamo a visitare le celle delle monache che erano all'interno di vere e proprie piccole case che si aprono sulle vie del monastero

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Le suore che avevano portato la dote intera, dopo il noviziato, si spostavano in celle più grandi dotate anche di un piano superiore, di un piccolo giardino privato e di una cucina; inoltre era presente una piccola stanza in più dove alloggiava la cameriera personale che avevano il privilegio di poter avere. Le altre suore dormivano invece in dormitori comuni e consumavano i pasti esclusivamente nel refettorio. Le suore più agiate potevano portare il velo nero, le altre lo avevano bianco.
Tutti questi privilegi finirono con Papa Pio IX che li vietò e da quel momento tutte hanno dovuto usare il dormitorio comune, avere un’unica cucina e un solo refettorio.

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I letti, in tutte le stanze erano sistemati sotto un arco: la struttura che meglio avrebbe resistito ai terremoti


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Il forno e il focolare ad uso privato

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Una delle scale che portavano al piano superiore delle case delle monache più ricche

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La cucina comune utilizzata dalle suore più povere e, dopo la riforma di Pio IX, da tutte le monache

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Questo sopra è lo strumento che veniva utilizzato per purificare l'acqua a bere: è un recipiente costruito con una roccia porosa in sui l'acqua filtra goccia a goccia in un recipiente sottostante.

Ma è ora di andare un po' in giro per le strade del monastero che hanno nomi proprio come le vie di una città. Molte portano il nome di città spagnole.

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Visitiamo un'altra cella: questa ha due letti perchè era destinata ad una monaca e auna bambina orfana. All'interno del convento spesso venivano ospitate bambine rimaste orfane che poi rimanevano diventando a loro volta monache.

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Lo stemma all'ingresso del cimitero dove ancora oggi vengono seppellite le monache che vengono a mancare

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I lavatoi

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