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Perù: un viaggio ad "alta quota"

L'isola di Taquile è una delle 6 isole in territorio peruviano e delle 4 in territorio boliviano. Si dice che sia anche la più bella di tutto il lago ma non posso fare paragoni visto che è l'unica che abbiamo visitato.
L'isola sorge al di fuori della baia di Puno perciò una parte della navigazione viene fatta in "lago aperto" ed è per questo che bisogna evitare il vento del tardo pomeriggio

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Sull'isola vivono poco più di 2000 persone che vivono di agricoltura, pastorizia e turismo. Quasi tutte le famiglie gestiscono un piccolo ristorante e i tour guidati portano i turisti a rotazione nei diversi locali in modo da dare lavoro a tutti.

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Si sbarca in un piccolo porto da cui inizia un sentiero in salita che ci porterà alla piazza principale che si trova 150 metri più in alto rispetto al livello del lago. Camminare in salita a 3800 m non è proprio agevole, la carenza di ossigeno si sente; ma andando piano si supera la difficoltà. Poi i panorami sono talmente belli che non si ha bisogno di scuse per fermarsi a scattare fotografie

Lungo il percorso incontriamo diversi di questi archi che delimitano i terreni delle diverse comunità che costituiscono la popolazione dell'isola

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In questa giornata tersa, in lontananza si riescono a vedere le Ande boliviane innevate

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Continuiamo a salire meravigliandoci ad ogni scorcio della bellezza di questi luoghi

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La maggior parte delle case sono ancora costruite con i mattoni di terra

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Raggiungiamo la piazza del paese situata nella parte più alta dell’isola a 3950 m. s.l.m. dove si trova il comune, la chiesa con il campanile di epoca coloniale e un mercato artigianale cooperativo.

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Le donne portano costumi tradizionali autoctoni e precedenti all’arrivo degli spagnoli; le ragazze nubili hanno camicia bianca e gonna arancione o rosa; le donne spostate vestono abiti scuri. Gli uomini portano abiti influenzati dagli spagnoli: pantaloni neri, camicia bianca e cappello lavorato a maglia che ricade da un lato (chullo). Se è di due colori l’uomo che lo indossa è celibe, se è in tinta unita è sposato. Questi copricapi vengono prodotti dagli uomini stessi che lavorano a maglia fin da bambini. Le donne invece tessono le fasce che ornano la vita sia delle donne sia degli uomini.

Gli uomini che ricoprono incarichi all’interno della comunità, sopra il chullo, indossano una bombetta nera.

Prima di sposarsi le coppie convivono per circa 4 anni per verificare se la convivenza può funzionare; una volta sposata la coppia deve rimanere insieme poiché non esiste il divorzio.

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Assistiamo alla preparazione di un detersivo naturale: sull'isola cresce una pianta molto ricca di saponine che viene abitualmente utilizzata per lavare la lana. La pianta viene pestata in un mortaio, diluita con acqua e utilizzata tal quale. La lana che il ragazzo ha lavato è diventata bianchissima

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Dopo il pranzo a base di trota arrostita e verdure percorriamo la strada verso un altro approdo dove ci aspetta il battello per ritornare a Puno prima delle 17.00 quando i venti incresperanno la superficie del lago.

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Ed ecco comparire Puno; tra poco saremo di nuovo in porto e ci accompagneranno in hotel

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Anche questa fantastica giornata è terminata ma domani ce ne sarà un'altra altrettanto entusiasmante....
 
Giorno 9
Questa sarà una giornata di trasferimento da Puno a Cuzco. Ci svegliamo prestissimo poichè alle 7 dovremo essere già al terminal dei pullman. Sarà il nostro primo e unico trasferimento condiviso con altri turisti su un autobus Gran Turismo con tanto di Hostess a bordo che offre the, caffè e altre bevande lungo tutto il tragitto che durerà 10 ore con alcune soste intermedie per visitare diversi luoghi di interesse storico o artistico.
Janet, la guida andina che ci ha accompagnato il giorno prima, viene a prenderci per portarci al terminal dei bus. Dopo il controllo dei biglietti e dei passaporti saliamo sull'autobus e quando tutti sono a bordo partiamo.

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Lungo le strade di Puno e dei paesi vicini le persone fanno colazione, altre allestiscono mercati di strada altri ancora vendono taniche di benzina comprate in Bolivia e portate di contrabbando in Perù. In Perù 20240713_075909.webpil prezzo della benzina è di circa 5 euro al gallone mentre in Bolivia è di 1 euro.

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Usciti dalla città attraversiamo una zona agricola dove le attività principali sono la produzione di foraggi e l'allevamento bovino. Moltissimi sono soprattutto i tori che vediamo al pascolo. In quest'area c'è un vero e proprio "culto" del toro che però, a differenza della Spagna non viene utilizzato pe le corride ma per competizioni di bellezza o di lotte tra tori che comunque non portano mai alla loro morte

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Continuiamo il viaggio salendo sempre più verso l'altopiano per raggiungere la cittadina di Pucarà a circa 70 km da Puno e a 3910 m di altitudine...
 
Pucarà è una piccola cittadina famosa per alcuni siti archeologici pre-incaici, i cui reperti sono esposti in un piccolo museo, e per i "toritos": statue in argilla di tori portafortuna che spesso si vedono sopra i tetti delle case

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Secondo gli abitanti del villaggio, anni fa la città di Pucará (Puno) soffrì di una siccità che preoccupò la popolazione, così un abitante decise di dare un toro come offerta a Pachamama.

Si racconta che si arrampicò con l'animale fino a raggiungere la roccia di Pucará e iniziò a fare le sue suppliche; all'inizio il toro oppose resistenza e nella lotta una delle corna perforò la roccia e miracolosamente da quel luogo uscì abbastanza acqua da rifornire la città che smise così di subire i danni dovuti alla siccità.

Da quel momento il toro divenne un elemento rituale che significa protezione, forza, vitalità, prosperità, abbondanza e ricchezza, oltre che essere utilizzato come protettore delle case. È per questo motivo che negli altopiani peruviani si vedono piccoli tori collocati sui tetti delle case o sulla porta d'ingresso.
Si consiglia di avere due piccoli tori in casa: secondo questa tradizione, la dualità assicura protezione e felicità.

Questa sotto è la roccia da cui scaturì l'acqua

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Arriviamo alla prima nostra sosta: il Museo Lítico Pucará. Qui sono conservati alcuni reperti pre-incaici
Tra il 1200 a.C. e il 200 d.C. qui vissero i Qaluyo che costruirono grandi templi, alcuni sotterranei, in cui adoravano idoli in pietra come quelli riprodotti qui sotto

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Erano agricoltori ma anche guerrieri e sono state trovate diverse armi sempre in pietra

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Queste specie di stelle venivano ancorate sulla sommità di bastoni e utilizzate come mazze
E qui sotto il sacerdote riconoscibile per le pupille, le narici dilatate e la testa della persona sacrificata tra le mani, anche la testa del sacrificato ha le pupille dilatate dalle droghe che venivano somministrate prima del sacrificio

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Di epoche successive (VIII - VIII secolo d.C.) sono le ceramiche e le statuette di bronzo
Le ceramiche hanno come soggetto quasi sempre il puma, rappresentazione di Pachamama, raffigurato anche su questa stele di pietra

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e come già avevamo visto in una statuetta in ceramica del Museo Larco di Lima, anche qui viene rappresentato il parto

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Nel museo sono conservate anche due mummie trovate in torri funerarie chiamate "chullpa" costruite in pietra o adobe (impasto di argilla e paglia seccata al sole). Erano destinate alla sepoltura di personaggi importanti ed erano luogo di venerazione e di monito per il potere che la persona morta poteva ancora esercitare sui vivi; risalgono al periodo compreso tra in XIII e il XV secolo. Attorno alla mummia venivano poi seppelliti famigliari e servitori, a volte sacrificati, e venivano posti diversi oggetti e cibo per la vita nell'aldilà. Quella qui sotto è la mummia di un guerriero trovato all'interno della Chullpa posizionato dentro una cesta di paglia intrecciata

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Quest'altra invece è in posizione fetale avvolta in tessuti e legata con delle corde

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Anche le statuette qui sopra sono molto interessanti; quella in ceramica raffigura sicuramente un personaggio importante riconoscibile dal copricapo, dagli orecchini e dal mantello; l'altra è una donna in allattamento ed entrambi hanno una guancia "gonfia" per il bolo di coca. Lo stato mentale dovuto agli effetti della droga è palese anche da come sono rappresentati gli occhi.

Finita la visita del museo passiamo in un negozio di souvenir dove è esposta questa tavola che riassume abbastanza bene le altezze del nostro viaggio e conclude: " se vuoi sopravvivere a tutto questo.... mastica coca"

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Si risale sul bus e si continua la salita. Lungo la strada villaggi di case piccolissime e case in mattoni di terra seccata

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Le montagne attorno si fanno più alte

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La ferrovia che si vede qui è quella che collega Arequipa a Cuzco e su cui transita anche il treno Belmond.
Ormai siamo vicini a La Raya, il passo che separa il dipartimento di Puno da quello di Cuzco
 
A parte la sensazione di affanno se ci muovevamo un po' più velocemente non abbiamo avuto altri particolari problemi. Da Puno in poi abbiamo bevuto al mattino il mate de coca che si trova in tutti gli hotel. Comunque a bordo di tutti i bus che abbiamo usato c'erano piccole bombole di ossigeno se qualcuno ne avesse bisogno
 
Poi tieni conto che la salita è stata graduale. Quello che eventualmente fa star male è il fatto di dormire in quota. Infatti dicono che se stai male devi scendere a dormire ad una quota più bassa. Mentre raggiungere per qualche minuto i 4910 metri come abbiamo fatto noi in bus non dovrebbe dare fastidio.
Abbiamo trascorso 2 notti a livello del mare (Lima e Paracas) 1 notte a 520 m a Nasca, 2 notti ad Arequipa 2335 m, 1 notte a Chivay 3658 m, 2 notti a Puno 3812 m, poi siamo stati a Cusco 3400 m.
Prima per errore ho scritto Puno ma è da Chivay che abbiamo iniziato con il mate.
 
Ed eccoci al passo La Raya 4335 m s.l.m.

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Ancora qualche foto alle montagne che ci circondano e poi inizia la discesa

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dall'altra parte del passo ricominciano ad esserci distese di paglia andina che nella parte più alta non avevamo più visto e compaiono i primo alberi che sono giorni che non vediamo.

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Scendiamo di quasi 900 m di altitudine e arriviamo a Raqchi. Questa località, nel comune di San Pedro a 120 km da Cuzco custodisce le rovine di uno dei più grandi templi inca: il tempio di Wiracocha (il Dio Creatore).
Entrando nel sito archeologico le prime strutture che si incontrano sono i magazzini di forma circolare di cui ormai rimangono solo le basi. Uno è stato ricostruito quando il sito è stato aperto al pubblico. In totale sono stati trovati più di 200 magazzini in cui venivano conservate patate, mais e altre derrate alimentari.
Il sito era in origine circondato da un muro che separava la zona abitativa dalla zona sacra e parte di questo muro si intravede nella fotografia sottostante dietro alla ricostruzione del magazzino

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La zona sacra era interdetta alla popolazione che poteva entrare solo per lavorare o per partecipare ad alcuni riti. All'interno della zona sacra vivevano i sacerdoti e ragazze e ragazzi di nobili famiglie che erano destinati ai sacrifici umani.
 
proseguendo arriviamo ai resti delle case dove venivano cresciuti i ragazzi e le ragazze destinate ai sacrifici. Ce n'erano 6 per lato: 6 destinate alle ragazze e 6 per i ragazzi.

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Ed ecco ciò che resta del tempio di Wiracocha

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Il tempio di Wiracocha è anche conosciuto come il Partenone del Perù e in particolari cerimonie l’accesso poteva essere concesso anche alla popolazione o alle persone che qui arrivavano da altre città. Il tempio era diviso in due parti in cui trovavano spazio gli uomini e le donne separate da un alto muro. Ai lati erano presenti 22 colonne, 11 per lato, delle quali solo 1 è sopravvissuta. La parte bassa del tempio era costruita con pietre incastrate tra loro mentre la parte superiore era costituita da mattoni e malta di terra impastata anche con peli di animali e capelli. Aveva un tetto a capanna sostenuto da colonne alte fino a 25 metri nel punto più alto.

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Questo disegno fa capire come doveva essere ai tempi degli inca

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Questo era un luogo molto importante anche perché si trovava lungo una strada Inca che dalla Amazzonia, passando per Cuzco arrivava qui per proseguire poi verso le zone andine. Parte della strada è ancora visibile.

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La zona sacra era anche approvvigionata d'acqua attraverso canalizzazioni costruite appositamente che contribuivano ad alimentare una fontana e che in parte sono ancora visibili

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Al di là dei muri che delimitano il sito archeologico vediamo i campanili della piccola chiesa di Raqchi e approfittiamo del poco tempo che ci rimane prima di ripartire per andare a dare un'occhiata
La chiesa è stata costruita nel 1810; la facciata e i campanili sono di pietre vulcaniche che contrastano con l'intonaco bianco della parte sopra l'ingresso
L'interno è piuttosto spoglio: un semplice altare in legno dipinto, i quadri che raffigurano gli arcangeli e l'ultima cena con l'immancabile porcellino d'india nel piatto al centro della tavola

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Un viaggio a quelle attitudini ci vuole coraggio. Un plauso.
In effetti eravamo un po' preoccupati ma abbiamo cercato di prepararci nel migliore dei modi. Per prima cosa siamo andati a parlare con i medici del servizio di Medicina dei Viaggi della nostra ASL dove ci hanno consigliato alcune vaccinazioni e dato alcuni consigli di regole igieniche e di prevenzione soprattutto per le infezioni intestinali e delle malattie trasmesse da insetti. Poi siamo andati dal nostro medico che ci ha prescritto i farmaci di base da portare con noi (antibiotico, antistaminico e un diuretico da usare solo in caso di grave mal di montagna).
A giugno poi abbiamo provato per la prima volta l'ebbrezza di superare i 3000 m salendo a punta Helbronner con la funivia del Monte Bianco. C'è anche da dire che siamo persone piuttosto attive.
E alla fine è andato tutto bene
 
Lasciamo Raqchi e ci dirigiamo verso Huaro.
Lasciamo il sito di Raqchi e ci spostiamo a Huaro. Lungo il tragitto iniziano a comparire alcuni alberi: si tratta di eucalipti portati qui dal botanico italiano Raimondi e che hanno avuto un rapido sviluppo nella zona poiché crescendo diritti erano particolarmente adatti alla costruzione di tetti e altre strutture.

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Huaro è un piccolo paese a 3160 m di altitudine dove si trova la chiesa di San Giovanni Battista costruita tra la fine del XVI e l'inizio del XVII secolo.
La chiesa vista dall'esterno non da segno di quanto si trova all'interno. E' semplice, lineare; le uniche note più "artistiche" sono il campanile ad archi in pietra lavica e il mosaico del sagrato ottenuto con pietre di diversi colori

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Ma l'interno è stupefacente ed è merito di questo signore a cui è dedicata la statua davanti alla Chiesa: Tadeo Escalante, pittore che nell’arco di circa 30 anni ha ricoperto tutte le pareti di affreschi che rappresentano il Giudizio Universale, l’inferno e il paradiso, la pena e la gloria come conseguenza della vita e del comportamento umano.

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L'interno non si può fotografare ma molte immagini sono disponibili sul sito del Baroco Andino e quelle che vi allego sono tratte da lì

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Questo è un particolare di un altare dove si vede il Cristo in croce con una lunga gonna. Questa non è una particolarità di questa chiesa ma in tutte le chiese che abbiamo visto è sempre rappresentato così

Ma iniziamo con gli affreschi

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Questo ci mostra una persona sul letto di morte, probabilmente è un guerriero: ci sono l'armatura, i cannoni e i barili di polvere da sparo. Ci sono però anche i simboli vescovili.... I sacerdoti sembrano raccogliere le confessioni del morente ma il diavolo è pronto a prendere la sua anima
 
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In questo le anime subiscono il giudizio delle loro azioni e alcune salgono in cielo dove gli angeli e i santi li attendono; altri vengono precipitati all'Inferno.

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Sopra questa porta il dipinto raffigura le pene dell'Inferno. Non si vede molto ma se guardate bene all'interno del calderone a sinistra c'è anche raffigurato un Vescovo

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e qui la grazie del Paradiso

Un’altra bellissima chiesa è a Andahuaylillas, dedicata a San Pedro è chiamata anche la Cappella Sistina d’America. Austera e anonima all’esterno all’interno è una esplosione d’oro e intagli dipinti. Quasi tutte le superfici sono ricoperte di foglia d’oro. È stata costruita probabilmente tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo.
Anche qui le fotografia sono prese dal web

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