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Perù: un viaggio ad "alta quota"

Lungo il tragitto si vedono bouganville fiorite e fichi d’india e pensare che siamo in inverno e 3000 m di altitudine!

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Continuiamo a scendere lungo la Valle Sacra e arriviamo a Ollanatytambo situata a 2792 m s.l.m..

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Ollantaytambo in quechua significa la locanda di Ollantay segno che questo era un luogo di sosta sulla strada che collegava Cuzco alla zona amazzonica. Nel paese si vedono ancora le fondamenta delle costruzioni inca e alcune delle strade che percorriamo sono ancora originali incaiche.

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La città che è stata abitata sin dal XIII secolo è sede di una delle più imponenti fortezze inca e fu sede di una delle ultime battaglie tra Inca e Spagnoli.
Le pietre che furono utilizzate per la costruzione di questo immenso complesso sono state ricavate dalla montagna situata di fronte al paese e sono ancora visibili i resti della cava che appare come una pietraia: la si vede nel centro di questa fotografia non bellissima

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Le prime costruzioni sono state datate a circa 3000 anni fa; sono quindi molto precedenti al periodo inca. Gli Inca hanno ampliato quanto era già stato costruito dai popoli che li hanno preceduti.
Le rovine Inca sono distinte in 2 parti: quella esterna dove erano presenti strutture abitative molte delle quali ancora abitate e una parte interna, la parte sacra che immetteva ai templi. Il tutto diviso da un muro in cui erano presenti delle porte e attraverso una di queste accediamo al sito che visiteremo.

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Appena entrati nel sito ci si trova di fronte ad un immenso “muro” di terrazze conservative (costruite esclusivamente per evitare le frane) che arrivano in cima alla collina dove sorgeva il tempio. La gente comune poteva entrare per lavorare ma il sito era riservato a riti e studi astronomici da cui il popolo era escluso. All’interno del recinto e alla base delle terrazze sorgevano le costruzioni destinate ai sacerdoti e alla nobiltà. Per vedere il tempio dovremo salire fino in cima

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Mentre saliamo possiamo vedere alcune pietre già tagliate e levigate che però poi non sono state utilizzate per la costruzione del tempio e sulla collina di fronte vediamo i granai costruiti in quella posizione perchè meglio esposti ai venti e quindi più idonei alla conservazione delle derrate alimentari

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Ai piedi delle terrazze si trovano quelle che erano le abitazioni dei sacerdoti e della nobiltà

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Saliamo fino alla sommità delle collina dove si trovano i resti del tempio riconoscibili per le pietre levigate e magistralmente incastrate tra loro. Alcune presentano delle protuberanze il cui significato non è del tutto chiaro: potrebbero essere servite come appoggio per issare altre pietre oppure potrebbero essere servite come “indicatori astronomici” proiettando la loro ombra in un determinato punto in un preciso momento dell’anno.

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La precisione degli incastri tra le pietre è impressionante

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Superiamo una porta e ci troviamo di fronte alla parete principale del tempio

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Nel muro del tempio, che non è mai stato terminato, si trovano incisi 3 scalini a salire e 3 a scendere ripetuti per 3 volte. Il numero 3 per le popolazioni preincaiche e per gli inca era molto importante perché identificavano il mondo diviso in 3 piani: il mondo di sopra, Hanan Pacha dove stavano gli dei, il mondo terreno Kay Pacha e il mondo di sotto o dei morti Uku Pacha. Nel mondo di sopra gli dei erano Inti (il sole), Keel (la luna) e Illapa (decideva il vento, la pioggia, i fulmini, il tuono); nel mondo terreno gli dei erano Pacha Mama (la madre terra) e Apus (la montagna sacra); esistevano più montagne sacre e si ritiene che la montagna di fronte al tempio lo fosse in quanto è stata riprodotta in questa pietra intagliata.

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Nel muro del tempio si vedono anche queste strette pietre poste verticalmente e altre più piccole alla base: non hanno un significato particolare ma servivano ad assorbire le sollecitazioni in caso di terremoti.

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La guida poi ci invita a guardare i campi che si trovano ai piedi della collina su cui sorge il tempio....


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Sono perfettamente in piano; ma poi ci fa vedere una fotografia scattata dalla cava nella collina di fronte e "compare" una piramide

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Sopra di noi i resti di quella che sembra una fortezza ma si tratta delle strutture di sostegno di una strada inca che ormai è andata distrutta

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Ultima modifica da un moderatore:
Riscendiamo ed andiamo verso la fontana dei 4 getti. L’acqua era considerata sacra e ad essa venivano spesso dedicati templi dove ricorre il n° 4: 4 getti d’acqua o 4 nicchie o porte sovrastanti la fontana. Il n° 4 rappresentava i 4 elementi: fuoco, aria, terra e acqua.

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Usciamo dal sito archeologico e ci dirigiamo verso una casa inca che è ancora abitata e che è stata mantenuta come era in origine. Mentre andiamo ci rendiamo conto che stiamo camminando su strade dove hanno camminato gli inca...

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Arrivati alla casa ci accoglie la proprietaria, una anziana signora che continua a filare la lana: gli andini non stanno mai con le mani in mano.

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Appena varcata la soglia ci troviamo in un piccolo cortile a guardia del quale ci sono i due tori simbolo di protezione, asce e croci appese ai muri e una maschera di legno

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Entriamo in casa scendendo due scalini alla cui base sono posizionate 4 ferri di cavallo: impossibile non metterci i piedi sopra! Avrete già capito che il popolo andino è molto superstizioso.

La casa è costituita da un’unica stanza con pavimento in terra battuta; in un angolo si trova un piccolo recinto dove vengono allevate le cavie. Il porcellino d’india in Perù non è un animale da compagnia ma arrostito, dopo essere stato marinato e condito con varie erbe, è il piatto delle feste importanti. In compenso il coniglio è un animale da compagnia e mai si sognerebbero di mangiarlo.

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Nella parete di fronte al recinto dei porcellini c’è un piccolo altare sotto una nicchia in cui è custodito e venerato il teschio di un antenato della famiglia. Si pregano i morti poiché ritengono che stiano ancora vivendo nell’aldilà e che possano proteggerli.

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In alcune ceste posate per terra e su un piccolo tavolo ci sono le provviste: mais, patate fresche e disidratate, fave e piselli secchi.

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Al centro della stanza gli oggetti che servono per le offerte alla Pacha Mama tra cui il feto di un lama mummificato. Ai tempi degli Huari e degli Inca venivano fatti sacrifici umani che furono vietati dagli spagnoli; allora iniziarono i sacrifici animali e quando anche questi furono vietati è iniziato il commercio di feti mummificati: le tradizioni e le superstizioni sono dure a morire! Ancora oggi non è infrequente che vengano prima fatti i riti con i doni alla Pacha Mama e poi ci si rechi in chiesa per la Messa.

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La stanza si completa con un tavolo attorno a cui ci sono due panche ricoperte di pelli di alpaca e 1 letto con ben 4 coperte: qui non c’è riscaldamento.

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Salutiamo la signora che ci ha permesso di visitare la sua casa e ci ritroviamo tra le vie del paese. La sensazione che ho provato venendo a contatto con la vita di questa persona è stata di sorpresa e in parte di incredulità: ad oltre 500 anni dalla scomparsa degli inca continuano a sopravvivere nelle tradizioni e nelle credenze di questa gente, in una mescolanza di cristianesimo (comunque praticato) e adorazione e rispetto per Pacha Mama e gli dei del cielo.

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Ci spostiamo verso la stazione di Ollantaytambo da cui prendiamo il treno per Aguas Calientes. Non ci sono strade e l’unico modo per arrivarci è con la ferrovia.


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Occorre prenotare i posti che sono numerati; appena arriva il treno e aprono le porte saliamo a bordo e inizia il viaggio che durerà poco più di un'ora

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Aguas Calientes prende il nome dalle sorgenti termali che si trovano qui e fino a qualche anno fa era un piccolo villaggio di poche case. Oggi è una accozzaglia piuttosto kitsch di hotel, ristoranti, bar e pub. In giro per il paese si vedono numerose statue che mi sono sembrate fatte di plastica e che fanno riferimento agli inca. Tutto molto finto e “americano”. Fino a non molti anni fa era un piccolissimo villaggio ma il turismo di massa legato a Machu Picchu lo ha trasformato il un posto orrendo, dal mio punto di vista. Nel mio immaginario Aguas Calientes avrebbe dovuto essere un paese tradizionale, con piccole case e alberghi tipo quello di Chivay: invece è tutto il contrario.
Arriviamo in paese mentre è in pieno svolgimento la festa per la Madonna del Carmen

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Ci dirigiamo verso l'hotel dove soggiorneremo per una notte.

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Domani sarà dedicata alla visita del sito più famoso di tutto il Perù: Machu Picchu.

Continua.....
 
Giorno 11

Quando ci svegliamo è ancora presto e abbiamo la prenotazione per l'autobus che ci porterà alle rovine di Machu Picchu per le 11.30; quindi decidiamo di fare una passeggiata per Aguas Calientes. Il paese si sviluppa tutto in salita, dal fiume su per la collina ma non sentiamo la fatica a salire: qui siamo a soli 2040 m di altitudine.
Esploriamo prima la parte bassa del paese percorrendo il primo tratto della strada che ci condurrà più tardi a Machu Picchu; questa è praticamente l'unica strada del paese che invece è attraversato letteralmente dalla ferrovia.

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Il paese è diviso in due da un ripido ruscello e ci sono 2 ponti pedonali ad unire le due parti. Uno ha le ringhiere completamente ricoperte dai così detti lucchetti dell'amore

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Girando per il paese non notiamo niente degno di essere fotografato tranne queste poltrone del negozio di un barbiere che danno l'idea dello stile di tutti i locali commerciali, dei pub e anche degli hotel

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Ritorniamo in hotel dove incontriamo la guida e lasciamo gli zaini che ci faranno trovare al pomeriggio direttamente in stazione e andiamo a metterci in coda per salire sull'autobus.
Non è permesso salire a Machu Picchu con mezzi propri; o si va a piedi salendo su per sentieri ricavati nella foresta o si va con questi piccoli autobus che fanno continuamente la spola.

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Con noi portiamo solo lo stretto necessario: cappello e crema protezione 50 per proteggerci dal sole, spray repellente per tenere lontani i mosquitos ed un paio di bottiglie d'acqua. La strada si inerpica su per la montagna; è piuttosto stretta e quando incrociamo gli autobus che scendono, l'autista si sposta tutto a destra sul bordo della strada e a volte sembra proprio che manchi poco per finire di sotto
Siamo ai limiti della foresta amazzonica e la vegetazione è rigogliosa e il clima molto umido.

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Tra la vegetazione, sul pendio della montagna e in una posizione incredibile scorgo dei terrazzamenti

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Man mano che saliamo superando tornante dopo tornante una collina che ho preso come riferimento diventa sempre più "bassa"

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Arriviamo al piazzale da dove inizierà la nostra camminata, di nuovo in salita, verso il sito archeologico più famoso del Perù. L'accesso è a pagamento e i percorsi sono 3: uno che porta solo al punto panoramico, il secondo che permette di visitare l'area delle costruzioni e il terzo per salire sull'Huayna Picchu dove sono presenti dei sentieri e dei terrazzamenti inca. Noi abbiamo il biglietto per i primi due percorsi e superato il cancello d'ingresso iniziamo la salita

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E subito incontriamo un colibrì, difficilissimo da fotografare per la velocità con cui si sposta; ma, come si suol dire, per una botta di c*** ci riesco!

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Questo qui sotto è l'Huayna Picchu sulla cui cima si vedono i terrazzamenti. per arrivare lassù ci sono sentieri ripidissimi e pericolosissimi ma c'è qualcuno che ha il coraggio di andarci

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in basso si vede il fondo della valle con la strada da cui siamo passati prima di iniziare a salire con il bus e l'arrivo della ferrovia che abbiamo visto attraversare Aguas Calientes


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Incontriamo le prime costruzioni ed iniziamo a vedere dall'alto la cittadella

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Salendo passiamo a fianco alla costruzione che è conosciuta come la "casa del guardiano". E' fatta di pietre e adobe ed ha il tetto ricoperto di paglia. Viene chiamata così perchè è in una posizione dominante rispetto alla cittadella e fu fatta costruire contestualmente alla città.

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E' da qui che si scatta la fotografia iconica di Machu Picchu

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Machu Picchu è stata scoperta casualmente il 24 luglio 1911 da Hiram Bingham, uno storico di Yale, che stava esplorando le vecchie strade inca della zona alla ricerca dell'ultima capitale Inca: Vilcabamba. Bingham era convinto di aver scoperto Vilcabamba, l’ultima capitale inca, che invece si trovava nascosta nella foresta amazzonica a poche centinaia di metri da dove era arrivato Bingham nelle sue esplorazioni nella zona. Quando Bingham arrivò ad Aguas Calientes i locali gli raccontarono di rovine nascoste tra la vegetazione sulla montagna. Convinto che si trattasse di Vilcabamba salì sulla montagna e scoprì ormai completamente coperte dalla vegetazione e dalle radici le rovine di quella che fu chiamata Machu Picchu dal nome della montagna che la sovrasta. In realtà non si conosce il reale nome di questa città mai citata nelle cronache spagnole.

Per ripulire le rovine dalla vegetazione è anche stato utilizzato il fuoco; di Machu Picchu il 25% è stato ricostruito, il 35% restaurato e il resto è andato perduto. Da quando il sito è tutelato è stata vietata la ricostruzione e possono essere condotti solo lavori di restauro.

La costruzione di Machu Picchu risale al 1440 circa quando quest’area fu conquistata da Pachacútec, primo imperatore Inca (1438-1470) ed era abitata prevalentemente da una elite probabilmente della famiglia imperiale e da sacerdoti. L’importanza di Machu Picchu iniziò a scemare quando fu aperta una nuova via di comunicazione tra Ollantaytambo e Vilcabamba facendo diventare secondaria la via attraverso Machu Picchu che probabilmente fu completamente abbandonata tra il 1568 e il 1572. Gli spagnoli sapevano della esistenza di questa città ma qui non arrivarono mai anche perché il centro di raccolta delle tasse dovute era a Ollantaytambo.

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La montagna che si vede in tutte le foto che circolano di Machu Picchu e che è quella che si vede anche qui sopra è la Huayna Picchu che in quechua significa "la montagna giovane"; quella qui sotto e che si trova dietro alle spalle quando si fotografa la città è Machu Picchu, "la montagna vecchia". In realtà geologicamente queste due montagne risalgono alla stessa era ma la prima è più bassa e piccola della seconda

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Arriviamo al punto panoramico più alto da dove si apprezza il complesso in tutta la sua maestosità. Attorno al sito si vede ancora parte del recinto che lo circondava a cui sono addossati gradini che servivano principalmente a dare solidità al versante e a regimentare le acque piovane.

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Ancora un paio di foto scattate dall'alto prima di scendere per la seconda parte della visita

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Scendiamo all'interno del recinto dove si trovano le diverse costruzioni e alcune terrazze che erano usate per coltivare mentre quelle fuori dal recinto avevano prevalentemente la funzione di consolidamenti del versante montano.

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Alcune costruzioni avevano la funzione di magazzino e si possono ancora vedere le pietre sporgenti che servivano per legare i pali che costituivano il tetto che poi era ricoperto di paglia, come si vede nell'ultima fotografia qui sotto

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Una costruzione semicircolare fu inizialmente classificata come postazione di difesa e controllo del territorio; in realtà è stato poi scoperto che si tratta di una sorta di osservatorio astronomico che permetteva di individuare correttamente i solstizi. Infatti nella parete sono presenti due piccole finestre da cui i raggi solari filtrando attraverso una durante il solstizio d’estate e l’altra durante il solstizio d’inverno vanno ad illuminare una pietra posta al centro della struttura.

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questa la foto di una fotografia scattata il giorno del solstizio

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In questo muro si vedono gli unici danni causati a questa struttura dai terremoti
Un altro importante edificio è il tempio con le tre porte e nell’area sacra la rappresentazione dell’Apu Machu Picchu che si staglia proprio dietro la pietra che la rappresenta anche se a causa della nebbia non riusciamo a vederla. Probabilmente questo era l’altare dove venivano effettuati i riti, e forse i sacrifici, alla montagna sacra.​

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Scendiamo ancora e possiamo vedere meglio le strutture costruite per evitare le frane

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Infine arriviamo nell'area abitativa dove rimangono i muri delle case da cui sporgono pietre circolari che servivano a sorreggere un soppalco. Le case erano costituite da un'unica stanza e probabilmente non erano molto differenti da quella che abbiamo visitato ieri a Ollantaytambo

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Passiamo accanto all’ingresso che dà accesso al sentiero che porta alla cima del Huayna Picchu. Un percorso per “coraggiosi” visto che ci sono lunghe scalinate a strapiombo sul lato della montagna senza alcuna protezione. La guida ci dice che lei stessa ha visto 3 persone morire lungo questo sentiero: 2 per malori e uno precipitato. Decisamente è un percorso che non fa per me!

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Incontriamo altre abitazioni e un edificio che avendo 3 porte e pietre levigate era probabilmente sacro. All'interno queste due piccole vasche tonde che inizialmente erano state interpretate come una sorta di mortaio ma il fatto che siano profonde solo 3-4 cm e che siano state trovate solo in questa struttura e non in altre costruzioni fa pensare che, una volta riempite d’acqua, fossero una sorta di specchio per osservare la volta celeste e che servissero per qualche rito legato all'astronomia​

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Siamo ormai alla fine della visita di questo sito misterioso; mi volto indietro ancora per uno scatto e poi percorriamo l'ultimo tratto di sentiero fino al piazzale dove prenderemo il bus per tornare ad Aguas Calientes

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Nel piazzale la coda per salire sugli autobus è lunghissima, attenderemo quasi 40 minuti prima di poter salire. Ne approfitto per fotografare questo hotel, l'unico quassù, che appartiene alla società proprietaria anche del treno Belmond: qui soggiornano i turisti che viaggiano con loro.

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E laggiù la valle dove torneremo

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Tornati ad Aguas Calientes abbiamo giusto il temo di andare in stazione, prendere qualcosa da mangiare, recuperare i nostri zaini e si riparte per tornare a Cusco. Il viaggio durerà circa 3 ore e scenderemo a Poroy, un sobborgo a circa 20 minuti di macchina dal centro città. In realtà il treno arriva fino alla stazione di Cusco ma per fare il tragitto da Poroy al centro città ci mette 1 ora: deve procedere praticamente a passo d'uomo visto che passa letteralmente tra case e negozi.

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Il percorso avviene in gran parte lungo il fiume Urubamba che in questo tratto, alla fine della valle, è estremamente inquinato raccogliendo tutti gli scarichi della valle. Lungo il suo corso si trova una centrale idroelettrica.

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In mezzo alla foresta, completamente isolate e raggiungibili solo attraverso sentieri percorribili a piedi si scorgono piccole case

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Il treno, a circa metà percorso, rallenta bruscamente sta iniziando la salita che ci porterà di nuovo ai 3400 m di Cusco.
Quando arriviamo in hotel recuperiamo le valigie che avevamo lasciato in deposito e un po' stanchi della lunga giornata decidiamo di cenare il hotel e dopo una breve passeggiata lungo Avenida del Sol ci ritiriamo. Domani dobbiamo essere di nuovo in forma per la visita della città.
 
Giorno 12

Cuzco, “l’ombelico del mondo”, proprio al centro del grande impero inca che si estendeva dalla parte sud della Colombia a tutto il Perù, Cile, Equador e parte nord dell’Argentina.

Il toponimo originale della città era Qosqo o Qusqu (in quechua). Per la tradizione significa centro, ombelico, cintura. Questo perché secondo la mitologia Inca in esso confluiva il mondo degli inferi (Uku Pacha), con il mondo visibile (Kay Pacha) e il mondo superiore (Hanan Pacha). Oppure perché si trovava al centro dell’impero inca nel momento della sua massima espansione. Per uno o per l’altro motivo la città fu ed è chiamata l'ombelico del mondo (inteso come universo).

I primi insediamenti umani in questa zona risalgono già a 3000 anni fa, ma la fondazione della città come centro spirituale e politico viene fatta risalire a Pachacútec che arrivò al potere nel 1438. Cusco è anche chiamata la città del puma poiché la forma della città vecchia richiama quella di questo animale con la piazza centrale in corrispondenza del cuore del puma, la testa sulla collina dove si trova un’importante luogo sacro: Saqsayhuaman. Ancora oggi alcuni quartieri della città per la loro posizione, in quechua, sono chiamati “coda del puma” e “schiena del puma”.
La città in origine sorgeva tra due fiumi che successivamente, con l'ampliamento della città sono stati coperti da due delle principali strade cittadine: Avenida del Sol (la pancia del puma) e Avenida Tullumayo (la schiena del puma) che si incontrano proprio di fronte al nostro Hotel.

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La nostra visita della città inizia dal convento di San Domenico che è stato costruito dagli spagnoli proprio sopra il più grande e importante tempio inca presente in città inglobandone alcune parti, altre sono state distrutte o nascoste da costruzioni apposte. L'esterno è imponente e austero con affiancato un campanile quadrangolare.
La chiesa fu fatta costruire nel XVI secolo dal fratello di Francisco Pizarro, Juan Pizarro, sul tempio inca per sostituire le divinità inca con la religione cattolica e fu poi donata ai Domenicani nel 1534. Ci vollero in tutto oltre 100 anni per completarne la costruzione e il convento subì danni già durante la costruzione a causa di un violentissimo terremoto che colpì la città.

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Entrando si accede al grande chiostro che era stato costruito addossato alle mura del tempio inca coprendole completamente. Le colonne e gli archi su due livelli danno alla struttura un senso di leggerezza nonostante la maestosità.

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Sotto i porticati, sulle pareti, alcuni dipinti raccontano alcune scene della vita di San Domenico da Guzman a cui era dedicato il monastero.

La costruzione del monastero conservando alcune strutture del tempio inca ha fatto si che queste si siano conservate fino al giorno d'oggi. In seguito ad un violentissimo terremoto del 1950, in seguito al crollo di una parete del chiostro, alcune strutture dell’antico tempio sono ritornate alla luce e sono state recuperate.

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Le parti più importanti venute alla luce sono tre costruzioni, ciascuna con tre porte e con una finestra da cui è possibile vedere in sequenza le altre. Erano sicuramente una parte sacra del tempio. Prima erano coperte dalla parete del chiostro che durante il terremoto è crollata mentre i muri inca hanno resistito.

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L'unico danno subito dalle mura inca in quella occasione è visibile nella fotografia sottostante

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La solidità delle mura inca la si deve cercare proprio all'interno del muro. Le pietre non sono solo perfettamente adagiate l'una sull'altra ma sono dotate di veri e propri incastri come quelli qui sotto

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Il tempio era chiamato Qoricancha che in quechua significa Tempio del Sole ed era circondato da un ampio recinto murario la cui sommità era ricoperta di lamine d'oro che quando illuminate dal sole permettevano di individuare il tempio anche da grandi distanze. L'oro è stato tutto asportato dagli spagnoli quando hanno conquistato la città. All'interno del recinto erano presenti le costruzioni sacre che in parte sono state distrutte e in parte inglobate nel monastero.

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Ci spostiamo a visitare la Pinacoteca dove sono conservati dipinti della scuola di Cusco a partire dal XVI secolo, anche qui niente fotografie. Mi permettono solo di farne una prima di entrare ed è un peccato perchè i dipinti sono veramente bellissimi. Anche qui vediamo un'ultima cena con l'immancabile porcellino d'india nel piatto in centro tavola​

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Ci spostiamo su una terrazza passando di fronte ad una vetrina dove sono esposti i doni che vengono fatti a Pacha Mama. Queste pratiche fino a pochi anni fa erano considerate sacrileghe ma continuavano ad essere fatte di nascosto. Oggi sono accettate e non è raro che questi riti vengano effettuati anche da persone di fede cattolica.

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Dalla terrazza vediamo parte della città che si sviluppa oltre l'Avenida del Sol e, sulla collina, il disegno dello stemma della città di Cusco

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Nei giardini sottostanti sono stati riprodotti i simboli dei tre "mondi" degli inca: il condor, il puma e il serpente

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Il tempio Qorichanka era idealmente collegato ad altri luoghi sacri detti Huaka con linee immaginarie dette seqes. Nel 1653 un gesuita descrisse ben 328 huaka collegate a Qorichanka da 42-43 seqes. Nel 1970 un antropologo ha avanzato l'ipotesi che le seques fossero strettamente correlate al calendario inca e che ogni huaka corrispondesse ad un giorno dell'anno e che esse fossero dei siti di osservazione astronomica
Alcune huaka sono state individuate, recuperate e sono visitabili.​
Ma continuiamo la nostra visita nel monastero e passiamo davanti ad una tavola che ci mostra come gli inca descrivevano la via Lattea

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La via Lattea veniva chiamata "mayu", il "fiume celeste" e non individuavano le costellazioni ma le parti buie della via lattea che identificavano con animali che andando a bere l'acqua del fiume celeste lo coprivano in parte con la loro ombra. Queste figure erano adorate come dei.

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Ci spostiamo dove è esposta la riproduzione di un manufatto inca andato distrutto che ha permesso di chiarire la concezione che gli inca avevano del mondo.
 
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Questo oggetto è stato ricostruito sulla base di un disegno riportato in una cronaca del 1613 quindi molti anni dopo che il culto nel tempio di Qorikancha era stato abbandonato da anni. Probabilmente l'autore si è basato su tradizioni orali.
Il simbolo più in alto rappresenta Wiracocha, il dio creatore, e subito sotto si trovano il sole e la luna, dei del cielo. Poi la stella del mattino a sinistra e la stella della sera a destra. Poi l'estate e l'inverno.
Sotto la rappresentazione di Pacha Mama rappresentata come una sfera (gli inca sapevano forse già che la terra era rotonda?....) con sopra una specie di arcobaleno e un fiume che scorre alla sua sinistra. allo stesso livello si trovano un uomo, una donna, il mare e un albero

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La nostra visita è terminata, usciamo dal monastero e ci dirigiamo verso il piccolo bus che ci porterà a visitare alcune huakas. Durante il tragitto scatto qualche foto

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Questi particolari cactus vengono spesso utilizzati al posto del filo spinato o dei vetri sulle sommità dei muri

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Ci trasferiamo a Saqsaywaman........
 
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