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Uzbekistan: mille sfumature di blu

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Lasciato il palazzo ritorniamo in centro, in piazza Lyabi-Hauz dove nella madrasa di Nadir Divan-begi assisteremo ad uno spettacolo di danze tradizionali e ad una sfilata di moda uzbeka. Lo spettacolo è accompagnato da musica dal vivo.

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Continuo a seguire questo racconto di viaggio così speciale.
Avete potuto visitare gli interni delle due moschee? Hai foto?

Le fotografie dell'interno della moschea di Bolo Howz sono quelle che ho pubblicato sul post che hai quotato mentre la moschea di Kalon è una moschea che accoglie i fedeli all'aperto nel grande cortile e in parte sotto i porticati che però non abbiamo potuto visitare perchè oggetto di restauro.
Abbiamo potuto entrare in quasi tutte le moschee sempre con il capo coperto le donne e senza scarpe. Solo in un sito che vedremo più avanti c'era una moschea per le donne e una per gli uomini e lì le donne hanno potuto entrare in quella femminile e gli uomini in quella maschile.
 
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e con gli occhi pieni di meraviglia andiamo a riposare e ci prepariamo per una nuova giornata....

Ci alziamo presto per affrontare il viaggio in autobus che ci porterà a Samarcanda. Ma prima di arrivare nella città forse più conosciuta dell’Uzbekistan avremo modo di vedere altre cose interessanti.

Prima sosta a Vabkent dove si trova un antico minareto del XII secolo (costruito tra il 1196 e il 1199) attualmente oggetto di restauro. All’epoca della costruzione del minareto doveva esserci anche una moschea, la cui presenza è testimoniata dall’ingresso alla scale interna che è a quasi 4 metri sopra il livello del suolo di cui però non è rimasta traccia. Il minareto, invece, si è conservato in tutta la sua interezza. E’ alto 39 m ed era stato commissionato dal componente di una potente famiglia religiosa di Bukhara i cui componenti erano gli esattori delle tasse per il khanato di Bukhara.




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Poco distante ci fermiamo a Gijduvon per visitare una delle tre madrase fatta erigere da Uluğ Bek tra il 1432 e il 1433 (le altre si trovano a Bukhara e a Samarcanda) e il mausoleo dell'eminente filosofo centro-asiatico Abduholik Gijduvon.

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Tutta l’area è considerata sacra perciò le donne per accedere al complesso devono avere il capo coperto.

La madrasa Ulugbek situata a Gijduvon era situata lungo il tratto della " Via della seta ", che collegava Bukhara a Samarcanda .

La madrasa era costituita da due piani con 20 stanze, tra cui aule e una moschea . La madrasa ospitava 40 studenti. Nel tempo, si è deteriorata e attualmente ha un solo un piano rimanente. Agli inizi del secolo scorso venne completamente abbandonata e negli anni ’50 divenne addirittura un magazzino di prodotti chimici.

Nel 1993 sono iniziate le opere di restauro della madrasa, del mausoleo e dell’area circostante creando un grande giardino e sono state costruite due moschee: una per le donne e una per gli uomini.

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La madrasa ha la classica forma rettangolare con le celle che si aprono sul cortile interno ed i portali sono decorati con motivi geometrici e floreali. Sul portale d’ingresso è riportato il nome di Ulugh Bek e la data di costruzione. La cupola della madrasa e il minareto sono ancora quelli originali del XV secolo.

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Anche qui la sepoltura di un personaggio importante è indicato dall'alto bastone ornato da una piccola bandiera bianca e da una coda di cavallo

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A fianco della madrasa si trovano le due moschee. Una per le donne e una per gli uomini. Esternamente sono molto simili con un ampio aiwan sorretto da colonne di legno anche se le colonne di quella maschile sono più elaborate. Internamente sono invece molto differenti: pur dominando il colore bianco in entrambe la moschea degli uomini ha un soffitto meno ricco di quello della moschea delle donne.

l'esterno della moschea degli uomini

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e l'esterno della moschea delle donne

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Il santuario è molto frequentato dalle donne poichè pregare sulla tomba del grande filosofo e di sua madre, sepolta anche lei qui, aiuti ad avere figli

Gijduvon da secoli è famosa per la produzione di ceramiche e qui si trova il laboratorio di una delle più famose famiglie di ceramisti dell’Uzbekistan. Il laboratorio funziona da otto generazioni ed ha mantenuto un metodo di produzione vecchio di decine di anni e che utilizza esclusivamente materiali reperibili in zona. L’argilla viene preparata direttamente in laboratorio così come il colore di fondo e i colori utilizzati per le decorazioni. Lo smalto viene preparato miscelando silice con il carbone di una pianta che cresce nel deserto circostante grazie al lavoro di una macina azionata da un piccolo asino. I manufatti vengono poi impilati all’interno di forni a pozzo dove avviene la cottura che fa virare il colore in marroni e verdi tipici delle ceramiche di Gijduvon che si differenziano da quelle della vicina Valle Fergana che invece sono azzurre e blu.

Entriamo a visitare il laboratorio dove ci mostreranno i metodi di lavorazione utilizzati.

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